1. Platone, Fedone, 99 A-102 A
2. G. Reale, La "seconda navigazione" come passaggio cruciale al piano metafisico
SOCRATE.
Se uno dicesse che io, senza le mie ossa, i miei nervi e tutte le altre parti del mio corpo, non sarei in grado di fare quello che intendo fare, direbbe bene; ma se dicesse che io faccio le cose che faccio proprio a causa di quelle parti del corpo, e che, facendo le cose che faccio, io agisco, si', con la mia intelligenza, ma non in virtu' della scelta del meglio, allora costui ragionerebbe con grandissima leggerezza.
Questo vuol dire non essere capace di distinguere tra la vera causa e il mezzo senza il quale la causa non potrebbe mai essere causa. E mi sembra che i piu', andando a tastoni come nelle tenebre, e usando un nome che non gli conviene, chiamano in questo modo il mezzo, come se fosse la causa stessa.
Ed e' questo il motivo per cui qualcuno (* Empedocle), ponendo intorno alla terra un vortice, suppone che la terra resti ferma per effetto del movimento del cielo, mentre altri (* Anassimene, Anassagora, Democrito) la pongono sotto l'aria come sostegno, come se la terra fosse una madia piatta. Ma costoro non cercano quella forza per la quale terra, aria e cielo hanno attualmente la migliore posizione che potessero avere, ne' credono che abbia una potenza divina; sono convinti di aver trovato un Atlante piu' potente, piu' immortale e piu' capace di tenere l'universo, e non credono affatto che il bene e il conveniente siano cio' che veramente lega e tiene insieme tutto cio'.
Io, per poter apprendere quale sia questa causa, mi sarei fatto col piu' grande piacere discepolo di chiunque; ma, poiche' la ignoravo e non mi fu possibile scoprirla da me ne' apprenderla da altri, ebbene, vuoi che ti esponga, Cebete, la seconda navigazione (* deuteros plous) che intrapresi per andare alla ricerca di questa causa?
CEBETE.
Altro che, se voglio!
SOCRATE.
In seguito a questo, poiche' ero stanco di indagare le cose sensibili, mi parve di dover star bene attento che non mi capitasse quello che capita a coloro che osservano e studiano il sole quando c'e' l'eclissi, perche' alcuni si rovinano gli occhi, se non guardano la sua immagine rispecchiata nell'acqua o in qualche altra cosa del genere.
A questo pensai, ed ebbi paura che anche l'anima mia si accecasse completamente, guardando le cose con gli occhi e cercando di coglierle con ciascuno degli altri sensi.
Percio', ritenni di dovermi rifugiare nel postulare certi discorsi e di considerare in questi la verita' delle cose esistenti.
"Forse il paragone che ora ti ho fatto in un certo senso non calza, giacche' io non ammetto di certo che chi considera le cose alla luce di questi postulati le consideri in immagini piu' di chi le considera nella realta'. Comunque, io mi sono avviato in questa direzione e, di volta in volta, prendendo per base quel postulato che mi sembra piu' solido, giudico vero cio' che concorda con esso, sia rispetto alle cause sia rispetto alle altre cose, e cio' che non concorda lo giudico non vero. (...)
Mi accingo a mostrarti quale sia quella forma di causa su cui mi sono a fondo impegnato e, percio', torno nuovamente su quelle cose di cui molte volte si e' parlato, e da esse incomincio, partendo dal postulato che esista un bello in se' e per se', un buono in se' e per se', un grande in se' e per se', e cosi' via.
Ora, se tu mi concedi e convieni che esistano veramente queste realta', spero, partendo da queste, di mostrarti quale sia quella causa e di scoprire perche' l'anima e' immortale.
CEBETE.
Ritieni pure che io te lo conceda, e cerca di concludere presto!
SOCRATE.
Allora, guarda se le conseguenze che da questi postulati derivano ti sembrano essere le stesse che sembrano a me.
