LO STATO SOCIALE E IL RUOLO DEL VOLONTARIATO


Quando  si parla dei compiti e dell'utilit… del volontariato nel momento
attuale,  con  riferimento ai problemi  delle fasce deboli ed emarginate
della  societ…,  spesso si fa anche  riferimento allo stato sociale, per
lodarlo, rimpiangerlo, esecrarlo ...
Ci vogliamo dunque chiedere che cosa sia precisamente lo stato sociale e
in  quale rapporto stia con il volontariato.
Si  potrebbe dire che l'idea fondamentale  dello stato sociale sia quella
della redistribuzione del reddito attuata dallo stato per massimizzare il
benessere  collettivo,  nel senso di rendere  massimo il benessere per il
maggior  numero  possibile  di  persone,  e  non  solo  per  pochi, ed in
particolare  a  vantaggio  di  coloro che  -  senza  questi  interventi -
avrebbero  un  tenore di vita  giudicato  eccessivamente basso. In questo
senso, lo stato sociale non si identifica semplicemente con uno stato che
garantisce  alcune  prestazioni  previdenziali  e  sanitarie. Ad esempio,
alcuni  osservano che attualmente le  prestazioni fornite dalle strutture
pubbliche  non corrispondono alle tasse e ai contributi che si pagano: ma
nello  stato sociale questa corrispondenza deve valere solo tra l'insieme
di ci• che si paga e l'insieme dei servizi prestati, non per ogni singolo
cittadino:  Š  implicito  nell'idea di  redistribuzione  del  reddito che
alcuni,  avendone  la possibilit…, paghino pi—  di quello che ricevono ed
altri  paghino meno (altrimenti tanto varrebbe ricorrere ad assicurazioni
private,  ciascuno secondo le proprie  possibilit…; ed infatti quelli che
avanzano  simili  proposte  si propongono  precisamente  di sopprimere lo
stato  sociale). Altri invece  sembrano identificare l'intervento sociale
dello  stato  con l'intervento sulle  situazioni di emergenza, di estrema
miseria  ed  emarginazione: questa per• Š  solo  una parte dell'ambito di
applicazione  dello  stato  sociale,  che  si  propone  di  migliorare il
benessere  collettivo  nel  suo  insieme e  non  solo  di  sovvenire alle
necessit… gravissime ed estreme.
Si  potrebbe  dire,  anche  se esagerando  un  poco,  che Italia lo stato
sociale non sia propriamente stato mai attuato: Š stato attuato piuttosto
qualche   cosa  che  gli  assomiglia   in  alcune  conseguenze  positive,
accompagnate  da  molte  negative;  si  dovrebbe  parlare  di  uno  stato
assistenziale  che  ha  distribuito ricchezza  in  modo inefficiente, mal
gestito  e  male amministrato, con poco  riguardo  ai bisogni autentici e
molto agli interessi clientelari. Del resto in Italia sono mancate le due
condizioni  fondamentali per la realizzazione di  un vero e proprio stato
sociale:  un sistema fiscale rigoroso e  fondato sulla progressivit… e un
apparato  politico e amministrativo di alto  livello. Invece in Italia si
riscontra  un sistema fiscale disordinato ed inefficiente (voluto tale da
coloro  che vivono dei voti degli evasori)  e con un eccessivo peso delle
imposte indirette (pi— facili da riscuotere ma pagate nella stessa misura
da ricchi e poveri) rispetto a quelle dirette, ed un apparato politico ed
amministrativo  incapace,  corrotto  e sprecone.  D'altra  parte non sono
certamente  mancate  le  categorie sociali  e  le  forze politiche (molto
facilmente  identificabili) che hanno operato avendo esattamente compreso
il  punto  focale dello stato sociale,  la redistribuzione del reddito, e
proprio questo non hanno mai perdonato e hanno cercato di ostacolare o di
distorcere,  e  tuttora  cercano  di  distruggere  anche  quanto  Š stato
realizzato di conforme all'autentico modello di stato sociale.
Ma  in  che  cosa  tutto ci• tocca  il  volontariato  ? In questo, che il
volontariato  viene a contatto proprio con quell'area di disagio sociale,
emarginazione  e  bisogno che lo stato  sociale vorrebbe abolire o almeno
limitare  il pi— possibile. Perci• in un momento in cui questo modello di
stato  viene  attaccato e si tenta  di  sopprimerlo del tutto, davanti al
