LE CONSEGUENZE DELL'AMORE
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Regia: Paolo Sorrentino
Cast: Toni Servillo (Titta), Olivia
Magnani
(Sofia), Adriano Giannini (Valerio), Angela Goodwin (Isabella), Raffaele Pisu (Carlo)
Trama: In un anonimo
albergo di una qualsiasi cittadina svizzera vive da otto anni Titta Di
Girolamo: non lavora, trascorre le giornate tra la hall e il bar
dell'hotel, indossa abiti eleganti, non ha amici e non tradisce nessuna
emozione. La sua è una routine infinita fatta di giorni uguali a
se stessi spesi nella spasmodica attesa di qualcosa. Ma chi è
veramente? E quale segreto nasconde?
TITTA DI
GIROLAMO: La cosa peggiore che può capitare ad un uomo che
trascorre molto tempo da solo, è quella di non avere
immaginazione. La vita, già di per sé noiosa e
ripetitiva, diventa in mancanza di fantasia uno spettacolo mortale.
Prendete questo individuo con il papillon: molte persone nel guardarlo
si divertirebbero a congetturare sulla sua professione, sul tipo di
rapporti che intrattiene con queste donne. Io invece vedo davanti a me
solo un uomo frivolo. Io non sono un uomo frivolo. L'unica cosa frivola
che possiedo è il mio nome: Titta Di Girolamo.
PORTIERE DI GIORNO: Niente, dottore.
DIRETTORE: Dottor Di Girolamo...
TITTA: Direttore.
CAMERIERA: Buongiorno.
SOFIA: Arrivederci.
BARMAN: Ciao, Sofia.
LETIZIA: Vuol fare una partita?
TITTA: No, grazie. Non sono in grado di giocare una partita. Risolvo
solo i finali della Settimana Enigmistica.
LETIZIA: Peccato. Mi annoio così tanto in questi viaggi
d'affari. Pensare che fino a ieri ero in Messico, in riva al mare, per
un convegno. Adesso invece sono qua, con questo freddo. Permette che mi
presenti: Letizia.
TITTA: Di Girolamo.
LETIZIA: Anche lei qui per affari?
TITTA: Hm.
LETIZIA: Che vita, eh? E di che cosa si occupa?
TITTA: Lavoro per una grossa società di intermediazione
finanziaria.
LETIZIA: Caspita! E qual è?
TITTA: La Moulinex.
LETIZIA: Lei mi sta dicendo una bugia. La Moulinex, per quanto ne so,
produce frullatori. Andiamo, lei non mi sta dicendo la verità.
TITTA: La verità, amico mio, è noiosa.
CARLO: Sono sempre stato un
uomo perfido e vizioso, per questo t'ho rovinato la vita.
ISABELLA: Ma tu sei sempre stato sincero, e questo mi è bastato.
CARLO: Lo sa qual è la cosa che mi fa più paura, dottore?
Morire di vecchiaia. Io non voglio. Io voglio morire in modo
rocambolesco.
ISABELLA: Devi prendere questa adesso, Carlo. Non mangia più,
dottore?
TITTA: Non ho più fame.
ISABELLA: Che si dice fuori, dottore?
TITTA: Niente.
CARLO: Dottore, ha perso.
TITTA: Quanto le devo?
CARLO: Dieci Franchi. Grazie. Quando entravo in un casinò, il
mondo si fermava. Sussurravano: "È arrivato".
ISABELLA: Sussurravano: "Adesso gli portiamo via tutto". E così
hanno fatto.
CARLO: Non è andata esattamente così.
ISABELLA: È andata esattamente così. Solo perché
vivremo nella stanza di un albergo che una volta era nostro... Dottore,
l'Asso Pigliatutti è un gioco napoletano?
TITTA: Non saprei, io sono di Salerno, e comunque è l'unico
gioco di carte che conosca.
CARLO: È un gioco sciocco. I bambini giocano all'Asso
Pigliatutto.
TITTA: Me l'hanno insegnato da ragazzo, forse per questo mi piace.
ISABELLA: Non si dovrebbe mai rompere il cordone ombelicale con quando
si era ragazzi. È vero, dottore?
TITTA: Mai. Sì. Insomma, volevo dire... mai non si dovrebbe. Ci
vuole coraggio.
CARLO: A far cosa?
TITTA: A morire in modo rocambolesco.
