[Il foglietto] Organo di collegamento del

Gruppo Missionario

Parrocchia S. Croce

Salerno

Ottobre 2002

Guai a coloro che il Signore troverà ad occhi asciutti.

Gustavo Gutierrez

 L’ENPÀSS
di Vincenzo Agosti

Ebbene sì: l’estate è agli sgoccioli – almeno a giudicare dal clima che si respira a Salerno – e con lei stanno finendo anche le mie ferie. E’ giunto il momento di darsi una sistemata prima di tornare nelle patrie galere…. pardon… in ufficio a lavorare. Una telefonata al mio barbiere per assicurarsi un servizio celere e puntuale e via a tagliarsi i capelli.

Si sa che dai barbieri è possibile sfogliare tutti i numeri che ti sei perso di “Oggi”, “Chi”, “Donna Moderna”, “Men’s Health”, ecc., o più semplicemente “Novella 2000” e immondizia simile (probabilmente le case editrici stipulano ogni anno una convenzione con l’associazione dei barbieri e parrucchieri per piazzare riviste che a nessuno verrebbe in mente di comprare regolarmente in edicola), così da tenere aggiornato il conto dei miracoli di padre Pio, anzi San padre Pio da Pietralcina; scoprire gli ultimi amori di veline, letterine, sillabine e simili; di leggere i consigli per una vita migliore di Susanna Agnelli… a proposito: li avete mai letti? Lettere chilometriche che descrivono drammi e sofferenze di persone che affidano il loro cuore a quell’anziana nonna dai capelli bianchissimi e dal sorriso rassicurante, e Susanna che risponde con frasi lapidarie del tipo: “parlate di più, le cose si aggiusteranno” oppure “un po’ di educazione non guasta” e ancora ”continui così”… ma dateli in beneficenza i soldi che pagate all’Agnelli!!!

Comunque, torniamo a noi. Il mio barbiere, o meglio, parrucchiere unisex, è sicuramente di livello superiore alla media perché nell’attesa del mio turno posso dilettarmi a leggere niente di meno che “Capital”, periodico di tendenza dei gusti dei piccoli padroncini italiani che sognano di ripercorrere le gesta di personaggi come Berlusconi, Tronchetti Provera & C.

E così, mentre leggevo con interesse un’intervista alla letterina (anche qui??) fidanzata con Pier Silvio, un consiglio su come investire i capitali che con tante difficoltà – oggi, fortunatamente, diminuite - si riesce a “distrarre” dalla dichiarazione dei redditi (hedge fund o mattone?), la mia mente è volata su di una esperienza che Salerno vive in questi giorni: il presidio permanente a Palazzo di Città delle famiglie occupanti lo stabile “ex ENPAS”. Sarà stata la dicotomia tra il culo rilucente e le tette rifatte (che si parli di affari, di politica estera o delle ricette della nonna quelle non mancano mai) delle ex dipendenti della Enron che hanno posato per Playboy per arrotondare la liquidazione, e i volti, i corpi, i gesti delle “donne dell’ENPAS”, ragazze diventate donne troppo in fretta, che portano i segni del tempo e della fatica, fisica e morale, di una vita fatta di precarietà di mezzi e di relazioni.

Fin dall’inizio di questa storia, circa un anno e mezzo fa, ho avuto difficoltà a parlarne e a farmi ascoltare dalla mia famiglia e dai miei amici, anche con quelli con cui condivido idee ed opinioni politiche e comuni esperienze: Mauro e Dino - il primo mio amico da tempo, il secondo lo è diventato – decidono di trascorrere il loro anno di servizio civile alternativo a quello militare abitando in un appartamento dell’”ex ENPAS”, un mostro di cemento e mattoni che domina il mio quartiere dall’alto di una collina, un lager con vista sul mare, abitato da oltre vent’anni da alieni provenienti dal pianeta Emarginazione del sistema solare Disagio, che ha come satelliti le lune Sfruttamento, Delinquenza, Violenza ed Ingiustizia Sociale.

In trent’anni passati nel mio quartiere i contatti con questa razza sono stati sporadici: solo qualche avvistamento e storie di violenze ed abusi perpetrate nei confronti degli onesti cittadini di Torrione. Scippi, spaccio di stupefacenti, furti: erano queste le attività a cui erano dediti gli alieni, almeno a giudicare da quello sentivo dire in giro. Poi la decisione di Mauro e Dino di cominciare questo “viaggio”. E poi l’invito a frequentare la loro casa, e l’inevitabile contatto con gli alieni, soprattutto con i loro “replicanti genetici”, che anche loro - ho scoperto in seguito - chiamano “figli”.

Già, i bambini. Sono quasi sempre loro la chiave d’accesso, il ponte per la relazione tra gli adulti. Sarà per la spontaneità, per la tenerezza, per l’istinto genitoriale che risvegliano in noi. Per qualche mese, il venerdì pomeriggio l’ho trascorso in compagnia di due di loro, Christian e Marcella, a ripassare l’inglese e la geometria in quelle due stanze che noi chiamavamo “scuola”. Ricordo ancora l’umidità che penetrava nelle ossa e nel cervello tanto che in inverno ero costretto a fare lezione con la sciarpa e i guanti. E poi il contatto con i “riproduttori”, i loro genitori, le loro storie, le loro disperazioni, i loro inganni, le loro gioie… la loro vita, insomma. Di tutto questo oggi non rimane nient’altro che un cumulo di macerie, ed una lotta solitaria e quasi impossibile di 18 famiglie, che ho scoperto alla fine essere composte da esseri appartenenti alla mia stessa genia umana.

