[Il foglietto] Organo di collegamento del

Gruppo Missionario

Parrocchia S. Croce

Salerno

Settembre 1999

Guai a coloro che il Signore troverà ad occhi asciutti.

Gustavo Gutierrez

 

Settembre, è tempo di Missione…

Ebbene, cari fratelli e sorelle, stiamo per entrare nel vivo della Missione Popolare Cittadina.

Gruppi di agguerriti e zelanti "missionari" armati del Sacro Vangelo di Matteo stanno per invadere le strade del nostro quartiere e distoglierci da una sano e meritato riposo dopo le stressanti vacanze estive.

Ma cosa sono le missioni popolari? A cosa servono? Il cammino fin qui percorso dalla nostra Comunità, in preparazione alla missione, va nella direzione giusta? O ci troviamo solo ad un immane sforzo, con relativo spreco di tempo ed energie che forse sarebbe stato meglio utilizzare per altre iniziative, e che non porterà ad alcun risultato?

A proposito: ma qual’è il risultato che vogliamo raggiungere, l’obiettivo della "Missione Impossibile"?

E’ presto per dirlo, cari fratelli e sorelle. Chi vivrà vedrà!

Nel frattempo leggiamo l’intervento di uno che di missioni popolari se ne intende…

 

Le nuove Missioni Popolari
di don Antonio Fallico
dell’Istituto Missione Chiesa-Mondo

Al III Convegno Nazionale della Chiesa Italiana svoltosi a Palermo nel novembre del 1995, il Santo Padre ha dato un mandato ben chiaro, deciso e decisivo, alle varie Chiese che sono in Italia: porsi in stato di missione permanente, per realizzare, a tutti i livelli e ad ogni costo, la nuova evangelizzazione nell’area del nostro Paese, in vista del terzo millennio. Mandato che – come si è premurato di precisare lo stesso Santo Padre, ribadendo un concetto tante volte espresso – non può assolutamente prescindere dagli indirizzi del Concilio Ecumenico Vaticano II, come risposta fedele e puntuale ai segni dei tempi.

Occorre pertanto cogliere gli aspetti salienti di queste due precisazioni magisteriali strettamente legate fra loro: il mandato della missione permanente e il suo necessario ancoraggio al Concilio, per rispondere in maniera adeguata alle attese dell’uomo contemporaneo.

Missione permanente

La Chiesa, ha affermato il Papa a Palermo, "sta prendendo più chiara coscienza che il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell’esistente, ma della missione". E per arrivare a questo traguardo non ci si può limitare semplicemente alle celebrazioni rituali e devozionali, e all’ordinaria amministrazione delle pratiche più o meno burocratiche, ma bisogna passare coraggiosamente e urgentemente ad una nuova pastorale ecclesiale rispondente alle esigenze del mondo attuale. […]

Si tratta di porsi con forza ed audacia profetica di fronte ad una situazione ecclesiale italiana che rischia di sfuggirci di mano. Situazione che in maniera sempre più crescente è composta – per usare le stesse parole dell’episcopato italiano - "da scristianizzati, non credenti, non praticanti, indifferenti, atei": essi "costituiscono oggi in Italia una porzione rilevante". Tale situazione va studiata e analizzata attentamente anche a livello scientifico, per poi individuare e adottare strade, forze, metodi e mezzi decisamente innovativi. […]

Le tradizionali missioni popolari – se impostate e realizzate in versione riveduta e corretta – possono costituire senza dubbio una di queste vie più consone al passaggio da una pastorale introversa ad una pastorale estroversa, da una pastorale monolitica e cultuale ad una pastorale dinamica e socio-culturale.

Ancoraggio al Concilio

Nella lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente il Santo Padre afferma che "il modo migliore per prepararsi al terzo millennio non potrà che esprimersi nel rinnovato impegno ad applicare il più fedelmente possibile gli insegnamenti del Vaticano II alla vita di ogni individuo e della Chiesa intera".

