Queste due serie di silografie
illustrano, secondo un genere che ebbe vasta diffusione nelle seconda metà
del periodo Edo (1603-1867), le vedute dei luoghi nei quali si trovavano
le stazioni della antica via Tôkaidô, così come
si presentavano agli occhi di un viaggiatore di circa 130 anni or sono.
La via Tôkaidô era la più importante delle conque grandi strade feudali del periodo Edo. Queste cinque vie partivano tutte dal Nihon-bashi una zona di Edo, oggi Tokyo. Qui era il famoso ponte ad arco illustrato nelle serie Gojôraku-Tôkaidô. Tôkaidô letteralmente sinifica "via del mare dell'est" perchè dal Nihonbashi, nel centro dell capitale feudale Edo, portava alla capitale imperiale Kyôto costeggiando il "mare dell'est" cioè quel tratto di costa giapponese che si affaccia sull'Oceano Pacifico delimitata a nord dal Golfo di Tokyo e a sud dal Golfo di Ise. Per raggiumgere Kyôto si poteva percorrere anche la via Nakasendô, che passava all'interno del paese valicando montagne ed attraversando zone inospitali, ma la via Tôkaidô restava la principale via di comunicazione tre le due capitali del Giappone, frequentata dai traffici mercantili e percorsa dai cortei feudali. La via Tôkaidô aveva 53 stazioni di sosta tra Edo e Kyôto pertanto le silografie di queste due serie ci presentano, oltre alla copertina con i nomi di tutte le stazioni, 55 scene: le 53 stazioni più il punto di partenza a Edo-nihonbashi ed il punto di arrivo a Kyôto, per un totale di 56 silografie per ciascuna serie. L'origine delle vie risale ai tempi antichi ma queste furono sistemate definitivamente dal primo shôgun Tokugawa (Tokugawa era il nome della famiglia da cui provenivano i daimyô, ossia i capi dell'aristocrazia militare, che governarono il Giappone durante il periodo Edo), che diede inizio alla loro realizzazione subito dopo la sua conquista del potere sull'intero Giappone. Lungo la via fece piantare alberi di pino, fece innalzare ogni 4 chilometri circa dei piccoli cumuli con alla sommità un albero - che avevano la funzione di segnale militare - e fece costruire alberghi e ristoranti ad ogni stazione. Infini obbligò ogni paese che ospitasse una stazione a mantenere in buone condizioni le strade per una lunghezza pari alla metà della distanza che li separava dalla stazione precedente e da quella successiva ed istituì, per ogni stazione, un servizio di uomini a cavallo per i collegamenti postali del governo feudale. Le nuove strade resero più sicuro ed agevole il trasporto delle merci ed il transito delle persone e cominciarono ad assolvere ad una funzione politica essenziale quando il terzo shôgun Tokugawa, poer poter tenere a freno le ambizioni dei Signori feudali a lui ostili, obbligò tutti i daimyô a trascorrere alternativamente un anno nelle regioni che amministravano ed un anno nella capitale Edo sotto il suo diretto controllo. I Signori dell'aristocrazia feudale, i loro amministratori ed anche i nobili dovevano dunque recarsi frequentemente ad Edo per presentarsi al potere centrale. Secondo il loro rango si trasferivano in gruppi più o meno grandi coprendo talvolta distanze molto lunghe. Le marce dei cortei feudali e dei nobili erano spesso molto spettacolari - per dimostrare la potenza e l'importanza dei viaggiatori - ed un corteo importante poteva essere composto anche da diversse centinaia di persone. Tutti i militari indossavano la divisa della famiglia fudale con in evidenza il simbolo kamon della casata. Solitamente aprivano il corteo due lancieri che al grido "shitani shitani", invitavano la gente a sgomberare la strada ed inginocchirsi in segno di rispetto al passagio dl corteo. Seguivano poi i militari armati di spade, lancie e fucili. La punta delle lancie era coperta da drappi colorati che sventolavano durante la marcia. C'erano poi le portantine ed i cavalli con i più alti in grado, quindi i portatori con casse di viveri, vestiti, armi, il servizio per la Cerimonia del tè, ecc. Talvolta per il trasporto del bagaglio i Signori si facevano aiutare dai contadini delle zone che il corteo attraversava. Il viaggio restava comunque molto faticoso. Le strade infatti non erano state tracciate con il solo scopo di permettere un viaggio confortevole, anzi alle volte sembrava volessero complicarlo. Ad esempio su alcuni fiumi che la via Tôkaidô doveva attraversare, per ragioni politiche e militari, non erano stati realizzati