Sorpassi (20/07/1999)

Mantengo la mia Alfetta ai 130, non per rispetto dei limiti ma perché non ho fretta di arrivare e mi manca la voglia di correre. Mi annoia guidare su queste autostrade di pianura, piatte e poco frequentate in questi giorni d’estate. Solo il brivido senza soddisfazione di superare i lunghi TIR che oscillano minacciosi nelle corsie strette tra i pannelli di cemento.
Il momento che preferisco nel viaggiare in auto è quando si arriva - anzi, quando si è arrivati, l’auto è parcheggiata e i bagagli scaricati.
Abbasso i finestrini: l'aria è violenta e piacevole, senza l'afa umida dei giorni precedenti. Fa caldo ugualmente, ma il sole è velato da vere nuvole e non da foschia.
Ho girato tra le frequenze delle stazioni della radio senza trovare nulla su cui soffermarmi più di qualche minuto; l’unica volta che trovo una colonna musicale che mi piace il segnale è troppo debole e lo perdo. Alla fine, senza entusiasmo, infilo una cassetta di vecchi successi italiani che ho in auto da anni e che mi manda ancora più in paranoia.
Un paio di automobili mi superano, poi ne arriva una terza - una Brava - che viaggia molto veloce in un tratto rettilineo e mi arriva in attimo in coda ma poi, appena vede l'accenno di una curva, frena e si scompone un po' sterzando, ma più per imbarazzo del guidatore che per perdita di aderenza.
Guardo nello specchietto e vedo un volto giovane di ragazza e le sue braccia nude tese e dure sul volante.
Passata la curva, mette nervosamente la freccia, cambia corsia e comincia il sorpasso anche se ora è lontana e non ha slancio.
Io non accelero - non rallento neppure - e la Brava fatica a riprendere velocità e ad affiancarsi.
Guardo per curiosità all'interno e gli occhi mi cadono sulle gambe della guidatrice - snelle, lunghe, abbronzate e molto scoperte sotto una corta gonna chiara. Capperi!
Lascio sfilare la Brava, le permetto di prendere un po' di metri vantaggio, lascio passare anche una Volvo che ci salta in tromba entrambi, poi premo un po' di più l'acceleratore.
La mia apatia si scioglie all'istante nel piacere tranquillo dell'inseguimento, anche se la mia è più voglia di distrarmi che eccitazione.
La Brava supera un furgoncino rallentando di nuovo un po' timidamente, poi perde ancora un po’ di birra per una leggera curva; ed io le sono dietro ed in accelerazione faccio valere i cavalli in più del mio motore.
Affianco e riguardo, anche se da sinistra le gambe non le posso vedere. Però un bel visino davvero, teso e concentrato in avanti, bocca piccola e seria, seno dritto e ben evidenziato dalla canottiera aderente e senza maniche.
Finisco il sorpasso contro voglia, supero anche un TIR e subito aspetto che la ragazza faccia lo stesso rientrando nella corsia di destra e alleggerendo il piede sull’acceleratore. Devo aspettare un po' più di tempo del previsto, vedo sfrecciare un'altra auto, poi una seconda e poi, quando quasi mi preoccupo - Si è fermata? Finita fuori strada? - finalmente eccola.
Decisamente impacciata, a meno che si sia accorta della mia manovra e voglia lasciarmi andare.
Approfitto del vantaggio e provo a tenere una velocità sostenuta ma un po' più lenta della sua, il che è difficile perché la ragazza va maledettamente a strappi e, controvoglia, mi trovo ad oscillare anch'io tra i 120 e i 150.
Alla fine si apre un bel rettilineo e la brunetta - bruna di capelli e di pelle, per giunta vestita di chiaro, il che esalta un’abbronzatura spettacolare - si scatena.
Le lascio preparare con calma l'attacco, poi mentre si affianca accelero in progressione anch'io.
Questa volta ho tutto il tempo che voglio per guardarmela: proprio carina, e tesa come una gatta che sta per colpire.