Si tratta di una consegna ufficiale e insieme un parametro determinante, e pertanto di un vero e proprio imperativo teologico nei confronti dell’azione pastorale che ogni comunità ecclesiale dovrà adottare per il prossimo millennio. Il Papa giustamente parla di "modo migliore"; il che significa che nella progettazione e nella programmazione della pastorale del futuro non si può prescindere dalle piste di cammino ormai indicate dal Concilio. […]

Ne vogliamo ricordare alcune da tener presenti:

  1. Superare definitivamente e con coraggio una immagine di Chiesa-cristianità di stampo monolitico contrapposta al mondo, per scommettere tutto sulla realizzazione di una Chiesa progressivamente comunionale, ministeriale, e missionaria, sul modello della santa comunità trinitaria, interamente in servizio al mondo. Da una piccola parrocchia seduta e chiusa nel tempio dunque ad una parrocchia missionariamente e pastoralmente decentrata nel territorio.
  2. Orientare tutte le forze cristiane perché la Parola di Dio diventi conosciuta, celebrata e testimoniata a livello popolare come atto di Chiesa, attraverso svariate comunità ecclesiali "sebbene piccole povere e disperse", e di conseguenza come cibo personalmente quotidianamente gustato, ruminato e assimilato. Sono le piccole comunità che rendono più capillare la presenza della Chiesa e più appetibile e fruttuoso l’ascolto della parola di Dio, più efficace e concreto il servizio ai fratelli a partire dai più poveri.
  3. Puntare urgentemente sulla valorizzazione dei ministeri laicali – e non solo sull’unico ministero ordinato – e quindi sulla corresponsabilità dei laici nella conduzione della nuova pastorale ecclesiale: perché sia il laicato ad evangelizzare permanentemente il laicato.
  4. Operare gradualmente il passaggio progressivo da una comunità cristiana impegnata solo in campo sacramentale, ad una comunità cristiana fortemente impegnata anche in campo socio.-pastorale. […] Una pastorale che non è sociale non è autentica pastorale ecclesiale.
  5. Riconcepire e presentare tutto il processo della nuova evangelizzazione come processo strettamente e fortemente legato alla promozione integrale dell’uomo, del suo territorio e della sua storia. C’è da operare decisamente e definitivamente una coraggiosa inversione di marcia: la vera missione ha come obiettivo il territorio e non il tempio. Il tempio è per il territorio e non viceversa. […]
  6. Riproporre la missione come elemento congenito e funzione continua di tutta la comunità ecclesiale e non prerogativa o incarico solo di pochi privilegiati o dei più generosi. E’ infatti il popolo di Dio nel suo insieme il soggetto – non solamente l’oggetto – di ogni missione vera nella Chiesa. Superando una ormai vecchia impostazione pastorale, si dovrà fare tutto il possibile per passare quanto prima da una missione al popolo di Dio ad un popolo di Dio in missione.

[…] Le missioni popolari, se impostate bene, possono rinnovare totalmente la vita della comunità parrocchiale. Ma ad una condizione: a che abbiano come obiettivo – oltre alla temporanea carica kerigmatica e sacramentale – la realizzazione di una seria e costruttiva progettazione pastorale, finalizzata soprattutto alla catechesi permanente degli adulti e alla testimonianza concreta del Vangelo della Carità. […]

Le missioni popolari del terzo millennio, pertanto, non dovranno servire solo per procurare un po’ di ossigeno sacramentale o per dare una semplice spintarella cultuale ai parrocchiani già evangelizzati, ma dovranno riuscire a realizzare una vera e propria rivitalizzazione globale – spirituale e socio-pastorale – dell’intero organismo parrocchiale in vista di un progressivo impegno missionario di tutto il popolo di Dio presente nel territorio.

Missione popolare e progettazione pastorale dovranno camminare insieme, dandosi la mano. Questa, a mio avviso, la carta d’identità delle missioni popolari del terzo millennio.



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