![]() Il prof. Oikawa, nel suo articolo, osserva che la prima di queste due serie della via Tôkaidô è nota tra gli studiosi come Gojôraku-Tôkaidô, (gojôraku significa "visita alla capitale imperiale", cioè a Kyôto, questa espressione veniva usata esclusivamente nel caso di personaggi importanti) oppure come Gassaku-Tôkaidô (gassaku significa: "collaborazione di più persone" per la realizzazione di un’opera d’arte). Già i nomi con i quali viene identificata la serie ci svelano alcuni suoi aspetti essenziali e ci permettono di capire che si tratta di un’opera che, sebbene ancora poco nota, certamente unisce all’interesse artistico per le opere dei vari maestri, l’interesse storico per l’occasione nella quale venne concepita e realizzata: ovvero il viaggio a Kyôto del 1863 del XIV shôgun Tokugawa Iemitsu. Il passaggio dal sistema del potere feudale a quello di Paese moderno che in quegli anni stava maturando tra mille difficoltà ed incertezze in tutto il Giappone si riflesse anche nel modo della silografia giapponese Ukiyo-e. Venute meno le caratteristiche della vita popolare di Edo, anche l’arte della silografia stava attraversando un periodo di incertezza. In questa serie, ad esempio, troviamo Toyokuni III, considerato l’ultimo grande pittore del periodo Edo, accanto a Kyôsai, Kunichika e Yoshitoshi che ebbero la loro massima attività nel seguente periodo Meiji. La serie è stata frutto della collaborazione di numerosi pittori ed editori e da ciò discendono diverse irregolarità. E’ anzi forse improprio parlare di un’unica serie tante furono le variazioni introdotte dagli editori. Alcuni pittori dipinsero infatti le scene di stazioni che non erano state loro assegnate nel piano dell’opera oppure aggiunsero delle stazioni secondarie al di fuori della via Tôkaidô, come Oikawa documenta nel suo scritto. Di seguito si riporta una comparazione delle variazioni tra le stazioni della Gojraku-Tôkaidô della mostra e quella di Oikawa I pittori Yoshimatsu e Yoshitoyo si trovano soltanto nell’elenco di Oikawa che inoltre attribuisce a Kyôsai le stazioni di Minakuchi e Nissaka che tuttavia non sono ancora state ritrovate. Nella serie della mostra abbiamo invece la Nissaka di Kyôsai che è tuttavia identica a un’altra stampa documentata da Oikawa ma che reca il titolo di Gontazaka. Kyôsai dipingeva probabilmente senza conoscere i luoghi delle stazioni di sosta della via Tôkaidô. Oikawa scrive: "Kyôsai forse non aveva visto nemmeno Sinagawa [cioè la periferia di Tokyo] ma è curioso che dipingesse anche Kobe [cioè ben oltre il limite della via Tôkaidô]. Libero dalla necessità di riprodurre fedelmente i paesaggi reali, poteva sviluppare una composizione dinamica ed insolita che si fa apprezzare. Dopo i capolavori di Hiroshige e Hokusai gli acquirenti non si accontentavano più dei soliti paesaggi, perciò si diffusero queste composizioni fantastiche". I luoghi ed i nomi delle stazioni della via Tôkaidô divennero infine una sorta di pretesto e potevano essere facilmente scambiati senza che questo avesse troppa importanza per il pittore e per l’editore.
La seconda serie della via Tôkaidô che qui viene presentata ha per titolo Suehiro Gojûsan-eki zue che letteralmente significa: "raccolta delle illustrazioni delle 53 stazioni della suehiro". Il titolo di questa raccolta ci svela una quantità di informazioni. Inanzitutto il numero di stazioni ci dice che si tratta della via Tôkaidô in quanto durante il periodo Edo le grandi vie erano comunemente indicate con il numero delle loro stazioni di sosta: la via Tôkaidô ne aveva 53, la via Nakasendo - splendidamente illustrata da Hiroshige 69, ecc. La parola suehiro ha un significato complesso non facilmente traducibile in italiano. Si compone dei due ideogrammi Sue (lett. "fine" o "futuro")e Hiro (deriva dall'aggettivo Hiroi che significa lett. "largo"). Suehiro primcipalmente significa: "la fortuna che aspetta dietro l'angolo" o "il futuro che si fa più promettente". Protemmo tradurre Shuehiro-Tôkaidô come "la Tôkaidô ben augurante". Lungo la via Tôkaidô negli anni dal 1863 al 1865 erano transitati i grandi cortei del capo del govenrno feudale Tokugawa, lo shôgun Iemochi, in visita all'imperatore a Kyôto per tentare di mantenere saldo l'assetto politico del Paese che, dopo oltre due secoli di stabilità stava attraversando un momento di grave difficoltà sotto la pressione dei Paesi occidentali. Per il popolo giapponese - che non poteva credere alla caduta dello shôgunato - il nome Suehiro era di buon augurio per il viaggio di Iemochi, ma al tempo stesso recava il presentimento dell'approssimarsi di un radicale combiamento sociale. Suehiro era quindi, forse anche in chiave ironica, segno della consapevolezza di un nuovo futuro che stava aprendosi per il Giappone. Suehiro è il ventaglio e più esattamente il ventaglio che aprendosi dispiega gradualmente la sua forma. In tutte le silografie della serie ritroviamo nell'angolo superiore destro (tranne che nella n.18 in cui è a sinistra) la forma del ventaglio aperto con dipinto il nome della stazione. Si può inoltre avvertire una sottile ironia nella forma degli ideogrammi che compongono la parola Suehiro: l'ideogramma sue infatti ha due pennellate orizzontali con la superiore