MARZO. E' il
mese delle elezioni politiche. Dopo l'arresto in febbraio di Paolo Berlusconi,
il giorno 13, IL GIORNALE associa i nomi di Piercamillo Davigo e Francesco
Di Maggio al giudice corrotto Diego Curtò e a Salvatore Ligresti:
sarebbero tutti legati ad una cooperativa edilizia. Non è vero niente,
e Feltri verrà condannato. Intanto, Di Pietro stringe per la rogatoria
a Hong Kong sul bottino di Craxi: la prova che Bettino gestiva il proprio,
tramite Giancarlo Troielli, qualche decina di miliardi. Riecco puntuale,
il giorno 15, la Falange armata: "Ammazzeremo Di Pietro". L'indomani Berlusconi
rende visita al procuratore generale di Milano Giulio Catelani, con un
esposto sui presunti abusi del pool nelle pequisizioni a Publitalia. Catelani
ringrazia e comincia a fare la spola tra Milano e Roma, per convincere
il ministero a sguinzagliare gli ispettori contro Borrelli & C.
APRILE. Pillitteri,
in un libro scritto con Facci (IO TI CONOSCEVO BENE), mette in piazza i
suoi passati con Di Pietro. Il 29, nell'aula del tribunale dove si attende
la sentenza Cusani, viene ritrovata una finta bomba contro il pm.
MAGGIO. Vinte
le elezioni, Berlusconi tenta di annettersi mezzo pool con laute offerte
di ministeri: l'Interno a Di Pietro, la Giustizia a Davigo. Doppio rifiuto.
GIUGNO. Di
Pietro s'imbatte nelle mazzette degli industriali alla Guardia di Finanza.
C'è anche la Fininvest. Nuove minacce a Di Pietro dalla Falange
armata.
LUGLIO. Voci
di arresti in casa Fininvest. Berlusconi vara in fretta e furia il decreto
Biondi, che risparmia ai tangentisti il fastidio della custodia cautelare.
Il pool annuncia l'autoscioglimento in tv, Bossi e Fini minacciano lo scioglimento
del governo, il Cavaliere rinvia il Salvaladri a migliore occasione. Due
giorni dopo raduna amici, ministri e avvocati Fininvest ad Arcore per discutere
della latitanza del fratello Paolo e del manager Salvatore Sciascia.
AGOSTO. Il
faccendiere craxiano Ferdinando Mach di Palmstein, latitante da un anno,
parla al telefono con la zia Caterina: "Se apro bocca il primo che va dentro
è Di Pietro, di cui so cose pazzesche. Me le ha dette un suo amico
che poi s'è pentito". Chi sarà mai l'amico? Proprio in quei
giorni, Giancarlo Gorrini ha cominciato il giro delle sette chiese tra
Sergio Cusani e Paolo Berlusconi, implorando aiuto per salvare la Maa Assicurazioni,
da lui stesso rapinata. In cambio, offre le memorie di Antonio Di Pietro.
SETTEMBRE.
Il mese si apre con la proposta del pool a Cernobbio per uscire da Mani
Pulite. Il ministro Ferrara vuol denunciarli tutti per attentato alla Costituzione,
poi il governo decide che non è il caso. Pochi giorni, ed ecco il
procuratore generale della Cassazione Vittorio Sgroj sparare a zero sul
pool: "Sono intoccabili, nessuno ha il coraggio di promuovere l'azione
disciplinare". Un boss della Dc coinvolto in Tangentopoli riceve in busta
anonima un dossier: "Abusi, Di Pietro", con le solite storie di LIAISON
DANGEREUSES e gli immancabili tabulati Sip. Alcuni pentiti dal carcere
denunciano promesse di favori in cambio di accuse al pool. Il giorno 17,
nuovo messaggio della Falange armata, che è meglio di Nostradamus:
"La vita politica e umana di Di Pietro sarà breve e verrà
fermata". Nelle stesse ore Giancarlo Gorrini sta scrivendo un promemoria
su Di Pietro per un committente d'eccezione: Paolo Berlusconi. Il 27, Paolo
Simonetti, brigadiere della Finanza, ex braccio destro di Tiziana Parenti
molto attivo nelle indagini sul pool, annota sul computer: "Ore 17-18 c/o
Edilnord...Braald (Aldo Brancher, n.d.a.): Gorrini disposto a riferire
su somme estorte da DP in favore dell'amico Reale (Eleuterio Rea, n.d.a.)
per corse cavalli. Fatto già a conoscenza di Preces (Cesare Previti).