TITTA: Esiste nel mondo una
specie di setta, della quale fanno parte uomini e donne, di tutte le
estrazioni sociali, di tutte le età, razze e religioni. È
la setta degli insonni. E io ne faccio parte, da dieci anni. Gli uomini
non aderenti alla setta a volte dicono a quelli che ne fanno parte: "Se
non riesci a dormire puoi sempre leggere, guardare la tv, studiare, o
fare qualsiasi altra cosa". Questo genere di frasi irrita profondamente
i componenti della setta degli insonni. Il motivo è molto
semplice: chi soffre d'insonnia ha un'unica ossessione. Addormentarsi.
CARLO: ... la scultura lumeggiata in oro, del XVIII secolo...
ISABELLA: ... il cassettone veneziano in massello di noce, quello
bombato...
CARLO: ... le sei sedie Luigi XV, in legno cerato...
ISABELLA: ... la parure francese che rappresentava gli scarabei sacri...
CARLO: Quale? Questa non me la ricordo.
ISABELLA: Quella in oro bianco... con gli smeraldi, i diamanti, le
perle piccole... Che peccato.
CARLO: Un giorno ricompreremo tutto, te lo giuro.
ISABELLA: La devi smettere, Carlo!
CARLO: Ma non posso smettere di sperare. Non posso.
ISABELLA: La devi smettere di barare ad Asso pigliatutto.
CARLO: Sto diventando molto bravo, non c'è alcun pericolo.
ISABELLA: Sè, sè... Buonanotte, Carlo.
CARLO: Buonanotte, Isabella.
CAMERIERA: Buongiorno,
dottore.
TITTA: Prego.
CAMERIERA: Come andiamo oggi?
TITTA: Bene, grazie.
DIRETTORE: Puntuale come sempre.
TITTA: Siamo in Svizzera, no?
DIRETTORE: Hm-hm.
TITTA: C'è qualche problema?
DIRETTORE: Un cliente dell'albergo viene da me e mi dice: "Quel suo
cliente, Di Girolamo, non è vero che fa l'intermediario
finanziario. Mente". "E con questo?", gli dico. "Ah, è una cosa
sospetta", dice lui, "si dovrebbe indagare". È a questo punto
che gli ho dato la mia risposta, una risposta che avrebbe fatto
inorgoglire qualsiasi direttore d'albergo. La vuole sentire?
TITTA: Sono pronto.
DIRETTORE: Gli dico: "Gentile cliente, il dottor Titta Di Girolamo paga
puntualmente la sua stanza ogni primo del mese da otto anni a questa
parte. Ma non paga solo una stanza e una pensione completa. Nel prezzo
della stanza è compreso un altro servizio: la discrezione".
Questo gli ho risposto.
TITTA: Una risposta notevole.
DIRETTORE: Eh, sì. È vero. Tuttavia... mi è
rimasta una curiosità personale. Sì, insomma... lei, che
lavoro fa veramente?
TITTA: Lei è una persona troppo intelligente per non sapere che
ogni uomo ha un suo segreto inconfessabile. Facciamo così: lei
mi racconta il suo segreto inconfessabile e il più recondito, e
io le racconto il mio.
DIRETTORE: Lei sarebbe un magnifico giocatore di poker. Ha il volto
immobile...
TITTA: Lei sta prendendo tempo.
DIRETTORE: Ho rubato un paio di sci. Sì, parecchio tempo fa, in
montagna, fuori da un rifugio. E poi, un'ora dopo, stavo risalendo, e
ho incrociato con lo sguardo un tizio che scendeva giù, in
seggiovia... era infuriato. Aveva gli scarponi ai piedi e le racchette,
ma... non aveva gli sci. Eh, eh, eh! Aveva una faccia talmente
antipatica... Non mi sono affatto sentito in colpa. Adesso tocca a lei.
TITTA: Avrò avuto vent'anni. Ero in cucina col mio fratellastro
di un anno. Dovevo controllare se la sua pastina era troppo calda. La
assaggio, era tiepida. Ma faccio anche un'altra scoperta: era molto
buona. Una gran pastina al pomodoro. Io mi ingozzo avidamente davanti a
lui mentre lui piange dalla disperazione. Ma credo che sarà
sopravvissuto al digiuno di quel giorno.
DIRETTORE: Mi sono divertito molto.
TITTA: Anch'io.
