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CAPRI AL BIVIO
Intervista al Prof. Francesco Lucarelli,
Preside della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università
di Napoli, ed al Sig. Piero D’Emilio Presidente della Associazione degli
albergatori di Capri e Anacapri sull’attuale situazione economica dell’isola.
Capri si può considerare una delle prime
località turistiche italiane che già negli anni ’20 e
’30 presentava una consolidata rete di strutture alberghiere, commerciali
e di servizi. Tale situazione si è ulteriormente sviluppata negli
anni ’50; in seguito si cominciano a manifestare segni e tendenze contrastanti.
L’Isola sembra subire l’esplosione del turismo di massa arrivando ad
una problematica coesistenza tra queste forme di turismo giornaliero
ed il più tradizionale turismo alberghiero. Dagli anni ’70 si
assiste ad una progressiva diminuzione del numero degli esercizi alberghieri
in funzione e dei posti letto. Contemporaneamente l’isola non sembra
in grado di dotarsi di attrezzature e di servizi atti a far fronte ai
nuovi tipi di domanda turistica e le due municipalità di Capri
ed Anacapri sembrano rinunciare ad una comune ed omogenea programmazione
economica e territoriale. Tutto questo provoca negli anni una perdita
di competitività sul mercato, degrado ambientale e culturale
diffusi. Questi fenomeni si possono considerare quale momento di crescita,
anche se travagliata, di assestamento e riconversione della nostra economia
o si debbono considerare, purtroppo, segnali negativi di una tendenza
generale irreversibile?
Lucarelli -
Nel rispondere alla vostra domanda partirei da una considerazione preliminare:
la presenza dei giovani capresi è andata notevolmente maturandosi
in senso positivo nella misura in cui, probabilmente, la situazione
generale ha subito un forte degrado. II problema di Capri è quello
di una società che si basava su di un’economia principale, quella
turistica, fusa con una attività artigianale ed agricola, in
cui è subentrata una speculazione edilizia legata agli altissimi
valori assunti non tanto dalle aree quanto da ogni singolo metro quadrato
da ristrutturare ed utilizzare. Ciò ha sollecitato indubbiamente
la tendenza, giustificabile da un punto di vista strettamente dell’interesse
personale, non certo dell’interesse generale, verso la conversione degli
esercizi alberghieri a soluzioni diverse.
Ma questo perché è
avvenuto o perché è potuto avvenire? Probabilmente perché
oggi non ci si può muovere per cellule singole; oggi, se si vuole
rientrare in un discorso turistico medio alto, livello questo che garantisce
una affluenza non limitata a pochi mesi, si deve scegliere una politica
turistica che vada per articolazioni generali. Mi spiego: oggi capita
per esempio sempre più spesso di dover constatare che Capri è
sconosciuta tra i giovani di molte nazioni, quei giovani che saranno
i turisti di domani, mentre il nome dell’isola rimane noto solo tra
le persone di una certa età. Questo è avvenuto perché
Capri non ha svolto un programma di rilancio internazionale della sua
immagine. Inoltre Capri è rimasta coinvolta nel degrado generale
della Regione Campania.
E qui, proprio per rifarsi
alla esigenza di un’articolazione generale, introdurrei un discorso
sulla legge 142, su questa legge innovativa delle autonomie locali.
In un momento in cui si propone un recupero di una dimensione turistica
dell’area napoletana, mi riferisco in particolare all’area occidentale,
al recupero delle zone archeologiche, all’attivazione anche delle vie
del mare, Capri si inserisce in un discorso generale di rilancio del
turismo in Campania.
Questo pone anche un problema
di natura politica: dove si vuole collocare Capri? Al momento questa
legge propone sia la creazione di una grande area metropolitana, sia
l’eventuale articolazione diversa delle Provincie. C‘è una proposta
che secondo me è limitativa e che può essere estremamente
negativa, tesa a creare una nuova provincia che faccia capo a Sorrento,
a Castellammare e che si estenda fino a Positano e comprenda anche le
tre isole. Io credo molto poco ad una disarticolazione di questo genere,
non solo perché la vedo pericolosa da vari punti di vista (intravedo
fantasmi politici alle spalle di una soluzione di questo tipo) ma perché
questa soluzione viene a porsi in contrasto con una necessaria dimensione
regionale del problema Capri.
