Alan Parsons, il ritorno

All'Alcatraz il musicista di «Eye in the Sky», grande successo pop degli anni Ottanta

Alan Parsons: un nome (e un suono) del passato. Un segno della voglia di revival che impera di questi tempi (un esempio: i biglietti per il concerto degli Europe, il 4 novembre all'Alcatraz, sono esauriti da settimane) e a cui questo stesso numero di ViviMilano dedica un ampio servizio in chiave cittadina (vedi a pag. 7). Londinese, classe '49 [sic], Alan Parsons ha vissuto una stagione di straordinaria popolarità tra gli anni Settanta e Ottanta, producendo una musica a metà strada tra la pensosa psichedelia dei Pink Floyd e la più facile disinvoltura sperimentale di Jean Michel Jarre.
Ma prima di essere musicista Parsons è stato per molti anni tecnico del suono mentre famosissimi musicisti registravano capolavori del rock. Pur avendo iniziato a suonare nei complessini della stagione beat, Parsons ha preferito specializzarsi nel suono dal punto di vista tecnico entrando negli studi della Emi di Abbey Road: partecipa alla registrazione degli ultimi capitoli dei Beatles (appunto «Abbey Road» e «Let it be»), ma l'esperienza più importante è «Dark Side of the Moon» dei Pink Floyd nel '73. In quasi un anno di lavoro al fianco di Roger Waters e compagni, Parsons elabora uno stile visionario e sofficemente sperimentale.
Nel '76 decide di ritornare in azione come musicista e, con l'aiuto del socio creativo Eric Woolfson, sotto il nome di Alan Parsons Project pubblica il concept album «Tales of Mystery and Imagination» basato sulle opere di Edgar Allan Poe. Da questo momento l'APP sforna album a ritmo regolare: «I Robot» ('77), «Pyramid» ('78), «Eve» ('79), «The Turn of a Friendly Card» ('80), e il più celebre di tutti, «Eye in the Sky» ('82).
In tutti questi dischi viene realizzato un divertente, e fortunato, mescolamento di generi: atmosfere suggestive alla Pink Floyd, effetti sonori, rilettura dei classici della fantascienza. Sono tutti album di grande successo, saccheggiati dai produttori di spot e documentari in quanto perfetta tappezzeria sonora (e nella loro stagione d'oro i Chicago Bulls di Michael Jordan utilizzavano il brano «Sirius» per i loro trionfali ingressi in campo). Dopo «Gaudi» ('87) e «Freudiana» ('90) il Project va in soffitta. Parsons e il socio Woolfson si separano: Parsons pubblica altri album (il più recente è «A Valid Path» pubblicato solo pochi mesi fa) ma il tocco magico di un tempo risulta evaporato. Oggi un concerto di Alan Parsons è soprattutto una bella compilation di successi del passato, di una stagione epica nel suono e nella tecnica.
Antonio Orlando
Vivimilano, 20 ottobre 2004

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