All’improvviso mi lancia un'occhiataccia - quasi più diretta al cofano della mia auto che a me - ed accelera ancora. Scommetto che è a tavoletta…
Io sollevo il piede e mi rilasso soddisfatto: sarà un piacere stupido, ma meglio di niente. Spero che mi tenga compagnia ancora per un pezzo di chilometri! Adesso sta viaggiando veloce ed io mi limito a controllare di non perderla di vista, poi basta un tratto di viadotto dove le corsie sono più strette e lei rallenta così bruscamente dietro un nuovo TIR che io la raggiungo subito e mi rassegno, per non fare manovre troppo brusche e pericolose, a passare lei ed il TIR in velocità dandole appena una sbirciata. Non penso sia stata una manovra voluta, ma proprio paura di sorpassare.
Rallento, ma guadagnando strada sul TIR, ed aspetto. Finalmente la vedo comparire e ripeto il gioco: accelero lasciandola avvicinare. Qualche sorpasso mi distrae e me la trovo dietro all'improvviso: quando si scatena, ha il piedino pesante!
Mi metto da lato educatamente, ben a destra, e poi lascio ai miei occhi il piacere di un'altra piacevole panoramica mentre mi sorpassa.
Qualche piacevole particolare in più da aggiungere ai dati accumulati, come notare che la canottiera aderente non le copre l'ombelico.
Anche lei mi guarda di nuovo e fa un gesto che non capisco se è fastidio o altro.
La lascio andare senza insistere; o meglio la lascerei andare se, dopo avermi distanziato - non la vedevo neanche più - tre TIR in fila non la arrestassero di nuovo.
Panico - probabilmente da inesperienza - a sorpassare.
Un po' in imbarazzo anch'io rallento e vedo la Brava lampeggiare a destra. Autogrill. Forse benzina? Con quel modo di guidare a scatti penso che sarà sempre in riserva.
Io sono a posto, sia come condizione fisica che come automobile, ma quando la ragazza entra nella corsia di decelerazione rallento e le vado dietro.
La ragazza accosta nel primo posto libero che trova. Io, più pigro e un po’ incerto su cosa fare, cerco un posto più comodo e più vicino all’ingresso del bar anche a costo di una manovra un po’ più complicata. Dopo di che chiudo i finestrini e scendo dalla mia auto.
Raggiungo il marciapiede: non c’è molta gente solo una pulmata di turisti che, dalla targa del mezzo, credo tedeschi che stanno sgranchendosi già pronti a ripartire.
Anche la ragazza ha parcheggiato, un po’ a cavallo tra due posti e sta venendo verso di me decisa e apugni chiusi. In piedi la gonna resta sempre molto corta ma non scandalosa per la moda estiva, la polo arriva proprio all’ombelico ma il seno sembra molto più in evidenza e devo dire che l’insieme è molto gradevole, anche se arrabbiato.
Comunque mentre si avvicina la ragazza sembra perdere slancio passi dopo passo e scopro che è piccolina ed in un improbabile scontro fisico potrei vantare una trentina di chili di vantaggio. I pugni chiusi si rilassano.
Non solo perde slancio ma si ferma, lanciandomi un’occhiata cattiva ma già disarmata. Stile: "Se fossi un uomo ti picchierei!". Sorrido alzando le spalle come a rispondere: "Se tu fossi stata un uomo, non avrei mica fatto le corse con te!"
Non le avrei fatte neanche se vestisse in jeans, o forse sì?
Però adesso ho paura che - passato il momento di rabbia - faccia dietro front, ritorni in auto e vada via.
Una turista tedesca in ritardo, probabilmente proveniente dai gabinetti, passa tra di noi ansando e gemendo nella sua barbara lingua e la ragazza deve spostarsi. Io ne approfitto per dimezzare la nostra distanza: "Posso offrire qualcosa? Un panino? Un caffè?"
Risponde un "No!" secco, ma non si muove ed io insisto: "Allora un aperitivo? Anche se per pranzo è un po’ presto!"
La guardo e faccio un paio di passi verso l’ingresso. Si osserva un attimo nel riflesso dei vetri: alza le spalle e mi segue.
Alla cassa non c’è nessuno e dobbiamo aspettare.