D’Emilio - Io mi vorrei
riallacciare al discorso della diminuzione dei posti letto, cercando
di spiegare le cause di tale diminuzione. È chiaro, che diminuendo
la domanda di turismo, diminuisce la competitività della economia
turistica isolana e da questo nasce il fenomeno della chiusura di molti
alberghi e la loro trasformazione in appartamenti.
Cosa diversa invece considero
il fenomeno della multiproprietà, secondo me inarrestabile sia
dal punto di vista economico che politico perché rispondente
a una precisa tendenza di mercato. In effetti si è fatta molta
demagogia sul problema della multiproprietà a Capri: io credo
che questo sia dovuto alla mancanza di una vera cultura del turismo.
E’ molto più importante
tentare di agevolare gli imprenditori a tenere gli alberghi aperti e
continuare a farli funzionare come strutture ricettive. Purtroppo questo
è difficile se le leggi non ci aiutano: vale per tutte la legge
di finanziamento regionale n.40. Ci sono vari albergatori di Capri che
aspettano da tempo di avere questi finanziamenti per ristrutturare le
proprie aziende e che sarebbero, quindi, automaticamente sottoposti
ad un vincolo alberghiero pluriennale. Gli imprenditori di Capri hanno
presentato i progetti di ristrutturazione da 3/4 anni ma alla Regione
Campania tutto è fermo, la Giunta Regionale è perennemente
in crisi, i progetti non vanno avanti, i soldi non arrivano e dietro
la porta dell’albergatore c’è chi offre 3 o 4 miliardi per acquistare
l’albergo e trasformarlo in appartamenti o multiproprietà. L’imprenditore,
già in difficoltà, alla fine finisce per cedere e cosi
diminuisce il patrimonio alberghiero di Capri. Bisogna essere estremamente
chiari e franchi su questo delicato argomento. Si tratta, in questi
casi, di un affare e non basta dire no! Siamo degli imprenditori liberi,
siamo proprietari di grossi immobili che però non rendono per
quello che è il loro valore monetizzato o investito in altro
modo.
Ma per ricollegarmi al discorso
iniziale, bisogna dare una risposta sul perché viene meno turismo
a Capri: certamente perché si è perso il rapporto qualità-prezzo
esistente una volta. Una volta ad una grande qualità, dove per
qualità si deve intendere non solo quella alberghiera, ma la
tranquillità, il mare pulito, l’ambiente integro etc., corrispondevano
prezzi estremamente competitivi. Oggi i prezzi sono aumentati enormemente
mentre la qualità complessiva e scesa moltissimo. Quando questo
rapporto qualità-prezzo si incomincia ad allontanare si perde
in competitività.
Il Prof. Lucarelli accennava, nella sua risposta, ad un elemento
che ormai governa la società caprese: sembra, infatti, che l’economia
portante dell’isola non sia più quella turistica ma quella legata
all’edilizia ed al mercato immobiliare. In effetti assistiamo allo svilupparsi
di una fortissima edilizia privata e contemporaneamente, in maniera
speculare, alla chiusura delle strutture produttive alberghiere ed al
degrado ambientale. Come può essere invertita, secondo voi, questa
tendenza a cui tutti sembrano rassegnati. Come si può rimettere
al centro della nostra economia il turismo?
D’Emilio - È
chiaramente un problema di volontà politica. Che si faccia un
Piano Paesistico serio per l’isola bloccando l’edilizia privata selvaggia.
Si conceda invece la possibilità agli imprenditori, in primo
luogo del settore alberghiero, di realizzare progetti per ristrutturazioni
e moderati ampliamenti da attuarsi nel pieno rispetto ambientale. Questi
incentivi sono garanzia per acquisire maggiore competitività
sul mercato, maggiore redditività e quindi sono stimolo a perseverare
nell’attività alberghiera. Si aboliscano, inoltre, le auto private
su tutta l’isola. Dubito, però, che ci sia una volontà
politica seria in tal senso...