A me sembra che, se c'e' qualcos'altro che sia bello oltre al bello in se', esso sia bello esclusivamente perche' partecipa del bello in se'. E cosi' dico di tutte le altre cose. Sei d'accordo su questa causa?.
CEBETE.
Sono d'accordo.
SOCRATE.
Allora io non comprendo piu' e non posso piu' conoscere le altre cause, quelle di cui parlano i sapienti. E se qualcuno mi dice che una cosa e' bella per il suo colore vivo o per la figura fisica o per altre ragioni del tipo di queste, io, tutte queste cose, le saluto e le mando a spasso, perche' con esse mi confondo, e solo questo tengo per me, semplicemente, rozzamente e forse ingenuamente: nessun'altra ragione fa essere quella cosa bella, se non la presenza o la comunanza di quel bello in se', o quale altro sia il modo in cui ha luogo questo rapporto. Su tale rapporto io non voglio ora insistere; ma insisto semplicemente nell'affermare che tutte le cose belle sono belle per il bello. Questa mi pare che sia la risposta piu' sicura da dare a me e agli altri; e, aggrappandomi a essa, penso di non poter mai cadere, e che sia sicuro, per me e per chiunque altro, rispondere che le cose belle sono belle per il bello. Non pare anche a te?.
CEBETE.
Mi pare.
SOCRATE.
(...) Se poi qualcuno volesse appigliarsi al postulato medesimo, lo lasceresti parlare e non gli risponderesti fino a che tu non avessi considerato tutte le conseguenze che da esso derivano, per vedere se esse concordano o non concordano fra loro.
E, qualora dovessi rendere conto del postulato stesso, tu dovresti darne ragione procedendo alla stessa maniera, cioe' ponendo un ulteriore postulato, quello che ti sembri il migliore fra i piu' elevati, via via fino a che tu non pervenissi a qualcosa di adeguato.
E cosi', se vuoi scoprire qualcosa degli esseri, non farai confusione, come la fanno invece coloro che di tutte le cose discutono il pro e il contro, e che mettono in discussione, insieme, il principio e le conseguenze che da esso derivano!
Di questo essi non dicono nemmeno una parola e non si danno premura, perche' si compiacciono di mescolare insieme tutte le cose con la loro sapienza. Ma tu, se sei un filosofo, farai, credo, quello che dico.
Fedone, 96 A-102 A (soprattutto da 99 A in avanti) e' senza dubbio uno dei passi piu' famosi che Platone ci ha lasciato nei suoi scritti. Esso costituisce la prima razionale prospettazione e dimostrazione dell'esistenza di una realta' soprasensibile e trascendente, e puo' essere considerato come la "magna charta" della metafisica occidentale.
Nella sua narrazione Platone mostra, attraverso una esemplificazione concreta, quale sia il tragitto ideale che la mente umana deve compiere quando ricerca la verita', e in questo tragitto egli distingue due fasi essenziali: 1) la fase fisica, percorsa seguendo il metodo dei filosofi naturalisti, e 2) la fase metafisica, seguendo invece un nuovo percorso che egli chiama, emblematicamente, la "seconda navigazione".
La prima fase, ossia la "prima navigazione", si scandisce a sua volta in due momenti: a) quello ispirato alle dottrine dei Fisici in generale, e b) quello ispirato ad Anassagora, il quale rappresenta l'espressione piu' raffinata ed elevata della prospettiva naturalistica.
Con la "seconda navigazione" si apre la seconda fase, scandita anch'essa in due momenti: a) quello della teoria delle Idee, e b) quello che tenta di raggiungere i Principi supremi e ultimativi.
Dal percorso della prima fase risulta che ne' gli elementi fisici dei filosofi naturalisti, ne' il Nous (l'Intelligenza) di Anassagora, sono sufficienti per "legare" e per "tenere insieme" le cose: occorre pertanto guadagnare un'altra dimensione che porti alla conoscenza della "vera causa" (to aition toi onti), ossia a cio' cui il Nous si riferisce.
E', questa, la dimensione dell'intelligibile, che si puo' guadagnare soltanto con la "seconda navigazione".