più lunga di quella inferiore. Ma spesso vediamo che la lunghezza delle due pennellate è stata invertita. In questo modo l'ideogramma si legge imada-zu e associato al secondo ideogramma hiro ci da l'espressione imada-hirogara-zu che significa "non ancora aperta" ovvero un significato ben differente da quello iniziale. Era forse questo un modo per aggirare le censure feudali. La serie Suehiro è stata probabilmente realizzata per illustrare il terzo viaggio dello shôgun Iemochi a Kyôto del 1865. Iemochi marciando per combattere, nella prefettura di Chôshû, le truppe dei rivoltosi fedeli all'imperatore che si opponevano all'apertura del Paese. Vediamo infatti che più che ad un corteo la sfilata assomiglia ad un esercito con le insegne e le bandiere di guerra. Si sente in alcune opere, ad esempio nella n.45, il clima teso ed agitato della battaglia imminente. Tra i due viaggi di Iemochi erano intercorsi soltanto due anni me già nelle opere si avverte il rapido declino del potere feudale e si prefigura un radicale cambiamento. I cieli si sono fatti più tempestosi e le insegne di guerra riempiono le scene. Il corteo feudale ha assunto l'aspetto di una parata militare e si è fatta evidente la presenza degli Occidentali. Ad esempio nella silografia n.5 della stazione di Hodogaya del pittore Yoshiiku vediamo in primo piano un gruppo di Occidentali che osservano indisturbati il passaggio del corteo. Nella silografia n.31 di Maisaka di Yoshitoshi abbiamo in evidenza un vapore occidentale. E' interessante notare che anche nella Gojôraku-Tôkaidô la stazione di Maisaka n.31 era stata dipinta da Yoshitoshi ma allora la nave era un festoso traghetto giapponese. Nella Suehiro-Tôkaidô non troviamo
più le opere di Kyôsai edi Toyokuni III che nel frattempo
era morto (infatti la prima stazione è stata dipinta dal suo successore
Kunisada II). L'ultima stazione Kyôto, che nella prima serie era
di Kyôsai, è ora di Yoshitoshi l'altro talento emergente della
silografia giapponese che è anche il protagonista della serie con
15 opere. Il periodo tardo della Ukiyo-e Il pittore Kyôsai è uno dei 12 maestri che collaborano alla realizzazione della serie Gojôraku-Tôkaidô. Kyôsai fu pittore di talento, capace di dipingere nei diversi stili della pittura tradizionale giapponese oltre che nell'Ukiyo-e. Ma sviluppare lo studio su Kyôsai e sugli altri maestri degli ultimi anni della Ukiyo-e ha un valore più generale per la Storia dell'arte giapponese contemporanea, nel senso di proporre una nuova valutazione dello stile artistico dell'ultima Ukiyo-e e dell'arte degli inizi del periodo Meiji. La Ukiyo-e viene infatti ancora considerata come uno stile tipico del periodo Edo e di conseguenza la sua storia viene fatta terminare con i pittori Toyokuni III e Hiroshige II. Ma questa schematizzazione non corrisponde alla verità storica, in quanto anche nel successivo periodo Meiji nacquero nuove opere e si svilupparono nuovi stili della Ukiyo-e. Tra i maggiori pittori di questo nuovo periodo ricordiamo Kunichika, Yoshitoshi, Yoshitora, Kunimasa, Yoshiiku - naturalmente Kyôsai - e tanti altri. Le loro opere rispecchiano gli stili della Yokohama-e (pitture dei costumi degli occidentali) e della Kaiga-e (pitture delle ultime novità) e frequentemente apparvero come illustrazioni di giornali. Perchè dunque gli storici concludono la storia della Ukiyo-e senza includere i primi anni del periodo Meiji? Come è noto lo studio della Ukiyo-e cominciò a svilupparsi in Occcidente sul finire del secolo scorso, ma la scarsità delle informazioni e la difficoltà di comprendere l'ambiente artistico giapponese, spesso portò gli storici occidentali ad eccessive semplificazioni. In Giappone invece la Ukiyo-e fu considerata a lungo un genere minore di arte popolare e anche dopo l'inizio della sua rivalutazione è continuata a dominare l'idea che questa avesse avuto il suo momento di massima fioritura nel XVIII-XIX secolo e che il periodo seguente corrispondesse soltanto ad un periodo di decadenza privo di interesse di studio. Ma se gli studiosi del periodo Edo non si curavano della Ukiyo-e tarda, d'altra parte anche gli studiosi dell'arte contemporanea non si sono occupati dei primi anni del periodo Meiji che non rispecchiavano ancora le caratteristiche del Giappone contemporaneo. Scrive Oikawa: "... anche se c'era stato il grande impulso di Fenollosa e di Okakura Tenshin, i pittori Hôgai e Gahô non erano nati dal nulla ... le ultime opere della scuola Kanô, della scuola Tosa, di Yôsai, di Zeshin o di Kyôsai erano state il nutrimento indispensabile per le opere successive e possiamo considerarle come un ponte per il passaggio dal periodo mederno al periodo contemporaneo. Da questo ponte ha mosso i primi passi l'arte di Meiji. Bisogna dunque riconsiderare i primi 15-20 anni del periodo Meiji" In questa direzione si muove dunque lo spirito di questa mostra che oltre a illustrare i luoghi famosi della fine del periodo Edo compie due itinerari. Il primo è quello storico dello shôgun Iemochi ricco di drammi e di speranze per un nuovo futuro. Il seecondo è quello che porta fino a noi e dentro a noi l'arte della Ukiyo-e che, lungi dell'esser morta, sa ancora appassionarci con la sua freschezza e fantasia. |