TITTA: Un famoso finanziere
diceva che quando due persone conoscono un segreto, allora non è
più un segreto. Il mio segreto inconfessabile è questo...
e non è l'unico. Sulla droga la società civile tende a
semplificare, distinguendo il mondo in tossicodipendenti e non
tossicodipendenti. Questa separazione netta non tiene conto di
situazioni intermedie molto diffuse, come la mia. Io faccio uso di
eroina una volta la settimana da ventiquattro anni, solo il
mercoledì mattina e solo alle dieci in punto. Non ho mai, dico
mai, fatto strappi alla regola. Non posso definirmi un tossicomane, non
posso definirmi un uomo estraneo al problema della droga. Una volta
all'anno vado a fare il lavaggio completo del sangue. È un
procedimento molto costoso. Da quanto tempo Nitto Lo Riccio è
latitante? Venticinque, ventisei anni? Non ho mai visto in faccia
l'uomo che mi procura l'eroina, ho parlato con lui al telefono solo una
volta. Si chiama Ludovico, un nome che io ritengo inadeguato per uno
spacciatore.
LETTRICE: È riservato
a lei questo tavolo? Ci scusi. È che ci piaceva molto questo
angolo. Vuole che ci spostiamo?
TITTA: Non saprei.
LETTRICE: Ho un'idea. Questo tavolo è abbastanza grande per
contenerci tutti e tre. Che ne dice?
TITTA: Sì, ma io devo sedermi nell'angolo.
LETTRICE: Maria, senti qua che bello: "Poi succeda quel che vuole.
Bell'affare. Il vantaggio d'eccitarsi, in fin dei conti, solo su delle
reminiscenze. Puoi possederle, le reminiscenze. Puoi comperarne di
belle, di splendide, una volta per tutte. La vita è più
complicata, quella delle forme umane specialmente. Un'avventura
paurosa, non c'è niente di più disperato. A confronto di
questo vizio, delle forme perfette, la cocaina non è che un
passatempo per capistazione".
MARIA: Bello!
LETTRICE: "Ma torniamo alla nostra Sophie: facevamo come dei progressi
in poesia, solo con l'ammirare il suo essere tanto bella e tanto
più incosciente di noi. Il ritmo della sua vita scaturiva da
altre sorgenti, che non le nostre, striscianti per sempre le nostre,
invidiose. Questa forza allegra, precisa e dolce insieme, che l'animava
dai capelli alle caviglie ci veniva a turbare. Ci inquietava in un modo
incantevole, ma ci inquietava, è la parola".
GIULIA: Titta, se non mi devi
dire niente perché stiamo al telefono? Io ho un sacco di cose da
fare.
TITTA: Come stanno i ragazzi?
GIULIA: Bene.
TITTA: Me li vuoi passare?
GIULIA: Adesso vedo chi c'è.
LILIANA: Papà?
TITTA: Come stai?
LILIANA: Bene.
TITTA: Che fai?
LILIANA: Quasi niente.
TITTA: Bene.
LILIANA: Come, bene?
TITTA: Pure io faccio quasi niente.
LILIANA: Mo' ti passo mamma. E grazie per avermi tirato su di morale.
GIULIA: Titta?
TITTA: È diventata comica, Liliana.
GIULIA: Più sta scocciata, e più fa l'ironica.
TITTA: Ah, sì? E quando non sta scocciata?
GIULIA: Non fa ridere ed è insopportabile. Titta, io devo
proprio andare.
TITTA: Giulia?
GIULIA: Dimmi.
TITTA: Niente. Ciao.
ISABELLA: Te lo sei preso il
litio?
CARLO: Non ancora.
ISABELLA: Cosa vogliamo fare per le nozze d'oro?
CARLO: Vendiamoci il ritratto della Baronessa. E andiamoci a fare quel
viaggio in Cambogia che diciamo da anni. Andiamo a trovare i Della
Rocca.
ISABELLA: Mai. È l'unico ricordo che mi rimane di mia madre.
CARLO: Il tuo attaccamento alle cose materiali mi fa ribrezzo.
ISABELLA: Prenditi il litio.
CARLO: Sei solo un'orrenda borghesuccia, lo dico sempre, io. Un giorno
rientri e non ti faccio ritrovare il quadro della Baronessa. Lo vendo,
e vado a giocare tutto a Montecarlo.
ISABELLA: Tu provaci e io ti faccio andare a dormire sotto un ponte. Il
divorzio, chiedo.
