[Il foglietto] Organo di collegamento del

Gruppo Missionario

Parrocchia S. Croce

Salerno

Settembre 2001

Guai a coloro che il Signore troverà ad occhi asciutti.

Gustavo Gutierrez

 

Globalizzazione e dintorni
Discorso sui massimi sistemi
di Vincenzo Agosti

Eccoci qui, un anno dopo, finalmente!

E’ stato un anno difficile (e non è ancora finito!), denso di avvenimenti e che lascerà segni profondi nel mio animo. Uno spartiacque della mia esistenza e del mio essere cristiano. Dopo mesi di lavoro con fratelli e compagni dalle provenienze più svariate sui temi della Globalizzazione, dopo il pestaggio di Napoli ad opera delle forze dell’«ordine», la violenza dei G8, e soprattutto dopo la morte di Carlo Giuliani, è doverosa una riflessione per cercare di sistematizzare questa esperienza e cercare di comprendere quale strada devo intraprendere per il futuro. Per fare ciò riprendo in parte i contenuti della lettera aperta che scrissi al Coordinamento Salernitano contro la Globalizzazione dopo la manifestazione di Napoli del 17 marzo scorso, terminata in una mattanza perpretata ai danni dei manifestanti da parte di polizia, carabinieri e guardia di finanza.

Le motivazioni che mi hanno spinto a condividere parte del cammino personale di crescita e di coscientizzazione con persone apparentemente lontane dalla mia esperienza di cattolico-borghese, dal mio modo di pensare ed agire, sono riconducibili ad una volontà di apprendere e comprendere sotto i maggiori punti di vista possibili i meccanismi del sistema economico-politico dominante a livello mondiale, al fine di smascherare e denunciare quelli che possiamo tranquillamente chiamare i suoi crimini e le sue violenze, palesare le ingiustizie intrinseche ad esso e ricercare delle alternative percorribili, anche nel breve periodo, per modificare lo status quo. Come cristiano sono convinto del fatto che questo sistema, così come è concepito, è un sistema di morte per la maggioranza dell’Umanità, un’offesa ed un attacco costante all’opera creatrice di Dio e quindi contrario al Suo progetto, che è un progetto di vita e di fratellanza, di amore per tutti. E’ stato bello scoprire che si può fare «comunità» anche al di fuori della parrocchia o del gruppo ristretto ed omogeneo, creare relazioni.

Ma qualcuno ha detto che le cose belle non sono fatte per durare. E così questa esperienza, in seguito all’incontro-scontro con la realtà di un Movimento a livello nazionale e mondiale molto vasto e variegato, ai tentativi di egemonizzazione da parte di alcune sue componenti molto organizzate con le loro belle ed immutabili parole d’ordine già pronte per l’uso, rischia di frantumarsi e di impedire che i semi di una nuova coscienza possano germogliare. Sarà per la mia cultura, per la situazione sociale che vivo, probabilmente per l’orizzonte temporale certamente non breve in cui, da educatore di una comunità parrocchiale, sono abituato ad agire, ma io vivo con disagio le accelerazioni che gli eventi hanno imposto al Movimento. In particolare rispetto agli obiettivi, alle alternative, al metodo ed all’organizzazione (un po’ tutto, non vi pare?).

Già, gli obiettivi: abbattere il sistema, fare la rivoluzione, cambiare le cose stando alle regole del gioco, riformare l’esistente, vincere le elezioni, ecc. Quali tra questi? Bella domanda! Le alternative, queste sconosciute: stato socialista, mercato «regolato», economia di relazioni, fine del lavoro, austerità, ecc. E cosa significano? E sui metodi: rincorrere tutti gli eventi organizzati dai potenti del pianeta e rompergli le scatole, cercare a tutti i costi visibilità mediatica, utilizzo della sola violenza difensiva, nonviolenza, violenza contro i simboli del sistema, obiezione nel quotidiano, controcultura e controinformazione, ecc. Ampia scelta, vero? Per non parlare delle forme organizzative: coordinamenti, forum, federazioni, reti, gruppi, organizzazioni assembleari o verticistiche, portavoci, rappresentanti, presidenti e segretari, ecc. Che fantasia! (del resto siamo italiani)

