Rifondazione Comunista in Emilia-Romagna

notiziario ufficiale del Gruppo PRC dell'Emilia-Romagna

numero di MARZO 1997


COME VA A SINISTRA?

Il prezzo più alto possibile

Il governo Prodi alla prova. I trasporti

Dibattito in Consiglio Regionale sulla sanità.

In Consiglio regionale la destra razzista e xenofoba fa mancare il numero legale per impedire l'approvazione di una Risoluzione di Rifondazione Comunista, che riconosce anche ai lavoratori extracomunitari invalidi il diritto al collocamento obbligatorio.

Sanità, una sfida che non si vince giocando in difesa

Rifiuti, materia seconda, da privatizzare come la prima?

I CONSIGLIERI DEL PRC SI AUTOTASSANO A FAVORE DEL PARTITO

Progetto di legge regionale: Istituzione dell'Agenzia Regionale per la Sicurezza e la salute delle Lavoratrici e dei Lavoratori nei luoghi di lavoro

PRC: un progetto di legge regionale per l'introduzione del V.I.O. (Valutazione d'Impatto Occupazionale) e per una ripresa occupazionale "qualificata"

RIFONDAZIONE COMUNISTA: CRESCE IL LAVORO NERO IN EDILIZIA A MODENA

Parliamo di "ex manicomi"

Aumenta la benzina come ai tempi del C.A.F.

Intervento in sede di approvazione per la nuova legge regionale sul volontariato

Verifica sull'applicazione della 194 in EmiliaRomagna

Alta Velocità a Notte Fonda

Siamo su Internet

NUOVI CANONI PER LE CASE POPOLARI IL CIPE HA SCONFESSATO L'ASSESSORE SANDRI. ORA DEVE DIMETTERSI!

Una risoluzione a favore del riconoscimento al diritto all'iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio dei lavoratori immigrati.

Coffea shop. La politica regionale entra nel tunnel della droga

Incomprensibile presenza delle forze di polizia all'assemblea sindacale dei lavoratori dei Servizi Provinciali dell'Agricoltura nella sede della Regione

LA MAGGIORANZA DI CENTRO-SINISTRA IN CONSIGLIO REGIONALE, CON L'ASTENSIONE DEL POLO, HA RESPINTO IL PROGETTO DI LEGGE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA CHE PROPONEVA LA RIDUZIONE DEI CANONI DELLE CASE POPOLARI: VERGOGNA!!!

Cuba, que linda es!

Per la cispadana nel modenese troppi ritardi La Regione intervenga sull'ANAS

PROGETTO DI RIFORMA COSTITUZIONALE IN SENSO FEDERALISTA APPROVATO DAL CONSIGLIO REGIONALE: LE RAGIONI DEL NO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E SOLIDARIETÀ' TRA I POPOLI: UN PROGETTO DI LEGGE REGIONALE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

INTERROGAZIONI E MOZIONI DEL PRC IN CONSIGLIO REGIONALE

Ultimissima ora: BILANCIO REGIONALE '97: MENO SANITÀ E MENO TRASPORTI PER I CITTADINI, PIÙ SOSTEGNO ALLE IMPRESE.


COME VA A SINISTRA?

Intervista al capogruppo del PRC in Consiglio Regionale, Rocco Giacomino.

di Guido Pasi

Nello scorso numero del bollettino avevamo fatto il punto sui nostri rapporti con la Giunta Regionale, c'è qualche novità?

"Direi di si. Con la recente attribuzione della delega al Turismo a Vasco Errani (PDS), la giunta regionale disporrà di un assessore in più.

Si è trattato di un ingresso annunciato da mesi che si realizza nonostante qualche malumore dei popolari e che dunque ha tutte le caratteristiche per apparire una vicenda interna alla maggioranza che non riguarda il PRC. Ma per Rifondazione Comunista è stata l'occasione per un primo e parziale bilancio sullo stato dei rapporti tra ULIVO e PRC in Regione a quasi due anni dall'avvio della VI legislatura. E si tratta di un bilancio non positivo.

Cosa determina la negatività di questo bilancio e, in particolare, perché la vicenda della nomina di Errani segnala un peggioramento.

"Nel confronto con questa maggioranza che governa la Regione vedo il profilarsi di ulteriori elementi di aggravamento sia sul terreno politico che del confronto programmatico. Alle elezioni Regionali e amministrative del 1995 in Emilia-Romagna, in Regione, in tutte le Provincie e in tutti Comuni di un certo rilievo, il PRC fu pregiudizialmente escluso dal confronto programmatico e da possibili alleanze con le forze del centrosinistra.

Nonostante questa esclusione subita, in tutti questi mesi abbiamo tenuto una linea anche in Consiglio regionale, di opposizione ed insieme di ricerca del dialogo e del confronto di merito con il PDS e tutta la coalizione di maggioranza.

Dopo il mutamento del quadro politico nazionale a seguito della vittoria sulle destre, conseguita grazie alla desistenza con il PRC avanzammo, all'insediamento del nuovo Presidente La Forgia, la proposta del "Patto di consultazione". Ovvero una sede di confronto preventivo e trasparente tra la maggioranza e Rifondazione Comunista sugli atti e le scelte più rilevanti della giunta regionale.

Noi non proponemmo nessun mutamento della maggioranza, non vi erano e non vi sono le condizioni, ma l'avvio di un confronto serrato e di merito sui contenuti, lasciando inalterata l'autonomia di voto in Consiglio per ciascuna forza.

Sono trascorsi diversi mesi, ma la maggioranza non ha né accolto e né respinto il "Patto di consultazione", una proposta realistica e necessaria che già viene sperimentata in alcuni comuni, mentre in Regione di fatto si rifiuta l'apporto di idee, valori e proposte del PRC.

In occasione dell'elezione di Errani il PDS avrebbe avuto l'occasione più propizia per mostrare una volontà diversa, invece ha scelto ancora una volta di non scegliere e il capogruppo Alni lo ha fatto usando toni inaccettabili.

Dunque al di là delle aperture formali del PDS verso Rifondazione, ribadite anche nei recenti congressi provinciali, per costruire insieme coalizioni unitarie in tutti i comuni dove si voterà alle prossime amministrative, in Regione di fatto permane una ferrea pregiudiziale anticomunista. Si tratta di una evidente contraddizione con il dato nazionale e di alcune realtà locali emiliane, che può pesare negativamente nella costruzione di rapporti unitari a sinistra.

Secondo te, l'esclusione di Rifondazione Comunista è solo un fatto che attiene allíautonomia del politico" o ha radici e conseguenze programmatiche?

Prima di tutto è una scelta che impoverisce i contenuti dell'azione programmatica di una giunta sempre più appiattita sull'ordinaria amministrazione in attesa della "palingenesi federalista" e priva di scatti innovativi all'altezza della migliore tradizione di governo della sinistra emiliana.

Inoltre bisogna dire che sempre più assistiamo alla mera esecuzione di politiche liberiste più o meno temperate.

L'azione di smantellamento e privatizzazione dell'edilizia pubblica attuata dall'assessore Sandri è un caso emblematico e per questo ne abbiamo chiesto le dimissioni avviando una campagna informativa di massa. Ma gli stessi processi di compressione delle garanzie e delle protezioni dello Stato sociale sono in atto nella sanità regionale suscitando forti critiche anche da parte del sindacato. Dunque mi pare si possa dire che sussistono entrambe le componenti che tu hai citato.

Da un lato La Forgia sceglie "ideologicamente", come ha fatto quando era Segretario Regionale del PDS, nel 1995, di tener fuori il PRC da ogni rapporto politico. Dall'altra parte egli asseconda così una spinta fortemente presente nell'anima moderata del PDS, che vuole impedire una contaminazione con i valori sociali dei quali il PRC è portatore.

E' come dire: "non disturbateci, stiamo svoltando a destra e stiamo lavorando sui settori moderati della società, voi sareste d'impaccio".

Il PDS però lascia così a noi, alla sinistra alternativa, campo libero nella rappresentanza di interessi che tradizionalmente appartenevano al suo blocco sociale e, per di più, sembra non temere questo o meglio pensa di poterlo governare coni soli strumenti della forza istituzionale di cui dispone.

Si direbbe di sì ma non ha fatto bene i suoi conti. Il nostro partito ha scelto una linea: radicalità e unità. Nei prossimi mesi intendiamo mobilitarci fortemente sui temi dello stato sociale, della sanità, oltre che sulla casa e sul lavoro.

La linea di La Forgia si mostrerà in tutta la sua irragionevolezza.

La discussione sul Bilancio regionale 1997 sarà anch'essa un banco di prova, o la Giunta sceglie di avviare una nuova fase nel rapporto con Rifondazione Comunista e di aprirsi ai temi che rappresentiamo o il confronto si dislocherà progressivamente su un terreno di sempre più accentuata conflittualità e chi ha più filo tesserà più tela.

Il prezzo più alto possibile

di Leonardo Masella

Segretario Regionale del PRC

Nel giro di un paio di settimane il cancelliere Kohl, capo del rinato imperialismo tedesco, ha ricevuto a rapporto i tre politici più importanti d'Italia: D'Alema, Prodi e Berlusconi.

A tutti e tre ha presentato il conto dell'ingresso dell'Italia nella Germania, pardon nell'Europa: tagliare lo stato sociale e contemporaneamente tagliare fuori dalla maggioranza di governo Rifondazione Comunista. Gli effetti di questi incontri non hanno tardato a farsi sentire.

D'AIema ha spostato il congresso del PDS verso il centro moderato attaccando il conservatorismo dei comunisti e dei sindacati che ancora difendono lo stato sociale, i lavoratori e i pensionati. Berlusconi ha offerto a Prodi e a D'Alema i suoi voti in cambio del massacro dello stato sociale. Prodi è stato costretto a sostenere di essere stato fermato da Bertinotti nell'opera di riduzione della spesa sociale.

Poiché dunque l'obbiettivo di tutti i nostri avversari e falsi amici è: o di buttarci fuori dalla maggioranza di governo o di coinvolgerci nella politica dei sacrifici; noi dobbiamo porci l'obiettivo contrario: rimanere nella maggioranza di governo impedendo i tagli allo stato sociale. A questo obbiettivo si può tendere se facciamo due cose. La prima è quella di allargare le contraddizioni che esistono già nel centrosinistra e nel PDS, all 'interno dell'Ulivo, e fra il PDS e la CGIL. La seconda è di allargare le contraddizioni fra i gruppi dirigenti del centrosinistra e la base popolare del PDS.

E' d'accordo la base operaia del PDS con la tesi del gruppo dirigente che bisogna colpire le pensioni di anzianità, che bisogna introdurre la flessibilità e il lavoro in atto nel mercato del lavoro?

Che il lavoro nero non è poi una brutta cosa?

E' d'accordo la base popolare del PDS, i tanti pensionati, con la tesi di D'Alema che bisogna tagliare ancora lo stato sociale, le pensioni e la sanità? Che per dare lavoro ai giovani del sud, invece che prendere le risorse dalla enorme evasione fiscale bisogna prenderle dagli anziani pensionati o dagli operai? Cosa ne dice la base del PDS dei tentativi di D'Alema e Prodi di rompere con Rifondazione Comunista per allearsi con Berlusconi?

Se sapremo agire su queste grandi contraddizioni, passando all'offensiva invece che rimanendo sulla difensiva, renderemo molto difficile l'operazione di escluderci dalla maggioranza di governo e quindi di tagliare ancora lo stato sociale, o quantomeno se proprio vorranno farlo, faremo pagare loro davanti al paese, nei consensi popolari, il prezzo più alto possibile.

Il governo Prodi alla prova. I trasporti

di Ugo Boghetta

responsabile nazionale trasporti PRC

Il Governo Prodi ha suscitato grandi speranze di trasparenza e cambiamento. Con queste motivazioni RC ha chiesto durante la Finanziaria la verifica sul progetto Alta velocità TAV: oggetto di critiche che l'arresto di Necci ha reso credibili anche ai più ottusi. Il Ministro dei trasporti ha accettato e ha consegnato al Parlamento, il 4 febbraio, una relazione di circa 1000 pagine.

