VIETCONG DI CASA NOSTRA

di Tito Livio

Negli anni 1959-61, il Vietnam del Sud, filo-occidentale, stava vivendo una stagione di crescente crisi politica. Formalmente democratico, il Paese era governato da un Presidente della Repubblica cattolico, Ngo Dinh Diem, che interpretava la democrazia essenzialmente in termini di potere personale. Come sempre in questi casi, il Potere aveva favorito la nascita di una corruzione diffusa, che consentiva al Presidente di tenersi al riparo dalle spinte dei suoi oppositori. A questo si aggiungevano le rivolte dei buddhisti sudvietnamiti e di altri gruppi religiosi, che non accettavano il governo cattolico di Diem.

Della debolezza del sistema pensó bene di approfittare il regime comunista del Vietnam del Nord, nel tentativo di eliminare, annettendolo, quell'avamposto filo-occidentale che, assieme alla Corea del Sud, rappresentava un ostacolo all'espansionismo comunista nel sud-Est asiatico.

Inizió cosí l'organizzazione di bande di guerriglieri (i "Vietcong") che, partendo dalle foreste settentrionali ed occidentali prossime al confine col Vietnam del Nord, avrebbero dovuto man mano conquistare il resto del Paese.

I guerriglieri erano dapprima supportati logisticamente e per i rifornimenti dalle truppe "regolari" del Nord, finché queste ultime, visto l'andamento favorevole degli eventi, uscirono allo scoperto senza doversi piú nascondere dietro la facciata dei guerriglieri vietcong.

Ben presto, sotto la spinta della potente macchina da guerra nordvietnamita, l'esercito sudvietnamita non fu piú in grado di resistere all'avanzata degli invasori, ed il Presidente Ngo Dinh Diem chiese ed ottenne l'aiuto militare americano. Inizió cosí quel tragico coinvolgimento americano nelle paludi vietnamite che finirá, come sappiamo, con l'ignominiosa fuga dei soldati americani e dei componenti la classe politica sudvietnamita di fronte alle truppe nordvietnamite che entravano in Saigon (era l'anno 1975).

Conquistata la capitale, il Vietnam del Sud fu cancellato, per diventare una semplice provincia di quello del Nord, i nomi stessi delle cittá vennero cambiati, i vecchi funzionari dello Stato furono mandati ad arricchire le liste del "Libro Nero del Comunismo", centinaia di migliaia di cittadini, ritenuti non allineati con la nuova ideologia al potere, furono buttati in mare come boat people.

Mentre tutto questo accadeva, nel mondo occidentale si sviluppava in parallelo l'ostilitá all'intervento americano in Vietnam. La contestazione si sviluppó dapprima negli Stati Uniti, dove l'opinione pubblica, in particolare le giovani generazioni, non trovava sufficienti motivazioni per "andare a morire in Vietnam" a difendere un avamposto insignificante dall'avanzata comunista.

Nel resto del mondo, gli attivisti comunisti presero la palla al balzo di questa contestazione, per esercitare un'azione propagandistica sull'opinione pubblica occidentale, per orientarla in senso antiamericano: fu introdotto cosí il concetto di "americani aggressori del popolo vietnamita", e la guerra di conquista fu trasformata in "lotta del popolo vietnamita contro l'aggressore americano". L'opera propagandistica dell'attivismo comunista non era solo diretta ad un appoggio politico al Nord Vietnam invasore, ma mirava ad utilizzare l'antiamericanismo del momento per far accettare benevolmente all'opinione pubblica occidentale, l'opera di conquista armata del potere nei paesi del terzo Mondo da parte di movimenti filo-comunisti, armati da Mosca e L'Avana, e presentati come "movimenti di liberazione".

L'Italia fu naturalmente in prima fila in quest'opera di ipocrita disinformazione, grazie alla presenza del piú importante partito comunista d'occidente. E in prima fila c'erano anche quei personaggi che oggi ritroviamo ai vertici del Potere in Italia, e che allora, per sostenere le proprie argomentazioni, andavano a lanciare bottiglie Molotov contro l'ambasciata americana di Roma. Forse erano in giovanile buona fede, imbottiti di sani principi ideologici nelle sedi del loro partito, o forse erano in malafede, rendendosi conto della realtá ma sottomettendola a quei sani principi, chissá!

Passarono gli anni e si arrivó al 1992. L'Italia stava vivendo una stagione di profonda trasformazione politica.

Caduto il Muro di Berlino, era venuto meno il ruolo di baluardo esercitato sino allora dalla Democrazia Cristiana, e stavano venendo a nudo le tante magagne tollerate sino allora, in particolare la corruzione, la crescente inefficienza e, in definitiva, il logoramento dovuto a 50 anni di potere senza ricambio.Veniva meno anche la ragion d'essere del Partito Comunista, che non poteva piú sostenere, apertamente, un'ideologia ed un sistema sociale miseramente falliti, ma che non poteva fare una svolta socialdemocratica, avendo la strada sbarrata, in Italia e in Europa, dal Partito Socialista craxiano. Quest'ultimo poi, aveva perso il vigore iniziale, restando impantanato nella gestione del potere e nelle relative clientele.