Prima di quello che sto per dirvi è necessaria una precisazione. La mia esperienza «politico-sociale» è contrassegnata dalla spasmodica ricerca dell’unità nella diversità. Quando ero educatore scout non sopportavo l’idea che associazioni con scopi simili dovessero lavorare a compartimenti stagni, ognuno per proprio conto, con il risultato di fare un lavoro meritorio ma nell’assoluto silenzio e di raggiungere risultati minori rispetto alle potenzialità. E via a ricercare collaborazioni. La stessa cosa in parrocchia: ritenevo e ritengo assurdo che ogni realtà lavori senza sapere quello che fa il vicino. Così nacque l’interesse ed il tentativo di rilancio del Consiglio Pastorale. Ho cercato di mutuare questa esperienza e questo mio impegno all’unità nel lavoro svolto prima con Mondovisioni (un insieme di sigle e persone che animarono la Festa dei Popoli tenutasi al Parco del Mercatello a fine ottobre del ’99, dove cittadini salernitani e comunità di immigrati si ritrovarono insieme per conoscersi e fare festa), poi con il Coordinamento contro la Globalizzazione. Tutto bene fino a quando gli attori sono persone poco ideologizzate o disponibili al vero confronto, capaci di rimettersi in discussione nel rapporto con gli altri. Le difficoltà sono sorte quando, giustamente e fortunatamente, il cerchio si è allargato anche a persone e realtà con un forte retroterra culturale ed ideologico, soprattutto di sinistra, e con un bagaglio di esperienze diverso dal mio, che è per lo più «sociale» che «politico» in senso stretto (pur contestando questa differenziazione la utilizzo per poter meglio essere compreso). Persone abituate a confrontarsi più con le parole e con «avversari» che con «persone». Persone, stranamente, già pronte ad affrontare la situazione, con le soluzioni in tasca, le «piattaforme» da condividere, nonostante le sfide e gli scenari sono del tutto nuovi (almeno per me). In tutto questo mi sento un pesce fuor d’acqua, incapace di dare il mio contributo ed unicamente un’unità in più al grande esercito degli antiglobalizzatori. Ma così non ci sto!

Come ebbe modo di ricordarmi l’amico e compagno Mauro l’unità non è più un dogma. Troppo diversi gli obiettivi (quello di combattere la Globalizzazione vuol dir tutto e non vuol dir niente), i metodi (non sono ancora riuscito a comprendere la reale alternativa proposta e che ruolo ha la violenza nella lotta) e l’organizzazione (non ho mai sopportato i leader o presunti tali, soprattutto se non «eletti» e riconosciuti). Ma il problema principale sapete qual’è? E che io non ho un obiettivo preciso, un metodo, un’alternativa e non saprei quale sarebbe l’organizzazione migliore: so solo che così non mi va. Da tempo ho messo in crisi tutti i miei convincimenti, in campo personale, religioso, e politico-economico ed è solo con una forte identità che si può partecipare agli eventi di questo tempo. Un’identità che occorre ricostruire nel quotidiano, nel piccolo gruppo, nella mia Comunità di riferimento che, nella mia fuga in avanti, ho spesso dimenticato e che delle lotte, dell’impegno, della rabbia e delle frustrazioni che ho provato in quest’anno non sa assolutamente niente. Non sto dicendo che mi chiuderò in convento e, solo una volta santo, andrò al mondo come un novello messia con la risposta pronta per ogni problema. Sto soltanto dicendo che questo cammino lo voglio fare soprattutto con quelli che mi sono vicini, non solo in senso fisico. Con coloro con cui dovrei avere «affinità elettive» dovute al fatto che professiamo la stessa fede in Gesù Cristo.

Poiché sono un tipo sensibile (?), non mi hanno lasciato indifferenti le parole di quell’anziano signore che ebbe da ridire in modo molto «energico» sul fatto che il Gruppo Missionario avesse appeso lo striscione che invitava a partecipare alle manifestazioni di Genova contro i G8. «Questa è anche casa mia», ripeteva ossessivamente. E’ vero, la parrocchia è anche casa sua, e come Gruppo Missionario avevamo, ed abbiamo, il compito di «evangelizzare» la Comunità portandola per mano a confrontarsi con tematiche e problemi apparentemente lontani dal nostro quotidiano, cercando insieme strade ed alternative di prassi che qualifichino il nostro essere cristiani.

Siamo alla fine dell’articolo e, a questo punto, concedetemi uno sfogo. Uno dei motivi che mi hanno spinto a cercare più spesso all’esterno che all’interno della parrocchia stimoli e relazioni è che qui, forse anche per colpa mia, si muore di noia. La nostra vita parrocchiale è di uno squallore tremendo… noi siamo di uno squallore tremendo! Adesso è morto anche un ragazzo, forse nel modo sbagliato, ma è pur sempre morto. Io non ci dormo ancora la notte e vi auguro di fare lo stesso.

Che questi avvenimenti spingano le sonnolenti genti della nostra comunità a chiedersi se, oltre che per sfasciare vetrine e picchiare poliziotti e carabinieri, esistano altri argomenti per impegnarsi, lottare e liberamente manifestare contro l’omologazione culturale e sociale, il denaro fatto idolo, l’essere umano fatto merce, la violenza posta alla base della convivenza, e cioè, con una e semplice parola, contro la Globalizzazione.

P.S.: Lo spazio è finito. Al prossimo numero un po’ di proposte. A presto!


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