Ancora una volta assistiamo impotenti all'arrogamza del Potere che, a quindici giorni dalla consultazione referendaria, tenta di vanificare il ricorso alle urne anche per quei pochi referendum che la Corte Costituzionale ha lasciato sopravvivere, onde salvare un'apparenza di democrazia, dopo aver annullato tutti quelli più significativi.
Ultimo esempio, la preparazione di un decreto nel quale si abolirebbe il ministero delle "Risorse Agricole" (oggetto di un referendum abrogativo appunto) per istituire il ministero delle "Politiche Agricole", con le medesime competenze.
Ora, se è vero che da Costantino in poi, gli Italiani hanno sempre subito soprusi e angherie da parte di barbari, prelati e despoti vari senza quasi mai reagire, convinti magari di poter sopperire con la furbizia individuale alla pavidità collettiva, non vediamo perché dovrebbero continuare ad assistere imbelli a simili "prese per i fondelli". Tanto più che questa pratica è diventata ormai una sistematica azione di Governo.
Altri esempi? L'accoppiata Visco & Prodi, nel presentare il piano di Programmazione Finanziaria col quale impongono altri 10.000 miliardi di tasse inutili, con l'aumento di benzina, bolli e IVA, si permettono di irridere alla gente affermando che il carico fiscale non aumenta e che sta per diminuire...
Ci chiediamo: oltre a onorarli di un sonoro disprezzo, è possibile immaginare qualche azione che possa effettivamente togliere di mezzo questa gente una volta per tutte, e ridare un briciolo di dignità, interna e internazionale, al Paese?
Lasciamo stare rivoluzioni popolari e colpi di Stato, visto che non fanno parte della storia patria, nonché gli assalti ai campanili, e lasciamo pure stare la volontà riformatrice degli ipocriti che parlano di riforme all'unico scopo di lasciare le cose come stanno e come sono sempre state nell'interesse delle loro parrucche.
Ci sono state nel recente passato due "forze" che hanno effettivamente minato (o contribuito a minare) alla base il vecchio sistema di potere noto come Prima Repubblica: parliamo del Movimento Referendario e della Lega.
Con l'uso dei referendum, spesso intelligentemente posti anche se non sempre comprensibili per il grande pubblico, si era dimostrato possibile tagliare l'erba sotto i piedi all'establishment, obbligandolo in qualche modo ad introdurre anche riforme non gradite. In virtù della novità di questo strumento politico, e della propria inettitudine a reagire con prontezza alle istanze della società, la classe politica al potere, l'establishment appunto, fu colto impreparato e dovette subire i colpi referendari.
Analogamente per quanto riguarda la Lega. Sia per la suddetta inettitudine che per l'esaurimento della propria funzione storica e l'incapacità di rinnovarsi, il Potere assistette inebetito allo sviluppo della Lega ed al suo crescente consenso elettorale, indeciso se confinarlo nell'ambito di un folclore facilmente controllabile o di un nuovo soggetto incomodo con cui doversi fatalmente confrontare.
La concomitanza di queste due realtà e della creazione di Forza Italia condusse nel 1994 al rovesciamento sic et simpliciter di tutti gli equilibri politici della Prima Repubblica, aprendo la strada alla possibilità di riformare lo Stato in tutte le sue strutture più obsolete e anacronistiche.
Ed in effetti, nei soli quattro mesi di effettivo governo unitario del Polo, fu data vita alla legge Tremonti, alla riforma elettorale regionale, al disegno di legge sulla riforma delle pensioni, al disegno di legge sul riordino della Magistratura, alla bozza di riforma del sistema fiscale. Curiosamente, non ci fu invece nessuna proposta seria di decentramento amministrativo o autonomia locale da parte della Lega, non ostante la presenza di suoi esponenti nei Ministeri chiave.
Non ci dilunghiamo sugli errori strategici commessi:
- non aver occupato subito tutte le posizioni chiave dell'amministrazione dello Stato, per tagliare le gambe alla
reazione ironicamente definita "progressista", come insegna il principe di Machiavelli e, col senno di poi,
il governo di Prodi;
- aver ceduto alle pressioni della piazza organizzata e del Capo dello Stato, eliminando dalla Finanziaria la parte relativa alle
pensioni;
- aver ceduto alla paura dell'impopolarità, invece di colpire con immediati procedimenti disciplinari il
pronunciamiento di Di Pietro & Co. contro il decreto Biondi;
- non aver immediatamente rassegnato le dimissioni quando Bossi prese i 30 denari per il ribaltone;
- per continuare, e finire, con la fiducia e le astensioni varie a favore dei Governi Dini, ecc.
Né ci dilunghiamo su quello che ne è scaturito, visto che fà ancora parte, ahimé, della cronaca quotidiana.
