[Il foglietto] Organo di collegamento del

Gruppo Missionario

Parrocchia S. Croce

Salerno

Aprile 1999

Guai a coloro che il Signore troverà ad occhi asciutti.

Gustavo Gutierrez


Documento della
Campagna per una soluzione nonviolenta nel Kosovo
sull'attuale situazione di guerra nella Federazione Yugoslava e nel Kosovo.

Esprimiamo dolore per il fatto di assistere all'ennesimo tentativo delle grandi potenze di far credere che la pace si possa ottenere con la guerra e che il bombardamento di città e villaggi per raggiungere obiettivi militari sia assolutamente indispensabile. Nella guerra moderna si sta verificando che la vera vittima rimane sempre e solo la popolazione civile di qualsiasi gruppo etnico essa sia. Nella situazione specifica i missili e le bombe uccidono sia le vittime che i carnefici, tanto più che questi ultimi usano i primi come scudi umani per difendersi dai bombardamenti. Questo è ancora più vero per gli attacchi sul Kosovo dove il rischio è di uccidere proprio la popolazione che si pretende di difendere.

I Governi dei Paesi che aderiscono alla NATO hanno dichiarato ufficialmente che si è arrivati ai bombardamenti dei territori della Yugoslavia (Serbia e Montenegro) perché si erano tentate tutte le possibili vie diplomatiche pacifiche e perché queste erano fallite. La Campagna per una soluzione non violenta nel Kosovo - che dal 1993 si occupa della prevenzione del conflitto armato e della ricerca di valide soluzioni al problema del Kosovo - sa che questo non è affatto vero:

  1. perché la diplomazia internazionale non ha fatto quasi nulla per prevenire questa prevedibile escalation di violenza tra le etnie: infatti non ha appoggiato seriamente la resistenza nonviolenta del popolo kosovaro, condotta ininterrottamente dal 1989, favorendone inoltre le forme e componenti più passive. La Transnational Foundation for peace and Future research (TFF), che nel 1992 ha denunziato il rischio della possibile esplosione della guerra nel Kosovo, ha espresso il dubbio che questa mancanza di appoggio alla prevenzione della guerra sia dovuta al fatto che si attendeva l'esplosione del conflitto armato per sostenere la necessità e l'indispensabilità dell'intervento della NATO, in cerca di rilegittimazione dopo il crollo del bipolarismo est-ovest e a cinquant'anni dalla sua fondazione.
  2. perché l'unico tentativo riuscito di mediazione portato avanti dalla diplomazia non ufficiale tramite la Comunità di Sant'Egidio, che prevedeva una normalizzazione del sistema scolastico nel Kosovo, invece di essere attentamente monitorato nella sua applicazione, è restato lettera morta per un anno e mezzo. Malgrado questo è stato premiato Milosevic, principale responsabile della non applicazione, eliminando le sanzioni di primo livello, riconoscendo ufficialmente la Neo-Yugoslavia e dichiarandola zona di mercato privilegiato (aprendo così la corsa agli affari di cui l'Italia - tramite Telecom, Fiat, e altre ditte interessate allo sfruttamento delle potenzialità delle miniere di Trepca - è il primo partner economico).
  3. perché la diplomazia internazionale è stata estremamente lenta nell'applicazione dell'accordo tra Holbrooke e Milosevic che prevedeva l'intervento nel Kosovo di 2000 verificatori del cessate il fuoco non armati. Infatti, pur essendo il numero dei verificatori estremamente ristretto in rapporto al territorio da tenere sotto controllo, a quasi un anno dalla sua firma solo 1400 di loro risultavano dislocati. Ciò nonostante la loro presenza era riuscita a contenere la violenza sulla popolazione civile, vertiginosamente esplosa al loro ritiro.
  4. perché ci sono molti dubbi, da quanto si è potuto conoscere, che altre soluzioni previste e di cui si è parlato durante i lavori di Rambouillet, come l'intervento di un corpo di peacekeeping ufficiale dell'ONU, o di una delega ufficiale da parte di questo all'OSCE - tutti organismi cui aderisce anche la Russia e che darebbero maggiori garanzie di obiettività e neutralità - siano state adeguatamente esplorate, nel tentativo anche qui di portare in primo piano gli interessi di parte della NATO.

Visto tutto questo ci sembra necessario, per togliere questi dubbi e dare un'altra possibilità alla pace, di chiedere a Kofi Annan e all'ONU di fare un ulteriore tentativo di mediazione che preveda:

  1. l'immediata cessazione dei bombardamenti NATO su tutta l'area;
  2. la firma da entrambe le parti - Yugoslavia e Governo Parallelo del Kosovo - di un nuovo cessate il fuoco che comporti l'uscita dal Kosovo dell'esercito jugoslavo fino ai livelli già previsti dall'accordo Holbrooke-Milosevic, con l'interruzione dei combattimenti da parte di entrambi i contendenti.
  3. il rientro nell'area dei verificatori OSCE, sensibilmente potenziati nel numero e nelle competenze, e integrati da elementi della società civile ben preparati alla mediazione e alla soluzione nonviolenta dei conflitti.
  4. l'organizzazione, prima possibile, da parte delle NU, preferibilmente nella loro sede di Ginevra che è sembrata più neutrale e libera da condizionamenti di quella di New York, di una Conferenza Internazionale di pace per tutti i Balcani, cui partecipino tutti i Governi dell'area balcanica e le organizzazioni non governative che in questi anni si sono occupate dei problemi di queste terre. E' indispensabile che la Conferenza consideri il problema del Kosovo all'interno del più vasto quadro balcanico. Infatti il conflitto si sta già estendendo alla Macedonia e all'Albania, e il Montenegro - malgrado la sua dissociazione dalla politica di Milosevic - è stato pesantemente bombardato.