Nella sostanza il Ministro ha accolto le critiche dei Rifondazione e dei comitati ad un progetto che non è adatto all'Italia, che non da priorità al trasporto merci, che separa di fatto le nuove linee dalle vecchie. Burlando ha anche affermato che la velocità non è più la priorità.

Lo stesso meccanismo societario TAV è apparso discutibile così come gli appalti. Mentre inopinatamente sembra avallare il meccanismo finanziario: il mitico intervento del 60% dei privati.

Numerose sono le commissioni istituite, per approfondire un tema che finalmente è apparso in tutta la sua gravità, sia da parte dei Ministri competenti, della maggioranza stessa, dei 100 Sindaci contro l'Alta Velocità.

Particolarmente apprezzabile è il lavoro degli esperti dei Sindaci: Tartaglia, Bettini Zambrini ed altri, che smontano il progetto TAV e pongono alternative. Molte comunque sono le cose da chiarire: come connettere le nuove e le vecchie linee, come potenziare merci e pendolari (senza fare i tagli previsti), se cambiare o no la tensione di alimentazione, quali sono i costi dell'opera (ormai raddoppiati), qual è la distanza di rispetto (30 o 150 metri), come indennizzare gli espropriati come controllare l'esecuzione dell'opera, quale il rapporto Alta Velocità e direttiva Prodi che riduce le ferrovie.

A breve si terra' un iniziativa nazionale dei Sindaci (probabilmente manifestazione e convegno) per cercare di dare l'ultima spallata al progetto TAV e per evitare il ritorno dei gattopardi: che tutto cambi purché nulla cambi.

Per quanto ci riguarda rimaniamo a maggior ragione della nostra opinione: modificare radicalmente il progetto, sciogliere la TAV, potenziare in via prioritariale le ferrovie.

Dibattito in Consiglio Regionale sulla sanità.

di Carlo Rasmi

Si conferma con la relazione dell'assessore Bissoni e anche con gli interventi in questo Consiglio la distanza fra la politica sanitaria della maggioranza e i convincimenti che manteniamo per quanto riguarda la sanità pubblica. Ma si conferma anche un atteggiamento benevolo, condiscendente, nel dibattito, al di là del voto, del centro-destra verso le politiche sanitarie della maggioranza. Prosegue una riorganizzazione della sanità in Emilia-Romagna come puro obiettivo tecnico finanziario. Non sottovalutiamo l'obiettivo, ma nella relazione dell'assessore Bissoni scompare l'utente con i suoi bisogni veri, con i suoi diritti. Si conferma una scelta di restrizioni nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, e le conseguenti chiusure di strutture ospedaliere e servizi territoriali. Il diritto alla salute diventa secondario, in violazione della Costituzione, rispetto alle compatibilità finanziarie dello Stato, come sancito degli articoli 1 delle leggi 502/517, che noi diciamo di controriforma, e agli obiettivi economici posti da Maastricht, come sta scritto nella relazione. Primario diventa il diritto dei detentori dei grandi patrimoni e delle grandi rendite finanziarie a non essere tassati. Ignorati i 230mila miliardi di evasione, ognuno sul piano politico ed elettorale sceglie quale priorità stabilire e quali sono i suoi referenti di classe. E' consapevole, è politica la scelta del Governo a mantenere nella totale inadeguatezza il Fondo Sanitario Nazionale. La stessa Regione Emilia-Romagna, la maggioranza che lo governa non ha nulla da eccepire se dal '90 ad oggi il fondo sanitario regionale è stato dotato più o meno dello stesso finanziamento. Ho più volte denunciato che in termini di valore reale del denaro, a causa dell'inflazione e dell'aumento reale dei prezzi del settore (nel 96 +10%), che non sempre coincide con l'inflazione, il Fondo Sanitario Regionale è nella condizione di poter utilizzare una cifra che è di circa 2000 miliardi in meno rispetto agli anni '90. Una volta condiviso questo stato di cose, le scelte non possono essere che quelle della destrutturazione dei servizi e l'obiettivo tante volte posto dall'assessore del mantenimento della qualità della prestazione sanitaria diventa una vuota enunciazione, per non dire una velleità, perché non esistono le condizioni economiche materiali. Abbiamo sempre riconosciuto che permangono sprechi nella sanità. Tutti citiamo le visite specialistiche, i farmaci, i ricoveri non necessari, l'organizzazione del personale, l'oculatezza nella gestione della spesa generale. Sono questioni delle quali ci siamo sempre fatti carico, ma una razionalizzazione dei servizi ha bisogno di tempo anche per la realizzazione di strutture territoriali alternative; ha bisogno di modelli di gestione nuovi, più efficienti, che vanno però verificati. Vi è la necessità di un impegno pieno, responsabile dei medici di base, dei medici ospedalieri, di tutti i lavoratori della sanità. Non è accettabile che questo processo di razionalizzazione, che ha un suo percorso, possa essere sostituito con interventi di chiusura di strutture e con il disconoscimento conseguente del diritto dei cittadini a prestazioni sanitarie qualificate. Comunque, non corrisponde, a nostro parere, al vero l'opinione che la giusta lotta agli sprechi possa permettere un recupero di risorse in misura sufficiente a garantire la permanenza dell'attuale rete sanitaria. Ho sentito in questo Consiglio discorsi colti sulle politiche sanitarie, ma siccome personalmente ho una formazione di tipo materialista, mi attengo ai fatti e questi fatti, i fatti della sanità, fanno giustizia delle tante parole. Ci sono code interminabili per le prestazioni specialistiche, utilizzate come strumento burocratico per favorire l'esodo verso il privato. Leggo sul giornale che al Sant'Orsola un bambino che attende 5 settimane per un intervento, alla fine i genitori sono invitati dal Direttore Sanitario a farlo fare a Milano o a Pavia perché non c'è personale. A Parma - leggo sempre sui giornali- il pap-test, necessario ogni 6 mesi, riconosciuto ogni anno, oggi è programmato con l'invito a casa dall'USL ogni 3 anni. Diventa un test assolutamente inutile, salta completamente la prevenzione. La stessa proposta di dimezzare i finanziamenti per la riabilitazione, che molto spesso riguarda persone anziane non autosufficienti, in Emilia-Romagna è significativo. Questi sono fatti e non sono fatti episodici, ma parte di un progetto che si sta affermando. Infatti è al lavoro un gruppo di esperti dell'Agenzia Sanitaria Regionale per definire il cosiddetto "livello minimo essenziale" di prestazioni da erogare ai cittadini. Questo gruppo di lavoro, in sintesi, ha il compito di ridurre la spesa sanitaria, di razionalizzare la chiusura delle strutture pubbliche e avviare la privatizzazione della sanità, in modo da trasferire una parte rilevante degli oneri sui singoli cittadini. In generale è comprensivo di questo processo l'attivazione di mutue integrative e di assicurazioni private. Come già è successo in Inghilterra e negli Stati Uniti, visto che non stiamo inventando niente di originale, l'aziendalizzazione non l'abbiamo certo inventata noi, a pagare saranno i lavoratori, i pensionati, le persone più fragili. I Piani Attuativi Locali stessi, che ho potuto esaminare, sono documenti di una genericità stupefacente, una pura manifestazione di intenti, senza alcun piano finanziario che ci indichi i risparmi e le necessità per gli investimenti. Essi sono per un amministratore pubblico, privi di qualsiasi valore, quasi uno scandalo. Comunque, sono una grave manifestazione di mancanza di volontà di trasparenza nella gestione della programmazione sanitaria. Non è un caso che il criterio della contestualità fra la chiusura degli ospedali e l'apertura delle nuove strutture territoriali poste nelle "Linee guida per la rimodulazione della rete ospedaliera" è oggi sfumato, per non dire abbandonato. Si pone molto più semplicemente l'obiettivo della riduzione del 25% delle prestazioni ospedaliere, come scelta risolutiva del problema. I PAL sono, senza mezzi finanziari, puro strumento di taglio. Altro cardine della politica sanitaria della Regione, coerente con la normativa nazionale della quale è sia ispiratrice, che fedele esecutrice, è la scelta di trasferire sul Fondo Assistenziale, pur ampiamente inadeguato, e su singoli e famiglie, una quota sempre più consistente dei costi della sanità. Vedi le Residenze Sanitarie Assistite, l'Assistenza Domiciliare Integrata, i Day Hospital di diagnostica e così via. Ne sono esempio l'RSA nella quale la Regione prevede che metà della retta (3 milioni al mese) sia a carico dell'utente stesso, dei familiari o del Fondo Assistenziale del Comune. C'è dissenso anche per l'aumento dei ticket per il '97, che è generalizzato e diventa un elemento di ulteriore improprio finanziamento del Fondo Sanitario Regionale. Alla fine della scorsa legislatura il consigliere Tommasini ebbe la delega dalla Giunta Regionale per una verifica da compiersi con lo psichiatra di Trieste, Rotelli, sullo stato dei servizi psichiatrici nella nostra Regione. Il giudizio fu critico, ma vennero avanzate anche proposte. Che ne è stato di queste proposte? L'ho chiesto anche in Commissione Sicurezza Sociale, ma non è venuta nessuna risposta. Spero oggi di essere più fortunato. L'assessore Bissoni ha detto in Consiglio che sulla psichiatria non ha autocritiche da fare. Non basta soffermarsi a quello che è stato fatto in Regione. Negli anni 80 sicuramente è stato fatto molto poco. Vorrei ricordare che vi sono realtà, vedi Trieste, in cui è stato fatto di più e meglio. E' da quelle esperienze che dobbiamo imparare. Bisogna pensare ad una nuova gestione democratica della sanità, rimettendo in discussione il potere monocratico dei direttori generali che peraltro, visti gli sbilanci del '96, si è rivelato fallimentare. Democrazia nella sanità significa ridare un ruolo centrale alla programmazione, a partire dalle esigenze della popolazione , attraverso la valorizzazione dei consigli comunali e provinciali. Le Conferenze dei Sindaci devono cambiare il loro modo di operare, oggi burocratico e di ratifica. Osservo che se c'è un governo di progresso, esso ha il dovere di ripianare il debito sanitario regionale pregresso. Non c'è alcun crac nella sanità, ecco un elemento fondamentale di dissenso da parte nostra. E non c'è nessun bilancio da risanare, contrariamente a quanto affermano i colleghi del centro-destra e non solo: c'è solo un FSR pesantemente inadeguato. Non sosteniamo una spesa indiscriminata, cosa che peraltro non vi è nel nostro paese, visto che siamo, lo ripetiamo per un'ennesima volta, il fanalino di coda in Europa, con il 5% del PIL rispetto al 7/8% della Francia e della Germania, che pure hanno un PIL molto più consistente del nostro. Oggi chi è disponibile ad accettare e sostenere questo stato di cose, si assumerà la responsabilità politica della demolizione della sanità pubblica in Regione. A noi spetta il compito, con le decine di assemblee che stiamo tenendo in tutta l'Emilia Romagna, di organizzare la difesa della Sanità Pubblica prodotta dalla migliore tradizione amministrativa del PCI in Emilia Romagna.

P.S. Entro il 30 marzo i PAL dovranno essere presentati in Regione dai direttori generali; entro il 30 aprile la Regione li approverà. Non può più essere rimandata un'urgente mobilitazione del PRC in difesa della Sanità Pubblica in Emilia Romagna.

In Consiglio regionale la destra razzista e xenofoba fa mancare il numero legale per impedire l'approvazione di una Risoluzione di Rifondazione Comunista, che riconosce anche ai lavoratori extracomunitari invalidi il diritto al collocamento obbligatorio.

