The Alan Parsons Project
Storie di mistero e immaginazione
A quasi due anni di distanza dalla
pubblicazione di Time Machine (il suo ultimo lavoro) torniamo a parlare
del mitico Alan Parsons analizzando la discografia targata Alan Parsons
Project che ha riscosso un grande successo tra la fine dei Seventies e
i primi anni Ottanta. Il suo nome resta per molti legato al lavoro di
tecnico del suono di The Dark Side
Of The Moon e all'indimenticabile hit Eye In The Sky, ma ci sono diverse
cose interessanti lungo un cammino artistico che s'è mosso in
modo molto discreto e quasi misterioso. Non ci sono stati infatti
concerti nel periodo d'oro e le interviste concesse si contano sulle
dita di una mano. Giustamente ha preferito esprimersi attraverso la
magia del suono. E tutte le sue registrazioni portano la firma di un
luogo simbolo della storia del rock, gli studi di Abbey Road.
Abbey Road, 1969
Gli studi nascono ufficialmente
nell'omonima via di Londra il 12 novembre del 1931. La costruzione
risale al secolo precedente ed è posizionata nel tranquillo ed
elegante quartiere di Maida Vale. Viene poi acquistata dalla EMI e la
storia diventa leggenda quando un quartetto esordiente di Liverpool
incide qui (tra il 4 e l'11 settembre del 1962) il primo hit Love Me Do. Da quel momento le
registrazioni si susseguono a livello febbrile e la musica inglese vive
un momento indimenticabile. Basti pensare che ad Abbey Road nel 1967 si
possono incontrare John Lennon e Paul McCartney impegnati nelle prove
di Sergent Pepper's Lonely Hearts
Club Band e Syd Barret alle prese con The Piper At The Gates Of Dawn.
Quando Alan Parsons vi arriva nel 1969, i Fab Four sono già
prossimi allo scioglimento e ognuno di loro lavora ormai separatamente.
Parsons allora è solo un ventenne, grande appassionato di musica
(ha alle spalle studi di pianoforte e flauto) e di elettronica. Il
primo impiego ufficiale non è molto esaltante, assistente di
studio, ma può lavorare a stretto contatto con i Beatles,
un'occasione più unica che rara. Spesso controlla i nastri o
magari si limita a portare i sandwiches ai quattro baronetti. Resta
comunque affascinato dal sound immaginifico di Abbey Road, straordinario
ellepì registrato con una rivoluzionaria (per l'epoca)
apparecchiatura ad otto piste. Seduto dietro la console del mixer
capisce che quella sarà la sua vera occupazione nel campo della
musica. La EMI lo utilizza nello stesso periodo come
«recordista» per gli Hollies, privi di Graham Nash, con il
nuovo arrivato Terry Sylvester che si mette in luce nel motivo di
grande successo, He Aint Heavy, He's
My Brother e nella celebre The
Air That I Breathe. Il 10 ottobre del 1970, i Pink Floyd
pubblicano il monumentale Atom Heart
Mother che segna il debutto di Parsons come loro fonico. Per la
prima volta il quartetto, con l'aiuto dell'arrangiatore Ron Geesin,
utilizza una grande orchestra che lascia stupiti fans e critici
dell'epoca. Tra i brani colpisce anche Alan's Psychedelic Breakfast dove,
davanti alle nostre orecchie, si materializza una classica colazione
mattutina. È il primo passo che porterà alle splendide
alchimie sonore di Dark Side Of The
Moon.
