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Organo
di collegamento del Gruppo Missionario Parrocchia S. Croce Salerno Marzo 1999 |
Guai a coloro che il
Signore troverà ad occhi asciutti.
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Care sorelle, cari fratelli
di Vincenzo Agosti
Questo numero de Il Foglietto è quasi interamente dedicato alla vicenda Ocalan, il leader kurdo catturato, in circostanze ancora misteriose, dai servizi segreti turchi, ed ora detenuto in un carcere di massima sicurezza su di un isola del Mar Egeo. Le immagini di Ocalan legato, bendato e drogato, in balia dei suoi carcerieri hanno fatto il giro del mondo. Già nello scorso numero del nostro notiziario avevamo pubblicato un articolo tratto dal quotidiano Il Manifesto che metteva in risalto il comportamento "pilatesco" degli stati europei di fronte alla richiesta di Ocalan di fare da mediatori per avviare una trattativa tra kurdi e stato turco al fine di risolvere pacificamente la cosiddetta "questione kurda".
Questo mese pubblichiamo un altro articolo, tratto dallo stesso quotidiano, utile a fare luce su di una vicenda che pare abbia visto protagonisti i servizi segreti più potenti del mondo, in un succedersi di eventi che a noi, comuni cittadini, spesso sfuggono. Soprattutto servirà a chiarirci quale siano i motivi per cui al popolo kurdo è negato il diritto non solo ad avere una patria, ma soprattutto a conservare e tramandare le proprie tradizioni, la propria lingua, la propria identità culturale. Il testo è corredato di alcune note per meglio comprendere i vocaboli che vengono utilizzati i quali, ai non addetti ai lavori, possono sembrare ostici. Oltre all'articolo citato, vi proponiamo anche la lettera datata 14 febbraio con cui Ocalan ha chiesto asilo politico all'Italia, dove si evince la sua volontà di mettere porre fine alla lotta armata e, anche attraverso un processo teso a stabilire le reali responsabilità rispetto ai genocidi di cui è accusato il leader kurdo, porre all'attenzione del mondo intero la "questione kurda", di cui il governo turco insiste a negare l'esistenza.
Volevo ricordare, inoltre, che il
Gruppo Missionario ha aderito formalmente all'appello in favore
del popolo kurdo Per non lasciarli soli ed alla
conseguente manifestazione di mercoledì 24 febbraio a Roma,
appello in cui si chiede che l'Italia e l'Unione Europea tutta
facciano pressioni, non solo politiche ma anche economiche, sul
governo turco affinché il processo al leader kurdo si svolga nel
rispetto della legge nazionale e degli standard umanitari
internazionali, e per ricordare al mondo intero che esiste un
"popolo che non si può neanche nominare".
Caso Ocalan: lo scambio
indecente
di Emanuele Giordana
da Il Manifesto del 21.2.99
Temere per l'incolumità di Ocalan?
"Sì - sostiene Mirella Galletti - penso che sia il caso di preoccuparsene. Legato e addormentato lo abbiamo visto arrivare in Turchia imbambolato, riempito di tranquillanti. Una bruttissima impressione. Più che a un omicidio, penso all'effetto psicologico che la detenzione potrà avere su un uomo di cui conosciamo la grande energia che, in condizioni normali, si percepiva dai suoi occhi vivaci. Ma adesso, chiuso in un carcere di massima sicurezza, senza via d'uscita e con di fronte l'ipotesi della pena capitale... Molte cose possono concorrere a un gesto di debolezza".
La vicenda Ocalan, i contorni complessi e intricati della sua "fuga", il possibile "cambio merce" operato tra diversi servizi segreti. Di questo parliamo con la storica italiana che ha scritto il saggio più completo sui kurdi e che sta, in questi giorni, lavorando a un nuovo libro sul "popolo senza nome".
E' dal primo momento che il Pkk ha accusato Israele di avere utilizzato la sua intelligence al servizio della Turchia per la cattura di Ocalan. E' un'ipotesi possibile?