Durante la seduta pomeridiana del Consiglio regionale del 6 marzo u.s. è mancato il numero legale, al termine della discussione su una Risoluzione presentata da PRC, relativa alla discriminazione dei lavoratori stranieri, spesso vittime di infortuni sul lavoro, ai quali, sulla base di una interpretazione ingiustificatamente restrittiva, viene negata l'iscrizione alle liste di collocamento obbligatorio previste e disciplinate dalla L. 482/68. La Risoluzione affronta un tema di evidente giustizia sociale, in quanto gli immigrati privati della possibilità di accedere al mondo del lavoro a causa della loro inabilità - procurata in molti casi dalla mancanza di opportune misure di sicurezza sul posto di lavoro - rischiano di essere risospinti verso l'illegalità. Ma al momento del voto sulla Risoluzione, A.N. con la complicità di Forza Italia, ha fatto mancare il numero legale per impedirne l'approvazione. Lo scopo evidente è quello di non creare occasioni di integrazione, ma, al contrario, agevolare l'espulsione di questi lavoratori. Ancora una volta la destra ha mostrato il suo vero volto.

Sanità, una sfida che non si vince giocando in difesa

di Guido Pasi

Il pensiero unico dell'impresa, la forma aziendale, l'organizzazione dei servizi mutuata da quella della vita del prodotto, sono i modelli a cui si ispira la controriforma della sanità in Italia. Ciò che le Leggi 180 e 194 del '78, con il Servizio Sanitario Nazionale ,si era affermato come il più avanzato strumento di politica sociale in qualche modo scaturito dell'ondata riformatrice degli anni '60, è così divenuto un terreno di diseguaglianze e discriminazioni. La destra ha sempre visto la sanità come un luogo del mercato, la sinistra viceversa ha sempre, grosso modo, variato tra due grandi opzioni: a) la sanità, al pari di altri servizi ai cittadini, come strumento di riequilibrio delle diseguaglianze sociali, salario sociale differito; b) luogo sottratto alla dinamica del mercato in quanto diritto, per cui l'oggetto dell'azione di governo non è più la sanità ma la salute. Queste grandi opzioni hanno prodotto entrambe un grande livello di civiltà nelle esperienze di governo locale delle sinistre, dagli anni '50 in poi e dopo il '68, quando si è più sviluppata l'azione del governo territoriale della salute. Nella nostra regione si è costruita così, sia una rete efficiente ed efficace di servizi ospedalieri e di erogazione di prestazioni sanitarie, sia, più tardi, una rete altrettanto ricca di presidi territoriali della salute. In altre regioni la svolta è invece apparsa razionalizzatrice ai settori più evoluti dell'opinione pubblica, mentre non ha sostanzialmente cambiato di un rigo la sensazione con cui gli utenti percepivano e percepiscono il servizio sanitario. Dove non c'era traccia di ospedalizzazione ed erogazione di sanità veramente efficiente e dove non si è mai neppure posto il problema del presidio territoriale della salute, la cura dei Ministri da De Lorenzo in poi, non è apparsa quasi visibile né più insopportabile di prima. Viceversa in territori come i nostri l'impatto della svolta è stato fragoroso. L'aziendalizzazione ha prodotto infatti un cambio di paradigma. Se prima la logica era quella di deospedalizzare grazie alla prevenzione, quindi spostando la spesa sulla prevenzione si poteva risparmiare in erogazione dei servizi sanitari, ora la logica è divenuta quella di ottenere le economie, rese necessarie dai tagli di bilancio, attraverso la riduzione dell'aspetto di servizio alle logiche di mercato, generando conseguentemente la superfluità dell'aspetto più extramercantile: il presidio della salute. In una parola la ricerca dell'efficienza è avvenuta a spese dell'efficacia. Il cittadino utente si trova così di fronte ad una modernizzazione che lo costringe a subire una immediata riduzione dell'ampiezza dei servizi sanitari erogati, alla loro tendenziale gratuità si sostituisce sempre di più un tendenziale avvicinamento alla logica del costo, mentre, più sullo sfondo ed in modo meno percepibile immediatamente scompaiono o si assottigliano i presidi della salute sul luogo di lavoro o gli altri interventi attivi di prevenzione. Vale per tutti il degrado dei Servizi di Medicina del Lavoro da agenti attivi dell'autogestione operaia della salute a consulenti aziendali. Di fronte alla destrutturazione in atto si ha dunque una reazione di rifiuto netto della gran parte della popolazione coinvolta dalla chiusura dei servizi. Questa reazione viene però di solito innocuizzata dalla impossibilità di farsi progetto alternativo. Si assiste così a fiammate, impennate, raccolte di firme, comitati che si formano, a volte anche con l'appoggio di amministratori locali, ma poi essendo i manager sottratti al meccanismo del giudizio politico elettorale ed essendo la Regione lontana e politicamente quanto mai tetragona, queste lotte si spengono nel nulla. Il grande disegno aziendalizzante, il trasferimento ai privati di servizi sanitari e ospedalieri, lo slittamento della spesa verso funzioni sempre più di intervento ex-post sulla malattia e quindi più redditizi non viene così se non rallentato di poco. L'arma della quale si servono gli aziendalizzatori regionali è infatti tagliente e penetrante. Di fronte alla rivendicazione quantitativa che chiede di tenere ampio il fronte dell'offerta del servizio ospedaliero e dei servizi sanitari, essi rispondono con la ricetta della maggiore efficienza a fronte della restrizione e della creazione di servizi adeguati alla mutazione demografica (le RSA per esempio). A ciò si deve contrapporre una proposta che sia all'altezza della sfida offrendo alla sacrosanta lotta dei cittadini uno sbocco avanzato e vincente. In primo luogo si deve sostenere che bisogna aumentare la quota del bilancio nazionale destinata al SSN. Questa idea non va presa con sufficienza né giudicata banale. Nella nostra iniziativa presso tutte le istanze che si muovono nella società essa deve essere tenuta presente e posta come "condicio sine qua non". E' infatti evidente che ogni movimento che resiste alla chiusura di un pezzo della sanità regionale, ospedale o altro che sia, si muove su di un terreno inaccettabilmente ambiguo se chiede contemporaneamente la riduzione ulteriore della spesa sanitaria a livello nazionale e propone alla regione ER di non chiudere il piccolo ospedale. Corollario naturale di questa premessa è naturalmente che si aumenti anche la spesa a livello regionale. In altre parole che sia la fiscalità generale e non l'aumento dei ticket sulle prestazioni o dell'accisa sulla benzina a finanziare la spesa sanitaria. Queste due premesse rendono così possibile affermare che l'attuale livello dell'erogazione del servizio sanitaria in ER può essere tenuto in vita senza ulteriori tagli giacché le risorse vanno reperite attraverso la fiscalità generale, rivendicando un'autonomia impositiva alle regioni e agli enti locali: imposte distinte e riconoscibili dentro un quadro definito di leggi nazionali generali ma flessibili (per esempio con l'indicazione di un massimo e di un minimo per le aliquote).Per esempio la Regione dovrebbe ottenere una parte del gettito IVA che è un'imposta legata al consumo e non alla residenza, oltre all'IREP prevista e ad un tributo progressivo sull'auto (in base alla cilindrata) che sostituisca l'accisa sulla benzina o il contributo sulla RC Auto. Queste proposte di riforma sono ovviamente degli esempi. Ma il problema di reperire le entrate dalla fiscalità generale va posto come questione di principio. La sanità deve essere pagata da tutti in modo equo e progressivo. Anche in questa ipotesi si devono fare però alcune scelte politiche precise. In primo luogo bisogna pronunciarsi sulla forma di amministrazione della AUSL. Pare accertato che la formula attuale causa una spesa elevata verso il management ed è certamente deresponsabilizzata verso la società. Dunque in sede di revisione della legge regionale 19 occorre chiedere non già solo un ruolo maggiore per i sindaci, come fa la CGIL per esempio, pur cogliendo così una parte del problema, ma che sia prevista una forma di Consiglio di Amministrazione delle AUSL in cui possono incrociarsi rappresentanza istituzionale consigliare e maggior peso delle competenze professionali. Conseguentemente occorre ridimensionare il peso del management e la sua natura autocratica valorizzando la responsabilizzazione delle professionalità interne alle aziende e proponendo una carriera interna che possa arrivare anche ai vertici. Strettamente connessa è la questione del rapporto con le cliniche private ed in generale con la sanità privata. E' su questo terreno che si bruciano risorse ingenti e soprattutto si modifica la filosofia portante della sanità regionale di un tempo.

Questa impostazione produce infatti un ulteriore crescente spostamento verso la sanità ospedalocentrica, ulteraspecialistica, verso una medicina attenta alla produzione di reddito più che di salute sul territorio. La piattaforma dei sindacati della Regione ER propone a questo punto di considerare l'attuale accordo con l'AIOP un modello positivo, insomma una prova di un governo che "governa" tutta la sanità ma non la gestisce tutta.. Ma noi non possiamo dimenticare come nell'ipotesi del "bonus" sanitario che il cittadino spende indifferentemente dove vuole, c'è un'abdicazione: la regione cerca efficienza nei servizi che eroga, ma non potendo più garantire efficacia a tutto campo si lascia integrare dal privato.

Ma la specificità di questa integrazione è che essa può avvenire solo sui settori altamente remunerativi dei servizi sanitari, il resto dei servizi, cioè il 90% di ciò che serve ai cittadini non interessa ai privati. Si verifichino dunque gli effetti del bonus con la disponibilità a modificare l'attuale assetto dell'accordo. Per quanto riguarda le RSA esse possono rappresentare una risposta non necessariamente errata ai bisogni della popolazione, anzi positiva come la giudicava Maura Cossutta sul nostro quotidiano, ma a condizione che esse siano inserite in un contesto ricco di presidi sanitari e della loro accessibilità (gratuità).

Viceversa esse divengono operazioni di puro mercato. Infine va segnalata la grave anomalia apertasi con l'esercizio della libera professione nelle strutture pubbliche.

Questa pratica, presentata ipocritamente come una vittoria che costringeva i medici a scegliere tra il tutto privato e il tutto pubblico, crea gravi distorsioni e disagi intollerabili allungando enormemente le liste d'attesa.

Una proposta da avanzare in Parlamento potrebbe essere quella di vincolare l'esercizio della libera professione alla lunghezza delle attese.

Ad esempio : la libera professione di medici e paramedici viene bloccata nel reparto in cui la lista di attesa per le prestazioni in gratuità supera i 10 giorni.

Con questo articolo intendevo dare un mio contributo, da profano quale sono, ad un dibattito che ha visto numerosi interventi nell'ambito di Rifondazione Comunista dell'Emilia-Romagna, convinto come sono che, almeno su alcune questioni si possa e si debba rendere la nostra iniziativa più concentrata e stringente.

Rifiuti, materia seconda, da privatizzare come la prima?

un convegno regionale organizzato dal gruppo di Rifondazione Comunista discute di rifiuti e privatizzazioni

di C. ADELMI

Davanti ad una nutrita platea e alla presenza di Claudio Grassi, della Segreteria nazionale del PRC, si è svolto il 28 Novembre 1996 il convegno regionale "Rifiuti: una risorsa? non privatizziamola - Altre idee per un'altra società" organizzato dal Gruppo consiliare e dal Comitato regionale del PRC emiliano-romagnolo.

Ha aperto i lavori Rocco Giacomino, Capogruppo PRC in Regione, che ha insistito sulla necessità di responsabilizzare il produttore sull'impatto ambientale delle merci che si trasformeranno in rifiuti. La contraddizione uomo - natura deve varcare i cancelli della fabbrica. Cosa produrre, per chi produrre, come produrre sono domande che appartengono alla "Rifondazione Comunista.

Al centro delle relazioni la critica ad un sistema che cerca di trarre profitti anche dal trattamento dei rifiuti stessi. La scelta non è dunque su come trattare i rifiuti prodotti (inceneritori e discariche) ma su come ridurne la quantità fin dalla produzione e su come riutilizzarli attraverso la raccolta differenziata. Serve dunque un sistema integrato.

Da questa posizione prevalente si è differenziata Silvia Zamboni Assessora Verde del Comune di Bologna, che ha posto la necessità di far fronte ai rifiuti che aumentano senza demonizzare gli inceneritori che oggi, grazie alle nuove tecnologie, potrebbero essere installati persino in centro città.

