Le violette


                Anche quest'anno andrai per violette
                lungo le prode, nel febbraio acerbo.
                Quelle pallide, sai: che han tanto freddo,
                ma spuntano lo stesso, appena sciolte
                l'ultime nevi; e fra uno scroscio e un raggio
                ti dicono:«Domani è primavera».
                Ogni anno ti confidi altuotremante
                cuore: «E' finita», e pensi: «Non andrò
                per violette- chè passò il mio tempo-
                lungo le prode nel febbraio acerbo».
                Invece (e donde ignori, e da qual bocca)
                una voce ti chiama alla campagna:
                e vai; e i piedi ti diventano ali,
                sì alta è la promessa che è nell'aria.
                E per l'amor dell'esili corolle
                quasi senza fragranza, ma beate
                d'esser le prime, avidamente schiacci
                con gli steli la zolla entro le dita.
                O sempre nuova, o non guarita mai
                dell'inquieto mal di giovinezza,
                a chi dunque darai le tue viole?
                A nessuno: a te stessa:o, forse, ad una
                fanciulla che ti passi, agile, accanto,
                e ti domandi dove tu l'hai colte:
                sola n'è degna, ella che fresca ride
                come il febbraio; e non si sa qual sia
                più felice, se ella, o primavera.