CARLO: Io non posso aspettare la morte in albergo. Io voglio fare
qualcosa di spettacolare. Qualunque cosa. La mia vita... La mia vita
è stata spettacolare.
ISABELLA: Ma lo spettacolo è finito e tu ti devi rassegnare,
Carlo. Siamo vecchi, moriremo qua dentro. Se morirai prima tu, ti
seguirò sùbito dopo per il crepacuore. E viceversa.
Adesso, per favore, prenditi il litio.
DIRETTORE BANCA: Dottor Di
Girolamo. Dottor Di Girolamo.
TITTA: Sì.
DIRETTORE BANCA: Posso farle una domanda? È una curiosità
personale, sa.
TITTA: Prego.
DIRETTORE BANCA: Perché ci tiene così tanto che i soldi
siano contati dagli impiegati e non dalle macchinette contasoldi?
TITTA: Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini,
Direttore. Il giorno che accadrà sarà un giorno sbagliato.
GIULIA: Ciao.
PORTIERE: Dottore, c'è
suo fratello.
TITTA: Me lo passi.
PORTIERE: Non è al telefono, è qui in persona.
VALERIO DI GIROLAMO: Fratellone. Bello.
TITTA: Ti prego, non sopporto le mani in faccia, hm?
VALERIO: Scusa.
TITTA: Che ti devo raccontare?
VALERIO: Non lo so, qualsiasi cosa, a piacere. Puoi pure inventare, se
vuoi.
TITTA: Non ho molta immaginazione.
VALERIO: Porca puttana, è un'impresa titanica fare due
chiacchiere con te.
TITTA: So' sempre da solo. Non sono più abituato a parlare.
VALERIO: Ho capito, è per questo che dovresti approfittare di me.
TITTA: Quando hai detto che riparti?
VALERIO: Già ti sei rotto il cazzo.
TITTA: L'ho detto per fa' due chiacchiere...
VALERIO: Parto domani per le Maldive. Un villaggio, cercavano un
istruttore di surf per tre settimane.
TITTA: Papà come sta?
VALERIO: È morto, ma nessuno gliel'ha detto.
TITTA: E chi l'ammazza, quello?
VALERIO: Non lo chiami mai.
TITTA: E perché lo dovrei chiama'? Per sentirmi dire ogni volta
che sono un criminale?
VALERIO: Hai solo avuto sfortuna.
TITTA: Sfortuna non esiste. È un'invenzione dei falliti. E dei
poveri.
VALERIO: Vabbè, comunque papà non se la passa bene,
perché lui vorrebbe finire la sua vita a Salerno, dice che Roma
non è la sua città, però mamma non vuole
trasferirsi, e...
TITTA: Tua madre mi è sempre piaciuta.
VALERIO: Ah, ah, ah! Ah! Grazie. Lei è molto bella, lo sa
questo? Io parto domani per le Maldive, perché... perché
non viene con me?
SOFIA: Non sto bene in costume da bagno.
VALERIO: Ah, brava, ottima risposta. Eh? Quando fanno così, di
solito ci stanno. E tu non ce l'hai una ragazza? Una donna? Ho capito:
non ce l'hai. TITTA: Te lo ricordi Dino Giuffrè, il nostro
vicino di casa?
TITTA: Certo che me lo ricordo.
VALERIO: Eravate amici da piccoli, no?
TITTA: È il mio migliore amico.
VALERIO: Ma perché, lo vedi ancora?
TITTA: No. non lo vedo e non lo sento da vent'anni.
VALERIO: Ah, beh, allora... Allora è un po' arduo definirlo il
proprio migliore amico, o no?.
TITTA: Invece lo è.
VALERIO: Ho capito. È il tuo... è il tuo amico
immaginario, come ce l'hanno i bambini. È quello... è
quello a cui dici tutte le cose che non dici a me. Le dici nella tua
testa, bene!
TITTA: Vedi che Dino Giuffrè è il mio migliore amico e
basta. Quando si è stati amici una volta lo si è per
tutta la vita.
VALERIO: Che cazzata. Vabbè, comunque, ti stavo dicendo, la
settimana scorsa ho incontrato la sorella di Dino Giuffrè.
TITTA: Mh.
VALERIO: Lo sai che cosa mi ha detto?
TITTA: Mh.
