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Capri: poco pensiero e tanti "fatti"
"L'IMPORTANTE SONO I FATTI ..."
Per una cultura del dialogo e del pensiero
L'ultimo numero di Oebalus (agosto 1994) ha
pubblicato alcuni articoli sull'incontro-dibattito promosso a
Capri l'8 aprile scorso sul tema "Esperienza religiosa e agire
politico a Capri".
Ci sono pervenute in redazione, al proposito, alcune note di
Raffaele Vacca, Amministratore del Centro di Varia Umanità
in Anacapri, che prendono spunto da un tema che è a cuore
a vari ambienti culturali capresi e che costituì proprio
l'elemento iniziale dell'incontro di aprile: l'assenza e la difficoltà
di dialogo sull'isola di Capri.
Nel prendere atto di una positiva continuità rispetto
alla trattazione di particolari tematiche e nel condividere la
necessità per la vita politico-culturale isolana di un
basilare e serio momento teorico, troppo spesso sacrificato al
più becero e, tra l'altro, fallimentare pragmatismo etico-politico,
ringraziamo l'autore. |
Il
dialogo migliora, contribuisce a conoscere e ad essere più se stessi.
Il non-dialogo invece deprime, conduce verso la presunzione, l'irresponsabilità,
l'angoscia, l'indifferenza; conduce verso il nulla.
Purtroppo dal non-dialogo continua
ad essere determinata la storia della comunità dell'isola di Capri.
E così continuano ad avere predominio incontrastato la superficialità,
l'arroganza, il pragmatismo, l'utilitarismo, il particolare, l'indifferenza.
Sono questi alcuni dei principali aspetti dell'agire politico isolano,
intendendo per politico l'agire quotidiano dei cittadini dell'isola nell'ambito
della loro comunità.
E l'agire politico è
in sintonia con l'agire religioso.
La comunità isolana
(che talvolta appar più come una collettività) si dice in
gran parte cattolica. Eppure, per lo più, qui la fede non è
pensata, così come non sono pensati tanti altri principi della
vita comunitaria. E quindi non c'è una fede che influisca sull'agire
politico e lo determini.
Anche per questo coloro che
amministrano la comunità civile o le comunità particolari
finiscono con il dover dare risposte precise e concrete a particolari
e personali richieste, senza badare se siano in contrasto con il bene
comune. E spesso si ritrovano a non attuare quei principi nei quali
dicono di credere, ma ad attuare principi opposti, proprio quelli che
dicono di combattere.
Per aver successo contingente,
per conservare o magari accrescere il numero che li sostiene, si preoccupano
solo di questioni particolari e lasciano quelle generali, privando le
comunità che amministrano della loro autentica ragion d'essere
e portandole o mantenendole nel degrado e nella rovina.
Giustamente don Vincenzo De
Gregorio (relatore nell'incontro di aprile, NdR) sostenne che sarebbe
stato opportuno esaminare attentamente l'agire politico. Ciò perché
è sempre necessario partire da ciò che è, per poter
dire poi ciò che dovrebbe o potrebbe essere.
Ma analizzare compiutamente
l'agire politico dei capresi in pochissime ore, e dopo che erano già
emersi concetti sui quali sarebbe stato necessario soffermarsi a lungo,
non era possibile nell'ambito dell'incontro dibattito. D'altra parte non
sarebbe facile neanche in altra occasione, giacché esso presuppone
un vero, autentico, pubblico esame di coscienza, come quello al quale
ci ha invitato Giovanni Paolo II nella lettera ai vescovi italiani. Eppure
questa è la strada da intraprendere se si vuole che l'isola non
perda i suoi giovani, come ne ha perduti tanti nel passato; se si vuole
che l'isola non costringa i suoi giovani o ad andarsene o ad adattarsi.
E adattarsi significa accettare quello che viene concesso, rifiutare o
respingere il "pensare", sottomettersi alla volontà dei più
arroganti, dei più presuntuosi, ed alla loro rozzezza spirituale
e talvolta anche materiale.
L'incontrò rivelò
uno schietto desiderio di distinguere attentamente tra le innovazioni
che distruggono l'antico e quelle che lo conservano o lo migliorano. Innovare
è saper conservare nel nuovo la memoria, saper riconquistare come
cosa nuova ciò che è autentico, ciò che esprime quel
che vale.
Fece anche comprendere che
spesso ci si forma all'agire politico imitando e poi accettando quel che
si fa. Se non si è d'accordo su questo, bisogna dapprima elaborare
un diverso progetto e poi tentare di formare secondo i principi fondamentali
di questo.
L'incontro rivelò desideri,
aspirazioni, esigenze schiette e legittime. Ebbe una sua importanza, che
potrebbe essere maggiore se desse luogo ad altri incontri ed approfondimenti,
alla luce di quella che sembrò essere la principale necessità:
il dialogo. E questo non consiste in un semplice parlare, non era una
mera chiacchierata dopo la quale si ritorna al "pratico". Come ricorda
il card. Joseph Ratzinger, ""dialogo" s'accende soltanto là dove
alla "parola" si accompagna anche l'"ascolto" e dove, nell'ascolto, si
attua "incontro", nell'incontro "rapporto" e nel rapporto "comprensione"
come approfondimento e trasformazione nella sfera dell'essere".
Raffaele Vacca
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