"Vai veloce quando la strada è dritta!", faccio per attaccare discorso.
"... E vado piano quando ci sono le curve!"
Non penso volesse fare un doppio senso, ed è per un immediato istinto maschile che alla parole curve le guardo i seni non grandi ma proprio belli e sempre tesi in avanti. Credo che se ne accorga, ma non reagisce.
Ordino un Martini bianco per me e lei chiede un analcolico. Prendo anche un pacchetto di mentine ed ovviamente pago tutto. Sul banco pilucchiamo qualche patatina e due olive. Purtroppo non ci sono tavolini a cui sederci.
"Facciamo le presentazioni? Alfredo, da Savona!"
Mi guarda e scoppia ridere. Non me la prendo e sorrido anch’io: "Ridi perché mi chiamo Alfredo?"
"No! - Ma ride di nuovo. - Scusami: sì!"
La guardo ridere e mi piace anche il collo agile e lungo.
"Scusami!", ripete.
"Non importa!". E, in effetti, non importa proprio. Se ride il ghiaccio è sciolto.
Prima che gli aperitivi siano pronti si presenta anche lei: "Marina. Da Rimini, ma vivo a Verona. Quasi a Verona!"
Prendo il suo bicchiere finalmente pronto e glielo porgo.
"Due splendidi posti, sia Rimini che Verona!"
Mi ringrazia, non so se per il complimento o perché le porgo il bicchiere.
Faccio toccare gli orli dei due bicchieri: "Alla tua salute Marina. Ed ai sorpassi!"
"Salute!"
Il barista ci guarda un po’ schifato con una faccia da pesce lesso e, siccome mi sembra sul punto di dire qualcosa mentre proprio non desidero sentire la sua voce, lo anticipo mettendo mille lire di mancia - immeritata - sul banco.
Marina sorseggia il suo analcolico con calma ed un po’ pensierosa accompagnandolo con un’altra oliva. Effettivamente gli aperitivi sono caldi, le patatine secche, ma le olive decenti. Non si può trovare tanti spunti in un autogrill, per giunta non troppo moderno.
La ragazza mi sembra pensierosa, forse preoccupata, certamente incerta ma non ostile.
"In vacanza? O è un viaggio di lavoro?"
Mi guarda un po’ sorniona e quasi irridente. È una ventina di centimetri più piccola di me ed è piacevole vedere come mi guarda, dall’alto verso il basso. "Metà vacanza e metà lavoro".
"Cioè?"
"I miei hanno un ristorante a Genova. Io vado in vacanza, ma anche a dare una mano!"
"Non siamo lontani allora! Che ristorante?"
La domanda non è innocente - le sto chiedendo come trovarla - e capisco perché esita. Ma alla fine deve decidere di fidarsi e questo mi fa piacere: "Alle Palme, zona del porto."
La guardo e non me la vedo proprio servire ai tavoli: "Pasta al pesto per il signore!", ma non dico quello che penso.
"Si mangia bene?"
"Certo!"
"La specialità?"
Fa girare il ghiaccio nel fondo del bicchiere: "Il fritto misto. Ma anche le trenette al pesto!"
Mi guarda quasi sognante: "E i gelati. Che faccio io!"
Ovviamente colgo l’occasione: "Adoro i gelati!"
La ragazza posa il bicchiere sul bancone e mormora un "Grazie!", poco convinto.
"Un altro bicchiere?"
"Dai! Dobbiamo guidare!"
Si avvia verso l’uscita e non posso fare altro che andarle dietro scontentissimo, anche se camminarle dietro è piacevole per lo spettacolo del gonnellino che, per quanto corto, danza ai passi brevi e secchi. Non so se le donne mi capiranno, ma gli uomini certamente sì: è uno spettacolo di quelli che fanno male al cuore!
Si ferma sul marciapiede ed io faccio un po’ forzatamente scherzoso: "Hai mica intenzione di lasciarmi così!?"
Fa una spalluccia: " Adire il vero… sì!"
"Accidenti! Ma senza lasciarmi detto nulla di te?"
"Dai! Ti ho già detto anche troppo!"