VALERIO: Che non vive più a Salerno. Lavora per l'Enel, su una
montagna del Trentino Alto-Adige, lui ripara le linee. Sai quando ci
sono le tormente e va via la luce? Ecco, lui si arrampica sui piloni e
ripara la linea. Pure di notte, col freddo, il vento, il gelo...
TITTA: E allora?
VALERIO: Ti rendi conto che cazzo di lavoro infame s'è messo a
fare Dino Giuffrè o no?
TITTA: È un lavoro come un altro.
VALERIO: Non è un lavoro come un altro. Vuol dire fare una vita
di merda. Vuoi mettere col fare l'istruttore di surf? In mezzo ai
Caraibi?
TITTA: Tu sei sempre stato un uomo superficiale. Anzi, non sei neanche
un uomo. Sei soltanto un ragazzo.
SOFIA: Arrivederci a tutti.
DONNA: Arrivederci.
VALERIO: Ciao, cara.
SOFIA: Arrivederci. Insomma, io sono due anni che lavoro qui. E ogni
giorno la saluto e lei non mi risponde. Per caso si è accorto
che io esisto?
GIULIA: Pronto? Titta, sei tu?
VALERIO: Dovresti essere un po' più educato con quella ragazza.
È una brava ragazza. Pure lei ci avrà i suoi problemi,
come me, come te, come tutti. Cosa credi, che sei l'unico al mondo ad
avere dei problemi?
VALERIO: Allora, ti ha fatto
piacere o no che sono venuto?
TITTA: Molto.
VALERIO: Che bugiardo! Sei sempre stato un grande bugiardo!
TITTA: Forse sedermi a questo bancone è la cosa più
pericolosa che ho fatto in tutta la mia vita.
SICARIO: Sei tu Di Girolamo?
TITTA: Per caso ho fatto qualcosa che... che non va? Se ho sbagliato,
non me ne sono accorto. Allora? Siete venuti per me? Vorrei saperlo.
SICARIO: Non ti fare venire queste manie di protagonismo, Di Girolamo.
Abbiamo fatto 1.500 km e siamo stanchi.
TITTA: Che significa?
SICARIO: Significa che hai fatto già quattro domande, e nel
nostro ambiente una domanda già è di troppo. E poi,
questo non è un quiz e io non sono un tuo concorrente.
Perciò, da brava persona quale sei, ora placati. È lui.
NICOLÒ: Martuscello.
TITTA: Non funziona la televisione.
SICARIO: Ma come cazzo fai senza televisione? Vedi prima chi è.
TITTA: Chi è?
NICOLÒ: Io.
SICARIO: Com'è andata?
NICOLÒ: Bene.
SICARIO: Complicazioni?
NICOLÒ: A un certo punto, mi è venuta fame.
SICARIO: Aspetti a qualcuno? Pss pss! Ora puoi aprire, senza chiedere
chi è.
TITTA: Non vi preoccupate, è la mia valigia.
SICARIO: Nicolò, finalmente l'hai capito dove va a finire tutto
il nostro lavoro? Qua dentro.
NICOLÒ: Amunì!
TITTA: Non viene a prenderla
uno dei suoi fidanzati, oggi?
SOFIA: Quali fidanzati?
TITTA: Quelli che l'aspettano qui fuori quando ha terminato il suo
turno.
SOFIA: Non sono fidanzati, sono istruttori di scuola guida. Finisco di
lavorare e faccio lezione, sto prendendo la patente.
TITTA: Ah. Per questo è lei a sedersi al posto di guida.
SOFIA: Non avrei mai detto che aveva notato tutte queste cose.
TITTA: I timidi notano tutto, ma sono molto bravi a non farsene
accorgere.
SOFIA: Notano tutto o notano me?
FATTORINO: Ascensore al garage, subito!
I CONTABILE: Ultimo.
II CONTABILE: Ultimo.
DIRETTORE BANCA: Dottore, abbiamo un problema. Non ci tornano i conti.
Risultano mancanti centomila dollari. Potremmo contarli di nuovo con le
macchinette contasoldi? Che ne dice?
TITTA: Voglio che rimettiate sùbito tutto il danaro in valigia.
DIRETTORE BANCA: Ma no, non dica così. No, sicuramente si tratta
di un nostro errore, guardi.
TITTA: Sicuramente te è venuto meno il patto di fiducia tra me e
lei, Direttore. I soldi in valigia. E dia disposizione affinché
venga estinto immediatamente il mio conto corrente.
