Bologna, 15 settembre 1997
 
SANITÀ: Patrizia Cantoni (PRC) "...alcune doverose considerazioni all’indomani dell’approvazione in Consiglio regionale del Piano Attuativo Locale dell’Azienda USL di Imola"
 

Come è ormai noto, lo scorso 10 settembre si è tenuto in Regione un Consiglio straordinario avente ad oggetto la discussione di alcuni Piani Attuativi Locali (PAL), fra i quali anche quello riguardante l’Azienda USL di Imola.
La strenua battaglia che Rifondazione Comunista, in posizione assolutamente isolata nel panorama politico della nostra regione, sta conducendo da tempo sul terreno delle politiche sanitarie regionali muove dal concetto di ‘universalismo delle prestazioni’ che ha  contraddistinto il modello sanitario disegnato dalla L. 833/78 (cosiddetta legge di riforma sanitaria). Il problema del deficit del settore non può essere risolto addossandolo ai cittadini, facendo pagare loro un disavanzo pregresso che proviene da anni di cattiva gestione della sanità a livello nazionale. I cittadini dell’Emilia Romagna hanno usufruito finora di servizi sanitari di alto livello e questa regione ha per decenni rappresentato un faro, un autentico punto di riferimento per le politiche di assistenza e cura della popolazione.
Tutto questo rischia di scomparire ed è giusto che i cittadini sappiano con chiarezza quali sono gli intendimenti reali degli amministratori regionali e dei direttori generali delle AUSL. L’assessore regionale alla sanità Giovanni Bissoni ha più di una volta ribadito il suo convincimento sui compiti di carattere generale che devono essere svolti dal servizio sanitario pubblico, pur se in apparente contrasto con alcune autorevoli dichiarazioni del Presidente della Giunta Antonio La Forgia, che al contrario sembra rimpiangere mutue private ed auspicare un modello di sanità pubblica che garantisca solo alcuni tipi di prestazioni e non altri.
Qual è la prospettiva che la Giunta regionale intende realmente perseguire?  Al di là di vuote affermazioni di principio, tutti gli atti messi in campo dall’Esecutivo emiliano romagnolo in questi ultimi anni, di cui i PAL costituiscono il momento finale ed attuativo, sembrano contraddire l’ipotesi di un modello sanitario ‘universalistico’. Il contenimento degli sprechi e degli inutili doppioni, che avrebbe dovuto tradursi in una rimodulazione dei servizi sul territorio, ha di fatto comportato, a tutt’oggi, solo tagli dei posti letto, chiusura degli ospedali decentrati e riduzione del personale. A fronte di questi interventi, si registra, da un lato, una insufficiente creazione di servizi territoriali alternativi al ricovero e, dall’altro, un aumento delle cariche dirigenziali, sia in ambito medico che amministrativo.
Quindi, i cittadini vedono progressivamente ridursi il livello quanti-qualitativo delle prestazioni sanitarie, mentre, d’altro canto, gli operatori assistono ad una compressione della propria autonomia di intervento, condizionati come sono da scelte economico-finanziarie che non contribuiscono a determinare. I processi decisionali, infatti, promanano unicamente dall’alto, a causa della struttura estremamente verticistica delle Aziende USL, ed il proliferare delle posizioni dirigenziali non pare abbia sortito, finora, altri effetti se non quelli di un maggiore burocratizzazione delle procedure e di una progressiva demotivazione dei soggetti che quotidianamente agiscono per il benessere collettivo, ossia medici ed infermieri.
Lo scenario prospettato, valido per l’intero territorio regionale, si riconferma nella realtà imolese. Entro il 1998, infatti, è previsto il taglio di 138 posti letto ed una conseguente sensibile riduzione del personale, soprattutto paramedico, cui va ad aggiungersi la trasformazione dell’Ospedale di Castel San Pietro T. da ospedale generalista a struttura specialistica, cui verranno destinati i reparti di Otorinolaringoiatria, Oculistica e alcune RSA (è palese, quindi, che i tagli dei posti letto dell’Ospedale di Imola risulta ancor più penalizzante, tenuto conto che il bacino di utenza è aumentato in conseguenza della chiusura di molti reparti dell’Ospedale di Castel S. Pietro T.).
La riduzione dei posti letto avrebbe dovuto trovare una parziale compensazione nelle strutture extraospedaliere, soprattutto per le lungo degenze. A tutt’oggi, sul territorio imolese sono state creati circa 70 posti in RSA, un numero largamente insufficiente, senza contare, poi, che il costo della degenza in RSA non la rende accessibile a tutti.
Il risultato più immediato che il taglio dei posti di degenza ha prodotto, invece, è stato quello di far scivolare l’Azienda USL di Imola in fascia ‘B’; questa declassificazione comporta una consistente riduzione delle risorse assegnate dalla Regione alla nostra AUSL (dicemmo, in un altra occasione che sembrerebbe quasi che la Giunta regionale voglia punire i ‘primi della classe’, in quanto penalizza pesantemente l’AUSL di Imola che è stata una delle prime ad uniformarsi ‘diligentemente’ alle direttive regionali). La declassificazione dell’ospedale imolese, inoltre, fa presagire un suo possibile accorpamento, in futuro abbastanza prossimo, ad una AUSL bolognese: lasciamo a voi immaginare i disagi che potranno venirne per i cittadini del comprensorio imolese e per il personale attualmente assegnato all’Azienda di Imola.
I motivi per una legittima protesta in difesa di una efficace sanità pubblica - protesta che sta vedendo come protagonisti, oltre a Rifondazione Comunista, comitati di cittadini, operatori della sanità, sindacalisti - sono quelli sopra descritti ed altri ancora.
Come ultima notazione di dissenso, vorrei concludere con la questione del ‘118’. La chiusura della centrale operativa autonoma e il collegamento del servizio di pronto intervento a quello bolognese avrebbero dovuto rappresentare un innalzamento della qualità e della quantità delle prestazioni. In realtà, molte zone del comprensorio risultano ancora coperte dal servizio in maniera del tutto insufficiente (ad esempio, Castelguelfo e Spazzate Sassatelli); la Vallata del Santerno è servita solo per il periodo diurno con una unità mobile non medicalizzata (ricordiamo che in Vallata è previsto un aumento considerevole degli incidenti a causa dei lavori per l’Alta Velocità); gli operatori addetti al servizio, tranne che per il primo periodo, proverranno da Bologna, cosa che provocherà comprensibili disagi, vista la loro scarsa conoscenza del territorio del comprensorio imolese - territorio piuttosto vasto e con caratteristiche morfologiche particolari.
 

        Patrizia Cantoni