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CAPRI PORTE APERTE
Una linea di continuità con l'esperienza
napoletana
Napoli porte aperte
La manifestazione "Napoli Porte
Aperte", svoltasi nei giorni 7 ed 8 maggio 1994, che ha coinvolto
l'Amministrazione, le istituzioni pubbliche e private, le associazioni
culturali, il volontariato, gli studenti impegnati nel progetto "La scuola
adotta un monumento" e grazie alla quale un pubblico massiccio ha potuto
finalmente varcare le porte di monumenti chiusi da tempo e percorrere
itinerari culturali tradizionalmente riservati a pochi, testimonia il
significato non solo culturale, ma anche sociale dell'iniziativa.
La conoscenza di una città
d'arte, quale Napoli, da parte dei suoi abitanti ed una particolare attenzione
rivolta al patrimonio storico-artistico sono stati gli obiettivi preliminari
di tale manifestazione, che ha consentito ad un vasto pubblico di integrarsi
più compiutamente nel proprio ambiente, del quale è giunto
a comprendere meglio i segni vitali della sua storia e della sua civiltà,
sviluppando la consapevolezza storica del proprio esistere, che si diversifica
dall'atteggiamento puramente estetico con cui, in genere, ci si pone di
fronte ai beni culturali.
Capri porte aperte
Poiché in tal modo l'universo
di immagini e di oggetti acquistano significatività, sarebbe auspicabile
che una simile iniziativa avesse realizzazione anche a Capri, in cui numerose
sono le testimonianze del passato.
Capri deve riappropriarsi della
sua vera cultura e della sua identità e ricostruire, pertanto,
quel confine che separa la cultura e l'arte dalla patologia della modernità,
asservita troppo spesso ai miti e ai riti del potere e del denaro.
Tentiamo di aprire la
prima porta: quella della chiesa di San Giacomo, che è espressione
della creatività umana e dello sfondo storico in cui essa
è emersa.
Il portale di San Giacomo: "tuffo" nella Capri angioina.
Soffermiamoci sul portale e
sull'affresco della chiesa di San Giacomo,
non sfuggiti all'attenzione degli storici dell'arte, che costituiscono,
senza alcun dubbio, quanto di più importante vi è in tutta
la Certosa.
La lunetta, datata 1371 e sormontata
da un arco ogivale in marmo di puro stile trecentesco, è opera
di ignoto autore, nel quale sono manifesti influssi verso i modi più
aggraziati e composti del pittore fiorentino Niccolò di Tommaso,
attivo a Napoli in quegli stessi anni.
L'affresco, interessante per
l'eleganza del disegno e l'armonia del colore, manifesta chiaramente lo
spirito degli artisti dell'epoca, attratti dalle bellezze della forma
rivelate loro da Giotto.
La lunetta raffigura la Vergine
in trono con bambino, circondata a sinistra da tre figure di uomini e
a destra da tre donne. A sinistra, seguito da due gentiluomini, è
il Conte Giacomo Arcucci, genuflesso nell'atto di aprire alla Vergine
il modello della Certosa. A destra appare la regina Giovanna I, protettrice
e benefattrice del monastero, chiaramente identificabile per la corona
regale che ha sul capo e per i gigli d'oro angioini che tempestano
la lunga veste azzurra. Accanto alla Vergine appaiono San Brunone e San
Giacomo i quali, rispettivamente, poggiano una mano sulla spalla della
regina e del conte. Nell'angolo interno dell'arco ogivale è dipinto
lo Spirito Santo sotto le sembianze della colomba; intorno corrono angeli
con strumenti musicali. Alla sommità dell'arco è scolpito
un Agnus Dei. . Nel mezzo dell'architrave appare uno stemma angioino d'azzurro
disseminato di gigli d'oro, elementi visibili sulla veste regale di Giovanna
I. Tale stemma è un elemento fondamentale, insieme agli altri particolari
iconografici che emergono dall'affresco, per individuare l'arco cronologico
che va dal 1371 al 1374, nel quale il complesso conventuale ispirato al
modello della Certosa di San Martino a Napoli, fu edificato.
Il committente fu certamente
Giacomo Arcucci, conte di Minervino e signore di Altamura, regio consigliere,
camerario di Sicilia ed infine segretario di stato della regina Giovanna
I.
Orbene, la chiave di lettura
della lunetta rende significativi gli elementi che la compongono in virtù
della loro storia ed entrano in rapporto interattivo con il visitatore-fruitore.
In tal modo immagini ed oggetti
si confrontano, svelano la loro verità, ricostruiscono un passato
lontano e provocano un immediato arricchiamento sotto il profilo culturale,
promuovendo un processo di sensibilizzazione nei confronti del patrimonio
storico-artistico.
Antonia Tafuri
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