Il lato oscuro della luna
Se The
Dark Side Of The Moon è uno dei dischi più amati
(e venduti) della storia del rock, pochi sanno che per la realizzazione
c'è voluto un anno di duro e febbrile lavoro. Nel febbraio del
1972 i Pink Floyd presentano in anteprima al Rainbow Theatre di Londra la
maggior parte dei nuovi brani del loro prossimo album. Passano quattro
mesi prima che inizino le sessions ad Abbey Road, con Alan Parsons
nuovamente nel ruolo di tecnico del suono, dopo l'ottima prova su Atom Heart Mother. La gestione del
progetto si rivela ben presto lunga e complessa perché i quattro
musicisti inglesi sono pieni di impegni. Devono finire un tour
americano, registrare il mitico filmato tra le rovine di Pompei e
scrivere le musiche per un balletto di Roland Petit. Dark Side Of The Moon viene
finalmente pubblicato il 24 marzo del 1973. Presentato alla stampa nel Planetarium londinese, è il
primo disco dei Pink Floyd ad arrivare in cima alle classifiche
americane. Oltre alla splendida musica scritta da Roger Waters e soci,
grande merito va all'abilità e all'inventiva di Alan come sound engineer. La perfetta
qualità sonora ci permette infatti di assaporare ogni singola
nota, ma la vera sorpresa sono gli effetti, assolutamente reali, con
registratori di cassa, corse affannose e orologi di ogni tipo. Il
risultato è un sound dal taglio cinematografico (ottimo per
testare qualsiasi impianto hi-fi) senza precedenti. Ci sono divertenti
aneddoti su come sono state registrate le varie parti ma è
curioso notare che Alan Parsons, pur lavorando intensamente per mesi,
riceve una paga sindacale di sole 35 sterline a settimana, senza avere
neanche una percentuale sulle canzoni. L'artista va poi in tour con il
gruppo come addetto al mixer, in una serie di incredibili concerti,
ricchi di scenografie, giochi di luce e massima perfezione sonora. Ecco
come il tour-manager Peter Watts spiega la mole di lavoro tecnico di
quel periodo: «I tir arrivavano
nella sala del concerto alle dieci del mattino e ci vuole tutto il
giorno, sino alle quattro del pomeriggio, per preparare l'attrezzatura.
Solo allora iniziano le prove dei Pink Floyd...». Nel 1973
AP viene nominato per un Grammy Award, prestigioso premio musicale, e
si ritrova, poco più che ventenne, già ricco di
soddisfazioni. Paul McCartney lo chiama in sala per Wildlife e Red Rose Speedway, infine decide di
fare il grande passo come producer. Conosce Steve Harley e i suoi
Cockney Rebel, una interessante formazione che segue la scia del glam
di David Bowie e Roxy Music (Steve Harley è anche autore
dell'epica Sebastian). Nasce Judy Teen e l'ellepì Psychomodo. Durante queste sessions
incontra un giovane arrangiatore orchestrale che diventerà un
suo collaboratore fisso, Andrew Powell. Powell non è uno
sconosciuto, ha alle spalle prestigiosi studi classici ed è
stato uno dei fondatori degli Henry Cow. In quel momento Parsons
conosce anche lo scozzese Eric Woolfson che si occupa del suo
management. Woolfson è sulle scene dagli anni Sessanta ed ha
seguito da vicino lo show-business come compositore, pianista, editore
musicale e manager. Dopo aver collaborato con il manager dei Rolling
Stones, Andrew Loog Oldham, ha fatto parte dell'ultima formazione degli
Herman's Hermit. Tra i due nasce una forte intesa che, in breve tempo,
porterà alla nascita del famigerato Project.
Il Corvo, il Robot, la Piramide
L'anno successivo, Alan prende sotto
la propria cura due gruppi emergenti, gli scozzesi Pilot e i
californiani Ambrosia. I primi sono inizialmente un trio formato da
David Paton (basso e voce), Stuart Tosh (batteria) e Bill Lyall
(tastiere) ai quali si aggiunge il talentuoso chitarrista Ian Bairnson,
dotato di un fluido fraseggio. Assieme a loro Parsons realizza From The Album Of The Same Name
(1974) e i successivi Second Flight
(1975) e Two's Crowd (1977).