Rambelli Presidente regionale di Lega Ambiente è intervenuto sulle "ecomafie" ricordando l'impegno della sua associazione contro il traffico illegale di rifiuti.

Paolo Cacciari, Consigliere regionale del Veneto e Ezio Locatelli Consigliere regionale della Lombardia, sono intervenuti soffermandosi sulle esperienze in atto nelle loro regioni. In particolare Locatelli, dopo aver duramente attaccato le scelte della Giunta Formigoni in materia ha sostenuto che la tecnica dell'incenerimento non costituisce la soluzione al problema rifiuti.

Pier Giorgio Nasi Capogruppo PRC in Comune a Bologna, ha sottolineato la contrarietà al progetto "Seabo" ossia la fusione delle aziende municipalizzate Amiu - Acoser che, a suo parere, porterà inevitabilmente alla privatizzazione della gestione dei rifiuti a Bologna e Provincia. Molto meglio la proposta di una "Azienda Speciale Multiservizi" che avrebbe garantito efficacia e sicurezza sui fini perseguiti dall'azienda.

Marco Nesci del Dipartimento nazionale autonomie locali si è soffermato nell'intervento conclusivo sull'impegno del PRC per impedire la privatizzazione dei servizi pubblici.

Del Convegno verranno presto pubblicati gli atti.

I CONSIGLIERI DEL PRC SI AUTOTASSANO A FAVORE DEL PARTITO

Hanno incrementato del 5% le trattenute a favore del partito a fronte dell'aumento delle indennità dei Consiglieri Regionali.

Dopo aver respinto la mozione presentata da Rifondazione Comunista per l'istituzione di una trattenuta del 10% sull'indennità dei Consiglieri, come contributo a favore della manovra finanziaria 1997, il Consiglio Regionale dell'Emila-Romagna ha approvato, con il solo voto contrario del PRC l'aumento dell'indennità dei Consiglieri Regionali, tramite una manovra sui gettoni di presenza. I Consiglieri di Rifondazione, Rocco Giacomino, Patrizia Cantoni e Carlo Rasmi, si sono opposti duramente alla manovra, ritenendo che in tempi di sacrifici deve essere proprio chi è classe dirigente e percepisce un reddito adeguato a dare l'esempio, rispetto ai tanti che faticano a guadagnare la fine del mese: in Regione si sta andando nella direzione opposta. Giacomino, Cantoni e Rasmi, infine, all'atto dell'aumento dei rimborsi hanno deciso autonomamente di devolverlo al partito. il regolamento del PRC prevede infatti una trattenuta del 50% sulle indennità, i nostri Consiglieri invece hanno deciso di portarla al 55%.

Progetto di legge regionale: Istituzione dell'Agenzia Regionale per la Sicurezza e la salute delle Lavoratrici e dei Lavoratori nei luoghi di lavoro

di Carlo Rasmi

Questo progetto di legge nasce dalla necessità di dare all'intervento della Regione nel settore salute e sicurezza del lavoro una, ormai improrogabile, organicità di strutture e fini. In particolare il D.Lgs. 626/94 ha posto i legislatori regionali in questo stato di necessità. Le proposte, e la realizzazione di strutture nell'ambito regionale, si sono succedute negli anni passati senza un'apparente razionalità operativa; più dovuta ad eventi esterni (Referendum sull'ambiente, D.Lgs. 626/94) che non ad un percorso amministrativo lineare. Sono in campo i Dipartimenti della prevenzione, con gli S.P.S.A.L., oltre ai laboratori ex P.M.P. passati, dopo il Referendum del 1994, all'A.R.P.A.. Sorgono il C.D.S. (Centro di Documentazione della Salute) da due strutture precedenti. Viene costituito il C.d.S. (Consorzio dei Servizi), Ente pubblico - privato che consorzia volontariamente le A.U.S.L. con funzione di consulenza, dopo che per la stessa funzione era stata ipotizzata una privata Società di capitali.

E' evidente che, in questa situazione, caratterizzata da una molteplicità di strutture che hanno uno status diverso (pubblico e misto), competenze a volte separate e a volte intrecciate, risorse finanziarie e professionali diverse, mezzi tecnici la cui adeguatezza varia da provincia a provincia, etc., non è possibile realizzare una politica seria per la prevenzione e salute dei lavoratori. La presente legge si prefigge pertanto il compito di ricostruire, attraverso l'A.R.E.S.L., un efficiente sistema di servizi che risponda alla necessità della programmazione della Regione nel campo della salute e sicurezza, intesi come diritti fruibili da parte dei lavoratori. All'interno dell'A.R.E.S.L. vengono ricondotte le funzioni di vigilanza, controllo, assistenza, consulenza, informazione, documentazione, educazione. L'informazione e documentazione comprendono attività di monitoraggio ed elaborazione dei dati acquisiti. Le funzioni nell'A.R.E.S.L. sono esercitate per mezzo di servizi la cui autonomia d'azione (es. fra vigilanza e consulenza), ove è sancita dalla legge, è garantita. Il Regolamento è un elemento flessibile del modello organizzativo e della definizione dei rapporti con altri Enti e strutture. Ciò permette di modulare eventuali opportune modifiche senza ricorrere a modifiche legislative, ma partendo direttamente da esigenze interne all'Agenzia. Elementi qualificanti del Regolamento sono le disposizioni per mantenere separate le competenze degli operatori addetti alle funzioni di vigilanza e controllo rispetto a quelli addetti alla consulenza; gli elementi di integrazione tra i vari livelli di attribuzione delle responsabilità. Nell'unitarietà organizzativa delle funzioni di sicurezza ed igiene del lavoro vengono previste articolazioni di attività sia centrali che periferiche. Questo permette di centralizzare una serie di funzioni quali quelle di documentazione, formazione, informazione, coordinamento tecnico - scientifico e consulenza. Nello stesso tempo si mantiene una presenza articolata sul territorio a diretto contatto con le realtà produttive per le funzioni di vigilanza e controllo, che mantengono ampia autonomia tecnico - finanziaria. Viene prevista l'incompatibilità della condizione di dipendente pubblico di Ente con funzioni di vigilanza, controllo e consulenza con incarichi professionali a qualsiasi titolo. La fruibilità del diritto alla salute a alla sicurezza da parte dei lavoratori sarà garantito dall'adeguamento del personale, oggi indispensabile, sia sotto il profilo numerico che delle professionalità. Adeguamento che non significa espansione illimitata, poiché la garanzia vera per la difesa della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro sono le lavoratrici ed i lavoratori stessi per mezzo dei R.L.S. Come ogni altra legge la presente può dare risultati importanti se ne è garantita una gestione democratica, cioè se mette in campo in maniera attiva i soggetti interessati. I soggetti interessati alla consulenza sono R.L.S., Amministrazione Pubblica, artigiani, piccole e medie imprese. La consulenza per i R.L.S. è gratuita. Al fine di superare i limiti rilevati nella figura dell'Amministratore Unico il Presidente è affiancato da un Consiglio Scientifico. E' indispensabile, per rendere operativa l'A.R.E.S.L., adeguare il finanziamento a non meno del 6% del F.S.R.. Questo progetto di legge è stato reso possibile grazie al contributo di tanti compagni che hanno partecipato al convegno del gruppo consiliare sulla 626 e in particolare dall'impegno dei compagni Corrado Scarnato e Daniela Salieri che il gruppo sentitamente ringrazia.

PRC: un progetto di legge regionale per l'introduzione del V.I.O. (Valutazione d'Impatto Occupazionale) e per una ripresa occupazionale "qualificata"

di ROCCO GIACOMINO

Il problema della disoccupazione, così drammatico a livello nazionale, comincia a farsi serio anche in Emilia- Romagna. In alcune aree della regione la percentuale dei senza lavoro si aggira ormai attorno al 10%, mentre il tasso di disoccupazione regionale è attestato al 6%. Una media certo lontana da quella nazionale, che si accompagna però ad uno scadimento della "qualità" del lavoro.

Cresce l'area del lavoro precario, gran parte delle assunzioni è data da contratti di formazione, a tempo determinato o part-time ed in diversi settori si affermano anche fenomeni di vero e proprio lavoro nero, come ad esempio in edilizia. Anche in Emilia-Romagna la crescita della produzione ha portato maggiori profitti alle imprese, precarizzazione delle condizioni di lavoro e nessun beneficio per la crescita dell'occupazione nelle aree tradizionalmente "depresse" della regione. Di qui la necessità sempre più impellente di un intervento pubblico a sostegno di una ripresa occupazionale "qualificata" da attuare con l'aumento degli investimenti destinati ai lavori socialmente utili, ai lavori di cura, alla manutenzione urbana e territoriale.

Ad esempio, le frequenti alluvioni, che colpiscono la regione provocando sempre maggiori danni, ci dicono che un intervento preventivo di costante manutenzione del territorio, non solo garantirebbe più elevate condizioni di sicurezza per i cittadini, ma consentirebbero la crescita dell'occupazione con, in più, un notevole risparmio dell'ingente denaro pubblico richiesto dagli interventi di emergenza.

La leva principale per lo sviluppo dell'occupazione è, dunque, quella dello sviluppo dei lavori socialmente utili, insieme con l'altra, più tradizionale, delle opere pubbliche.

Per queste ultime si può prevedere che al criterio di "valutazione dell'impatto ambientale" che accompagna la progettazione delle opere pubbliche se ne aggiunga un altro: la "valutazione dell'impatto occupazionale".

Ed è proprio così (VIO, valutazione di impatto occupazionale) che si chiama il progetto di legge presentato in Consiglio regionale dal PRC per introdurre questo nuovo istituto. I parametri di valutazione ambientale rimangono, anzi è auspicabile siano resi ancora più severi, sottoponendo i progetti di opere pubbliche a un più rigoroso vaglio selettivo rispetto all'effettiva utilità pubblica e alla compatibilità ambientale. Ma a questi parametri se ne aggiungono altri che, nell'assegnazione di un appalto o di una fornitura, valutino l'impatto sull'occupazione, stabilendo un titolo di preferenza per le soluzioni che comportino livelli occupazionali più alti.

Il progetto, che si ispira a precedenti proposte, vuole anche contrastare i processi di precarizzazione e di flessibilizzazione della condizione lavorativa, e determinare una controtendenza di questi fenomeni con l'innesto di meccanismi che premino l'incremento occupazionale e la stabilizzazione della condizione lavorativa. Dunque il progetto di legge di Rifondazione Comunista, se approvato, impegnerebbe la Regione ad incentivare le opere pubbliche e la fornitura di servizi, che dimostrino una reale capacità di creare lavoro, e soprattutto lavoro stabile. Chi fosse interessato alla consultazione del testo di legge può farlo anche via internet navigando verso il sito del gruppo consiliare del PRC:

http://www.regione.emilia-romagna.it/consiglio/contcons/grrif/evgrrif.htm

RIFONDAZIONE COMUNISTA: CRESCE IL LAVORO NERO IN EDILIZIA A MODENA

L'affermarsi di fenomeni di vero e proprio lavoro nero e di evasione contributiva nel settore edile della provincia di Modena, sono al centro di una interpellanza che il consigliere di Rifondazione Comunista Rocco Giacomino ha rivolto alla Giunta Regionale. Giacomino chiede di conoscere quali provvedimenti intende assumere la Giunta Regionale al fine di stroncare una situazione che sta mettendo in grave pericolo le conquiste contrattuali, sociali e normative che hanno caratterizzato i livelli di civiltà e di progresso raggiunti dalla provincia di Modena e dall'intera Regione.

A questo proposito, Giacomino, sottolinea i dati forniti dall'Ispettorato del Lavoro, che ha scoperto oltre 20 lavoratori in nero, con oltre 3 miliardi di evasione contributiva, la diminuzione negli ultimi 3-4 anni di circa 1500 lavoratori e i sempre più frequenti incidenti sul lavoro. Giacomino rileva inoltre il problema della sorveglianza e dei controlli ispettivi, oggi del tutto insufficienti, da parte dell'INPS, dell'INAIL e dell'Ispettorato del Lavoro, dove, in questa ultima sede, sono in servizio 22 dipendenti rispetto ad un organico di 76, con non più di 4-5 ispettori per una provincia che enumera settantamila attività produttive.