Lucarelli - È
stato toccato un tema estremamente importante. Sono anni che l’UNESCO
ha lanciato la campagna per le città ed i siti patrimonio del
mondo sollecitando posti particolarmente significativi ad adottare una
legislazione vincolistica. Quando si parla di vincoli, molto spesso,
si parla di museificazione per Capri, invece, si. dovrebbero adottare
leggi e progetti tesi a salvaguardare e valorizzare l’ambiente e, nello
stesso tempo, ad incentivare le attività produttive come gli
alberghi.
All’inizio si è parlato
di segnali contrastanti; infatti, oltre ai fenomeni negativi, ci sono
anche controtendenze. Abbiamo esercizi alberghieri prestigiosi che aprono
tutto l’anno e vi è un turismo congressuale in crescita. Anche
nel settore dei servizi i segnali sono positivi: basti pensare che Capri
alcuni anni or sono rischiò di non avere più sale cinematografiche,
mentre oggi sull’isola abbiamo non solo due cinema ma anche un teatro.
Quello che è invece un segnale negativo, oltre naturalmente ciò
che è stato già evidenziato, è una scomparsa quasi
totale dell’artigianato locale, importantissimo ai fini di coniugare
lo sviluppo con il mantenimento di una identità del posto.
Oggi l’artigianato caprese
sta scomparendo assorbito anche dall’edilizia. Dobbiamo constatare quindi
una serie di tendenze e controtendenze, ma quello che emerge. in modo
chiaro è l’assenza totale del Comune e la completa mancanza di
responsabilità della Regione anche nell’attuazione delle proprie
leggi di fronte a grosse potenzialità e segni di rivalsa tra
l’imprenditoria locale.
Possiamo, dunque, affermare che a Capri esiste ancora una cultura
imprenditoriale all’altezza della fama di una volta?
D’Emilio - Se è
vero che c’è una diminuzione della qualità dell’offerta
dovuta al degrado ambientale, è pur vero che ci sono determinate
strutture alberghiere che non sono al passo con i tempi dal punto di
vista qualitativo. Noi imprenditori capresi ci siamo seduti; a Capri
una volta. venivano tutti, si lavorava in ogni caso. Oggi, invece, o
ti adegui ai nuovi standard di qualità dei servizi alberghieri
o sei fuori dal mercato. Il turista è diventato giustamente esigente
e sceglie il meglio. Gli albergatori di Capri sono coscienti di questo
ma se la Regione non interviene, concretizzando le leggi di finanziamento
speciale, ben poco si può fare per ammodernare e ristrutturare
le aziende.
Si manifesta, allora, un rischio reale: all’interno si registrano
un ritardo nella crescita di una classe imprenditoriale all’altezza
dei nuovi processi economici e dei nuovi tipi di domanda e la mancata
formazione di una classe dirigente politica amministrativa capace di
programmare e pianificare lo sviluppo economico-territoriale di una
località unica quale Capri, ed all’esterno si presenta il pericolo
di perdere un grande processo di trasformazione a livello territoriale,
amministrativo ed economico della provincia napoletana, rimanendo ai
margini di questo processo, o peggio, di subire sempre più scelte
piovute ed imposte dall’alto, contrastanti ed estranee ai nostri interessi.
In una situazione così difficile, quali sono le scelte, gli atti
amministrativi, anche di carattere provocatorio, da adottare urgentemente?
Lucarelli - Ripeto:
Capri può essere considerata, secondo me, uno di quei beni che
l’UNESCO classifica di interesse mondiale. Questo comporta, come già
detto, una legislazione vincolistica a cui si dovrebbero affiancare
un’alta incentivazione alle attività produttive e culturali,
l’individuazione di un Parco Marino nella zona di mare circostante Capri
e così via. Ci sono legislazioni speciali per Venezia, per Siena,
interventi per Pisa, non vedo perché una località unica
come Capri non possa pretendere ed ottenere misure legislative simili.
In tal senso già il
Piano Paesistico può muoversi nell’ottica di considerare l’isola
un giacimento culturale alla stregua di Pompei ed altre zone di altissimo
prestigio ambientale e storico. Il Piano Paesistico è un piano
di responsabilità comunale ma deve essere approvato a livello
regionale inserendosi nel Masterpiano di recupero dell’ambiente dell’intero
Golfo di Napoli. Oggi, in realtà, a 20 anni dalla creazione delle
Regioni, ci rendiamo conto che la nostra è un organismo inoperante,
un vero e proprio filtro che ottura sia la richiesta locale che l’intervento
nazionale. Anni fa, qui a Capri, fu avanzata la proposta di un gruppo
di persone che si mettesse a lavorare su questi temi e proposte. Secondo
me il vostro giornale potrebbe, probabilmente, recuperare un’iniziativa
del genere...
