La Rivincita dei Nani

Lettera Aperta a Franco Marini

di Peter Weber

 

In questi giorni di grandi ribaltamenti il settimanale tedesco citava la segretaria del cancelliere uscente Kohl : "Io mi auguro il successo della nuova coalizione rosso-verde !" Ma come signora ? "Certo, dopo tutto sono sempre tedesca e vivo in questo paese !". Lo stesso Kohl ha trovato parole simili per il suo successore, a dimostrazione della distensione fra governo e opposizione in Germania. Forse per un uomo come Kohl, che ha raccolto il successo in ogni sua forma e senza che nessuno possa negarlo, è più facile essere generoso.

Anche in Italia, dopo la crisi di ottobre e il varo del primo governo guidato da un uomo della sinistra postcomunista, un passo veramente importante nella vita politica del paese, sembra ora il dovere di ogni patriota democratico, di sinistra o di destra che sia, quello di augurare buon lavoro e successo al nuovo esecutivo. Tuttavia il modo in cui siamo arrivati a questo passo verso la normalità lascia ancora qualche perplessità, non solo circa la condotta e gli obiettivi dei protagonisti, ma anche sull’opportunità di puntare ad una soluzione in questo senso, senza chiedere un mandato elettorale.

I motivi del presidente D’Alema in questa crisi di governo sono già state ampiamente discusse dalla stampa nazionale che ha elencato la necessità di varare la finanziaria, il timore di regalare la maggioranza parlamentare alla destra, il comprensibile desiderio di far eleggere il nuovo presidente della Repubblica Stato da questo parlamento e l’ambizione, non troppo nascosta ma del tutto lecita, di interloquire finalmente da pari a pari con i vari Blair, Schroeder e Jospin in Europa. Pertanto sembra che la condotta di D’Alema non si discostasse troppo dalle regole della logica, anche se bisogna dire che in "un Paese Normale" in una situazione simile si sarebbe certamente andato alle elezioni.

Molti interrogativi sorgono invece intorno all’atteggiamento dimostrato dal segretario del PPI, la cui politica non può che apparire altamente autolesionista. Il segretario Franco Marini aveva infatti l’occasione di presentarsi all’elettorato con un premier ancora sanguinante dall’accoltellamento subito alle spalle. Così facendo poteva sperare di trascinarsi dentro un grande listone non solo il SVP, ma anche tutti i migliori nomi e ministri dell’Ulivo : Ciampi, Di Pietro, Dini, Maccanico e i loro movimenti. Oltre a Romano Prodi, certamente ! E quanto vale un presidente del Consiglio alle elezioni, lo ha dimostrato persino un uomo come Lamberto Dini che è arrivato da zero al 4,3 % e ora, che non è più così al centro dell’attenzione, si ritrova di nuovo a quasi zero. Con una lista PPI guidata da Prodi, vincitore delle ultime elezioni ed ormai uomo di ben altro spessore, era pertanto possibile aspirare almeno al 15 % forse persino al 20 % dei consensi.

Certo, qualche rischio c’era, come in tutte le elezioni. Se non ci fosse questo, sarebbe anche inutile farle. Ma era pur sempre meglio correrlo, questo rischio limitato, piuttosto che trovarsi di fronte alle certezze cui ora il PPI andrà incontro. I democristiani dell’ex-Ulivo adesso si trovano infatti incastrati fra il grande partito del presidente del Consiglio ed un altro soggetto democristiano, l’UDR di Cossiga. La gara d’ora in poi dovrebbe essere qiuindi quella di dimostrare chi è più democristiano nella compagine governativa. Ma chi la spunterà se il giocatore dall’altra parte non è solo uno dei più navigati e dei più scaltri, ma è anche posizionato meglio su una delle due ali dello schieramento governativo ? Chi invece occupa la posizione di cerniera, Marini e i suoi Popolari, dovrà gareggiare ora su due fronti sia contro i diessini di D’Alema, sia contro gli stessi democristiani di Cossiga.

Il partito di Marini rischia quindi di essere risucchiato nel progetto centrista per la ricostruzione della DC e, se dall’altra parte dovesse farsi sentire anche la forza di gravità della Cosa 2 di D’Alema e Veltroni, potrebbe addirittura andare incontro ad un’altra scissione. In questo momento Marini deve già affrontare la contestazione di Gerardo Bianco. La sua posizione diventerebbe poi ancora più difficile, se i nuovi ministri non riuscissero a mettersi in evidenza. Resta dubbio se i dicasteri assegnati potranno facilitare questo e per quanto riguarda le nomine c’è da dire che alcuni nomi (con tutto il rispetto per Sergio Mattarella e Rosa Russo Jervolino) indicano purtroppo tutt’altro che un grande rinnovamento.