volontariato  si  aprono  diversi possibili  tipi  di  comportamento, che
potremmo  per•  suddividere  in due  categorie  principali, che chiamiamo
"gestione"   e  "promozione".
Secondo  il  modello  della  gestione  il  volontariato  deve soprattutto
gestire  dei  servizi,  o in proprio  o  in convenzione con enti pubblici
(scelta  spesso  quasi  obbligata se si  vuole  estendere i servizi oltre
certi  limiti) per sovvenire ai bisogni delle fasce deboli della societ….
In  questo modo il volontariato svolge  una grande quantit… di interventi
in  favore  di persone in difficolt…  riempiendo  spazi da cui il settore
pubblico  si ritrae o per impossibilit… o per scelta politica, e pertanto
se  da una parte fa del bene a  molti singoli non mette in discussione le
politiche di soppressione dello stato sociali, ma anzi in certa misura vi
si  inserisce;  anzi, tende a gestire  servizi  (magari ottimi) e cercare
finanziamenti   pubblici  o  privati  nello  stesso  tempo  rinunciare  a
qualsiasi  tipo  di intervento propositivo (fare  tanto e stare ben zitti
...), e rischia persino di ridursi a una sorta di sottobosco clientelare.
Secondo   il   modello   della  promozione   il   volontariato  non  deve
assolutamente  rinunciare  a gestire direttamente  dei  servizi (cosa che
sarebbe   sconsigliabile  per  diversi   motivi),  ma  deve  considerarsi
soprattutto  una  forza  che, mantendendosi  indipendente  e ben distinta
dagli   organi  politici  e  amministrativi,   aspira  a  incidere  sulla
situazione  sociale proprio nell'interesse dei  settori pi— deboli e meno
tutelati,  svolgendo attivit… che vanno dalla ricerca, alla proposta fino
alla  provocazione  e allo scontro. Quindi  il volontariato non deve fare
opere  buone  e  tacere; anzi, il parlare  Š  proprio una delle sue opere
buone:  non  per•  parlare  a vanvera, a  forza  di  slogan o di astratte
enunciazioni  moralistiche,  ma sulla base  dello  studio, della ricerca,
della documentazione.
Come  si  vede,  vi  sono diversi  modi  di  concepire il volontariato, e
dovrebbe  anche  essere  chiaro qual  Š  quello  preferito dall'autore di
questo  articolo,  il  quale  per• non  pretende  certamente  che tutti i
lettori  del Notiziario ed in particolare i  soci del GVA la pensino come
lui per essere degni di avere a che fare con il volontariato. Tuttavia si
aspetta  che almeno essi dedichino qualche momento a riflettere su questi
problemi e che la discussione sull'argomenti si sviluppi sia all'interno
dell'Associazione  sia tra tutti coloro che  hanno rapporti con il mondo
del volontariato.
Ma  intanto  il  tempo  trascorso dalla  prima  stesura  di questo testo
(ottobre 1994) ha dato occasione a molte riflessioni ed approfondimenti,
e gli sviluppi della situazione impongono nuove considerazioni.
Soprattutto,  Š necessario aggiungere considerazioni  sulla natura e sul
destino  dello  stato  sociale.  Risulta  innanzitutto  evidente  che le
principali  variabili  da  cui  dipende  il  funzionamento  e  la stessa
sussistenza  dello  stato  sociale  sono,  sotto  il  profilo economico,
l'imposizione  fiscale  ed  il  debito  pubblico.  Infatti l'imposizione
fiscale  Š  lo strumento principale  di redistribuzione della ricchezza,
vero e proprio oggetto dello stato sociale. Ma se il gettito fiscale non
Š sufficiente a raggiungere gli obiettivi di benessere collettivo che ci
si propone, si pu• supplire per mezzo del debito pubblico.
Ora,  Š  evidente che imposizione fiscale  e debito pubblico non possono
crescere  all'infinito: il problema Š  quale livello di questi parametri
si  ritiene  accettabile  o, per essere  pi—  precisi,  quale livello di
priorit…  viene  dato  di  volta in  volta  a  mantenimento  dello stato
sociale,   riduzione  dell'imposizione  fiscale,  riduzione  del  debito
pubblico.
E  qui  si  fa presto ad osservare  che,  se si considera prioritario lo
stato  sociale, non pare che vi  siano particolari obiezioni a mantenere