Un comitato del tipo Neaonapoli?
Lucarelli - Lo chiamerei
Neocapri.
D’Emilio - Concordo
pienamente con il Professore. Da imprenditore sono d’accordo con qualsiasi
misura tesa al recupero ed alla salvaguardia del patrimonio ambientale
di Capri.
Lucarelli - ...se
pensiamo all’urgenza del recupero di via Krupp, una delle più
belle strade al mondo, del restauro della scala fenicia...
D’Emilio - ...ma forse
recuperare via Krupp non rende al politico... Mi è capitato,
tempo fa, di ascoltare un politico di Capri parlare in termini entusiastici
di enormi progetti di ristrutturazione del porto di Capri: strade per
i camion, sottopassaggi, grandi parcheggi e via dicendo. Io penserei,
invece, ad un porto normale ben organizzato, dove le persone camminano
tranquillamente, i camion passano solo di mattina presto e di sera tardi.
Questi grandi progetti fanno capire dove i nostri politici sono rivolti:
idee faraoniche mentre le cose ed i provvedimenti necessari e semplici
vengono trascurati. Io mi soffermerei, per esempio, molto sull’arredo
urbano. A Capri, nonostante una precisa normativa del Regolamento Edilizio,
si continuano ad installare infissi in alluminio e le costruzioni perdono
ogni stile e caratteristica...
Lucarelli - In effetti
Capri ha subito, in questi anni, una decaratterizzazione edilizia. Capri,
però, può giocare ancora sul recupero della propria identità:
Ma ci vuole un’affermazione ferma, precisa e continua.
L’isola dovrebbe scegliere un turismo colto, un turismo che superi
le dicotomie turismo d’élite - turismo di massa e pieno estivo
- vuoto invernale in quanto le discriminanti dovrebbero essere la capacità
e la possibilità di fruire l’isola in tutta la sua complessità,
in maniera colta anche nell’arco di una sola giornata. Occorre, per
questo, creare una serie di attrezzature e spazi museali, dare la possibilità
di recepire, in un’ambiente integro , la straordinaria fusione tra mito,
storia e natura che si verifica a Capri, elaborare una seria politica
culturale. Il futuro di Capri è legato a questo binomio Turismo-Cultura?
Lucarelli - È
certo questa l’unica scelta da fare per il futuro di Capri. Io credo
che mai per nessun centro piccolo come Capri vi siano state, negli ultimi
anni, tante pubblicazioni che tentano di recuperare l’identità
storica dell’isola. È questo un segno sicuramente positivo: bisogna
capire che la trasmissione delle conoscenze deve avvenire attraverso
il libro, che rimane l’elemento fondamentale di base, ma deve avvenire
anche attraverso una serie di mezzi la cui capacità ricettiva
sia estremamente rapida. Questi servizi, tesi a far conoscere l’isola
e la sua storia potrebbero essere svolti anche dagli stessi alberghi.
D’Emilio - Si potrebbe
così differenziare l’offerta; noi contiamo molto; a tal fine
sul recupero della Certosa di San Giacomo gestita anche con la complicità
dei capresi in maniera da rendere il monumento un grande centro culturale.
Vorrei dire, infine, che per il futuro di Capri è fondamentale
che vi sia un impegno diretto a livello amministrativo degli imprenditori
e degli intellettuali.
Lucarelli - Io direi,
per concludere, che c’è una speranza legata alle nuove generazioni
che a differenza delle precedenti sembrano sentire la responsabilità
di abitare su quest’isola. Detto questo, ribadisco che il Governo, la
Regione ed il Comune devono rendersi conto che Capri è un bene
culturale ed ambientale inestimabile che rischia di compromettersi e
di essere dimenticato dal mondo. Il mio impegno di intellettuale che
ama quest’isola sarà teso affinché ciò non avvenga.
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