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Organo
di collegamento del Gruppo Missionario Parrocchia S. Croce Salerno Febbraio 1998 |
Guai a coloro che il
Signore troverà ad occhi asciutti.
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¡Nunca Mas!
di Vincenzo Agosti
Ore 18,40 di sabato 24 gennaio. S. Giovanni in
Laterano, Roma. Circa cinquantamila persone affollano la piazza:
sono i partecipanti alla Manifestazione Nazionale di Solidarietà
con le popolazioni del Chiapas.
Un improvviso silenzio cala tutt'attorno, ed un senso di sgomento
pervade i presenti, fino ad allora felici e festanti, che
attoniti rivolgono il loro sguardo verso un grande schermo
allestito per l'occasione . A squarciare quel silenzio angoscioso
solo le grida e il pianto dei sopravvissuti della strage di
Natale, avvenuta il 22 dicembre scorso ad Acteal, in Chiapas, nel
Messico sud-orientale.
Quelle grida giungono fino a noi grazie ad un video dal titolo ¡Nunca
Mas!, Mai Più! Quarantacinque indios Maya barbaramente uccisi
mentre erano raccolti in preghiera. Autori della strage un gruppo
paramilitare vicino al Partito Rivoluzionario Istituzionale, il
partito che da circa settant'anni governa il Messico grazie al
terrore ed ai brogli elettorali. E' questo il momento più
intenso della manifestazione organizzata per ricordare la lotta
dei Maya del Messico tesa a ribadire i propri diritti di esseri
umani e contestare alle radici il Neoliberismo, l'ideologia
economica imperante che sta disseminando morte ed impoverimento,
escludendo dai meccanismi economici mondiali oltre un miliardo di
persone, quasi tutte dei paesi del Sud del Mondo.
Eravamo giunti in quella piazza da tutt'Italia: Napoli, Salerno,
Verona, Padova, Milano, Torino, Livorno, Firenze, Avellino,
Bari... E si potrebbe continuare citando tutti i comuni del
nostro «belpaese».
Eravamo giunti lì per esternare i nostri sentimenti di
solidarietà nei confronti degli indios del Chiapas e per
chiedere al Governo Italiano di far sì che l'Unione Europea non
ratificasse gli accordi economici con il Messico fino a che non
fosse stata raggiunta in quella regione una pace degna e giusta.
Eravamo lì per passare una serata sì di impegno, ma festosa ed
elettrizzante, anche se con la morte nel cuore, che ci servisse
da ricarica per le nostre batterie sempre sull'orlo
dell'esaurimento.
Avevamo cantato, avevamo marciato tenendo alti gli striscioni.
Avevamo sfidato l'indifferenza di una Roma troppo distratta per
accorgersi di noi (grazie anche al tragitto che il corteo ha
percorso e che si è snodato per zone spesso deserte).
Avevamo sfidato la censura dei media che, tranne per alcune
eccezioni, hanno scandalosamente ignorato l'avvenimento.
In particolare noi del Gruppo Missionario avevamo superato i
timori e ci eravamo mostrati pubblicamente in un ambiente
composto quasi esclusivamente da giovani dei Centri Sociali o da
militanti di partiti di estrema sinistra, risultando essere
l'unica organizzazione cattolica ufficialmente rappresentata.
Ma quando abbiamo visto quelle immagini, quando abbiamo udito
quelle testimonianze agghiaccianti.... chi non è riuscito a
stare zitto ha pianto!
Poco dopo abbiamo ripreso la strada di casa, ma una domanda
rimbalzava nella nostra mente: dov'erano i cattolici? Come è
possibile che ad una manifestazione che voleva ricordare dei
fratelli e delle sorelle morti mentre pregavano il Signore Dio
Nostro, affinché donasse la Sua pace a quelle terre e a quelle
popolazioni da oltre cinquecento anni vittime dell'arroganza e
della cupidigia di noi occidentali, non vi erano rappresentanti
della gerarchia ecclesiastica?
Perché non vi erano gruppi cattolici, tranne il nostro?
Il fatto che nel comitato promotore della manifestazione non ci
fossero organismi della Chiesa Cattolica basta a giustificare il
silenzio e l'omissione di milioni di cattolici italiani?
Davvero la Chiesa è capace di rinunciare a piangere dei suoi
figli se a farlo insieme a Lei sono dei non-credenti?
Eppure grandi personalità della gerarchia hanno sottoscritto l
'appello che ha dato vita alla manifestazione: mons. Nogaro,
vescovo di Caserta, don Albino Bizzotto, presidente della
Comunità di Capodarco, don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo
Abele, don Gino Rigoldi. E non bastava di certo la presenza al
corteo di don Vitaliano della Sala, coraggioso parroco
dell'avellinese, che in tonaca e kefia (sciarpa simbolo dei
militanti dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina)
ha percorso la marcia con al collo un cartellone recante il nome
di una delle vittime della strage.
Forse non lo capiremo mai, o forse l'abbiamo già capito ma non
ci piace. Comunque non mi si venga a dire che i cattolici non
devono dare scandalo e che la manifestazione non era certo la
forma giusta per ricordare quei morti, ma sarebbe stata meglio
una messa.
Non lo accetterei primo, perché nessuno ha organizzato una
celebrazione eucaristica in memoria delle vittime della strage
(tranne il nostro Gruppo Missionario che martedì 24 si è
riunito in preghiera insieme ai giovani dell'Azione Cattolica
della Parrocchia) e secondo, perché quando Gesù vide i mercanti
nel Tempio, non si ritirò su di una montagna a pregare che Dio
li scacciasse, ma rovescio le loro bancarelle e disturbò i loro
traffici, scandalizzando i sacerdoti ed i benpensanti.
Allora, come i sopravvissuti della strage di Acteal, anch'io
grido: «Mai più!».
Che non accada mai più che la Chiesa viva con indifferenza la
morte violenta di alcuni suoi figli morti per Lei.
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