Bairnson e Paton saranno poi due musicisti fondamentali per lo sviluppo
del Project. Con gli Ambrosia il musicista inglese ha la
possibilità di lasciare il suo paese e di lavorare a Los Angeles
dove registra l'omonimo trentatregiri di debutto della band
statunitense, Ambrosia, e
successivamente Somewhere I'd Never
Travelled (1976). Nello stesso periodo collabora con un altro
giovane musicista, il possente vocalist John Miles e la sua Rebel. Il 1976 vede finalmente la
nascita del Project. L'ottimo materiale scritto da Parsons e Woolfson
confluisce nel magico Tales Of
Mystery And Imagination Edgar Allan Poe. Il tema portante
è costituito da alcuni splendidi racconti dello scrittore
americano (nato a Boston) Edgar Allan Poe, ricchi di atmosfere magiche
e soprannaturali. In particolare vengono scelti La cassa d'Amontillado, Il cuore rivelatore, Il sistema del Dottor Catrame e del
Professor Piuma, La rovina
della casa degli Usher e le poesie Il corvo e Un sogno dentro un sogno. Il cast
è degno di un musical-rock con centinaia di musicisti coinvolti.
Tra questi i membri al completo dei Pilot e degli Ambrosia. I cantanti
sono John Miles, Terry Sylvester (ex Hollies), il redivivo Arthur Brown
e l'attore Leonard Whiting, protagonista adolescente del Romeo e Giulietta di Franco
Zeffirelli. Andrew Powell si occupa delle solenni orchestrazioni. In A Dream Within A Dream viene
registrato l'intervento vocale del leggendario regista Orson Welles ma,
per motivi legali, il frammento resta inutilizzato. Il risultato finale
è maestoso, con punte d'eccellenza in The Raven e The Cask Of Amontillado. Si
avvertono in alcuni frangenti toni di evidente matrice progressiva,
forse in onore dell'etichetta Charisma (leggi Genesis e Van Der Graaf
Generator) che stampa l'ellepì in madrepatria. Qualche mese dopo
ancora riconoscimenti per Alan Parsons grazie a Year Of The Cat di Al Stewart, la
sua produzione più nota, che si rivela un best-seller musicale
grazie alla celebre title-track e a pezzi memorabili come On The Border e Broadway Hotel. Nel dicembre dello
stesso anno Parsons e Woolfson iniziano a registrare il secondo disco.
Come nelle successive operazioni tutto nasce a tavolino, stabilendo il
soggetto da trattare e le sonorità adatte. Con molta cura
vengono scelti anche i vari vocalist e, nel corso degli anni, si
riveleranno decisivi gli interventi di Chris Rainbow (anche lui
scozzese, voce solista dal 1974) e Lenny Zakatek insieme all'ex
frontman degli Zombies, l'ottimo Colin Blunstone. Lo stesso Eric
Woolfson possiede un bel timbro vocale e sarà l'ideatore di gran
parte dei vari concept-album. Dopo E.A.Poe viene preso in esame un
altro scrittore di grido, Isaac Asimov e il suo seminale testo
fantascientifico Io, Robot al
quale (per problemi di diritti) viene tolta la virgola. I Robot è il primo album
pubblicato dall'etichetta newyorkese Arista e in Italia viene
presentato così: «Dal
genio del suono dei Pink Floyd un livello tecnico mai ascoltato prima!».