DIRETTORE BANCA: Ma no, ma no, non... non precipitiamo le cose.
Troviamo una soluzione. Eh, dottore? Si può fare così: i
ragazzi contano di nuovo i soldi. Se dovesse confermarsi l'ammanco, la
banca si farà carico di colmare con la propria
disponibilità la cifra di centomila dollari. Eh? Che ne pensa?
TITTA: Se mi avesse ucciso mia madre, mi sentirei meno offeso. Se ho
capito bene, lei sta proponendo a me di accettare dalla sua banca
l'elemosina di centomila dollari? Perdere ad Asso pigliatutto con un
baro dilettante non vuol dire non essere in grado di eseguire alla
perfezione un bluff ad alti livelli. Per assicurarsi una buona
riuscita, il bluff dev'essere condotto fino in fondo, fino
all'esasperazione. Non c'è compromesso. Non si può
bluffare fino a metà e poi dire la verità. Bisogna essere
pronti ad esporsi al peggior rischio possibile: il rischio di apparire
ridicoli. Signori, io sto solo aspettando che rimettiate il danaro in
valigia.
CONTABILE: Direttore, non ci siamo accorti che nella valigia c'erano
altre quattro mazzette da venticinquemila.
TITTA: Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini,
Direttore. Oggi, per lei, è stato un giorno sbagliato.
DIRETTORE BANCA: Chiamate il fattorino e fate portare i soldi nel
caveau.
SOFIA: Come mi stanno? Ho
capito. Le piacciono di più quelle che ho provato prima.
COMMESSA: A lei, prego.
SOFIA: Grazie.
CARLO: Ma che significa?
TITTA: Significa che ho smesso di perdere.
SOFIA: A proposito, devo
farle vedere una cosa.
TITTA: Anch'io devo farle vedere una cosa.
SOFIA: Bella! Chissà quanto le è costato quest'aggeggio.
TITTA: Centomila dollari.
SOFIA: Ha fatto un'ottima cosa. Quest'auto la svecchierà un po'.
TITTA: Ma non è mia, è sua.
SOFIA: Sta scherzando?
TITTA: Io ce l'ho già una macchina.
SOFIA: Io non posso accettare un regalo del genere.
TITTA: Si dice sempre così in questi casi, no?
SOFIA: No, non ha capito: accettare questa macchina significa alterare
completamente i nostri rapporti.
TITTA: Io voglio alterare completamente i nostri rapporti.
SOFIA: Vuole comprarmi? Non si regala una macchina così a una
persona che neanche si conosce.
TITTA: Io la conosco.
SOFIA: Lei mi conosce? E che cosa sa di me? Sentiamo. Che cosa vuole da
me? La deve finire con questa recita del silenzio. Non funziona sempre.
Ora deve dire qualche cosa. Parli!
TITTA: Cosa devo dire? Che ne so? Che cosa si dice in questi casi? Io
sono un commercialista.
SOFIA: Io non accetterò mai questa macchina.
TITTA: Perché? Perché?
SOFIA: Volevo... vedere dove
abitava.
TITTA: Le piace la mia stanza?
SOFIA: È una stanza.
TITTA: È la mia stanza.
SOFIA: Potrebbe accendere la luce?
TITTA: Perché è venuta?
SOFIA: Mi sentivo in colpa.
TITTA: Lei si è sentita necessaria, per questo è venuta.
Ma io non ho bisogno di nessuno.
SOFIA: Per accettare un regalo io ho bisogno di sapere chi è che
mi fa il regalo.
TITTA: Mi chiamo Titta. Di Girolamo. Da 24 anni, ogni mercoledì
mattina, alle dieci, faccio uso regolare di eroina. Non ho mai fatto
eccezioni, tranne stasera. Dieci anni fa ero un commercialista, ma un
commercialista... Insomma, ero qualcuno nella Borsa, io. Ho negoziato
anche l'acquisto di una... petroliera. Mica è facile negoziare
l'acquisto di una petroliera. Investivo miliardi. Ho investito anche
per Cosa Nostra. Per loro ho investito 250 miliardi, in due ore ne ho
persi 220. Ma hanno capito che non me li sono messi in tasca. Mi hanno
fatto la grazia e... mi hanno chiuso qua. In questo albergo. Da qua,
una o due volte la settimana, trasporto una valigia con dentro milioni
di dollari in una banca, ma non sono affiliato a Cosa Nostra. Ho una
pistola, ma non l'ho mai usata. Soffro di insonnia. Sono separato da
mia moglie da dieci anni. Ho tre figli. Spesso gli telefono, ma non mi
vogliono parlare. Domani faccio 50 anni. È il mio compleanno, ma
non mi sento stanco.