un  livello  elevato  di  imposizione fiscale  (qui  cio'  che  salva da
conseguenze  insostenibili  e'  la progressivita',  che  assicura che la
maggiore pressione gravi su chi la puo' sostenere) e una certa quantita'
di  debito  pubblico: un concetto che  occorrerebbe riscoprire e' che il
debito pubblico non e' necessariamente un male, purche', si capisce, non
sia  fuori  controllo  o governato  con  criteri  estranei all'interesse
collettivo.
Naturalmente  questa concezione e' agli antipodi  di quasi tutte le idee
oggi di moda: liberalismo, mercato, privato, decentramento, federalismo.
Invece  lo  stato sociale presuppone  un fortissimo intervento pubblico,
statale,  nella  societa'  e nell'economia,  anzi  possiamo  dire che si
associa  meglio  a statalismo, centralismo  e  pianificazione, che non a
mercato, privato e federalismo.
Certamente  oggi  la  situazione dello  stato  sociale  e' difficile: le
categorie   imprenditoriali,  che  non  lo   hanno  mai  digerito,  sono
all'attacco  e guadagnano terreno ogni giorno di piu'; queste categorie,
che sono una minoranza della popolazione, sembrano le uniche la cui voce
e'  in grado di influenzare parlamenti e governi cosiddetti democratici.
L'unico punto di vista che viene assunto e' quello del mercato: ne fanno
le  spese non solo le categorie piu' deboli - destinatarie di interventi
di  tipo  piu' o meno assistenziale -  ma anche i lavoratori e la classe
media.  Sono sempre piu' frequenti le voci che affermano che per reggere
la  concorrenza dei paesi asiatici  di nuova industrializzazione bisogna
peggiorare  le condizioni di vita  dei lavoratori occidentali: a nessuno
viene  in mente che si potrebbe ottenere lo stesso risultato migliorando
le  condizioni  dei  lavoratori asiatici (per  la  verita', e' venuto in
mente  ai  lavoratori sudcoreani, che alcuni  anni fa, con grandi lotte,
ottennero   miglioramenti  economici  significativi,  tanto  che  alcune
multinazionali  spostarono altrove produzioni a bassa tecnologia; questo
almeno  secondo  notizie  che ho  letto  in  varie pubblicazioni).
Viene  negata  ogni  idea  di  uguaglianza  e  di  redistribuzione della
ricchezza,  mentre  si  affermano  la  forza  ed  il privilegio. Esempio
evidente  di  questa  tendenza sono  gli  arroganti attacchi condotti in
questi giorni proprio contro il prelievo fiscale da parte di chi gia' le
tasse  non  le  paga, cioe' i  commercianti  e  gli artigiani, fino alla
serrata  del  25 marzo, spudorata  difesa del privilegio e dell'evasione
fiscale,  cui  gli  imbelli  sindacati  non  sono  neppure  in  grado di
rispondere con lo sciopero generale.
Se queste tendenze non verranno fermate, possiamo aspettarci sempre piu'

disuguaglianze  nella distribuzione del reddito, aumento della poverta',
peggioramento   dei   salari   reali,   degrado   dei  servizi  pubblici
(istruzione,  sanita', assistenza, trasporti ...)  a vantaggio di quelli
privati per chi puo' pagare.
Il  rischio  del  volontariato,  in  questo  contesto,  e'  di diventare
complice,  anche  se in buona  fede,  di queste trasformazioni negative,
affrettandosi  a fornire propri servizi a coloro che via via non trovano
nei  servizi pubblici risposta ai loro  bisogni. La questione qui non e'
se il volontariato debba o no gestire direttamente servizi assistenziali
(io  non dubito che debba fare  anche questo, almeno in linea generale),
ma  e' come puo' continuare a fare  questo senza contribuire a minare lo
stato  sociale,  vera  tutela delle categorie  deboli,  e anzi come puo'
difenderlo ora che sempre meno lo difendono.
Qualcuno  dei  lettori  di  questo  scritto  potra'  forse contribuire a
trovare risposte a queste domande ?

24.3.1996

                                              Beppe Pavoletti

                                              beppe.pavoletti@iol.it
                                              gvalib@mbox.vol.it

    Source: geocities.com/capitolhill/4746

               ( geocities.com/capitolhill)