La presenza di pezzi accattivanti come I Wouldn't Want To Be Like You e Breakdown porta i critici
specializzati ad accusare (ingiustamente) Parsons di essersi fin troppo
«americanizzato», cercando il facile successo. L'album
infatti riscuote grande attenzione negli States, arrivando al nono
posto delle classifiche di Billboard. Gli ottimi dati di vendita
servono solo a confermare la qualità dell'operazione, che offre
intensi momenti: la toccante Don't
Let It Show e la celebre title-song strumentale. Il successivo
ellepì, Pyramid, dato alle stampe nel 1978, è anch'esso
trainato da un hit: l'ipnotica What
Goes Up (Must Come Down), pur offrendo i momenti migliori nelle
luminose ballads, The Eagle Will
Rise Again e Shadow Of A
Lonely Man. I critici musicali questa volta parlano di «easy-listening di classe», ed
infatti la musica, pur essendo melodica e scorrevole, non scade mai in
motivi sempliciotti e banali. Intanto la formazione si è fatta
stabile con Ian Bairnson alla chitarra, David Paton al basso e Stuart
Elliot [sic] (ex Cockney
Rebel) alla batteria. In quell'anno AP torna a lavorare con Al Stewart
per Time Passages, mentre
Bairnson, Paton e Stuart Elliot [sic]
partecipano agli splendidi dischi d'esordio di Kate Bush, The Kick Inside (con
l'indimenticabile Wuthering Heights)
e Lionheart, entrambi
prodotti dall'eclettico Andrew Powell. Nel 1979 la premiata ditta
Parsons/Woolfson sforna Eve,
opera leggermente sottotono rispetto ai lavori precedenti, anche se
ospita due affascinanti voci femminili, la cantautrice Leslie Duncan e
Clare Torry, i cui splendidi vocalizzi resteranno impressi per sempre
su The Great Gig In The Sky. The Turn Of The [sic] Friendly Card pubblicato nel 1980
ci riporta una intrigante raccolta di canzoni, dedicate alla pericolosa
febbre del gioco. Spicca la mini-suite finale e lo strumentale The Gold Bug, con un titolo ancora
una volta ispirato ad una storia di E. A. Poe (Lo scarabeo d'oro). Assistiamo ad
una citazione pinkfloydiana nell'eterea Time (a parte il titolo), che
ricorda da vicino Us And Them.
La copertina - firmata da Kevin Godley e Lol Creme, ex musicisti dei
10cc e poi videomaker di successo - risulta semplice ma intelligente,
mostrando la carta del Re di Quadri impressa su di una vetrata gotica.
In modo ironico, si sottolinea l'aspetto sacrale del gioco d'azzardo.
L'occhio nel cielo e la donna-falco
Dopo quattro lavori in rapida
successione il Project si concede nel 1981 un anno di riposo preparando
quello che a tutt'oggi è la sua opera più venduta e
conosciuta, Eye In The Sky.
Negli States il long-playing arriva al settimo posto delle classifiche
di vendita, mentre in Italia si rivela un vero trionfo, restando per
oltre trenta settimane nella top-ten grazie soprattutto alla magia del
singolo omonimo che, anche dopo infiniti ascolti, non perde il proprio
fascino. Da notare che il grande e meritato successo arriverà
senza mai metter piede fuori dallo studio di registrazione, infatti non
verranno realizzati concerti per reclamizzare la produzione. Eye In The Sky inanella altri
episodi di valore: la divertente Psychobabble
e la struggente Old And Wise,
oltre all'accattivante, inconfondibile «instrumental-work» Mammagamma, spesso utilizzato in
spot e documentari di ogni tipo. Nello stesso anno David Paton e Chris
Rainbow raggiungono i meravigliosi Camel, ora guidati solo dall'abile
chitarrista Andy Latimer, per registrare The Single Factor e Stationary Traveller (1984). Nel
1983 esce The Best Of The Alan
Parsons Project, la prima di una lunga serie di compilation che
ancora oggi vengono regolarmente pubblicate. L'anno successivo due
eventi interrompono la routine in studio di registrazione. Il
più importante è la stesura della colonna sonora di Ladyhawke, scritta da Andrew
Powell, prodotta da Parsons ed eseguita dalla band al completo. La
pellicola, diretta dall'abile Clive [sic]
Donner, è un affascinante fantasy medievale. Due giovani amanti
(la splendida Michelle Pfeiffer e Rutger Hauer) devono combattere la
maledizione di un vescovo malvagio che trasforma lei in un falco di
giorno e lui, la notte, in un lupo. Dopo molte avventure il terribile
incantesimo verrà spezzato. È curioso notare come la
musica del Project si adatta perfettamente a questa storia dal sapore
antico. Mello stesso anno esce l'unico lavoro dei Keats, un gruppo
formato da Ian Bairnson, David Paton e Stuart Elliot [sic] insieme a Colin Blunstone e il
mitico tastierista dei Camel, Pete Bardens. Dietro al mixer troviamo
ovviamente l'instancabile Parsons. Stavolta il sound risulta
marcatamente a «stelle e strisce», sullo stile dei Toto e
dei Foregneir [sic]. Tutto
ciò non influenza il nuovo progetto, Ammonia Avenue, che si rivela un
discreto clone di Eye In The Sky.
