Come è ormai noto, lo scorso 10 settembre si è tenuto
in Regione un Consiglio straordinario avente ad oggetto la discussione
di alcuni Piani Attuativi Locali (PAL), fra i quali anche quello riguardante
l’Azienda USL di Imola.
La strenua battaglia che Rifondazione Comunista, in posizione assolutamente
isolata nel panorama politico della nostra regione, sta conducendo da tempo
sul terreno delle politiche sanitarie regionali muove dal concetto di ‘universalismo
delle prestazioni’ che ha  contraddistinto il modello sanitario disegnato
dalla L. 833/78 (cosiddetta legge di riforma sanitaria). Il problema del
deficit del settore non può essere risolto addossandolo ai cittadini,
facendo pagare loro un disavanzo pregresso che proviene da anni di cattiva
gestione della sanità a livello nazionale. I cittadini dell’Emilia
Romagna hanno usufruito finora di servizi sanitari di alto livello e questa
regione ha per decenni rappresentato un faro, un autentico punto di riferimento
per le politiche di assistenza e cura della popolazione.
Tutto questo rischia di scomparire ed è giusto che i cittadini
sappiano con chiarezza quali sono gli intendimenti reali degli amministratori
regionali e dei direttori generali delle AUSL. L’assessore regionale alla
sanità Giovanni Bissoni ha più di una volta ribadito il suo
convincimento sui compiti di carattere generale che devono essere svolti
dal servizio sanitario pubblico, pur se in apparente contrasto con alcune
autorevoli dichiarazioni del Presidente della Giunta Antonio La Forgia,
che al contrario sembra rimpiangere mutue private ed auspicare un modello
di sanità pubblica che garantisca solo alcuni tipi di prestazioni
e non altri.
Qual è la prospettiva che la Giunta regionale intende realmente
perseguire?  Al di là di vuote affermazioni di principio, tutti
gli atti messi in campo dall’Esecutivo emiliano romagnolo in questi ultimi
anni, di cui i PAL costituiscono il momento finale ed attuativo, sembrano
contraddire l’ipotesi di un modello sanitario ‘universalistico’. Il contenimento
degli sprechi e degli inutili doppioni, che avrebbe dovuto tradursi in
una rimodulazione dei servizi sul territorio, ha di fatto comportato, a
tutt’oggi, solo tagli dei posti letto, chiusura degli ospedali decentrati
e riduzione del personale. A fronte di questi interventi, si registra,
da un lato, una insufficiente creazione di servizi territoriali alternativi
al ricovero e, dall’altro, un aumento delle cariche dirigenziali, sia in
ambito medico che amministrativo.
Quindi, i cittadini vedono progressivamente ridursi il livello quanti-qualitativo
delle prestazioni sanitarie, mentre, d’altro canto, gli operatori assistono
ad una compressione della propria autonomia di intervento, condizionati
come sono da scelte economico-finanziarie che non contribuiscono a determinare.
I processi decisionali, infatti, promanano unicamente dall’alto, a causa
della struttura estremamente verticistica delle Aziende USL, ed il proliferare
delle posizioni dirigenziali non pare abbia sortito, finora, altri effetti
se non quelli di un maggiore burocratizzazione delle procedure e di una
progressiva demotivazione dei soggetti che quotidianamente agiscono per
il benessere collettivo, ossia medici ed infermieri.
Lo scenario prospettato, valido per l’intero territorio regionale,
si riconferma nella realtà imolese. Entro il 1998, infatti, è
previsto il taglio di 138 posti letto ed una conseguente sensibile riduzione
del personale, soprattutto paramedico, cui va ad aggiungersi la trasformazione
dell’Ospedale di Castel San Pietro T. da ospedale generalista a struttura
specialistica, cui verranno destinati i reparti di Otorinolaringoiatria,
Oculistica e alcune RSA (è palese, quindi, che i tagli dei posti
letto dell’Ospedale di Imola risulta ancor più penalizzante, tenuto
conto che il bacino di utenza è aumentato in conseguenza della chiusura
di molti reparti dell’Ospedale di Castel S. Pietro T.).
La riduzione dei posti letto avrebbe dovuto trovare una parziale compensazione
nelle strutture extraospedaliere, soprattutto per le lungo degenze. A tutt’oggi,
sul territorio imolese sono state creati circa 70 posti in RSA, un numero
largamente insufficiente, senza contare, poi, che il costo della degenza
in RSA non la rende accessibile a tutti.
Il risultato più immediato che il taglio dei posti di degenza
ha prodotto, invece, è stato quello di far scivolare l’Azienda USL
di Imola in fascia ‘B’; questa declassificazione comporta una consistente
riduzione delle risorse assegnate dalla Regione alla nostra AUSL (dicemmo,
in un altra occasione che sembrerebbe quasi che la Giunta regionale voglia
punire i ‘primi della classe’, in quanto penalizza pesantemente l’AUSL
di Imola che è stata una delle prime ad uniformarsi ‘diligentemente’
alle direttive regionali). La declassificazione dell’ospedale imolese,
inoltre, fa presagire un suo possibile accorpamento, in futuro abbastanza
prossimo, ad una AUSL bolognese: lasciamo a voi immaginare i disagi che
potranno venirne per i cittadini del comprensorio imolese e per il personale
attualmente assegnato all’Azienda di Imola.
I motivi per una legittima protesta in difesa di una efficace sanità
pubblica - protesta che sta vedendo come protagonisti, oltre a Rifondazione
Comunista, comitati di cittadini, operatori della sanità, sindacalisti
- sono quelli sopra descritti ed altri ancora.
Come ultima notazione di dissenso, vorrei concludere con la questione
del ‘118’. La chiusura della centrale operativa autonoma e il collegamento
del servizio di pronto intervento a quello bolognese avrebbero dovuto rappresentare
un innalzamento della qualità e della quantità delle prestazioni.
In realtà, molte zone del comprensorio risultano ancora coperte
dal servizio in maniera del tutto insufficiente (ad esempio, Castelguelfo
e Spazzate Sassatelli); la Vallata del Santerno è servita solo per
il periodo diurno con una unità mobile non medicalizzata (ricordiamo
che in Vallata è previsto un aumento considerevole degli incidenti
a causa dei lavori per l’Alta Velocità); gli operatori addetti al
servizio, tranne che per il primo periodo, proverranno da Bologna, cosa
che provocherà comprensibili disagi, vista la loro scarsa conoscenza
del territorio del comprensorio imolese - territorio piuttosto vasto e
con caratteristiche morfologiche particolari.
 
        Patrizia Cantoni