Parliamo di "ex manicomi"

di Patrizia Cantoni

Penso che il superamento del manicomio, inteso come istituzione totale coercitiva, fosse ormai atteso da tempo da chi crede che la psichiatria non debba essere uno strumento violento ed autoritario da esercitarsi nei confronti di soggetti in difficoltà o comunque per "controllare" comportamenti diversi. Troppe volte la psichiatria è intervenuta ed interviene in modo arbitrario nelle vite delle persone, determinando i limiti della normalità ed imponendo dei percorsi terapeutici che per la loro aggressività sia fisica che psichica hanno significato e significano, per molti individui, avviare percorsi senza ritorno. Si dovrebbero ricercare meglio le cause di tanti disagi individuali e collettivi, partendo dalle cause fondanti e cercando di dare risposte che si basino sul rispetto e sulla dignità di ogni persona nella sua specificità. Alcuni aspetti delle soluzioni messe in atto nella nostra regione per il superamento dei manicomi, sono fortemente criticabili. Nello specifico, per quelli che vengono tecnicamente indicati come "residui" manicomiali riscontriamo una forzatura nel loro allontanamento indicato rigidamente alla data del 31/12/96: non andrebbe dimenticato che questi "residui" sono persone che da lunghi anni sono costretti a vivere nei manicomi perché soli al mondo, vittime di una società incapace di aiutare i soggetti che momentaneamente si trovano in difficoltà e che si sono adeguati a vivere le strutture istituzionali come loro ambito familiare.

Per loro, essere trasferite in altre strutture, separate da amici e conoscenti, potrebbe significare la perdita di equilibri faticosamente, o forzatamente, trovati. E' plausibile pensare che sia più forte la spinta derivante dall'opportunità per le Aziende U.S.L. di vendere queste sedi che quella del superamento anche simbolico(attraverso la loro chiusura) dei manicomi, quale scelta di giustizia e civiltà. In realtà, non vi è nessun superamento, se non vengono superati i presupposti stessi che hanno portato alla loro esistenza.

Tant'è che le strutture alternative create per accogliere gli ex-ricoverati si ripropongono senza differenziarsi troppo da quelle originarie. Persiste infatti la scelta di isolare gli ex-ricoverati in ambiti posti ai margini o al di fuori del contesto cittadino, rendendo quindi più difficile, se non impossibile, un loro reinserimento sociale. L'aspetto più pericoloso, che viene indicato tra i criteri da adottare per il superamento delle strutture manicomiali, è il facilitare un percorso di veicolamento dei disagi psichici verso le strutture private, attivando rapporti di convenzione con le stesse.

La nostra contrarietà nasce dalla consapevolezza di quanto sia generalmente difficile il controllo delle attività nelle cliniche private e, in particolare modo, perché siamo a conoscenza che in alcune di queste strutture si attuano ancora metodi coercitivi e trattamenti terapeutici ormai superati e anzi contestati e avversati da lungo tempo nelle strutture pubbliche.

Legittimo è anche il timore che le persone collocate nelle strutture private, possano divenire oggetto di facili raggiri e di mala amministrazione del loro patrimonio personale. Inoltre, dovremo vigilare e porre molta attenzione in merito al riuso delle sedi e degli spazi manicomiali, in quanto, quasi sempre si tratta di opere architettoniche di valore collocate in spazi verdi, vitali per le città, che è necessario sottrarre a speculazioni pericolose, per reinserirle nel contesto urbano, con funzioni differenziate, ma di uso pubblico, a beneficio dell'intera collettività.

Aumenta la benzina come ai tempi del C.A.F.

di Rocco Giacomino

Di fronte al deficit miliardario del Bilancio della sanità, la giunta regionale rispolvera una vecchia ricetta di moda ai tempi dei governi del C.A.F. (Craxi-Andreotti-Forlani): aumentare il prezzo della benzina e del metano.

Complimenti alla giunta La Forgia-Sabattini a cui non difetta certo la "fantasia". Rifondazione Comunista ribadisce la ferma contrarietà ad ogni nuova imposta che, come l'aumento del prezzo della benzina, agirebbe in maniera indiscriminata e senza un'equa progressività, sulle tasche di tutti i cittadini senza distinguere tra il portafoglio del ricco e quello del povero. Ugualmente riaffermiamo la nostra opposizione ad ogni ulteriore riduzione dei servizi sanitari erogati. I tagli ai posti letto, alla rete ospedaliera ed ai presidi territoriali della salute hanno già da tempo varcato i limiti della tollerabilità, mentre appare evidente che, non potendosi ridurre ulteriormente la spesa sanitaria nazionale essendo già la più bassa in Europa, si può e si deve agire sugli sprechi, sulle inefficienze e sulle diseconomie. L'assessore alla sanità inoltre continua a non rispondere ad alcune nostre richieste ed interpellanze: quanto costano alla collettività i premi ai super-manager delle Ausl elargiti con tanta disinvoltura, l'estrema onerosità di tutta la dirigenza sanitaria ed i soldi versati alla cliniche private accreditate? E quando l'assessore alla sanità si occuperà, con maggior profitto, dell'ormai insostenibile allungamento dei tempi di attesa per visite ed esami specialistici a cui quotidianamente sono sottoposti i cittadini? Riconfermiamo dunque il giudizio già espresso dal PRC: questa maggioranza è priva di quella progettualità innovativa che per una lunga stagione caratterizzò le giunte di sinistra in regione e soprattutto ci appare appiattita sull'ordinaria amministrazione in attesa della fantomatica "rivoluzione federalista". In ogni caso, per quel che ci riguarda, continueremo a denunciare ogni ulteriore processo di compressione e riduzione delle garanzie e delle tutele del sistema sanitario regionale. In questa battaglia guardiamo positivamente all'azione del sindacato, ma soprattutto siamo consapevoli di essere in sintonia con la richiesta di difesa dello stato sociale che proviene dalle cittadine e dai cittadini dell'Emilia-Romagna.

Intervento in sede di approvazione per la nuova legge regionale sul volontariato

di Carlo Rasmi

Due questioni, in particolare, ci colpiscono per quanto riguarda il progetto di legge regionale sul volontariato. Il primo riguarda l'adeguamento normativo del processo di istituzionalizzazione del volontariato; l'altro è un elemento politico che introduciamo perché se ne discuta, è la scarsa consapevolezza di questo processo da parte del volontariato stesso. Quest'ultimo è un dato che ci preoccupa moltissimo, almeno quanto il primo. Per quanto riguarda la marcia forzata verso l'istituzionalizzazione del volontariato dobbiamo constatare che questo obiettivo viene posto in maniera sempre più aperta anche dalle forze del centro-sinistra, anzi, avendo esse il legame più stretto con dette realtà in Emilia- Romagna, si fanno alfieri di un processo che tende a ristrutturare la sanità, l'assistenza, le scuole per l'infanzia, cioè parte dello stato sociale, trasferendone le competenze al privato-volontario, come strumento per diminuire una spesa dello Stato che sarebbe eccessiva, cosa non vera se rapportata agli altri paesi europei. Ciò che non ci si sente di sostenere in maniera diretta nella Relazione alla legge regionale lo si fa dire ad autorevoli membri del governo i quali affermano che il settore no-profit eroga servizi, assume personale, occupa spazi che lo Stato non è più in grado di gestire e che il mercato non ha convenienza a fare propri. Un settore che offre occupazione stabile e remunerata a circa mezzo milione di cittadini. Occupano la scena della gestione, gradualmente dismessa dei servizi socio-sanitari, due soggetti diversi: le cooperative derivanti dalla cooperazione tradizionale e il volontariato vero e proprio. Le prime, in gran parte legate alla logica del libero mercato, spesso operano per libera scelta con lavoro precario, cioè flessibile, con sottosalari e contribuzioni dimezzate, cosa della quale si è scritto anche in questi giorni sui giornali, perché questa è la condizione per il profitto. Il volontariato vero e proprio, in gran parte estraneo alle logiche del libero mercato, fortemente motivato, subisce per necessità le stesse dinamiche che si traducono in autosfruttamento. Il settore nel quale oggi lavorano 500 mila persone, ma in cui domani potrebbero lavorare un milione, un milione e mezzo di persone, potrebbe tradursi, nel breve termine, nella più grande sacca di lavoro precario, sottopagato, privo di una dignitosa copertura previdenziale, del paese.

I comunisti denunciano con forza questo grande pericolo e richiamano il centro-sinistra alla ragione. Non riteniamo che tutto debba essere gestito dallo Stato, pensiamo che il volontariato sia una straordinaria risorsa per il paese, deve però essere chiaro che laddove la gestione dei servizi è trasferita, la Regione deve garantire i diritti dei lavoratori, ponendo il vincolo, in sede di appalto, dell'applicazione del contratto nazionale del settore. I problemi finanziari dello Stato siano risolti nell'ambito della fiscalità generale e non a spese di centinaia di migliaia di lavoratori. Detto questo occorre dire pure che la defiscalizzazione a favore delle realtà del volontariato non risolverebbe i problemi. L'altro elemento per noi di grave preoccupazione è la scarsa consapevolezza, nel volontariato, del processo di inglobamento, di istituzionalizzazione delle sue strutture.

Ci pare inconsapevole del fatto che assieme a questi finanziamenti (inadeguati) che oggi arrivano e che sono giustamente salutati con soddisfazione e sollievo, arrivano carichi di competenze e responsabilità sproporzionate rispetto ai mezzi finanziari messi in campo e così che in questa fase storica lo stato sociale in dismissione trova la sua valvola di sfogo nel volontariato.

La Regione Emilia-Romagna deve garantire condizioni eque al volontariato, ma temiamo che questo obiettivo non sarà possibile e perseguibile se il volontariato stesso non aprirà, su questi temi, un grande dibattito al suo interno, se non prenderà coscienza del grande pericolo di essere usato per fini non dichiarati ma visibili. Abbiamo espresso una valutazione politica complessiva della situazione negativa, ma non è in merito alla legge regionale oggi proposta che abbiamo rilievi significativi da fare, condividiamo e apprezziamo i percorsi, il grande impegno nella consultazione.

Siamo profondamente legati alla esperienza del volontariato, riteniamo che la legge regionale possa essere uno strumento utile, verificheremo la sua applicazione, anche in riferimento alle procedure, a tratti abbastanza macchinose. Per questo, nonostante la nostra grande preoccupazione, voteremo a favore di questa legge.

Verifica sull'applicazione della 194 in EmiliaRomagna

di Carlo Rasmi

Diamo un giudizio negativo sulle due mozioni presentate perché il contenuto politico e culturale a tratti sottinteso e a tratti esplicito è per noi inaccettabile. Si censurano problematiche che sono alla base di una corretta gestione dalla 194. Educazione sessuale. Da molti decenni l'orientamento conservatore della Chiesa cattolica e i Ministri, tutti democristiani della Pubblica Istruzione, hanno impedito qualsiasi impegno della scuola a favore di una educazione sessuale laica (cioè non vincolata all'obbligo, sempre sottinteso, della morale cattolica) ove il sesso è una possibilità che dà qualità alla vita delle donne e degli uomini, nei rapporti eterosessuali come nei rapporti omosessuali. Altro tema ignorato è il tema della maternità (o paternità) consapevole. Si evita il tema della maternità come scelta libera e consapevole della coppia e non evento casuale indipendente dalle condizioni economiche, affettive, della coppia stessa e quindi indipendente dalle condizioni di accoglienza per la creatura che nascerà. Al di fuori di questo contesto la maternità diventa un valore astratto, in alcune situazioni estreme persino negativo. Si disconoscono le pressioni religiose e politiche contro la contraccezione che invece è conquista di civiltà che garantisce la possibilità che uomini e donne possano vivere serenamente, con gioia il sesso come espressione di amore, o anche più semplicemente come affettuosa manifestazione di amicizia nella sua realtà eterosessuale oppure omosessuale. Balza all'occhio la furbizia e la doppiezza che associa il centrosinistra al centrodestra nell'ignorare che sul terreno delle garanzie normative ed economiche atte a favorire la gravidanza e la maternità si sono fatti in questi anni enormi passi indietro. L'Europa di Maastricht cioè l'Europa della grande industria, della grande finanza ci dice che anche le donne italiane debbono lavorare nei turni di notte, mentre la nostra legislazione era garantista. Che ne pensa questo Consiglio? Sono stati pesantemente colpiti i diritti delle donne in gravidanza e le garanzie normative ed economiche per i primi tre anni di maternità. I diritti del profitto cioè del capitale da una parte, le necessità della crisi finanziaria dello stato dall'altra hanno largamente prevalso su quelli della maternità.