Non ci dilunghiamo nemmeno sul masochismo di varie componenti del movimento referendario che, vuoi per contorte presunte strategie, vuoi per gelosie e ambizioni personali, sono addirittura passate di campo, regalando alle amministrative del '94 ben due regioni (Lazio e Abruzzo) ai reazionari progressisti, così come buona parte dei Sindaci, grazie alla Lega.
Chiediamoci invece cosa ne è stato del Movimento Referendario e della Lega, a seguito di quelle vicende.
Uscendo dall'ambito naturale di riferimento del Polo, Pannella e Segni si sono condannati all'isolamento personale e alla distruzione della genuina tensione morale che i loro movimenti erano riusciti a creare nel Paese. Troppo piccoli per interessare ai nuovi padroni, e difficili da essere strumentalizzati, la loro sorte è stata segnata: dovevano sparire dalla circolazione, diventare, come ha giustamente detto un esponente del PDS in questi giorni, dei "fantasmi viventi", in maniera da non poter più agire direttamente sulla gente.
E così Segni e Pannella non siedono più nemmeno in Parlamento, le consegne governative impongono ai mass media di ignorarli, le tribune elettorali saranno registrate onde censurare atteggiammenti scomodi di Pannella, e le Istituzioni dello Stato, occupate dei reazionari progressisti, si preoccupano del resto, giudicando inammissibili eventuali referendum scomodi, alla faccia dei cittadini che li hanno democraticamente richiesti secondo le norme della Costituzione.
Nel caso della Lega il discorso è più complesso, sia per le dimensioni che per la personalità del suo leader. Consumato il tradimento, la Lega si è lasciata trascinare da Bossi per andare in letargo in un angolo remoto della scena, costretta ad inventarsi (a parole) obiettivi sempre più parossistici per uscire dall'angolo e non fare la fine dei referendari.
In realtà, pensare che il leader della Lega abbia realmente come obiettivo concreto la riforma dell'ordinamento statale è pura ingenuità, come dimostra la totale assenza di iniziative nei mesi di Governo nel 1994. L'uomo si trova a suo agio come arruffapopolo, essendo anche dotato di un certo fiuto, e trova la massima realizzazione nel sentirsi acclamato da un manipolo di aficionados come grande stratega, mostrando poi l'inconsistenza sua e dei suoi programmi al momento di tradurli in pratica: necessita così di nuove sparate che lo tengano sulla cresta dell'onda, e mascherino quest'inconsistenza.
Di che stoffa è fatto il personaggio, lo rivela lui stesso nel libro autobiografico Vento del Nord, dove racconta come abbia iniziato la sua "carriera" come attivista nel movimento per l'indipendenza della Val d'Aosta...
Quello che raccapriccia è vedere come un siffatto personaggio si sia preso gioco di tutti coloro che hanno votato in questi anni per la Lega, convinti di aver raggiunto una forza sufficiente a cambiare davvvero qualcosa e che invece si ritrovano non solo con un pugno di mosche ma anche strumentalizzati dal Potere contro il quale credevano di combattere.
Non ci vuole molto infatti ad accorgersi di come il Governo e i suoi mass-media si adoperino per dare il massimo risalto alle flatulenze del Senatùr, attaccandolo contemporaneamente a parole, onde alimentare la fiamma leghista, in particolare in prossimità di elezioni: mantenere la fiamma leghista significa mettere in congelatore una massa di voti che per estrazione naturale andrebbero essenzialmente al Polo.
Passato il momento del bisogno, torna poi utile additare la Lega come nemico dei "sacri valori della Patria" e giustificare magari misure autoritarie.
Sintomatico come Bossi, fiutando la trappola, si sia dissociato dall'azione dei "campanari" di Venezia, avvenuta in pratica col consenso dei carabinieri, quando già i media tiravano in ballo un accostamento leghista, almeno ideologico.
Torniamo quindi, per concludere, alla domanda di partenza: é ipotizzabile una qualche azione che consenta di liberarsi della dannosa presenza dei vari Prodi, Cofferati, Bertinotti & Co., senza attendere che la loro fine sia decretata dai disastri che stanno procurando a tutto il Paese?
Noi riteniamo che una via potrebbe essere quella del recupero in seno al Polo del movimento referendario, nella misura in cui i suoi leaders abbiano il coraggio di guardarsi criticamente alle spalle, valutando gli argomenti cui abbiamo qui accennato, e che gli elettori moderati della Lega si rendano conto di quanto sia (stato) inutile e improduttivo affidarsi a chi è in grado di seminare unicamente parole al vento.
E "nella misura in cui" i leaders del Polo vorranno porsi di fronte a queste due realtà con meno intransigenza, almeno con i referendari.