Una foglia cadde dal platano, un fruscio scosse il cuore del cipresso:
sei tu che mi chiami.
Occhi invisibili succhiellano l'ombra, s'infiggono in me come chiodi in un muro:
sei tu che mi guardi.
Mani unvisibili le spalle mi toccano, verso l'acque dormenti del pozzo mi attirano:
sei tu che mi vuoi.
Su su dalle vertebre diacce con pallidi taciti brividi la follia sale al cervello:
sei tu che mi penetri.
Più non sfiorano i piedi alla terra, più non pesa il corpo nell'aria, via lo porta l'oscura vertiggine:
sei tu che mi travolgi, sei tu.