A mio parere ci sono due riflessioni importanti da fare per tentare di rispondere agli “scettici”, a coloro che non condividono questa battaglia, anzi la condannano in nome di un legalismo a mio giudizio molto farisaico e pilatesco, al di là degli aspetti più specificatamente umani della vicenda: una strettamente politico-amministrativa, ed un’altra politico-sociale.

Per quanto riguarda l’aspetto politico-amministrativo, abbiamo una giunta comunale di centro-sinistra, comprensiva di Rifondazione Comunista, che si è sempre disinteressata della vicenda “ex ENPAS”, così come tutte le giunte precedenti, a partire dagli anni ’80 ad oggi. Una giunta che dimentica che molte delle famiglie occupanti - non tutte a dire il vero – ce le hanno, per così dire, “spinte” le precedenti amministrazioni, soprattutto quelle dell’immediato dopo-terremoto, per evitare lo scoppiare del problema alloggiativo. Tant’è vero che tutte le famiglie occupanti lo stabile hanno la residenza presso lo stesso e l’allaccio della corrente elettrica. Una sorta di “sanatoria”, tanto per non fare casino. Io ti lascio stare ma tu non venirmi a rompere le scatole che vuoi la casa e i servizi a cui tutti i cittadini “normali” hanno diritto. Il problema e che quello stabile è stato messo all’asta, ed ha trovato anche un acquirente che per quattro soldi - 6 miliardi delle vecchie lire - se lo è aggiudicato. Non può ora il Comune lavarsene le mani, dicendo che è una faccenda che riguarda le famiglie e la ditta acquirente. Lasciando, poi, agire indisturbati i “lanzichenecchi” al soldo della proprietà che continuano a demolire l’edificio con tutta la gente ancora dentro. Ah, dimenticavo un piccolo particolare: la ditta che ha acquistato il palazzo è la COSMO s.r.l., società di Verona nota ai salernitani per la vicenda Sea Park – Ideal Standard. Una ditta che, a detta di voci di corridoio sempre più insistenti, sembra avere, per così dire, “affinità elettive” con il nostro ex (?) sindaco ed ora onorevole Vincenzo De Luca. Se questo vi sembra poco…

Passiamo all’aspetto politico-sociale: il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto, lo dice anche Francesco Guccini, è un dio che è morto. Ne ho sentite molte in questi giorni: “la gente con un minimo di dignità non fa quello che stanno facendo quelli dell’”ex ENPAS””, “ma che vogliono che una casa se la possono permettere altrimenti avrebbero diritto alle case popolari”, “ma in mezzo a loro c’è gente poco perbene”, e via discorrendo. Beh, che gli occupanti dell’”ex ENPAS” non siano tutti stinchi di santo, lo so anch’io. E allora? Anche Salerno è abitata dai camorristi ma di certo non viene definita dagli italiani la città della camorra e l’amministrazione comunale abbandona la città e i suoi abitanti a sé stessi (o forse sì?). L’”ex ENPAS” è stata – e per certi versi lo è ancora – una comunità, un quartiere della città, tutto concentrato in un palazzo, per di più abbandonato ed emarginato fin dall’inizio. E come in ogni comunità ci sono i “buoni” ed i “cattivi”, quelli che soffrono e quelli che ci marciano. Del resto, come disse un tizio che ora non c’è più ma che un giorno ritornerà – almeno lo spero -, il grano cresce assieme alla zizzania, e noi non ci possiamo fare niente. E’ una cosa questa che accompagnerà l’umanità per sempre, ma che non ci deve impedire di continuare a coltivare il grano. E poi basta con il legalismo. Sì, dico legalismo e non legalità. Quello sbandierato dalla sinistra tutta al governo della nostra città che non ha fatto altro che voltare lo sguardo nei giorni dell’occupazione, facendo finta di non vedere; quello a cui si appellano i miei amici di sinistra e non, è sterile e puerile legalismo. Perché, come ebbero anche a scrivere in un loro documento ufficiale i vescovi italiani, non può esistere legalità senza giustizia. Richiamarsi alla legalità in situazioni di palese ingiustizia è un atteggiamento farisaico che deve essere condannato e combattuto. Per finire la dignità, ovvero la sua mancanza nelle azioni delle 18 famiglie che protestano: a mio giudizio quello si tratta solo di coraggio. Dettato dalla disperazione, certo, ma di coraggio si deve parlare. Coraggio di non stare in silenzio mentre venivano infranti i più minimi ed elementari diritti di essere umano: la sicurezza personale e il diritto ad un tetto, entrambi sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Ma come sempre “’o sazi ‘n crer ‘o dijun’” (spero si scriva così!). Saranno i trascorsi occupanti della mia famiglia (mio nonno, al ritorno in città dopo i bombardamenti alleati ed i rastrellamenti tedeschi del 1943, non ci pensò due volte e sfondò la porta di una casa disabitata in via Pio XI: aveva una moglie e cinque figli, di cui uno poco più che neonato, a cui dare un tetto, e non era un delinquente ma un onesto ferroviere), sarà per le mie vicende personali legate all’abitazione, ma io non riesco a non dare la mia solidarietà a questa gente.

Non so come andrà a finire questa storia. Mentre finisco di scrivere queste righe si è avviata una trattativa tra occupanti, amministrazione comunale e proprietà mediata da, nientepocodimenoche l’onorevole Vincenzo De Luca.

Chi vivrà vedrà… spero presto.

Vi salutano dal lager “ex ENPAS” le 18 famiglie superstiti, in ordine di apparizione:

 



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