ponti che avrebbero favorito il transito di truppe ostili allo Shôgun e la fuga delle persone. Come si può notare nelle silogafie n.24 e n.25 della Gojôraku-Tôkaidô, i portatori affrontavano la corrente dei fiumi trasportando le persone ed i bagagli sulle spalle. Se il fiume era in piena i viaggiatori dovevano attendere anche diversi giorni per poterlo guadare. Lungo le strade erano dislocati diversi posti di controllo. I due più famosi della Tôkaidô erano quelli di Hakone e di Arai. Questi posti di controllo non servivano per la riscossione dei dazi sul trasporto delle merce, come era tradizione, ma erano stati istituiti per il controllo dei viaggiatori. Ua frase famosa del periodo Edo può aiutare a comprendere quale fosse il clima poliziesco di quegli anni: "i fucili non possono entrare e le donne non possono uscire". Questa frase dice che il potere feudale controllava molto sveramente tutti i carichi diretti alla città di Edo per timore che venissero armate le opposizioni rendendole capaci di scatenare moti rivoluzionari. E le donne? Perchè non potevano lasciare la capitale? C'erano due valide ragioni per non permettere alle donne di lasciare Edo. La prima è che le mogli ufficiali dei daimyô erano costrette a risiedere permanentemente nella capitale quasi fossero in ostaggio ed il lasciarle fuggire avrebbe fatto venir meno la possibilità di influire sulle scelte dei consorti. La seconda ragione è che a Edo c'erano molti più uomini che donne. Infatti la maggior parte dei militari a presidio della città aveva famiglia altrove e, per non accrescere lo squilibrio tra la popolazione della città, si era reso necessario vietare alle donne di lasciare la capitale. Anche se donne subivano questo divieto e nonostante i severi vincoli imposti allo spostamento delle persone, dalle cinque grandi vie ogni giorno giungevano a Edo molte persone per presentarsi alle autorità ed anche il traffico commerciale andava continuamente aumentando. La sistemazione delle vie aveva favorito la politica della centralità della capitale feudale, ma lungo queste strade si sviluppavano molti commerci e fiorivano innumerevoli mestieri. Le grandi vie erano frequentate soprattutto dai mercanti, dagli artigiani e dai pellegrini. La gente comune non poteva viaggiare liberamente per il Paese, fatta eccezione per coloro che svolgevano mestieri particolari, ad esempio i venditori di medicinali, certi attori di teatro ed altri ancora. Ma tanto più aumentava la difficoltà di viaggiare tanto più il desiderio di conoscere i paesaggi e le città del Paese stimolava il desiderio della gente. Lungo le vie che nel periodo Edo erano percorse con molti disagi a piedi o a cavallo, oggi corrono i treni veloci che, sulla linea Tôkaidô, portano da Tokyo a Kyôto in meno di tre ore. Oggi molto è cambiato ma i nomi delle stazioni ferroviarie sono ancora quelli delle vecchie stazioni di sosta della via feudale. La via Tôkaidô fu uno dei soggetti preferiti della letteratura popolare e delle silografie del periodo Edo. Già nel 1802 apparve il celebre racconto Tôkaidô hisakurige [Percorrendo la via Tôkaidô] di Juppensha-ikku che narra la storia degli episodi del viaggio avventuroso lungo la via Tôkaidô dei due famosi personaggi comici Yaji e Kita (questi nomi si usano ancora oggi per parlare di un viaggio pieno di sorprese ed incognite che non si sa come andrà a finire). Questo racconto ebbe un grandissimo successo e divenne famoso in tutto il Giappone. I lettori si divertivano e ridevano nel leggere le peripezie di Yaji e Kita quasi fossero loro stessi a viaggiare lungo la via Tôkaidô, immaginavano paesi e panorami mai visti che suscitavano il loro stupore e la loro curiosità. L'interesse per i viaggi e le vedute panoramiche suggerì agli editori di sfruttare questa moda anche con la vedita di silografie. Ricordiamo ad esempio il capolavoro di Hiroshige I "Tôkaidô, le 53 stazioni" del 1834, nel quale si ritrovano alcune scene tratte dal racconto di Juppensha-ikku o la celebre opera di Hokusai "Le 36 vedute del monte Fuji" del 1831, che segno una delle espressioni più elevate della silografia di paesaggio. In seguito furono realizzate numerore serie di silografie delle grandi vie feudali del Giappone. I cittadini della seconda metà del periodo Edo avevano finalmente trovato la forma d'arte più consona al loro gusto ed alle loro possibilità economiche. |