Capitolo 2

Considerazioni sul concetto di significato.


Un segno ci appare come qualcosa che ci riporta ad un significato, ma, come abbiamo visto, quest'ultimo non è una proprietà del segno, qualcosa di cui il segno è un'etichetta. Piuttosto il significato è nella relazione che, chi percepisce, ha con il segno; quel segno fa in modo che, in chi percepisce, avvengano dei fenomeni fisici, emotivi e mentali per cui percepisce dei rapporti tra gli oggetti in un certo modo piuttosto che in un altro, attualizza, richiama alla coscienza le proprie relazioni con degli oggetti. Ciò che più ci interessa qui è la constatazione che sarebbe sbagliato voler cercare nel segno un significato, dipende da chi percepisce l'effetto di quel segno.

D'altra parte parliamo di segni con il sottinteso che si tratta di segni prodotti dall'uomo proprio per comunicare dei significati, ma lo stesso discorso si può fare per ogni oggetto percepito. Lo stesso percepire un oggetto come tale indica che già in gran parte si è dato ad esso un significato, si è visto come qualcosa di unitario, contrapposto a ciò che lo circonda, si sono già escluse delle possibilità. Sembrerebbe auspicabile considerare la stessa fase finale della percezione (la categorizzazione) posteriore all'attribuzione di senso, almeno di alcune componenti del significato, come vedremo in seguito.

Già Merleau-Ponty affermava:

"Conoscere significa dunque sempre cogliere un dato in una certa funzione, sotto un determinato rapporto, «in quanto» esso mi significa o mi presenta questa o quella struttura. Gli psicologi parlano spesso come se la questione fosse soltanto quella di stabilire donde venga questo significato del percepito, e essi considerano questo significato come una massa di dati addizionali, spiegandolo come una proiezione di immagini sui dati bruti dei sensi, ma non vedono che lo stesso problema si propone per le immagini che hanno introdotte. [...] Il solo modo, per una cosa, di agire su di una mente, è di offrirle un senso, di manifestarlesi, di costituirsi davanti ad essa nelle proprie articolazioni intelligibili." (Merleau-Ponty, 1942, pagg. 318-320).

Molti studi ci dimostrano chiaramente come la realtà sia costruita2. Il modo in cui ci rappresentiamo la realtà è dato dalle predisposizioni genetiche della nostra specie (e magari anche di molte altre), combinata con la nostra cultura (gli studi sulla percezione dei colori in altre culture esemplificano bene questo concetto3) e la nostra personale esperienza. Quello che ci appare qualcosa che porta un significato si rivela, ad un'analisi più approfondita, come frutto esso stesso di un proprio modello del mondo, delle proprie conoscenze, in definitiva di altri significati. Sembrerebbe economico non cercare di ridurre il significato ad altri elementi, ma prenderlo come elemento primario della realtà mentale, allo stesso modo in cui in chimica si considerano elementi fondamentali gli atomi, o nella geometria euclidea il punto. Questo è ciò che si è fatto, in fondo, nel campo dell'Intelligenza Artificiale.

Il pensiero come manipolazione di simboli

Componenti del significato

Proposta operativa

L'applicazione di questo modello alla progettazione di un organismo artificiale

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n.2 Si veda in proposito Belardinelli (1976).
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n.3 E' interessante, in proposito tutto il dibattito che prende le mosse dal lavoro di Brown & Lenneberg (1954) che sembrava dimostrare la dipendenza della percezione dei colori dalla lingua (cioè dal modo in cui erano linguisticamente classificati i colori in quella particolare cultura). In seguito Berlin & Kay (1969) hanno mostrato l'esistenza di universali percettivi pan-umani. Individuarono, infatti, undici categorie percettive, tonalità più facilmente identificabili al di là della classificazione sulle quali si innestano i termini che nelle varie lingue indicano i colori. Il modo in cui viene indicato un colore in una certa lingua infatti influenza molto il modo in cui vengono classificate le gradazioni intermedie, ma i membri centrali delle categorie dipendono principalmente dal modo in cui è fisiologicamente strutturato l'apparato percettivo come chiarito da Kay & McDaniel (1978).
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