Con un partito in queste condizioni c’è da chiedersi come vorrà Marini affrontare le prossime elezioni, quando arriveranno. Allora ci sarà davvero il rischio di trasformare questo partito d’epigoni in un partito nano. Una speranza per i suoi c’è tuttavia ancora e si chiama, infatti, DC. Se il PPI si arrende all’inevitabile, riunendo le sue poche truppe con i generali dell’UDR e della Lista Dini potrebbe almeno salvare la pelle. Basta dare un’occhiata agli ultimi sondaggi: l’UDR è attualmente dato al 2 %, la Lista Dini allo 0,5 % e il PPI, senza Prodi, potrebbe essere ancora buono per un 3 %. Forza dunque, riunitevi democristiani ! Insieme potete ancora superare la soglia del 4 %.

Ma chi gliel’ha fatto fare, onorevole Marini ? Tutto questo disastro per salvare il seggio ai quattro gatti che attualmente rappresentano il PPI in parlamento ? Infatti, ci sembra che in questa disinvoltura crescente dei leaders di partito si possa scorgere anche una parabola del diminuito peso dei meccanismi di controllo democratico all’interno del partito. Se Marini dovesse rispondere delle sue azioni non solo in primo luogo ai parlamentari, timorosi di perdere la poltrona, ma anche alla base di partito, avrebbe agito nella stessa maniera ?

Molto è stato scritto sul ritorno dei partiti con questo governo D’Alema I. Il notevole allungamento della lista dei ministri e soprattutto il coro quasi unanime sull’assoluta priorità della riforma elettorale sembrano ora confermare questo sospetto : Scusate il disturbo, ma stiamo lavorando per Noi ! Forse è il caso di ricordare che non è stato il sistema elettorale la prima causa dell’instabilità politica in questi ultimi anni, bensì l’eccessiva frammentazione dei partiti, la quale è stata la conseguenza di un’interpretazione aberrante dell’attuale legge elettorale da parte dei partiti italiani. Sembra davvero troppo facile dare ora tutte le colpe al famigerato Mattarellum. Di fronte a comportamenti del genere, infatti, non c’è legge che tenga.

Ma la caduta del governo Prodi/Veltroni/Ciampi è stata anche la rivincita dei nani che non sopportavano la crescita di questi protagonisti oltre la misura generalmente consentita nella palude politica italiana. Da tempo i politici italiani sono soltanto nani nei confronti dei loro colleghi internazionali. Prodi e Ciampi erano, dopo decenni, i primi a superare questa dimensione. L’insofferenza degli altri era pertanto cresciuta da tempo e più d’uno avrà creduto veramente provvidenziale l’intervento del furbacchione trotzkista, che si era prefisso di abbatterli. Il dramma in un sistema politico come quello italiano è che qualunque nanetto può riuscirci senza temere conseguenze.

Ora tocca di nuovo ai nani, governarci, ma il guaio è che questi, specialmente quelli diessini, sono tanto convinti di saper gestire il potere meglio di chiunque altro. Per ora sono soltanto alla prima prova è perciò bisogna dagli una chance. Ma se il Nanone che li guida ora non impara a crescere senza dare fastidio (difficile !), non saranno solo rose e fiori. Bisogna pertanto ricordare la lezione che Romano Prodi ha tratto dalla sua esperienza a Palazzo Chigi: Il premier uscente ha parlato della necessità di una "gestione soft" del potere, definita come una combinazione di fermezza e coinvolgimento. Al centro di questo concetto sta innanzitutto la comunicazione fra governanti e cittadini. "Let’s do this together !" è anche la frase preferita di Clinton che indica così, come Prodi, la via verso una gestione moderna e democratica del potere.

Ma purtroppo è proprio questa la cosa a cui i partiti italiani si sono dimostrati più refrattari negli ultimi cinque anni. Ed è per questo che quasi tutti hanno pagato un prezzo altissimo nella forma di calo dei consensi e scissioni varie. Con i DS tocca ora all’ultimo partito rimasto ancora in piedi. Se anch’esso dovesse fallire, alla Partitocrazia italiana, minacciata dall’avanzata degli "uomini del destino", non rimarrebbe altro che affidare le sue sorti all’ultima guardia : Alleanza Nazionale !