"Il portico a colonne, lastricato di losanghe in cemento grigio e nero, formava il palcoscenico; ma quando il fondo di scena doveva animarsi di molte comparse, gli alberi e i cespugli del vasto giardino si trasfiguravano in creature umane."

(Il denaro, in Le solitarie, pag 88)

Il portico della casa di Corso Roma, dove Ada vive la propria infanzia, diventa un teatro e la natura partecipa al suo gioco di bambina, rispecchiando la vitalità e l'armonia di quel momento.

La natura, che alla scrittrice è molto cara, è simbolo di spensieratezza, allegria, serenità, felicità.


 "Giardino sempreverde: pini, magnolie, un cedro del Libano: pochi fiori, molta erba, profondità di ombre, sapienza di nascondigli. Giardino più bello al mondo non c'è."

(Stella Mattutina, pag 22O)

Il giardino dell'infanzia: luogo di rifugio, di illusione, un luogo dove tutti sono uguali, creazione di un mondo fantastico e consolatore rispetto alla dura realtà dell' esistenza.


"A un certo punto la strada s'ingolfava in un intrico di cespugli e d'alberi: mutava aspetto, non sembrava più quella, s'avvallava, serpeggiava, giù giù tra frassini, ontani, salici, pioppi, querce, betulle. Cominciava la foresta, per chilometri e chilometri digradante fino al Ticino, [...]

L'inverno metteva la boscaglia a nudo. Tronchi e rami spogli, tutti nodi e contorcimenti, fissavano nell'aria di vetro parole che certo allora io non sapevo leggere. Nascosto era il suolo da alti tappeti di foglie vizze, fradice, nei quali i piedi s'affondavano frusciando. [...]:la foresta era un palazzo magico, un giardino d'argento e di diamanti."

(La Cacciatora, in Sorelle, pag. 562-563)


"Il bel pino d'un verde turchiniccio, presso il cancello, diventa il conte Sergio. Il rosaio, fiorito da maggio a settembre di pallide thee, la baronessa Giuliana. Le siepi di mortella, gli intricati tentacoli delle edere, le macchie delle ortensie, incerte fra il verdino-lilla, l'azzurrognolo e il roseo, fingevano dame e cavalieri perfetti, cicalanti fra loro in vuote conversazioni mondane.

E le due file centrali di gladìoli e d'ireos furono, un giorno di giugno, il corteo della sposa: che i felici occhi delle fanciulle videro -realmente videro- candida nell'abito nuziale e nel velo sparso di fiori d'arancio."

(Il denaro, in Le solitarie, pag 88-89)

La fantasia permette di vedere nella natura dei personaggi fantastici. La natura diventa viva e si anima.

 


 "Tutta un'aiuola di gigli, fiorita quasi all'improvviso, lungo il muro orientale del giardino, quella mattina di giugno. Gigli nel sole: ella non vede altro. Ieri erano ancóra in boccio; ma chi ha mai potuto assistere al preciso momento dello schiudersi d'un fiore?

Ella s'è pian piano avvicinata al miracolo dei candidissimi calici, eretti sugli alti gambi, con stami dorati al posto del cuore.

Le par giorno di festa, perché i gigli sono fioriti. Le par d'essere in chiesa, e l'aroma che respira le ricorda la santa comunione. Tende le mani come per pregare..."

(Stella mattutina, pag 224)

Bellezza e sacralità del mondo vegetale! Per Ada la natura è un elemento benevolo, in cui trova conforto ogniqualvolta si sente triste; è anche la madre generatrice di tutte le cose esistenti, la fonte unica della vita umana.


 "Le sono ignoti, sinora, i mari, le colline, le montagne. Per essa il mondo consiste in quella pianura senza mutamento, intersegnata da fughe rettilinee di gelsi, da scorrere geometrico di fossi e di canali; e che pure si fonde con la trasparenza dell'aria e con l'arco sublime del cielo in una bellezza nella quale tutto si placa".

(Stella mattutina, pag 297)

Benché Ada non conosca il mare, i monti e le colline, gode di vivere nella sua pianura tanto geometrica, ma anche tanto amata. 


"Raccoglievamo, a bracciate, le frasche: le pigiavamo nella gerla posta a terra, di cui più tardi Chiarascura si sarebbe caricata. Ma era come le immettessimo, le pigiassimo entro di noi, arricchendo la nostra sostanza di quella fermentante vita vegetale".

(La cacciatora, in Sorelle, pag. 563)

"Io ero sempre stata io, sarei sempre stata io. Non c'era differenza tra me e le pannocchie chiomate di rossobruno, fra me e quel vibrar di luce che attraverso l'aria mi veniva a trapassar il sangue. Toccar le foglie degli alberi era lo stesso che toccare la mia propria carne. Gli occhi di Chiarascura avevano la limpida liquidità delle polle, e il suo riso ci rinfrescava, quasi avessimo veduto ad un tratto i fili d'erba coprirsi di brina"

(La cacciatora, in Sorelle, pag. 573)

Ada e la sua amica Chiarascura sono totalmente immerse nella bellezza della campagna: sono diventate parte della vegetazione, sentono la luce attraversare le vene e la carne è come una foglia.

 


 "Il Ticino, rapido, azzurro e rapace, mangiava e rimangiava le rive frananti di color d'ocra. Silenzio selvaggio: solitudine d'acque: solitudine di foreste. Ma ella non temeva di nulla. Era di quella terra, ne conosceva ogni albero, ogni macchia. Che avrebbe potuto accaderle?"

(Anima bianca, in Le solitarie, pag 33)

La protagonista del racconto non si sente sperduta nel paesaggio della campagna, di cui conosce ogni più piccolo particolare. Nulla le sarebbe potuto accadere dalla natura, bensì dall'uomo che non conosceva altrettanto bene, ma che presto le si rivelerà alquanto più selvaggio e mostruoso.


 

"Ma Ilaria, meglio che con lui comunicava con le forze terrestri. Il chiaror di luna se la prendeva, l'imbeveva di sé: l'erba del prato spuntava, tutta perle e brillanti, dove i suoi piedi muovevano i passi del ballo: i pini in fila, a punta, smerlettati in nero sul cielo fra l'ametista e l'argento, la proteggevano, da buoni e giganteschi vegliardi: figlia loro, bene prezioso a loro affidato."

(Quando Ilaria danzò sotto la luna, in Sorelle, pag. 657)

Con la danza Ilaria penetra nella terra che, fresca e giovane come lei, in fondo le somiglia un po'. E quegli alberi alti e in fila sembrano proteggerla dai pericoli della vita: lei è in loro, Ilaria appartiene a questo magico mondo ancora per poco poi, insieme alla sua purezza, donandosi all'uomo, perderà anche l'unica espressione di contatto con esso, la danza. Ada, invece, nonostante gli alti e bassi della sua vita non perderà mai la natura come punto di riferimento e di rispecchiamento e il tramite sarà sempre la scrittura.

 


 "Nella selvetta dei pini, a limite fra il parco di questa solitaria villa e l'aperta campagna, trovai, ieri, a terra la cima d'un tronco, con rami e fronde ancor vive e verdi. L'aveva certo spezzata e rovesciata al suolo l'uragano di qualche giorno avanti..."

(La piccola Annetta, in Sorelle, pag 675)

L'albero si spezza ma continua a vivere. Ada invecchia ma non morirà mai.