Riassumo un attimo: "So che ti chiami Marina. Che vivi a Verona e che i tuoi genitori hanno un ristorante a Genova. Come faccio a ritrovarti?"
Sapendo il nome del ristorante potrei ma... chiedere non costa nulla!
La guardo e lei si passa la mano nei capelli.
"E perché vuoi ritrovarmi?"
Lo sa benissimo e vuole sentirselo dire il motivo. Il problema è spiegarlo in modo carino. Però di essere troppo carino non ho voglia e forse finisco anche per essere un po’ più secco di quanto voglio: "Diciamo che mi interessi. Va bene?"
Sembra vada bene perché le sfugge un sorriso. Però insiste: "Io adesso devo ripartite!"
"Sicura?"
"Certo! Quando mi sono fermata volevo insultarti, invece sei simpatico!"
Accetto il "simpatico" ed il sorriso che lo accompagna.
"Ti lascio il numero di telefonino?"
Mi guarda in modo strano e mi chiedo se ho fatto un passo falso. Sbagliato per sbagliato provo a spiegarmi.
"Quando vuoi chiamarmi... mi farebbe piacere sentirti!"
Sembra sia andata... Si guarda intorno un po’ a vuoto e alla fine accetta: "OK! Me lo segno!"
Se lo segna su un‘agendina sotto Alfredo. Nella stessa pagina è già segnato altro: allungo gli occhi un po’ indiscretamente, ma c’è solo scritto "Assicurazioni Cavallo" ed un numero.
Scrive le cifre che le detto e poi esita un attimo: "Vuoi anche il mio?"
"Urca! Certo! Grazie!"
Me lo memorizzo direttamente sul cellulare. Lo rileggo anche per verifica. Mi viene anche voglia di farlo subito, ma mi sembra un po’ stupido e lascio perdere.
Marina fa un cenno verso la sua automobile: "Adesso hai tutto! Mi lasci andare?"
"Mica ti tengo con la forza! Però mi dispiace se te ne vai."
"Devo raggiungere i miei!"
"Possiamo fermarci a mangiare per strada. L’aperitivo l’abbiamo già preso!"
Ride ma scuote la testa: "No! Devo andare diretta dai miei! Mi spiace!"
Spiace di più a me! Tanto più che pare proprio intenzionata ad andarsene.
"Un bacio? Altrimenti faccio i capricci!"
Ride di nuovo, ma mi viene vicino e si lascia baciare. Vorrei le labbra, lei chiaramente mi offre solo la guancia e non arrivo oltre l’angolo della bocca, però le prendo le braccia tra le mani e sono squisitamente calde.
Un bacio solo, si stacca prima del secondo che consideravo scontato.
Ha un’espressione tra il dispettoso e il rimprovero.
"La prossima volta verrà meglio", commento convinto ed un po’ deluso.
L’accompagno alla Brava. Lei apre ed io le tengo la portiera mentre entra: "Ma vai davvero?"
Fa segno di sì ed io lancio uno sguardo che dice tutto: "Che belle gambe però!"
"Dai! Ce ne sono di più belle!"
"Dici? A me piacciono molto!"
Ride e si muove a disagio.
"Prometto che telefono!"
Mette la mano sulla maniglia interna e io, rassegnato, mi tolgo per lasciarla chiudere. Purtroppo il motore parte al primo colpo, anche se poi schiaccia con troppo impeto sull’acceleratore e la ferma.
La retromarcia è un po’ a scatti, ma efficace. La saluto mentre mi passa vicino e anche lei fa ciao con la mano.
Torno alla mia auto. Il tempo di salire e mettere in moto e mi suona il cellulare.
Quasi non ci spero: se non è lei, è proprio uno scherzo stupido del destino!
"Eccomi! Pronto!"
"Alfredo? Hai visto che ho chiamato?"
È lei!
"Evviva! Sei stata più veloce di me!"
"Mi avresti chiamato, davvero?"
"Certo! Solo il tempo di raggiungerti e vederti davanti a me!"
"Sicuro che mi raggiungi?"
"Sicuro! Ma non correre che poi ti fai male!"