SOFIA: Domani... andremo a festeggiare il tuo compleanno fuori
città. In montagna. Verrò a prenderti alle tre con la mia
macchina. E adesso dormi, che sei stanco.
SICARIO: Se mi guardi in
faccia, ti sparo. Bravo! Ora mi devi dire due cose: dove sono le chiavi
della macchina e il codice dell'antifurto.
TITTA: Le chiavi sono nel primo cassetto della scrivania. Il codice
è 2250.
SICARIO: Bene. Ora, quando ce ne andiamo, chiama Pippo D'Antò, e
se ci riesci, prova a convincerlo che non sei stato tu.
TITTA: Pippo, so' Di Girolamo.
PIPPO D'ANTÒ: Dimmi, Di Girolamo.
TITTA: M'hanno preso la valigia.
PIPPO: Che cazzo dici?
TITTA: Due siciliani che sono stati qua qualche giorno fa.
PIPPO: Ma che cazzo dici? Quelli sono due cugini miei.
TITTA: Ma se ti dico che sono entrati in camera e hanno visto arrivare
un'altra valigia.
PIPPO: Non dire minchiate. Senti, devi venire qui.
TITTO: A fare che?
PIPPO: Ma non capisci? A convincere Nitto che non sei stato tu.
TITTA: Io? Ma che c'entro io?
PIPPO: E questo lo spieghi a Nitto.
TITTA: Ni... Nitto Lo Riccio?
PIPPO: Bravo, stronzo! Ma che fai, il nome, pure? Se ti vuoi salvare,
spiega subito a Nitto come stanno le cose.
TITTA: Non posso. Ho un appuntamento. Vengo fra due giorni.
PIPPO: Ma che appuntamento e appuntamento! Già tieni una
speranza su mille di salvarti! Se poi non vieni sùbito....
TITTA: Vengo fra due giorni.
DIRETTORE: Dottore, ma oggi
non è il primo del mese.
TITTA: Non sono mai stato amato da nessuno, io.
TITTA: Sono Di Girolamo.
Parto oggi alle 18:30.
PIPPO: Ti preleviamo all'aeroporto.
TITTA: Bene.
PIPPO: Come ti riconosco? Non ti vedo da quindici anni.
TITTA: Non sono cambiato.
ISABELLA: Questi sono per lei. Dovrebbe corrispondere alla cifra che ha
perso nel corso di questi mesi. Ho dovuto vendere un ricordo di mia
madre. Le voglio dire un'altra cosa: non c'era nessun motivo di
umiliare mio marito in quel modo. È un uomo anziano. Bastava che
lei smettesse di giocare. Lei è una persona cattiva, dottore.
Arrivederci.
TITTA: È venuto
qualcuno per me?
PORTIERE: No, dottore.
TITTA: Messaggi?
PORTIERE: Nessuno.
TITTA: Pippo. So' Di Girolamo.
PIPPO: Non ti avevo riconosciuto.
TITTA: Dove andiamo?
PIPPO: Siamo già arrivati. Ma che minchia hai da ridere, DI
Girolamo?
TITTA: Niente. Pensavo.
PIPPO: Che cosa?
TITTA: Pensavo che non riesco a liberarmi degli alberghi. Non è
assurdo?
PIPPO: Assurdo? Qua di assurdo c'è che hai fatto scomparire una
valigia con 9 milioni di dollari. Questo è assurdo.
NATALE: È arrivato.
NITTO LO RICCIO: Raccontami con frasi concise come sono andate le cose.
TITTA: Dunque, due persone entrano nella stanza. Mi puntano una pistola
e si prendono la valigia. Prima, però, mi chiedono le chiavi
della mia macchina e il codice numerico dell'antifurto. Io do entrambe
le cose. Poi uno mi dice: "Adesso chiama Pippo D'Antò e
convincilo che non sei stato tu, se ci riesci". Mi metto paura,
però rifletto. Faccio una cosa, poi chiamo Pippo. Espongo i
fatti. Lui mi dice di venire subito qua a spiegarmi con lei, e
però mi dice pure che non sarà facile convincerla che non
sono stato io a rubare la valigia. Io mi metto ancora più paura,
però rifletto rapidamente e mi dico che devo assolutamente
provare a recuperare la valigia. E così ho fatto. L'ho
recuperata. Adesso la valigia ce l'ho io.