Ulteriori casi analoghi a conoscenza di Berpao (Paolo Berlusconi, n.d.a.)".
Il 29 settembre, 58° compleanno di Silvio Berlusconi, Sergio Cusani
denuncia Di Pietro a Brescia per diffamazione e omissione di atti d'ufficio
nel processo che gli è costato la condanna a 8 anni per Enimont.
E il generale Giuseppe Cerciello, imputato per la corruzione della Guardia
di Finanza, denuncia a sua volta Borrelli, Colombo, Di Pietro e Padalino
al Csm per presunte manovre intorno al Gip Andrea Padalino. Due solennissime
bufale, come stabiliranno i giudici. Ma intanto il pool sale, per la prima
volta, sul banco degli imputati, proprio mentre chiede condanna di Paolo
Berlusconi per le tangenti delle discariche e raccoglie le ultime prove
sul tesoro personale di Craxi. Il mese si chiude con uno strano attivismo
del ministro Biondi che - racconterà l'ispettore Domenico
De Biase - "chiede di vedere tutti gli esposti presentati contro il pool".
OTTOBRE. Il
giorno 1, si fa viva la Falange armata: "Di Pietro è cotto a puntino".
Il 3, Di Pietro fa arrestare Tradati, ultimo anello verso il bottino di
Bettino e anche - ma questo lo si scoprirà solo un anno dopo - del
mazzettone da 10 miliardi di Berlusconi a Craxi tramite All Iberian. Il
4, Borrelli dà un'intervista al CORRIERE DELLA SERA, facendo capire
che le indagini Fininvest sono a buon punto: il governo lo denuncia per
attentato agli organismi costituzionali (articolo 289 del codice penale,
minimo della pena 10 anni), i forzisti del Csm ne chiedono il trasferimento
da Milano per incompatibilità ambientale. Il memoriale Gorrini è
pronto e arriva a Paolo Berlusconi (che attende la prima condanna, prevista
per il 23). Questi chiama Previti, che scavalca Biondi e avverte il capo
degli ispettori Ugo Dinacci sull'improvvisa voglia di parlare dell'assicuratore.
Una mano amica infila poi l'appunto - opportunamente arricchito con ritagli
di giornale, dossier del SABATO, vari anonimi, rapporti di indagini illegali
della Finanza - in una busta e la busta nella buca delle lettere di Dinacci.
Il dossier, anziché essere protocollato, finisce in un cassetto
del ministero. L'8, Confalonieri invia a Catelani l'ennesimo esposto contro
la persecuzione giudiziaria anti-Fininvest. E, il 14, Biondi scioglie gli
ormeggi: ispezione ministeriale straordinaria contro il pool, accusato
dal capo del governo di indagare sulle aziende e gli amici del capo del
governo. Biondi completa l'opera defenestrando Mario Vaudano, capo dell'ufficio
rogatorie del ministero, prezioso tramite del pool con le autorità
giudiziarie svizzere. Craxi, ringalluzzito, pubblica la sua opera prima:
IL CASO C. Il giorno 30, finisce in manette a Parigi Mach di Palmstein:
in casa della sua ospite, Domiziana Giordano, viene ritrovato un corposo
dossier su Di Pietro, frutto del lungo lavoro di alcuni agenti dei servizi
francesi, con l'aggiunta di carte che somigliano prodigiosamente a quelle
del dossier Gorrini. Amicone di Craxi e Cusani, Mach conserva sull'agenda
tutti i numeri di Berlusconi.
NOVEMBRE. Dinacci
chiama De Biase e gli consegna il dossier Gorrini: "Me l'ha mandato Previti,
che mi ha detto che Gorrini verrà presto a testimoniare". Il pool
scopre tra le carte del manager Fininvest Massimo Maria Berruti un "passi"
di Palazzo Chigi, datato 8 giugno '94: la prova che Berruti andò
a consultarsi con Berlusconi alle prime avvisaglie dell'inchiesta sulle
tangenti della Finanza, prima di organizzare l'inquinamento delle prove.