A tutto questo si aggiunge il pesante tentativo politico in corso da parte del centrodestra con la complicità e la partecipazione del centrosinistra di scaricare, a buon mercato, cioè con costi infinitamente inferiori rispetto a quelli sinora sostenuti dallo Stato, i servizi sociosanitari di uno stato sociale, che si sta abbattendo, sulla famiglia oltre che sul volontariato. Il centrosinistra e il centrodestra fanno un gran parlare della famiglia in realtà la stanno ulteriormente istituzionalizzando e stanno scaricando su di essa pesi e responsabilità che ne determineranno una ulteriore disgregazione. Non è in discussione cosa ne pensiamo noi comunisti in quanto marxisti della famiglia, non è questa la sede anche se non rinunciamo ad avere un nostro punto di vista.

E' in discussione il tentativo da parte del centrosinistra e del centrodestra di avviare una indagine sull'aborto in quanto problema a sé, avulso da quel contesto, che noi proponiamo e che valorizzerebbe la verifica amministrativa richiesta. Il tutto in un contesto nel quale il PDS manifesta tutta la sua subalternità a CD e PPI e la sua rinuncia ad elaborazioni e valori che hanno caratterizzato positivamente la storia del PCI.

Il dibattito è continuato con la seguente dichiarazione finale

In sede di replica condividiamo alcuni riferimenti della solitaria consigliera Bastico sulla maternità consapevole, però poi si scorda delle chiusure dei consultori, dei servizi specialistici, dei reparti di ostetricia e ginecologia nei quartieri delle nostre città, nei paesi delle nostre campagne e delle nostre montagne; per questo e altri motivi ci pare che le posizioni del PDS siano frammentarie, disorganiche soprattutto subalterne. Ricordiamo fra l'altro la proposta di modifica della legge 194 fatta da una lobby interna al PDS fra cui D'Alema non tanto tempo fa per onorare la loro corsa al centro. Allora le donne del PDS insorsero, oggi, in questo Consiglio, notiamo il loro silenzio. Riconfermiamo il nostro giudizio riguardo le due mozioni: si tratta di un vero attacco alla 194 subito dal PDS con qualche imbarazzo. Si è riproposto durante il dibattito in Consiglio l'interruzione della gravidanza come problema a se nel contesto delle percentuali, del problema della dissuasione. Si è evitato con cura di parlare dell'educazione sessuale nella scuola pubblica, negata per decenni e tuttora osteggiata aspramente come se l'argomento non fosse pertinente. L'interruzione della gravidanza, si è detto, non deve essere un metodo di contraccezione: giusto Però poi si è evitato con cura e determinazione di parlare delle grandi resistenze delle forze politiche conservatrici e della Chiesa Cattolica alla conoscenza e all'uso dei mezzi più comuni di contraccezione. Il silenzio, in questo Consiglio regionale, ha infine coperto l'assalto dello Stato e della Confindustria ai diritti delle donne in gravidanza e a quelli normativi ed economici della maternità nei primi tre anni. Un silenzio da grande coalizione. Rispettiamo la fede di chiunque ma non riteniamo insindacabile la dottrina sociale della Chiesa soprattutto se ha pesanti ricadute politiche sulle condizioni di vita delle donne e dei più deboli in particolare. Come tacere di quei residui arcaici di una dottrina che si presenta sullo scenario del terzo mondo negando la contraccezione in situazioni di alta prolificità e di miseria, di sofferenze terribili e di morte di milioni di bambini; di diffusione incontenibile dell'AIDS. Non ci è indifferente la cultura sessuofoba delle grandi religioni monoteiste. Voglio ricordare anche un fatto positivo. C'è stato nel nostro paese un referendum tendente ad abrogare la legge sull'interruzione della gravidanza, non posso scordare che la stragrande maggioranza dei credenti ha votato no. Se ne prenda atto. Collega Alni, non c'è nessuna ideologizzazione del problema da parte nostra.

Visto il grande peso che la Chiesa ufficiale, i partiti e le forze culturali moderate esercitano su questa questione, noi, a differenza di voi, che vi nascondete dietro ad un dito, non rinunciamo ad esercitare il diritto alla critica. Nel merito potremmo perfino essere d'accordo con singole affermazioni contenute nella mozione di maggioranza ma non ci sfugge il senso politico complessivo dell'operazione, che avviene nel contesto di un liberismo che pervade il paese e che tende a colpire e a piegare la sinistra nella cultura, sui giornali, per mezzo della televisione. Le promesse, mentre si stringono i cordoni della borsa, di aiuti a donne, famiglie, minori ci paiono poco credibili.

Per questo non possiamo che votare no: per difendere la 194 dagli attacchi impliciti ed espliciti che vengono da questo Consiglio. La 194 è una grande, terribile dolorosa conquista delle donne del loro diritto all'autodeterminazione, del loro e anche del nostro difficile percorso di liberazione. Il vento liberista non ci consente facili mediazioni, la debolezza della sinistra nel centrosinistra nemmeno. E' per questo che confermiamo il nostro no.

Alta Velocità a Notte Fonda

L'Alta Velocità fa ancora discutere il Consiglio regionale. Il 12 Dicembre, a sera inoltratissima, l'assemblea ha approvato coi voti della maggioranza e di Rifondazione una risoluzione - proposta da Rifondazione, Verdi, PDS, Democratici ed "emendata" su proposta dell'assessore ai trasporti Vittorio Pieri - che impegna la Giunta regionale, "per la parte di propria competenza", ad una serie di verifiche sulla tratta Bologna-Milano, "prima della conclusione" dell'iter autorizzativo dell'"AV".

Il tutto comunque nei termini di un recentissimo disegno di legge "collegato" della finanziaria, per la precisione il comma 1-bis dell'articolo 28, che impegna lo stesso Governo a verifiche, entro il 31 gennaio 1997, tra l'altro su legittimità appalti, piani finanziari, interconnessioni, vigilanza.

Forti le critiche al documento ed alle sua "convergenze" dai banchi del polo, contrario in sede di voto, convinto che ci siano "ambiguità" e difficoltà nella maggioranza sulla questione Alta Velocità. "No" al documento anche dalla lega, mentre il pidiessino Ferruccio Giovanelli si è astenuto.

Complessa e non senza "incidenti di percorso" la discussione, introdotta da Verdi e Rifondazione, con Giacomino convinto che il documento sottoscritto a quattro mani fosse positivo sul piano del "percorso" proposto - anche se Rifondazione mantiene tutte le proprie riserve sull'attuale progetto alta velocità, perché "non idoneo" a dirottare più merci dalla "gomma" alle ferrovie -. Pieri si è però detto preoccupato che non ci fossero "incidenti di comprensione".

"La Giunta regionale non intende sospendere alcunché - ha spiegato - anche se siamo sempre aperti al confronto; noi stiamo sempre verificando". Meglio comunque, per Pieri, una più puntuale e "chiara" riscrittura di alcuni punti della risoluzione, anche per specificare cosa spetta a Regione, rispetto alle verifiche primarie in capo, per legge, al Governo: da qui una prima proposta di "sospensiva", lanciata nel corso del dibattito, con un rinvio al prossimo Consiglio del testo. Proposta che Alni, capogruppo del PDS, si era detto disposto ad accogliere anche "per chiarire meglio" ciò che compete a Regione e a Governo.

Di tutt'altro avviso il Polo: per Rodolfo Ridolfi, Forza Italia, "c'è una evidente contraddizione tra assessore e maggioranza"; Giorgio Lisi, CDU, convinto che la maggioranza cerchi "di sfuggire alle proprie responsabilità alla luce del sole", ha invece attaccato la conduzione dei lavori d'aula, presieduta da Celestina Ceruti, perché avrebbe "violato", consentendo la votazione della sospensiva chiesta da Pieri, le prerogative dei Consiglieri.

Analoga critica da Giacomino, Rifondazione, che ha giudicato Pieri "irrituale".

La presidente Celestina Ceruti ha a questo punto convocato al conferenza dei capigruppo.

Alla ripresa, Pieri, "lasciata" l'ipotesi di sospensiva, ha avanzato gli emendamenti, poi accolti, che specificano gli impegni di "verifica" della Giunta regionale e i termini della consultazione con le parti sociali.

Nuovo attacco quindi dal Polo.

Lisi ha giudicato, stante gli "impegni" di Pieri, "abborracciato" il documento e "inutile, parte delle liturgie" di stile "bertinottiano" la prevista consultazione. "Il problema è che c'è diversità di posizioni in Giunta - ha incalzato - e nello stesso Governo nazionale".

Altri gli accenti di Rifondazione. "Se 'sfilassimo' la nostra firma dal documento - ha commentato Giacomino - forse toglieremmo l'assessore dall'imbarazzo".

Resta tuttavia, per il capogruppo, "il risultato politico" per Rifondazione, anche se "affievolito", con le previste consultazioni.

"E' evidente che sull'Alta Velocità - ha aggiunto - io e Pieri ed io e Alni la pensiamo in modo diverso, ma c'è un punto di intesa sul percorso".

Siamo su Internet

di Claudio Adelmi

Da alcuni mesi il nostro Gruppo Consiliare è presente su Internet, con alcune pagine web autoprodotte. Tutto è iniziato prima dell'estate, quando il Consiglio Regionale ha fornito a tutti i Gruppi presenti in Consiglio regionale il collegamento ad Internet. Questo per permettere di svolgere quell'attività di ricerca ed informazione che in parte già da oggi, sicuramente in misura più importante nel futuro, non può prescindere dalla conoscenza e l'utilizzo di questo nuovo mezzo di comunicazione.

In Settembre, in occasione del Compa, la fiera della comunicazione della pubblica amministrazione, la Regione promosse il proprio sito Internet ed il "progetto Ermes", già da un anno in fase di sperimentazione. In tale ambito furono istituite le pagine web dei Gruppi Consiliari. Inizialmente gli addetti dell'ufficio informatico del Consiglio Regionale pubblicarono alcune note inviate dai Gruppi, in seguito alcuni di questi, tra i quali Rifondazione Comunista, crearono un vero e proprio sito, con impostazione grafica, immagini, links propri.

Questa personalizzazione, per quel che ci riguarda, è stata in tutto e per tutto prodotta in economia, senza consulenze ed apporti esterni, ma in modo autodidattico: in fondo costruire pagine in linguaggio "HTML" non è così difficile. Alla fine dell'anno, visti i riscontri dell'iniziativa e l'interesse del Gruppo a mettere a disposizione "on line" la quantità maggiore possibile di materiale, abbiamo richiesto a Geocities, un importante sito Internet americano, uno spazio gratuito di 2 Mb (è possibile ottenerlo con una semplice richiesta al sito http://www.oocities.org; occorre solo avere un indirizzo di posta elettronica). E così siamo andati nel quartiere CapitolHill di Geocities a far compagnia ai numerosissimi siti comunisti già presenti. Questo ci permette, all'indirizzo http://www.oocities.org/CapitolHill/6633/, di mettere a disposizione dei navigatori i testi di tutte le interrogazioni, mozioni, risoluzioni, comunicati stampa, progetti di legge, e prossimamente gli atti dei convegni organizzati dal Gruppo di Rifondazione Comunista. Già da oggi da quelle pagine è possibile leggere sul computer (e stampare) anche questa rivista: a Febbraio infatti è nata la rivista telematica Rifondazione Comunista in Emilia-Romagna che non è altro che la riproduzione fedele (per ora) dello strumento cartaceo che state leggendo.

