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Problemi di toponomastica antica
CAPRI: L'ISOLA-CAPRA
Tra capri, capre e donne-capre
La brillante conferenza tenuta dal noto glottologo
napoletano Domenico Silvestri il 21 maggio 1994 presso l'Hotel Europa
Palace di Anacapri ha riaperto, contribuendo con una indiscutibile dose
di competenza e scientificità, un problema che, se da un lato continua
a stimolare la curiosità, per altro verso riceve comunemente risposte
e soluzioni insoddisfacenti: l'origine del nome Capri.
Le Capri del Mediterraneo
Questo nome rientra, se si
guarda al Mediterraneo occidentale, in una tipologia piuttosto ricorrente
che richiama immediatamente il nome della capra: Caprera, Capraia, Cabrera,
senza ricordare i tanti altri toponimi, non relativi a realtà insulari,
che pure richiamano lo zoonimo caprino (penso al toponimo Caprile).
In più le realtà
insulari connotate da un nome che richiama in un modo o nell'altro la
capra hanno in comune un territorio caratterizzato da irregolarità
orografica, da assenza di ampi spazi coltivabili, da una vegetazione non
lussureggiante (molti avranno presente dalle foto d'epoca come appariva
Capri all'inizio di questo secolo).
Il rapporto tra la realtà
insulare e la capra si ritrova anche se ci spostiamo nel Mediterraneo
orientale, in area egea: l'isola di Egina (in Greco Aigina ) altro
non appare se non come la Capri dell'Egeo se si ricorda che àix,
aigòs in Greco significa proprio capra.
Capri: un toponimo italico
A questo punto la domanda spontanea
- non si sa fino a quanto - è: ma Capri non deriva dal Greco kàpros
che significa cinghiale?
In effetti è questa
l'etimologia del toponimo Capri che più solitamente si ritrova
nella letteratura e che si registra sempre più diffusa. Una breve
serie di riflessioni denuncia a tutta prima la fragilità di questa
etimologia.
In primo luogo - e già
sarebbe più che sufficiente - va tenuto presente quanto Domenico
Silvestri ha tra l'altro segnalato nella sua conferenza: l'inconciliabilità,
a livello puramente glottologico, tra la parola greca kàpros
e le varie forme in cui il toponimo Capri appare in Latino e Greco (gr.
Kaprìe, Kaprìa, Kàprea,Kaprìai, Kapréai;
lat. Capreae).
Inoltre una pura osservazione
di carattere storiografico: chi vuole collegare il toponimo Capri alla
parola greca kàpros parte dal presupposto che i Greci furono
i primi abitatori dell'Isola. Proprio questa convinzione che individua
l'"anno zero" della storia di Capri con l'arrivo dei coloni Greci corre
l'enorme rischio di ignorare la presenza di genti italiche preesistenti
che, pur di fronte all'attuale mancanza di testimonianze materiali, sicuramente
dovettero abitare l'isola.
Ecco il punto: gettando all'aria
ossa di cinghiali e fantasticheria simili (dov'è che non si ritrovano
ossa di cinghiali?), Domenico Silvestri ha ritenuto di dover individuare
la paternità del toponimo Capri proprio in quelle lingue del ceppo
italico più antico che sono ampiamente documentate anche per la
Campania.
Isole-animali nel Golfo di Napoli
Il nome Capri, insomma, ha
a che fare con la capra e questo richiamo ad un animale, come ha osservato
il Silvestri, non appare isolato neanche se si guarda all'ambito più
ristretto del Golfo di Napoli: Pithecusa, l'odierna Ischia, è
propriamente "l'isola delle scimmie" (dal gr. pìthekos =
scimmia) così come gli scogli detti oggi I Galli portavano
anticamente anche il nome di Sirene con esplicito richiamo a quelle
figure mitiche che la tradizione greca più antica conosce come
creature metà donna e metà uccello.
Tuttavia in questo Capri fa
eccezione, rimanendo il suo nome legato al fondo italico e non ricevendo
mai, come Ischia e gli isolotti dei Galli, un nome ellenico: sintomo questo
di un processo di ellenizzazione che evidentemente a Capri non si realizzò
mai pienamente.
Ma perché la capra?
Evidentemente non è
la semplice presenza di un animale, quale che sia, che può essere
all'origine di un toponimo: o deve trattarsi di animali abbondantemente
presenti oppure - crediamo sia il caso di Capri - di animali necessari,
vitali ed emblematici della vita e dell'economia essenziale del luogo.
La capra - crediamo noi - prima
ancora di essere l'animale che si erge tra i picchi brulli e montani offrendosi
come caratteristico all'occhio del marinaio antico che passava per Capri,
è l'animale che, proprio in virtù delle sue enormi doti
di vita e di adattabilità ai territori più impervi (ancora
oggi è dato vedere - meraviglioso spettacolo! - qualche capra tra
le rocce capresi), costituì la base essenziale di quelle economie
antiche sviluppatesi in ambienti - è facile qui pensare a Capri
- non dotati di spazi coltivabili e, perciò, legati a forme di
pastorizia esclusivamente brada.