Della debolezza del sistema DC/PSI pensó bene di approfittare il Partito Comunista, conscio della forza che gli derivava dall'aver occupato con propri avamposti diversi centri nevralgici del Paese, tra i quali la Magistratura e l'Editoria. Occupazione avvenuta con il benestare dei partiti di governo, che compensavano cosí il PCI per il suo ruolo di finta opposizione negli anni del consociativismo.

Inizió cosí da parte di quegli avamposti l'opera di distruzione degli avversari politici che, partendo dalla Magistratura con l'appoggio degli editori dei giornali, avrebbe portato alla conquista del potere. Ben presto, sotto la spinta delle potenti organizzazioni filo-comuniste, l'apparato politico tradizionale non fu piú in grado di resistere e si dissolse, mentre il popolo italiano, che aveva rifiutato il comunismo anche nel periodo del suo (apparente) massimo splendore, chiese aiuto a Berlusconi.

Inizió cosí quel tragico coinvolgimento del Cavaliere nelle paludi del politichese, terminato (provvisoriamente) con la conquista, o per meglio dire, con l'occupazione pressoché totale del potere, da parte del folto gruppo dei filo-comunisti, ex o post o neo che dir si voglia, e l'instaurazione di un regime di fatto extraparlamentare.

L'odio per l'intruso Berlusconi, intervenuto nel 1994 a sbarrare la strada al PCI, fu apertamente dichiarato da D'Alema, il quale non sarebbe stato soddisfatto sin quando Berlusconi non fosse stato "ridotto in miseria a chiedere l'elemosina per la strada".

In quel periodo la Fininvest subì la bellezza di circa 110 perquisizioni in un solo anno, con sequestri di carte e documenti e grave danno per l'attivitá stessa della Societá. Poi, come in tutte le guerre, le truppe d'assalto cercarono di tagliare i rifornimenti essenziali provenienti dalla pubblicitá, pretendendo di commissariare Publitalia ed iniziando la persecuzione contro il suo numero uno, Marcello Dell'Utri, e cercarono anche di far fallire il collocamento in Borsa di Mediaset con altre azioni di guerriglia finanziaria.

Parallelamente, il Cavaliere fu presentato anche come "mafioso", responsabile di attentati e riciclatore di denaro sporco. Il tutto grazie al miracoloso e puntuale apparire in scena di pentite e pentiti di tutti, ma proprio tutti, i tipi.

Ben presto le pentite e i pentiti rivelarono le loro contraddizioni, ma tutto ció non poteva fermare la macchina da guerra: così come facevano i Vietcong col "sentiero di Ho Chi Min", anche in Italia, chiuso un sentiero di guerra, se ne trovava subito un altro, avendo comunque sempre a portata di mano il sentiero jolly del "non poteva non sapere".

Per esercitare un'azione propagandistica sull'opinione pubblica mondiale, la guerriglia escogitó anche la famosa consegna dell'avviso di garanzia durante il vertice mondiale sulla criminalitá a Napoli. Poi fu aperto un altro fronte, quello delle comunicazioni.

Come in ogni guerra o guerrriglia infatti, tagliare le comunicazioni dell'avversario è un obiettivo primordiale. Cosí gli occupanti ed i loro fiancheggiatori hanno cominciato ad inventare regole e regolette che dovrebbero impedire allo schieramento berlusconiano di manifestarsi: non poter partecipare all'azionariato di piú di due reti televisive, non poter detenere giornali e televisioni insieme, non poter associare un partner straniero alla proprietá televisiva, non poter effettuare campagne elettorali con le scritte pubblicitarie sugli autobus, non poter di fatto effettuare campagne elettorali con i moderni mezzi di comunicazione, essere condannati per diffamazione, ed altre varie restrizioni.

Queste misure sono progettate "ad personam" e non toccano naturalmente le televisioni di stato, occupate dai guerriglieri, ed i proprietari della stampa fiancheggiatrice.

Si potrebbe anche obiettare che l'impedire lo sviluppo in Italia di grandi aziende mediatiche, in un momento in cui girano per il mondo aziende (AOL e Warner) che hanno un fatturato pari al PIL di tutto il Belgio, si ritorce contro il Paese, ma sarebbe inutile: distruggere il Paese puó essere un male necessario per i Vietcong nostrani, se serve a conquistare e mantenere il Potere!

Per finire, questi "liberatori" hanno giá preparato il testo di un disegno di legge che esclude i titolari di attivitá imprenditoriali dalla possibilitá di far politica, fosse anche a livello di Comitati di Quartiere...

Bene. Mentre tutto ció accade, la settimana scorsa il segretario dei DS (ex PCI, ex PDS), durante il congresso del partito ha lanciato alto e forte un grido di dolore in quanto, a suo dire, i DS sarebbero "vittime di una inaudita aggressione" da parte del leader dell'opposizione, Silvio Berlusconi. Sí, proprio loro, i DS, paladini della libertá contro il Comunismo, come ha notoriamente affermato lo stesso inesauribile segretario!

Non sorridete ragazzi, ieri erano gli americani gli aggressori del pacifico popolo vietnamita, oggi sono i berlusconiani gli "aggressori" del democratico popolo filo-comunista. "Uno, dieci, cento Vietnam"! pare ancora di sentir gridare, e per giunta ancora dalle stesse bocche.

Sorge spontanea una domanda: che siano ancora in (non piú giovanile) buona fede, oggi come allora, imbottiti dei loro sani principi totalitari, oppure....? Chissá!

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