"Seconda navigazione" e' una metafora desunta dal linguaggio marinaresco, e il suo significato piu' ovvio sembra essere quello fornitoci dal neoplatonico Eustazio di Cappadocia (IV sec. d.C.), il quale spiega (In Odyss., p. 1453, 20): "Si chiama seconda navigazione quella che uno intraprende quando, rimasto senza venti, naviga con i remi". E questa spiegazione trova una conferma anche in Cicerone, il quale contrappone al metodo del pandere vela orationis, del "dispiegare le vele del discorso", quello consistente nel procedere dialecticorum remis, con "i remi dei dialettici" (Tusc., IV, 5).
Le vele al vento dei Fisici erano i sensi e le sensazioni, mentre i remi della "seconda navigazione" sono i ragionamenti e i postulati, e appunto su questi si fonda il nuovo metodo.
Le immagini usate da Platone per illustrare questo metodo sono difficilissime, e richiedono molta attenzione per poter essere intese nel loro giusto senso.
(a) Il sole con l'eclisse indica la realta' sensibile, la quale per Platone e' manchevole e inferiore ad altre realta', cui assomiglia, ma in modo difettoso.
(b) Gli occhi vanno intesi come simboli di tutti i sensi.
(c) L'immagine rispecchiata nell'acqua, mediante la quale si coglie il sole eclissato, invece, indica i ragionamenti o postulati, che sono ben piu' sicuri delle sensazioni. Chi vede le cose nei logoi (nei discorsi, nei ragionamenti, nei postulati, appunto) le vede nella loro realta', mentre chi le vede direttamente con i sensi le vede nelle loro immagini, giacche' le cose sensibili sono copie di quelle intelligibili.
(d) L'accecamento dell'anima, provocato dal guardare direttamente con gli occhi il sole eclissato, simboleggia l'effetto decettivo che i sensi producono ai fini della conoscenza, perche' essi non soltanto non chiariscono, ma piuttosto oscurano le cose.
La "seconda navigazione" ha dunque condotto Platone a riconoscere l'esistenza di due piani dell'essere: uno fenomenico e visibile, e l'altro metafenomenico e coglibile solamente con i logoi, e percio' puramente intelligibile.
La platonica "seconda navigazione" costituisce cosi' una conquista che segna la tappa piu' importante nella storia della metafisica. Infatti, tutto il pensiero occidentale sara' condizionato, in modo decisivo, proprio da questa distinzione, sia - ovviamente - nella misura in cui l'accettera', sia anche nella misura in cui non l'accettera': in quest'ultimo caso, infatti, dovra' giustificare polemicamente la non accettazione di tale distinzione, e da questa polemica rimarra' pur sempre dialetticamente condizionato.
Come abbiamo detto gia' sopra, la "seconda navigazione" si realizza in due momenti: nel primo momento si raggiunge il piano delle Idee, mentre nel momento successivo si raggiunge il piano dei Principi, ossia il piano supremo.
In generale, dunque, la prima tappa della "seconda navigazione" consiste nel prendere per base il postulato piu' solido, che consiste nell'ammettere le realta' intelligibili come "vere cause", e, di conseguenza, nel ritenere vere quelle cose che concordano con questo postulato, e non vere quelle che non concordano.
La prima tappa della "seconda navigazione" termina con il positivo accenno all'Uno nella nuova dimensione. Infatti, al fine di giustificare un postulato, si dovra' ricercare un postulato ancora piu' elevato, e si dovra' procedere in questo modo fino a che non si sia ottenuto il postulato adeguato, ossia quel postulato che non ha piu' bisogno di nessun altro postulato.
Ora, la tradizione platonica indiretta ci riferisce che Platone, al di sopra delle Idee, poneva i Principi primi e supremi: l'Uno e la Diade indeterminata. Pertanto, solo i Principi supremi possono costituire cio' che, una volta guadagnato, non richiede si ricerchi nient'altro di piu' elevato.