Un suggerimento infine: inutile avere paura dello strumento. Per il momento dobbiamo infatti riconoscere che è democratico e potenzialmente può essere molto utile alla nostra causa come mezzo per far circolare velocemente le informazioni. Per esempio vi è la possibilità di ricevere informazioni da quasi tutti i partiti comunisti del mondo e mettersi in contatto con loro. Con la posta elettronica si può comunicare in tempo reale con compagni sparsi in tutto il mondo, inoltre si può partecipare a gruppi di discussione, cyberconferenze e chi più ne ha, più ne metta. E' inutile andare avanti, ci sarebbe troppo da dire. Avete un computer, un modem? Allora collegatevi! Se siete di Bologna, per esempio, il collegamento è gratuito, ve lo offre la rete civica Iperbole, basta una semplice domanda. In altre città si sta andando in questa direzione.

I NOSTRI SITI INTERNET http://www.regione.emilia-romagna.it/consiglio/contcons/grrif/evgrrif.htm

Questo è il sito istituzionale del Gruppo PRC Emilia-Romagna, potrete trovare le nostre iniziative, i progetti di legge, i nostri links (siti che vi suggeriamo di visitare), la nostra pagina tradotta in inglese, potete scriverci all'indirizzo:

grupporif1@regione.emilia-romagna.it

http://www.oocities.org/CapitolHill/6633/

è il sito del Gruppo PRC Emilia-Romagna, aggiornato in tempo quasi reale, con i testi delle interrogazioni, interpellanze, risoluzioni, mozioni, progetti di legge e comunicati del Gruppo PRC; vi è inoltre l'accesso alla rivista telematica "Rifondazione Comunista in Emilia-Romagna" e, prossimamente, anche agli atti dei convegni organizzati dal Gruppo;

http://www.rifondazione.it/

sito nazionale del Partito della Rifondazione Comunista.

NUOVI CANONI PER LE CASE POPOLARI IL CIPE HA SCONFESSATO L'ASSESSORE SANDRI. ORA DEVE DIMETTERSI!

Il 20 dicembre scorso il CIPE, con una nuova delibera, ha modificato i criteri di determinazione degli affitti delle case popolari. Di fatto si reintroduce il canone sociale ancorato al reddito degli assegnatari superando la precedente delibera del marzo '95 che aveva legato gli affitti al valore erariale e di mercato degli alloggi. E' una chiara vittoria di Rifondazione Comunista che, come tutti sanno, si è battuta da sola e strenuamente contro la zelante applicazione della delibera CIPE ad opera della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna che dal 1 gennaio 1996 ha aumentato gli affitti, in alcuni casi raddoppiando o addirittura triplicando i canoni. I circa 60.000 inquilini IACP della nostra Regione stanno subendo una disparità di trattamento ed una grave ingiustizia, in quanto a differenza delle altre regioni, l'Emilia-Romagna è stata pressoché l'unica a dar corso a questi aumenti. Rifondazione Comunista si batté fortemente in Consiglio regionale contro la delibera e mobilitò gli inquilini delle varie province sino a promuovere una manifestazione sotto le torri della Regione. Oggi il CIPE accoglie in parte le nostre ragioni e sconfessa l'operato dell'iperlibersta Sandri che di fatto vuole "privatizzare" e smantellare l'edilizia residenziale pubblica, limitando l'intervento pubblico solo all'assistenza per i più poveri. Servono invece politiche che rilancino, anche quantitativamente il ruolo dell'edilizia pubblica, in quanto la casa è un diritto costituzionalmente garantito. Sandri esce sconfitto da questa vicenda ora deve andarsene, anzi avrebbe già dovuto farlo. Il suo stile sprezzante ed arrogante verso Rifondazione è inaccettabile e costituisce uno degli ostacoli che vanno rimossi per sviluppare il dialogo tra il PRC e l'Ulivo in Regione. Sandri ha dichiarato che in Emilia-Romagna non cambierà nulla e che gli aumenti rimarranno in vigore, ci chiediamo se questa è la posizione di tutta la Giunta e fino a quando il PDS e le altre forze del centro-sinistra sono disposte a sostenere l'assessore su questa linea sciagurata? Il PRC si impegnerà nelle prossime settimane per ottenere la modifica della delibera e della legge regionale assumendo come riferimento per il confronto il nostro progetto di legge, in discussione in questi giorni, che propone nuove norme per la disciplina ed il calcolo dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

Leonardo Masella (Segretario regionale PRC Emilia Romagna)
Rocco Giacomino (Capogruppo PRC Regione Emilia-Romagna)

Una risoluzione a favore del riconoscimento al diritto all'iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio dei lavoratori immigrati.

di Patrizia Cantoni

Negli ultimi tempi, si è imposta alla mia attenzione ed a quella di quanti si occupano di lavoro, di immigrazione, di handicap, una problematica di discriminazione relativa ai lavoratori stranieri colpiti da invalidità, cui è stata negata l'iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio (art. 19 della legge 482/68), pur in presenza dei requisiti prescritti dalla legge dei lavoratori. Siamo in presenza di un vero e proprio paradosso: spesso, infatti, la diminuita capacità lavorativa deriva proprio da infortuni o dall'insalubrità dei luoghi di lavoro - basti ricordare che l'incidenza statistica degli infortuni e delle malattie professionali di cui sono vittime i lavoratori immigrati, non a caso, risulta essere circa 3 volte superiore rispetto a quella dei lavoratori italiani. I lavoratori immigrati, già costretti normalmente a svolgere lavori ad alto rischio di infortunio, non di rado in carenza di dispositivi di sicurezza, si trovano quindi, a causa della loro invalidità, ad essere esclusi, tagliati fuori dal mondo del lavoro, con il probabile risultato di essere forzatamente sospinti nell'illegalità, pur di potersi permettere la permanenza nel nostro Paese.

La discutibile motivazione a sostegno del diniego di iscrizione discende da una interpretazione della legge 482/68 come norma speciale, come tale, dunque, non applicabile analogicamente ai casi non disciplinati dalla norma stessa. Il dato testuale induce a pensare, invece, che la L. 482/68 non si rivolga ad una categoria ben determinata di soggetti giuridici. L'unica condizione certa per la sua applicabilità risulta essere, a ben guardare, la presenza di uno stato di invalidità nel soggetto richiedente, tale da impedirgli un normale accesso al mondo del lavoro. A nostro giudizio la 482/68, seppur pensata in un contesto nel quale è evidente che ci si rivolgeva ai soli lavoratori- cittadini, risulta essere, ad una attenta lettura, una norma open, aperta, dunque, ad un'interpretazione evolutiva che tenga conto dei mutamenti in atto nella nostra società e nel mondo del lavoro.

L'uso da parte del legislatore del 1968 di una terminologia generica e non restrittiva non ostacola, pur mancando di una esplicita estensione ai lavoratori stranieri, un'applicazione più generale delle prescrizioni legislative sul collocamento obbligatorio. A questo proposito, nella seduta pomeridiana del Consiglio Regionale in data 6 marzo u.s., abbiamo presentato una Risoluzione con la quale si chiede: al competente Ministero, un atto di indirizzo rivolto agli Uffici del Lavoro tale da modificarne l'attuale atteggiamento, rendendo possibile l'auspicata estensione della L. 482/68 ai lavoratori stranieri; al Parlamento, di cogliere l'occasione dell'imminente approvazione della nuova legge sull'immigrazione per operare una sostanziale equiparazione, anche in tema di lavoro e di handicap, dei diritti dei cittadini stranieri regolarmente residenti nel nostro paese a quelli dei cittadini comunitari. Nonostante l'appoggio offerto dalla maggioranza, la Risoluzione non ha potuto, però, essere approvata per la mancanza del numero legale necessario per la votazione; tale situazione è stata provocata dai consiglieri di AN, con la complicità di quelli di Forza Italia, i quali evidentemente di immigrazione e di handicap non vogliono neanche sentir parlare. La Risoluzione sarà, comunque, riproposta automaticamente nelle battute iniziali del prossimo Consiglio: non ci dovrebbero essere, a quel punto, problemi per la sua approvazione.

Coffea shop. La politica regionale entra nel tunnel della droga

Il 5 Marzo, a conclusione di un ampio dibattito sul problema delle tossicodipendenze, il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza una risoluzione, firmata da PDS, Verdi e Democratici, che individua come obiettivo prioritario la lotta contro ogni forma di dipendenza, mediante interventi diversificati di prevenzione, valuta positivamente i progetti sperimentali messi in campo dalla Giunta per contrastare l'uso delle nuove droghe, condivide gli interventi tesi alla riduzione del danno, in un'ottica non alternativa ma aggiuntiva rispetto ad altre forme di prevenzione, cura e recupero, sostiene l'opportunità della legalizzazione sperimentale delle droghe leggere, sollecitando Governo e Parlamento a promuovere in questa direzione un intervento legislativo. Sul documento, che ha registrato il voto favorevole dei proponenti, hanno espresso voto contrario le forze del Polo ed il PPI; si sono astenuti Rifondazione Comunista, la Presidente del Consiglio Celestina Ceruti ed il Consigliere del PDS Ferruccio Giovanelli. Sull'argomento erano stati presentati altri cinque documenti, tutti respinti dall'aula. Uno a firma del PPI e del CCD, un altro presentato da Alleanza Nazionale, un terzo a firma di CDU e CCD, tutti contrari alla legalizzazione delle droghe leggere . Un quarto documento è stato presentato da Rifondazione Comunista, favorevole alla legalizzazione, ma con sfumature che lo differenziano da quello della maggioranza. Un'ultima risoluzione, infine, presentata da AN, chiedeva lo stralcio dal progetto di Giunta sulle nuove droghe, dell'intervento riguardante i laboratori mobili da utilizzare all'entrata delle discoteche. La risoluzione di Rifondazione Comunista sollecitava il Parlamento ad approvare in tempi rapidi le proposte di legge, in discussione alla Camera, volte alla legalizzazione dei derivati della cannabis indica (pdl 128) ed alla legalizzazione della distribuzione delle cosiddette droghe leggere (pdl 231), provvedimenti che "sono in deroga a quanto previsto nel testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti (dpr 309/1990, in particolare i titoli III, IV, V, VI)". Rasmi, firmatario della risoluzione, valutando con soddisfazione il vasto confronto in atto sui mezzi di comunicazione e nelle sedi istituzionali su questi temi e considerando la necessità di separare il mercato illegale delle droghe pesanti, gestito in gran parte dalla criminalità organizzata, da quello delle droghe leggere, perché tale contiguità risulterebbe pericolosa, ha ribadito che non ha ragione di essere la distinzione fra droghe leggere legali, quali l'alcool etilico e la nicotina, e le droghe leggere illegali, come i derivati dalla canapa (marijuana ed hashish), che, sia dal punto di vista della dipendenza, sia da quello della mortalità, hanno effetti incomparabilmente minori a quelli delle droghe leggere legali. Il Consigliere si è detto inoltre consapevole del fatto che le persone "in difficili condizioni psicologiche ed economiche sono più facilmente coinvolgibili in devianze sociali gravi (droghe pesanti, alcolismo, violenze negli stadi, criminalità organizzata e no)", per questi motivi l'origine di ogni devianza di rilievo sta in gran parte nella fragilità causata dal disagio e dal malessere socio-economico ed è quindi infondato che l'uso delle droghe leggere possa di per sé rappresentare un percorso verso le droghe pesanti.