NITTO: E che bisogno c'era di venire fino a qua? Bastava che andavi in
banca, a depositare i soldi. Poi ci telefonavi e ci dicevi che era
tutto a posto. Solo un contrattempo.
TITTA: C'è stato un altro contrattempo. Per questo sono qua.
NITTO: Che contrattempo?
TITTA: Io la valigia non ve la voglio dare.
NITTO: Notaio, come avrà già capito, il conto corrente di
Di Girolamo lo dobbiamo intestare a un'altra persona. Le serve Di
Girolamo per fare quest'operazione?
NOTAIO: No. Mi serve un telefono e ci parlo io con gli svizzeri.
NITTO: Bene. Bene. Torniamo a noi. Ma perché non ce la vuoi dare
la valigia?
TITTA: Voi vi siete rubati la vita mia. E io mi rubo la valigia vostra.
NITTO: Ho capito. Ma se non c'è valigia, non c'è vita.
TITTA: Questo lo so.
NITTO: Ci dirai dove hai messo la valigia.
TITTA: No. Non credo.
NITTO: E lo sai perché? Perché sei una brava persona. E
perché siamo più intelligenti di te.
TITTA: Questo è vero, non sono mai stato molto... intelligente.
NITTO: Ahiahi... Balduccio, che ristorante prenotasti pì stasira?
BALDUCCIO: Da Restelli.
NITTO: Ah, bravo. Si mangia bene là.
NATALE & ORNELLA VANONI:
Ci vuol passione, molta pazienza, sciroppo di lampone e un filo di
incoscienza / Ci vuol farina del proprio sacco, sensualità
latina, e un minimo distacco.
ORNELLA VANONI: Si fa così, rossetto e cioccolato e non
mangiarli sarebbe un peccato / Si fa così, si cuoce a fuoco
lento, mescolando con sentimento.
SICARIO: Buttana d'a miseria.
ORNELLA VANONI: Le calze nere, il latte bianco e già si
può vedere che piano sta montando / È quasi fatta /
zucchero a velo / la gola è soddisfatta...
TITTA: Vengo fra due giorni.
ORNELLA VANONI: Si fa così: è tutto apparecchiato per il
cuore, per il palato...
NATALE: Lo sai che Nitto ti vuole bene a te?
TITTA: Cosa?
ORNELLA VANONI: Sarà bello bellissimo travolgente lasciarsi
vivere totalmente / dolce dolcissimo e sconveniente: coi bei peccati
succede sempre.
NATALE: Nitto. ti vuole bene. Quando ha saputo dell'ammanco di
centomila dollari, ha fatto finta di niente. E ti ha creduto pure
quando gli hai raccontato la storia dei due che ti hanno preso la
valigia. E tu come lo ripaghi? Facendo l'ostile con lui.
TITTA: M'ha creduto?
NATALE: Certo! Se non ti avesse creduto, ora Pippo starebbe ancora qua,
con noi.
ORNELLA VANONI: Ci vuol fortuna perché funzioni, i brividi alla
schiena e gli ingredienti buoni, è quasi fatta... zucchero a
velo... la gola è soddisfatta e nella stanza il cielo.
NATALE: Era da un po' che Pippo cercava una sua autonomia. Ora è
autonomo. Però Nitto non può fare finta di niente davanti
a nove milioni di dollari. Lo capisci questo? E daccilla 'sta minchia i
valigia, e ti rifarai un'altra vita.
ORNELLA VANONI: Si fa così: è tutto apparecchiato per il
cuore, per il...
NATALE: Si è scomodata mezza commissione per te, Di Girolamo.
Questo onore dovrebbe farti parlare e invece tu.... Comunque...
Funziona così, Di Girolamo: la gru ti fa scendere. Appena
cominci a parlare, si ferma. Altrimenti non si ferma.
TITTA: Una cosa sola è certa. Io lo so. Ogni tanto, in cima a un
palo della luce, in mezzo a una distesa di neve, contro un vento gelido
e tagliente, Dino Giuffrè si ferma, la malinconia lo aggredisce,
e allora si mette a pensare. E pensa che io, Titta Di Girolamo, sono il
suo migliore amico.
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(2007)
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