[Il foglietto] Organo di collegamento del

Gruppo Missionario

Parrocchia S. Croce

Salerno

Luglio 1997

Guai a coloro che il Signore troverà ad occhi asciutti.

Gustavo Gutierrez


Italiani brava gente?
di Vincenzo Agosti

Sembra proprio non sia più così. Da quando sono comparse sui quotidiani di tutt’Italia le foto delle presunte violenze perpetrate a danno di cittadini somali da parte di alcuni parà della brigata Folgore, abbiamo cominciato a domandarci se i soldati italiani siano veramente dotati di quelle qualità, quali la bontà d’animo, la compassione, lo slancio umanitario, che, anche in situazioni estreme e disagiate, sono sempre riusciti ad esprimere.

Ci siamo svegliati come da un sogno, in modo molto brusco, cascando giù dal letto.

Increduli, cercando una risposta a tutto ciò, ci siamo rivolti a coloro che, più anziani ed esperti di noi, ci hanno raccontato dei colonizzatori italiani del ventennio andati a portare civiltà, a costruire strade ed opere di urbanizzazione, a differenza delle altre nazioni europee che avevano sfruttato ed impoverito le popolazioni locali.

Ci siamo rivolti ai nostri governanti, che hanno vantato la grande tradizione delle forze armate italiane sempre in prima linea in quei luoghi teatro di sanguinose guerre fratricide pronte a far da paciere.

Ci siamo rivolti agli alti ufficiali dell’esercito, che hanno respinto sdegnati al mittente le infamanti accuse gridando al complotto, ordito da coloro i quali sono ostili alle istituzioni militari, che non dimostrano il minimo attaccamento alla bandiera infangando la memoria di coloro che in Somalia hanno perso la vita.

Ci siamo rivolti ai parà della Folgore, che ci hanno risposto che azioni del genere sono giustificate durante un’operazione di guerra.

Un’operazione di guerra? Guerra, ma... noi non avevamo dichiarato guerra alla Somalia! Eravamo andati lì con il mandato dell’O.N.U., insieme ad americani, pakistani ed altri ancora per disarmare le fazioni e far sì che la Somalia, dopo anni di guerra civile, tornasse ad una vita normale e pacifica.

O almeno questo ci avevano detto!

Ma forse hanno taciuto il fatto che l’operazione Restore Hope era solo una mossa propagandistica ideata dal presidente degli Stati Uniti Bush, come poi ha rivelato anni dopo un suo stretto collaboratore; una sorta di prova generale, dopo il tentativo peraltro ben riuscito della Guerra del Golfo, del Nuovo Ordine Mondiale.

Hanno taciuto il fatto che i militari, italiani e non, non sono addestrati, e quindi non sono adatti, a compiti di polizia internazionale (parole del generale Loi, primo comandante italiano dell’operazione Ibis in Somalia).

Hanno taciuto, e continuano a tacere, il fatto che un esercito esclusivamente professionale porta inevitabilmente a formare corpi scelti come la Folgore, in cui sentirsi un super uomo, una persona al di sopra di tutto e tutti, con potere di vita e di morte su coloro che ti circondano, sembra essere una cosa del tutto normale.

Hanno taciuto il fatto che operazioni del tipo effettuate in Somalia non sono svolte per riportare la pace, ma esclusivamente per intervenire in luoghi, anche lontani dal proprio territorio, affinché gli interessi nazionali non vengono messi in discussione, come del resto recita il documento sul Nuovo Modello di Difesa presentato in parlamento.

Hanno taciuto sui metodi utilizzati dai soldati per «disarmare» le fazioni, metodi che non hanno nulla da invidiare, stando alle foto, a quelli applicati dalla polizia e dai militari dei regimi dittatoriali dell’ America Latina, addestrati a Panama dalla CIA e dall’esercito degli Stati Uniti.

Hanno taciuto sul fatto che Restore Hope (trad.: restituire speranza) non è stata una missione di pace, ma una guerra tra la fazione di Ali Madi, spalleggiata dagli Stati Uniti e dall’Italia, e quella del generale Aidid, a cui, per tutta la durata della missione abbiamo dato la caccia come se fosse l’unico responsabile della situazione.

Tacciono ancora sul fatto che in Somalia dimostrammo di non saper prevenire situazioni esplosive, peraltro provocate dalla dissennata politica estera degli anni del craxismo, a cui fummo in grado di rispondere esclusivamente con le armi. Dietro gli interventi militari che l’O.N.U. o chi ne fa le veci organizza, come la NATO nel caso della ex Yugoslavia, non vi sono mai state iniziative tese a ricostruire il tessuto civile che la guerra inesorabilmente distrugge, delegando il compito alle ONG ed alle associazioni di volontariato impegnate sul posto. Il caso Albania, da questo punto di vista, tende ad assomigliare molto all’esperienza somala.

Tacquero i mass media, tranne i settimanali Avvenimenti ed Epoca, quando già dopo pochi mesi si diffusero le prime voci di comportamenti non troppo ortodossi da parte dei Caschi Blu in Somalia

Io non so quanto diffusi siano stati gli episodi di violenza, quanti di loro siano realmente accaduti o sono frutto di una campagna che tende a far affermare il principio «tutti colpevoli, nessuno colpevole», ma ritengo necessario che, visto il brusco risveglio, manteniamo gli occhi aperti al fine di evitare l’assuefazione a fatti del genere che non avevano, non hanno e non avranno mai alcuna giustificazione agli occhi di una società civile degna di questo nome, per lo stesso motivo per cui, dopo cinquant’anni, in Italia si è deciso di processare l’ex capitano delle SS Priebke per la strage delle Fosse Ardeatine.



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