Visto che usciamo, tanto vale trovare qualche scopo alla nostra uscita: comprare una bottiglia di spumante e di nuovo paste dolci per festeggiare. E la spesa ordinaria.
Vorrei anche comprare qualcosa per fare capire a Vancilea che sono felice, che sono innamorato o vicino ad innamorarmi, ma poi faccio quattro conti in tasca e penso che, già solo per il problema di mangiare in due e non da singolo, i miei risparmi non sono troppi.
Potrei chiedere soldi a mia zia e, per un attimo, prendo in considerazione anche questa possibilità, ma devo confessare a me stesso che preferirei mangiarmi un cuscino prima di fare un passo simile. Però decido che alla prossima telefonata le spiegherò che sono con una ragazza e, dopo, che il cielo mi protegga!
Mia zia mi piomberà addosso in meno di un'ora, sicuramente mobiliterà anche quel povero uomo di suo marito che vorrebbe dedicare solo la sua vita al giardinaggio ed alla lettura del giornale, ed insieme mi faranno un interrogatorio di terzo, quarto e quinto grado.
Confesserò. Dirò la verità. Mi affiderò alla clemenza della corte: accada quello che deve accadere, tanto sono sicuro che neanche mia zia avrà il coraggio di mandare via - e via dove? - Vancilea.
Certo che non ci lascerà a dividere un letto matrimoniale.
Cammino con i miei pensieri e forse borbotto tra me.
"Andrea?" Vancilea mi chiama ed io, girandomi verso di lei, scopro una gattina bianca appiattita ai piedi di un muro su cui qualcuno ha scritto a grossi caratteri: "Betty, sei la migliore!".
"Andrea?!" Mi richiama un po' più impaziente Vancilea ed io scopro che non mi voleva far vedere la gattina, ma Remì che, infatti, mi viene incontro con un gesto di saluto.
Remì sorride, ma ha il viso stanco e mi dà l'impressione che avrebbe preferito non incontrarci. Per essere lei è vestita in maniera per niente eccentrica, e quasi mi fa pensare ad una persona in partenza che stia correndo in stazione a prendere il treno.
"Ciao! E Fano?" Mi guarda e per un momento penso che non mi risponderà; invece mi risponde e con una voce così tranquilla da farmi davvero preoccupare e pensare che mi stia nascondendo un segreto terribile: qualche folle delitto, come avere scannato Stefano ed averlo distribuito in una settantina di barattoli di vetro per conserve.
"Fano sta bene, in splendida salute. Come sempre. Come me!"
Non so che aggiungere, mi sento a disagio senza motivo. Quasi a venirmi in aiuto Remì ora sorride apertamente ed i suoi occhi assumono una luce più dolce e familiare: "Avete una strana faccia voi due questa mattina: ve lo si legge negli occhi che avete combinato qualcosa!"
Si vede così tanto? Cerco di scherzare e le accenno Vancilea: "Perché non lo chiedi a lei?"
Remì guarda la ragazza negli occhi per un attimo, poi ride e le dà un buffetto: "Ha confessato!"
"Accidenti! Non sa mantenere un segreto!", ribatto scherzoso e soddisfatto.
Remì assume un'aria benevola che mi fa pensare alla mia prima maestra di scuola: "Non strapazzarla troppo, povera bambina!"
Faccio una faccia furba: "La trovi strapazzata?"
Remì guarda ancora Vancilea e poi me. Annuisce ed ammette: "Hai ragione: sembri molto più strapazzato tu!"
Ci resto male, anche se accetto lo scherzo.
Ci salutiamo: "Magari più tardi passiamo a trovarvi!"
Remì bacia Vancilea e - non me l'aspettavo! - anche me e se ne va via.
Compro le paste, e lascio che sia il dito veloce di Vancilea a puntare e a sceglierle.
Compro due cosce di pollo da mangiare bollite (come sono piccoli i polli che vendono ai turisti!) e sei uova. Compro due bottiglie di spumante: una è per festeggiare anche domani, quando sarà trascorsa anche la prossima notte d'amore!
Camminiamo tenendoci all'ombra delle case e dei pochi alberi: al sole fa un caldo terribile. Questo pomeriggio, facendo un'eccezione alle mie abitudini mattiniere, decido che andremo in spiaggia a fare un po' di cura del sole e a nuotare.
Concludendo il nostro giro di compere ritorniamo al muro con la scritta "Betty sei la migliore" dove avevamo incontrato Remì: ma ovviamente Remì non c'è più e non c'è neppure più la gattina bianca.
Allungo la mano per prendere la mano di Vancilea: accetta la stretta come un saluto, ma appena la mia presa è meno forte la sua mano fugge via.
È passato mezzogiorno quando rientriamo: fa così caldo che a nessuno dei due viene voglia di fare la corsa salendo le scale, io le lascio, per cavalleria e per il piacere di guardarla, un paio di gradini di vantaggio.
La osserverei meglio, se sapessi che è l'ultima volta che posso guardarla.
Arrivo al mio pianerottolo e fatico, tra un pacchetto ed un altro ad infilare la chiave nella stoppa ed a farla girare. Proprio mentre la porta si apre sento una voce tranquilla, maschile e sconosciuta, pronunciare una frase incomprensibile.
Mi giro quasi annoiato, e vedo un uomo che sembra piccolo ma forse è alto quanto me, e vicino a lui un bestione che deve essere quello di cui parlava la mia vicina. Vancilea è tra noi e guarda le scale, come se pensasse di scappare di corsa.
"Entra!" le dico.
Lei scuote la testa: "Io con loro!" mi spiega e sospira: "Ciao! Dispiace tanto!"