Certo, siamo nel campo delle ipotesi, ma si tratta di ipotesi più che probabili. Israele ha, dagli anni '60, rapporti privilegiati con l'Africa subsahariana e in Kenia la presenza dell'intelligence israeliana, come di quella americana, è nota. Non solo: l'alleanza tra Israele e la Turchia, che nel '96 sottoscrivono un vero e proprio accordo, è storia antica. Ed è proprio agli anni '60 che risale la frattura del movimento kurdo che allora sceglie due strategie diverse: i kurdi iracheni si appoggiano a Israele in funzione anti Bagdad. Mentre il Pkk si appoggia ai palestinesi. L'equazione è semplice: Israele non ama i palestinesi. Ankara vorrebbe chiudere la partita con i kurdi turchi. La grande base nella valle della Bekaa utilizzata dal Pkk è una concessione anche palestinese e quando, nell'82, gli israeliani entrano in Libano, i peshmerga del Pkk sono a fianco dei palestinesi. Cose che non si dimenticano. E' tra i palestinesi e i siriani che Ocalan ha raccolto i maggiori appoggi nel mondo arabo.
Poi però le cose cambiano, soprattutto tra Ankara e Siria. Su che basi?
Il contenzioso è doppio: da una parte la Siria aspira alla gestione di parte delle risorse idriche mediorientali che hanno le loro principali sorgenti in Turchia. Dall'altra, Ankara chiede in cambio che Assad smetta il suo appoggio ai peshmerga. Damasco promette, Ankara minaccia ma non succede mai nulla; gli accordi vengono disattesi, ignorati. Fino all'accordo dell'ottobre scorso. Ankara fa il muso duro e minaccia una doppia guerra: quella militare e quella della chiusura dei rubinetti. La Siria cede.
Torniamo a Israele...
I rapporti tra Israele e Turchia intanto sono andati avanti: l'alleanza si rafforza e negli anni '90, Ankara apre definitivamente le porte al paese ebraico. Le pressioni sono chiare e provengono soprattutto dagli Stati uniti, che hanno in Israele e nella Turchia i pilastri regionali del loro controllo sul Medioriente. Pressioni antiche perché Ankara è il primo paese di quell'area che, già dal '49, riconosce lo stato ebraico. Sia detto per inciso, buona parte degli ambasciatori americani in Turchia proveniva da ascendenze ebraiche. Forse non solo un caso.
Poi però negli anni '70-'80 Ankara rafforza i suoi rapporti col mondo arabo...
E' vero, e il motivo è il petrolio. Ma, dopo la guerra del Golfo e la fine dell'URSS, i legami con Israele si rafforzano.
Cosa c'entra il disfacimento dell'Unione Sovietica?
C'entra in termini "monetari". La Turchia ambisce a controllare l'area turcofona dell'ex URSS ma sa che le parole non bastano e, da soli, nemmeno i soldi. Ci vuole tecnologia. E chi, in Medioriente, ne detiene il monopolio? L'alleanza va bene per Israele perché il business è grosso. Israele, ad esempio, è intervenuta per la bonifica del lago Aral, col viatico di Ankara. L'acqua, del resto, è un pallino di tutti gli stati mediorientali: la Giordania, l'Irak, la Siria. Ma per Israele è ancora più importante: uno stato piccolo, assetato e circondato da nemici. E l'acqua chi ce l'ha? La Turchia. Esiste persino il progetto di un acquedotto che dovrebbe passare per la Siria. Per adesso non se ne parla, ma le navi cisterna che portano l'acqua a Israele dalla Turchia sono già una realtà da anni. Poi c'è l'ammodernamento dell'esercito turco, un accordo importante in termini strategici ma anche di vil denaro. Non ci sono in realtà grandi motivi ideologici dietro questa alleanza. E, si badi, nemmeno il Rafah, nella sua parentesi di potere, ha mai fatto un gesto reale per diminuire il valore dell'alleanza tra i due paesi...
Se Israele è un vecchio amico, e dunque i conti tornano, meno chiaro nella vicenda di Ocalan è il ruolo giocato dalla Grecia, il nemico storico di Ankara.
