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Religione ed agire politico
ESPERIENZA RELIGIOSA E AGIRE
POLITICO A CAPRI
Memoria dell'incontro-dibattito
dell'8 aprile 1994
A più riprese e fin dalla sua nascita (1991) questo periodico ha
spesso portato al centro dell'attenzione, senza alcuna pretesa
esaustiva, un problema che, pur non presentandosi in forme evidenti né
accompagnato da diffusa consapevolezza, non riusciva
ad evitare le "secche" di più o meno latenti contraddizioni: il
rapporto a Capri tra l'esperienza del sacro e la crescita etico-civile
della comunità isolana.
Gli inizi
degli anni '90, in un'Italia non ancora travolta da "Tangentopoli" ed
in una Capri che "godeva", tra i frutti amari del "rampantismo"
degli anni '80, di un'omologazione sociale e culturale evidente nel disinteresse
diffuso alla vita sociale e politica e nel
soffocamento forzoso delle normali contraddizioni e conflitti della società
- erano gli anni del "vogliamoci bene" e del "siamo tutti
Capresi" - furono caratterizzati, tra l'altro, a Capri da una rinnovata
politica religiosa, intesa, dopo un ventennio di spiccato laicismo,
a recuperare, in forme e contenuti particolari, aspetti di religiosità
(processioni, rituali, associazionismo e militanza
cattolica etc.) ormai, soprattutto nella comunità
caprese, totalmente abbandonati.
La reazione
del popolo caprese fu entusiatica se si eccettuano quei pochi, tra i quali
noi, che temettero, pur tenendo conto di
alcuni lati positivi di fondo di questa politica, un'"ubriacatura" nostalgica
e conservatrice, un'"estasi" reazionaria più che eversiva,
mal controllata dalle stesse autorità proponenti. Qualcun altro,
legato al mondo cattolico, avrebbe preferito, più che un
bagno di "sacro", un approfondimento del dibattito
ed una decisa presa di posizione su temi più scottanti quali il
volontariato e l'impegno sociale dei cattolici
capresi (erano gli anni, per esempio, di una grande crisi all'interno
dell'associazione cattolica più radicata
sull'Isola, la Società di San Vincenzo de' Paoli).
A un
po' di tempo di distanza l'interrogativo, allora problematico, ora forse
d'obbligo, è lo stesso: avrebbe inciso quella nuova
politica religiosa sull'etica, sulla vita privata di quegli stessi entusiastici
e pii devoti? Avrebbe quella politica contribuito a frenare
gli aspetti più degeneri della società laica, quali il consumismo,
l'egoismo, la sacralizzazione del lavoro e del denaro?
Di fronte
ad una società, quale quella caprese, dove - nessuno può
negarlo - i valori del profitto superano molti altri, quale senso
avrebbe avuto quella ritualità?
Ci stupiva
e ci incuriosiva non poco vedere tanti rappresentanti della classe dirigente
caprese bardati da pretoriani o da giudei
(i secondi meno) sfilare per le vie dell'Isola.
Il nostro
modesto avviso è che, al di là di tutto, permanessero, anzi
si consolidassero, i confini tra una cultura "ufficiale" religiosa
ed i comportamenti etici "di fatto".
Desiderammo,
su un'idea di chi tra noi più si dedicò con impegno e consapevolezza
al problema, confrontarci sul tema in un
incontro pubblico che si tenne l'8 aprile 1994 nella Sala Piccola del
Palazzo dei Congressi alla presenza di un pubblico folto ed
interessato.
A seguito
di questo incontro-dibattito dal titolo "Esperienza
religiosa e agire politico a Capri", abbiamo chiesto ai due
relatori, don Vincenzo De Gregorio ed il dottor
Giuseppe Ferraro, rappresentanti in quell'occasione rispettivamente la
cultura religiosa e quella laica, di inviarci
un loro contributo scritto al dibattito.
Essi
hanno così tentato di sintetizzare le analisi e le idee già
esposte sull'argomento.Li ringraziamo vivamente.
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