Il frizzante Prime Time cerca
di emulare il fortunato singolo del 1982 e Pipeline appare come il seguito
ideale di Mammagamma. La
sontuosa title-track, dedicata ai gravi problemi dell'inquinamento,
è il pezzo di maggiore pregio dell'intero dell'ellepì [sic]. Comincia ad affiorare una
certa stanchezza compositiva che non impedisce a Vulture Culture di regalarci le
interessanti Let's Talk About Me,
Somebody Out There e Days Are Numbers (The Traveller).
Dietro il curioso titolo (la «Cultura
dell'avvoltoio») sembra celarsi un'amara visione del
«rampantismo» anni Ottanta. Si accentua un sound più
elettronico, presente anche in Stereotomy
edito nel 1985. Questa volta, malgrado la prestigiosa presenza di Gary
Brooker dei Procol Harum e il ritorno di John Miles, il decimo capitolo
del Project ha il fiato decisamente corto. È difficile trovare
un motivo di interesse tra questi solchi, dove si cercano anche
tentativi più rock (In The
Real World). Crea una certa curiosità solo il termine
«stereotomia»,
citato in un famoso racconto di E. A. Poe titolato Gli assassini della Rue Morgue. Le
vendite nel frattempo si sono fatte sempre più fiacche e
l'attenzione dei media è scemato velocemente. Molti critici
pensano sia il loro ultimo lavoro.
Fine del progetto
Due anni dopo, malgrado l'abbandono di
David Paton e l'aria di smobilitazione generale, Gaudì, ispirato ai lavori
del geniale architetto spagnolo, si lascia alle spalle alcune
incertezze apparse negli ultimi lavori, riportandoci direttamente ai
gloriosi fasti di Tales Of Mystery
And Imagination... (non a caso in quel periodo l'opera di
debutto viene rieditata con un nuovo missaggio e l'intervento perduto
di Orson Welles). La sontuosa La
Sagrada Familia, il rock incisivo di Money Talks e l'ariosa melodia di Standing On Higher Ground
confermano Parsons e Woolfson come autori di prima classe. Inaspettate
influenze flamenco appaiono in Paseo
De Gracia mentre affascina la soffice ballata Inside Looking Out. Purtroppo il
grande pubblico ha voltato le spalle (negli States, Gaudì non va oltre un misero
cinquantesimo posto in classifica) e non resta che sciogliere
definitivamente la storica sigla. Nel 1990 Eric Woolfson richiama
Parsons per dare vita ad un ambizioso musical, da lui scritto,
incentrato sulla figura di Sigmund Freud, intitolato appunto Freudiana. L'opera rappresentata a
Vienna con un cast di vecchie glorie inglesi, tra cui ricordiamo Leo
Sayer e Kiki Dee, si rivelerà un terribile flop commerciale a
tal punto che l'autore perde più di un milione di sterline.
Questo non gli impedisce di scrivere un altro musical, Gambler, rappresentato nel 1996 ove
riprende i temi trattati su The Turn
Of A Friendly Card assieme ad una nuova versione di Eye In The Sky. Alan Parsons
continua ad incidere con i fedeli Ian Bairnson, Stuart Elliot [sic] e
Andrew Powell. Finalmente si esibisce dal vivo. Nel 1998 lo abbiamo
visto in azione al Propaganda
di Milano, davanti a un numero purtroppo esiguo di fans. Il fascino di Tales Of Mystery And Imagination, I Robot ed Eye In The Sky sembra oggi
purtroppo svanito nel nulla come un fantasma alle prime luci
dell'alba...
Paolo Ansali
Musikbox, settembre/ottobre 2001