I prossimi giorni ci diranno cosa c'è sotto, o meglio, quali sono stati i termini dell'accordo tra Grecia e Turchia. Perché l'unica cosa che si può immaginare è che Ocalan sia stato una moneta di scambio. Non penso a Cipro, quanto magari al contenzioso sulle acque dell'Egeo. Ma sono ipotesi soltanto mie e solo il tempo dirà cosa c'è sotto. Quello che personalmente mi stupisce e` come i kurdi abbiano potuto fidarsi. Non tanto dei greci, quanto di un posto come Nairobi, noto per essere un centro di spie dove non si muove foglia all'insaputa della CIA. Una cosa è chiara: quell'uomo è stato venduto in cambio di qualcosa e all'interno di una trama che riguarda più paesi. Ma non è finita. I peshmerga di Ocalan adesso sono sparsi tra Irak, protetti da Talabani, e Iran. Ma cosa farà la repubblica islamica? La tentazione di giocare la carta kurda fin che gli farà comodo è troppo forte. Salvo buttarla via quando non serve più. È una storia vecchia e amara in Medioriente. E le responsabilità stanno in tutti i paesi. A farne le spese sono solo loro, il popolo che non si può neanche nominare.
Note al testo:
Pkk - Partito dei Lavoratori Kurdo
Intelligence - Servizi Segreti
Africa
Subsahariana - Tutte le nazioni
africane a sud del Sahara: Kenya, Uganda, Congo, Rep.
Centrafricana, ecc.
Bagdad - Capitale dell'Irak
Ankara - Capitale della Turchia
Valle della
Bekaa - Territorio situato al confine
tra Libano ed Israele
Peshmerga - Guerriglieri kurdi del Pkk
Assad - Presidente della Siria
Rafah - Partito turco che si ispira al fondamentalismo
islamico
Nairobi - Capitale del Kenya
C.I.A. - Servizio Segreto degli Stati Uniti d'America
Talabani - Leader kurdo irakeno
Il mio popolo vi guarda
di Abdullah Ocalan
Al tribunale civile di Roma.
Signor Presidente, stimati magistrati.
Vorrei poter essere presente personalmente all'udienza relativa alla mia richiesta di asilo politico, in modo da potervi spiegare personalmente la mia situazione. Spero che questa possibilità, di cui vorrei sottolineare l'estrema importanza, mi sia garantita. Vi è certo noto l'incredibile accanimento con cui il governo turco mi sta inseguendo e considera il suo impegno prioritario entrare in possesso della mia persona, viva o morta. Il presidente turco Ecevit afferma che questo esito è imminente e la stampa è colma di dichiarazioni in questo senso. Tuttavia nessun governo in questo momento sembra assumersi le sue responsabilità. Il livello di rischio è altissimo.
Attraverso il vostro Tribunale vorrei sollecitare il governo italiano a farsi carico della mia sicurezza personale fino alla fine della procedura giudiziaria che mi riguarda e alla relativa decisione. Sento la necessità di ricordarvi l'importanza storica della vostra decisione, sia dal punto di vista del popolo kurdo, sia da quello dei valori universalmente umani. Il regime turco è pronto a usare un vostro eventuale verdetto negativo in termini di negazione dell'esistenza di una questione kurda e di legittimazione della sua propria politica di annientamento. Questo avrebbe un effetto disperante sul nostro popolo, e aprirebbe la strada ad altri sviluppi negativi sia sul piano giuridico, sia sul piano politico. Ritengo mio dovere chiedervi di tenere conto, nella vostra decisione, dell'estrema importanza di questo aspetto della questione.
Rinnovo la mia totale disponibilità a partecipare non solo al procedimento intentato dalla Turchia per la mia estradizione, ma anche all'eventuale processo, che chiedo io stesso con forza di aprire, finalizzato a fare chiarezza sulla realtà storica, incluso il cosiddetto "terrorismo". Avverto coma una radicale ingiustizia il fatto che si diffondano accuse, ma si neghi una sede nella quale verificarle in giudizio. Nella mia persona si tenta di criminalizzare in realtà il popolo e la questione kurda: è un dovere giuridico elementare far approdare tutto questo in una sede di giustizia equa.
Faccio pieno affidamento nella scrupolosa sensibilità con cui questo Tribunale si esprimerà sulla mia istanza, e vi trasmetto i miei rispettosi saluti.
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