Tutto questo induce a pensare
che il nome Capri, così come gli altri toponimi legati alla capra,
trovi la sua giustificazione nel nesso, immediato e concreto all'occhio
dell'uomo antico, tra un territorio incapace per la sua conformazione
orografica di dar vita ad un'economia agricola sviluppata e la scelta
necessaria e peculiare di un'economia pastorale brada, di cui la capra
rappresenta l'animale per eccellenza.
Le "donne-capre"
La conferenza di Domenico Silvestri
si è imposta altresì all'attenzione per un altro problema,
altrettanto intricato, della toponomastica caprese: il nome Anacapri,
che in dialetto locale, nelle sue varianti capresi ed anacapresi, è
Donnakräpä e Ronnakräpä.
Il Silvestri ha considerato,
dopo alcune riflessioni, insoddisfacente l'ipotesi che spiega il toponimo
Anacapri come "la Capri di su" intravedendo nella prima parte la preposizione
greca anà = sopra.
Per converso il relatore ha
valorizzato la forma dialettale che inequivocabilmente richiama la donna
e, a sostegno di ciò, ha ricordato un passo della Storia
Naturale di Plinio il Vecchio (VI 31) dove si racconta che il cartaginese
Annone in isole dell'Atlantico chiamate Gorgades (il lessema
gorg- nel Mediterraneo richiama spesso la capra) avrebbe
trovato donne dal corpo peloso velocissime nella corsa e di cui fu possibile
catturare solo due.
E' probabile che questi racconti
favolosi e questi miti che localizzano donne-capre in luoghi esotici rientrino
nell'ampio novero di quelle tradizioni che localizzavano esseri mostruosi
ed animaleschi proprio in quelle zone in cui erano più difficili
l'ellenizzazione ed i processi acculturativi in genere.
Nel caso specifico - ma su
questo lo stesso Silvestri ha deciso di ritornare - il nome dialettale
Donnakräpä conserverebbe la memoria di tradizioni,
evidentemente non nate in ambiente locale, che, collocando nell'area più
alta ed impervia dell'isola l'esistenza di mostruose donne-capre attesterebbe
la concreta difficoltà da parte di agenti esterni (già i
coloni greci?) di penetrare ed affermare in quelle zone la propria cultura
fagocitando quella locale.
Ciammurri e Capretani
E che dire del nome ciammùrrä
con cui dialettalmente si è soliti indicare gli abitanti di Anacapri
ma che gli stessi Anacapresi - e questo è un dato scientifucamente
rilevante - non accettano come nome designante la loro comunità?
E' chiaro già da questo che ci troviamo nel caso di un eteronimo,
ossia di un nome dato dall'esterno e non nato in seno alla stessa comunità
anacaprese.
Silvestri ha ritenuto di mettere
questo appellativo in relazione a termini quali il calabrese ed il siciliano
zamarru "villano, contadino" non senza dimenticare un probabile
rapporto con il napoletano zìmmaro ed il locale zimpärä
che è appunto il maschio della capra.
In definitiva anche questo
appellativo della comunità anacaprese, formato ed utilizzato dall'esterno
non senza una vena dispregiativa, richiamerebbe in origine il nome della
capra, con evidente richiamo tanto ai luoghi impervi quanto a caratteristiche
di spiccata conservatività ed impermeabilità agli influssi
della cultura esterna.
Segnalavo al professore Silvestri
che anche l'eternonimo della comunità dei Capresi kräpätänä,
utilizzato dagli Anacapresi per definire i Capresi, sembra, col suo richiamo
implicito alla capra ed al suo allevamento, rispondere alla stessa logica
dell'appellativo ciammùrrä: tutto un sistema, con al
centro la capra, giocato sui valori reciprocamente allusi della rozzezza
e dell'incultura.
Eteronimi, si diceva, nomi
dati dagli altri, segnali inequivocabili di come gli altri vedono una
realtà relativamente a se stessi: basta la coscienza di questa
relatività, oltre ad una concezione laica ed autonoma di ogni sapere
scientifico, per non sentirsi colpiti e vilipesi, vittime spesso
orgogliose del Lokalpattriottismus o - per chi odia i "paroloni"
- delle forme di più becero ed ottuso campanilismo.
Eduardo Federico
La relazione del Prof. Domenico Silvestri, corredata
da note e sostenuta da più ampia documentazione, apparirà
nel volume su Capri antica in corso di elaborazione a cura dell'équipe
coordinata da Alfonso Mele, Direttore del Dipartimento di Discipline Storiche
dell'Università "Federico II" di Napoli.
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