Ride, ma poi risponde con il tono di una ragazza ubbidiente: "Non corro! Lo so che non sono un pilota di formula uno! Però tu non mi sorpassi e ti rifai sorpassare di continuo, va bene?"
"Va bene! Ti vengo dietro senza dare fastidio!"
Intanto io tiro un po’, per raggiungerla in fretta.
"Perché mi avresti telefonato?", mi chiede di colpo.
Classica domanda di una ragazza che vuole sentirsi fare ancora qualche complimento. Mi rassegno ad accontentarla e non troppo mal volentieri.
"Per prima cosa per dirti di nuovo che hai delle belle gambe…"
"Dai! Non sono così belle!"
"No? Ed è perché pensi che siano brutte che porti una gonna così corta?"
Un attimo di silenzio, poi protesta: "Ma è estate! Fa caldo!"
"Ed avendo delle belle gambe..."
Di nuovo silenzio, ma mi sembra di sentire un sorriso ed allora continuo: "Belle gambe ed anche un bel seno!"
"Dai! Anche?"
"Certo! E quella maglietta lo evidenzia bene: pieno il giusto, compatto..."
"Sei un maniaco!"
"Ma no! Mi piace solo quello che è bello!"
La sento ridere, poi finalmente inquadro la Brava in fondo al rettilineo: "Eccoti! Ti ho nel mirino!"
"Ti vedo anch’io! Ma niente corse, va bene?"
"Niente corse! Ti seguo fedele!"
Ed sono di parola, perché resto in coda, senza dare fastidio.
"Hai anche un bel viso. Una bella bocca. Peccato che mi hai offerto solo la guancia per il bacio d’addio!"
"Ma ci conosciamo appena! E poi non era un bacio di addio!"
"Era un bacio di arrivederci a presto?"
"Ci stiamo vedendo, no?"
"Poco! Adesso poco!"
Ridacchio: "Uffa! Mi fai sentire nuda!"
"Magari!"
"Scusami! Devo sorpassare un TIR!"
Evidentemente preferisce posare il telefonino e guidare a due mani. Lascio sorpassare e poi sorpasso io.
La Brava dopo il sorpasso ha rallentato e mi trovo molto vicino.
"Passo avanti io?"
"Se vuoi..."
Sorpasso. Mentre sorpasso la ragazza si gira dalla mia parte e mi mostra la lingua.
"Bella linguetta rossa! Però quando sorpasso non vedo quasi nulla!"
"E cosa vorresti vedere?"
"Cose belle da vedere ce ne sono sempre tante..."
Ride sempre, forse anche troppo.
"Basta! Mi prendi in giro!"
Qualche ronzio nel telefonino: "Marina? Ci sei ancora!"
"Certo!"
"Niente da fare allora per pranzare insieme adesso?"
"No! Ti ho spiegato!"
"E per cena?"
Non risponde neanche e allora cerco di cambiare il discorso.
"Quanto ti fermi a Genova?"
"Abbastanza. Non so bene, ma probabilmente tutto il mese e anche di più!"
Allora il tempo c’è!
Intanto siamo alla diramazione per la Genova-Milano mentre dritto si prosegue verso Torino.
"Genova a destra!", annuncio.
La Brava mi si accoda, ad una trentina di metri.
Poi io giro e la Brava, invece tira diritto.
"MA DOVE VAI??"
Un attimo e poi mi risponde: "Sei simpatico... ciao!"
E riattacca.
Non ci credo, proprio non ci posso credere...
Fermo alla prima piazzola e richiamo il numero che mi ha dato. Mi tremano le mani, come ad un ragazzino.
Una voce registrata mi informa che il numero non esiste. Lo rifaccio di nuovo ed il messaggio è uguale.
Rimetto in moto. Proseguo per Genova.

A Genova ho cercato sulla guida telefonica e sulle pagine gialle. Non esiste nessun ristorante Palme, Le Palme o Alle Palme. Ho telefonato all’agenzia di soggiorno ma non mi hanno trovato nulla. Ho sperato che Marina si facesse ancora viva, ma sono passate le settimane e così non è stato.
Peggio per lei!
Non sa che si è persa!


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