"Di Pietro ha i giorni contati", annunciano i profeti della Falange armata.
Il 21, mentre gli ispettori di Biondi setacciano invano la procura di Milano
interrogando anche le sedie, parte l'invito a comparire per Berlusconi,
impegnato a Napoli nella conferenza mondiale sulla criminalità.
Il 22, il CORRIERE pubblica la notizia in esclusiva. Quel giorno Di Pietro
è a Parigi per interrogare Mach in carcere: non riesce, ma viene
a sapere del dossier trovato a casa Giordano. Il 23, Gorrini si precipita
al ministero per raccontare la Di Pietro story: 100 milioni, Mercedes,
debiti di Rea e quant'altro. Il 24, Biondi avvia ufficialmente l'inchiesta
parallela e segreta su Di Pietro. Dinacci - racconterà De Biase
- era stato chiaro: "Previti mi ha detto che bisogna distruggere Di Pietro
e mi ha fatto capire che Gorrini è stato pagato". Il 26, Previti
avverte amorevolmente Tonino di quel che gli stanno apparecchiando al ministero
("una polpetta avvelenata"). Di Pietro ne parla con Davigo, e comincia
a scrivere con lui una memoria da inviare al Csm. Poi però cambia
idea e decide di dimettersi subito. Il 27 ne informa Borrelli, mentre la
Falange armata comunica: "Di Pietro è un uomo morto". Il 29, la
Cassazione trasferisce a Brescia il processo milanese sui finanzieri corrotti.
Il 30, De Biase ascolta Osvaldo Rocca che, sul prestito di Gorrini, scagiona
Di Pietro ("pensava che i soldi venissero direttamente da me"). In serata,
Dinacci avverte De Biase: "Ferma tutto, il 6 dicembre Di Pietro se ne va.
Me l'ha detto Previti". Nell'attesa Berlusconi continua a rinviare l'appuntamento
col pool: si presenterà solo a metà dicembre, quando Di Pietro
sarà già lontano.
DICEMBRE. Missione
compiuta: Di Pietro si dimette il 6 e quello stesso giorno, come per incanto,
l'inchiesta segreta va in archivio. Con una motivazione dell'ispettorato
che lo scagiona completamente: "Fatti di nessuna rilevanza disciplinare".
Ma quel dossier, ora protocollato e "nobilitato" dal timbro del ministero,
passa subito di mano, per essere ripescato e riciclato qualche mese più
tardi: nella guerra a Di Pietro, non si butta via niente. Si scopre intanto
che dal Ministero, negli ultimi mesi, sono partite ben due ispezioni alla
procura di Palermo. La prima, di routine, è di aprile: si concentra
sui pasticci al Tribunale fallimentare. Ma la seconda, straordinaria come
quella contro il pool milanese, è stata disposta da Biondi in settembre.
E contiene uno scandalo grosso così. Durante la prima missione,
l'ispettore Enrico De Felice ha inviato un fax al commercialista siciliano
Piero Di Miceli, ex craxiano ed ora forzista (ha rapporti con Previti e
Biondi), sospettato dalla procura di rapporti con ambienti massonico-mafiosi,
affinché lo raccomandasse presso il ministro Biondi per farlo diventare
capo degli ispettori al posto di Dinacci. Il fax viene intercettato in
gran segreto dalla procura di Palermo, che indaga De Felice per abuso.
E grande è la sorpresa di Caselli quando scopre che l'ispettore
Vincenzo Nardi, tornato in settembre a curiosare al Palazzaccio, non s'interessa
che all'inchiesta su Di Miceli. E sa già del fax intercettato. Peggio:
sa tutto anche Di Miceli. Chi li ha avvertiti? Caselli manda un avviso
di garanzia al vicecapo di gabinetto di Biondi, Vincenzo Vitale (pretore
a Catania e assiduo collaboratore del GIORNALE) per abuso e propagazione
di segreto istruttorio: avrebbe avvertito lui l'amico Di Miceli che i suoi
telefoni erano sotto controllo, grazie alle preziose informazioni raccolte
a Palermo dagli ispettori. Bell'ambientino, al ministero di Grazia e Giustizia.
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