Ci auguriamo che queste nostre proposte vengano accettate e che la forza della ragione e della pace prevalgano su quelle della guerra e della forza. Infatti, sappiamo che quando la parola passa alle armi non sono più possibili soluzioni di giustizia.

 

Lettera aperta di un curato di campagna al cardinale Sodano
di don Vitaliano Della Sala
parroco di San Giacomo Apostolo
Sant'Angelo a Scala (Avellino)

A S.E. Card. Angelo Sodano

Segretario di Stato di Sua Santità

Signor cardinale,

in questi giorni i mezzi di comunicazione hanno divulgato la notizia che il Vaticano ha perorato presso la camera dei lord d'Inghilterra la causa di Pinochet, invitando il Regno unito a non concedere l'estradizione in Spagna dell'ex dittatore cileno. Richiesta avanzata sulla base di motivazioni umanitarie e in considerazione della salvaguardia della stabilità politica e civile del Cile.

Gli appelli umanitari e ogni tentativo praticato per evitare fratture e spaccature nella vita civile sono sempre giusti in linea di principio. A volte, però, non sono altrettanto opportuni e finiscono per apparire come prese di posizione che fanno pericolosamente inclinare dalla parte sbagliata la bilancia della giustizia e della verità. Non si può dimenticare che in Cile, come troppo spesso in America Latina è accaduto, la democratizzazione del paese che ha fatto seguito agli anni bui della dittatura è avvenuta senza passare per l'accertamento inequivoco delle responsabilità e senza che fossero saldati i conti con la giustizia. Né ci sono garanzie che, se Pinochet facesse ritorno in Cile, lì verrebbe sottoposto a un giusto processo.

Va ancora aggiunto che né la Gran Bretagna, né la Spagna sono regimi antidemocratici che non offrono garanzie di imparzialità giuridica e trattamento umano dei processati.

Perché dunque spezzare una lancia a favore di un ex dittatore? Quando un gesto del genere non può che apparire di parte? Mi viene da pensare che Lei, nunzio apostolico in Cile mentre Pinochet sterminava senza alcun riguardo "umanitario" oppositori del regime e non solo, abbia quasi da ricambiare qualche cortesia al vecchio dittatore. Non ricordo che mi sia mai giunta all'orecchio alcuna Sua perorazione presso Pinochet, in quei frangenti vergognosamente noti della dittatura, in favore delle persone rinchiuse nello stadio di Santiago, dimenticate nelle camere di tortura o fatte sparire per sempre.

Il documento del papa per la giornata della pace di quest'anno inizia dicendo che non c'è pace vera senza il rispetto dei diritti umani. Di tutti gli uomini, reverendissima eminenza, non solo di quei potenti che si dichiarano "cattolicissimi" e hanno in dispregio la vita umana degli "altri".

E allora, o i documenti e i pronunciamenti dei vescovi e del papa sono chiacchiere, o la curia romana non è in sintonia con il pontefice, o l'interessamento vaticano per Pinochet è un errore diplomatico che richiede le Sue dimissioni.

Sono un parroco di un minuscolo paese di montagna e so che come ogni cristiano non conto nulla; però, ogni sera, la recita del Magnificat mi ricorda che Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili.

In comunione e con filiale franchezza.

 

Lettera al papa Giovanni Paolo II
dell'Associazione Madri di Plaza de Mayo

Sig. Giovanni Paolo II,

ci è costato vari giorni accettare la domanda di perdono che Lei Signor Giovanni Paolo II ha richiesto per il genocida Pinochet.

Ci rivolgiamo a Lei come ad un cittadino comune perché ci sembra aberrante che dalla sua poltrona di Papa nel vaticano, senza conoscere né aver sofferto in carne propria il pungolo elettrico (picana), le mutilazioni, lo stupro, si animi in nome di Gesù Cristo a chiedere clemenza per l'assassino.

Gesù è stato crocifisso e le sue carni lacerate dai giuda che come Lei oggi difendono gli assassini.

Signor Giovanni Paolo, nessuna madre de1 terzo mondo che ha dato alla luce un figlio che ha amato, coperto e curato con amore e che poi è stato mutilato dalla dittatura di Pinochet, di Videla, di Banzer e di Stroesner accetterà rassegnatamente la sua richiesta di clemenza.

Noi La incontrammo in tre opportunità, però Lei non ha impedito il massacro, non ha alzato la sua voce per le nostre migliaia di figli in quegli anni di orrore.

Adesso non ci rimangono dubbi da che parte Lei stia, però sappia che sebbene il suo potere sia immenso non arriva fino a Dio, fino a Gesù.

Molti dei nostri figli si ispirarono a Gesù Cristo, nel donarsi al popolo.

Noi, l'Associazione delle Madri di Plaza de Mayo supplichiamo, chiediamo a Dio in una immensa preghiera che si estenderà per il mondo, che non perdoni Lei Signor Giovanni Paolo II, che denigra la Chiesa del popolo che soffre, ed in nome dei milioni di esseri umani che muoiono e continuano a morire oggi nel mondo in mano ai genocidi che Lei difende e sostiene, diciamo: SIGNORE NON PERDONARE GIOVANNI PAOLO II !

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