Rasmi, infine, ribadendo che altri Paesi, come l'Olanda, dopo aver avviato una sperimentazione di legalizzazione regolamentata delle droghe leggere, hanno ottenuto un beneficio con la riduzione del consumo, ha sottolineato che la legalizzazione delle droghe leggere non è sinonimo di liberalizzazione, ma di regolamentazione e che, attraverso un processo di sottrazione alla clandestinità, si deve riportare il problema nella sua giusta dimensione.

Incomprensibile presenza delle forze di polizia all'assemblea sindacale dei lavoratori dei Servizi Provinciali dell'Agricoltura nella sede della Regione

I consiglieri regionali del Partito della Rifondazione Comunista esprimono, con questo comunicato, la loro solidarietà nei confronti dei dipendenti regionali dei Servizi Provinciali dell'Agricoltura (SPA) per la presenza "intimidatoria" delle Forze dell'Ordine alla loro assemblea sindacale svoltasi il 26 febbraio u.s. nella sede della Regione Emilia Romagna.

Non si comprendono, infatti, quali siano state le motivazioni a supporto di un provvedimento di tale natura rispetto ad una pacifica assemblea, regolarmente autorizzata e che non faceva presagire alcuna possibile turbativa dell'ordine pubblico, tanto più che non risulta che misure analoghe siano mai state adottate in precedenza per riunioni sindacali interne all'amministrazione. I consiglieri regionali di Rifondazione Comunista ritengono, quindi, che tali atti di forza siano pregiudizievoli per un corretto sviluppo delle relazioni lavorative, contribuendo a creare un clima di sfiducia e di scarsa collaborazione fra lavoratori ed amministratori. A questo proposito, è stata presentata un'interrogazione, al fine di conoscere il responsabile dell'adozione di tale provvedimento, oltreché i motivi che hanno determinato tale decisione.

LA MAGGIORANZA DI CENTRO-SINISTRA IN CONSIGLIO REGIONALE, CON L'ASTENSIONE DEL POLO, HA RESPINTO IL PROGETTO DI LEGGE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA CHE PROPONEVA LA RIDUZIONE DEI CANONI DELLE CASE POPOLARI: VERGOGNA!!!

(COMUNICATO STAMPA:DICHIARAZIONE DEL CAPOGRUPPO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA IN CONSIGLIO REGIONALE ROCCO GIACOMINO)

Dunque i circa 60.000 assegnatari IACP dell'Emilia-Romagna, a differenza di quelli di altre regioni, continueranno a pagare i forti aumenti decisi dalla Giunta regionale nel gennaio del 1996 e ciò nonostante che la delibera CIPE del dicembre scorso abbia introdotto alcune modifiche per la determinazione dei canoni. L'assessore alla casa Sandri ha più volte ripetuto che per gli inquilini dell'Emilia-Romagna non cambierà nulla e dovranno continuare a pagare affitti con aumenti, in taluni casi, raddoppiati o triplicati rispetto a quelli pagati in precedenza. Il pidiessino iperliberista e privatizzatore Sandri non intende dunque mutare indirizzo sulle politiche della casa, e per queste ragioni il PRC ha chiesto le sue dimissioni ed ha avviato una campagna informativa di massa tra i cittadini e gli assegnatari di case popolari dell'Emilia-Romagna. 100.000 volantini e manifesti per chiedere a Sandri di andarsene e per rilanciare l'edilizia pubblica. Fino a quando il PDS e le altre forze del centro-sinistra sosterranno le scelte sciagurate di questo assessore?

Cuba, que linda es!

Accesa discussione, e successiva bocciatura da parte della maggioranza, in Consiglio regionale per due documenti riguardanti Cuba. Nel primo, un ordine del giorno, sottoscritto da Forza Italia, Alleanza Nazionale, CDU e CCD, si deplorava che un "dittatore residuato della storia" fosse stato ricevuto dai Capi dello Stato e del Governo e da altri rappresentanti del popolo, senza che si facesse alcuna menzione dei "crimini commessi e che tuttora commette contro l'umanità". Il secondo documento, una risoluzione, presentato dal consigliere di Forza Italia Rodolfo Ridolfi, prendeva spunto dal rapporto annuale 1996 di Amnesty International, nel quale - ha affermato il consigliere - a Cuba vengono dedicate cinque pagine per denunciare "arresti arbitrari, torture e vessazioni di intere famiglie, 600 prigionieri politici, processi senza garanzia di difesa, civili inermi colpiti a morte da forze ufficiali, lettere e richiami della stessa Amnesty rimasti senza risposta". Visto poi che a Cuba "vige tuttora la pena di morte" e che lo stesso "Consiglio regionale ha in essere una convenzione con Amnesty International sul tema della salvaguardia dei diritti umani, Ridolfi chiedeva all'intera assemblea di sottoscrivere un documento in cui si stigmatizzava che la permanenza di una "dittatura comunista" nell'isola caraibica rappresenta un "residuato della storia che disonora il genere umano, oltre a mantenere quella popolazione in stato di indigenza" e si riteneva che il "regime cubano dovesse al più presto instaurare libertà individuali, diritti politici e possibilità di iniziative economiche".

Di parere opposto il capogruppo di Rifondazione Comunista Rocco Giacomino che ha parlato di "provocazioni della destra" alle quali il proprio gruppo ha risposto srotolando in aula (ndr Giacomino faceva riferimento ad un'altra seduta del Consiglio) un manifesto inneggiante il "compagno Fidel". Giacomino ha valutato questa risoluzione "sguaiata" che non tiene conto della ottima accoglienza data al discorso di Castro, durante la recente assemblea della Fao, soprattutto dai rappresentanti di quelle popolazioni che sono vittime di questa società. Il consigliere, salutando infine con favore l'iniziativa dell'assessore alla sanità Bissoni che ha portato attrezzature mediche a Cuba, ha auspicato che venga presto superato l'embargo nei confronti dell'isola.

Silvia Bartolini (PDS), sottolineando di "non essere cattolica" e di "essere stata comunista", ha affermato che la visita di Castro è stata molto positiva dal punto di vista politico, sia a livello internazionale che nazionale. Riferendosi al discorso tenuto da Castro all'assemblea della Fao, la consigliera ha detto che è stato assai apprezzato, anzi il più applaudito, suscitando "consenso per il ruolo che Castro ha svolto nel mondo nel dare voce ai Paesi non allineati che hanno subito con violenza lo squilibrio tra Paesi sviluppati e non". Anche la visita al Pontefice - a parere della Bartolini - rappresenta un segnale di avvicinamento e di dialogo che la dice lunga sulla volontà di riconoscere in Castro un personaggio di valore internazionale. Ciascuno di noi - ha concluso - ha poi un'idea di ciò che succede a Cuba e certo sarebbe preferibile una maggiore democrazia, tuttavia bisogna in questo contesto guardare alla storia di quel Paese, all'occupazione subita ed all'embargo.

Gianarturo Leoni (Forza Italia) ha rilanciato al mittente l'accusa di "provocazione", dicendo che, nel caso, sarebbe da attribuire ad Amnesty, ed ha invitato la Bartolini a "ritornare nell'Internazionale comunista", poiché è nel suo seno che "si troverebbe maggiormente a proprio agio".

Per la cispadana nel modenese troppi ritardi La Regione intervenga sull'ANAS

Il Consigliere regionale PRC Rocco Giacomino ha interrogato la Giunta per conoscere le motivazioni "dell'enorme ritardo verificatosi nel territorio modenese per la realizzazione dell'arteria cispadana". Giacomino fa presente che a tutt'oggi risultano realizzati o in corso vari tratti nelle provincie di Ferrara e Reggio Emilia, mentre per la bassa modenese non risulta disponibile neppure il progetto esecutivo e che i Comuni modenesi di Finale Emilia, San Felice sul Panaro, Medolla, Mirandola, San Possidonio, Concordia sulla Secchia e Novi "hanno ripetutamente rivendicato e sollecitato questo efficiente collegamento". Giacomino chiede quindi di conoscere le iniziative concrete che, nell'ambito delle proprie competenze, la Regione Emilia-Romagna intende assumere, unitamente ai Comuni interessati, soprattutto nei confronti dell'ANAS, affinché "venga tempestivamente recuperato l'enorme ritardo accumulato e venga finalmente posta in essere questa importantissima opera pubblica".

PROGETTO DI RIFORMA COSTITUZIONALE IN SENSO FEDERALISTA APPROVATO DAL CONSIGLIO REGIONALE: LE RAGIONI DEL NO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

Il Consiglio regionale ha approvato, con il solo voto contrario del PRC e l'astensione del Polo, un progetto di legge della Giunta che propone una riforma costituzionale in senso federalista. Il testo, inviato alle Camere, verrà esaminato dall'istituenda Commissione Bicamerale per le riforme istituzionali. La proposta di legge delinea una riforma del Parlamento, limitandosi alla "forma dello Stato", senza affrontare il tema della "forma di governo". Tale progetto, che in pratica riscrive la parte II della Costituzione, era stato già approvato all'unanimità da parte della Conferenza dei Presidenti delle regioni, in base ad un accordo Polo-Ulivo. Il gruppo del PRC ha presentato alcuni emendamenti, tutti respinti, sui punti di maggior dissenso. Da registrare con sorpresa, in un dibattito così importante, la posizione defilata del PPI e dei Verdi e la riconferma, anche su questo tema, dell'assenza in Consiglio di una sinistra del PDS. Queste le novità più significative del progetto:

Il PRC ha fortemente criticato la possibilità per le regioni di dotarsi di una propria legge elettorale, scelta rischiosa in quanto, sul terreno delicatissimo delle regole che selezionano la rappresentanza, occorre un quadro legislativo nazionale, altrimenti ciascuna regione o maggioranza potrebbe disegnarsi a piacimento la propria legge elettorale garantendo per questa via la mera riproduzione delle élite e dei ceti politici locali. Sulla istituzione del "Senato Federale" e del "Consiglio regionale delle autonomie locali" il dissenso del PRC verte sulla composizione di queste assemblee e sulle funzioni loro attribuite. Perché possono farvi parte solo rappresentanti delle Giunte regionali o Sindaci? Anche la "Grande Riforma" di craxiana memoria poneva al centro la necessità del rafforzamento degli esecutivi, della decisione sul controllo, del Governo sul Parlamento, degli esecutivi sulle assemblee elettive, processo quest'ultimo in parte già realizzatosi in sede locale con la elezione diretta dei Sindaci. Andare oltre sarebbe "eversivo" dell'attuale ordinamento costituzionale.

E se l'obiettivo della proposta di istituire un Senato federale è quello di affiancare ad una dialettica politica anche una dialettica tra aree e territori, il dissenso del PRC è profondo. Inoltre con il progetto non viene superato l'attuale Bicameralismo perfetto, anzi a livello regionale, con l'istituzione del "Consiglio delle autonomie", si realizza una sorta di Bicameralismo differenziato che rischia di ledere le prerogative del Consiglio regionale. Non neghiamo che in un processo di decentramento di poteri possano servire organismi apicali degli enti locali e delle regioni, anzi, il punto vero di contrasto è dato invece dalla composizione e dalle funzioni di questi organismi.

Di tutto ciò si dovrà ancora discutere, in quanto il PRC vuole essere dentro questo processo riformatore ma per condizionarne gli esiti e per conquistare al paese più democrazia, più partecipazione, più protagonismo dei cittadini. Concludendo il suo intervento l'Assessore agli Affari Istituzionali Mariucci ha dichiarato che questa proposta di riforma federalista, se approvata, costituirà un ulteriore passo verso un compiuto sistema bipolare e dell'alternanza. Il Partito della Rifondazione Comunista invece, è impegnato per impedire l'affermarsi di questa prospettiva, che non solo cancellerebbe il nostro partito, ma muterebbe la natura ed il carattere della nostra democrazia, espungendo il conflitto e la rappresentanza dei ceti popolari dalle istituzioni.

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E SOLIDARIETÀ' TRA I POPOLI: UN PROGETTO DI LEGGE REGIONALE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

Il Gruppo consiliare regionale del PRC ha presentato un progetto di legge (primo firmatario il capogruppo Rocco Giacomino) con il quale si intendono definire le linee della politica regionale finalizzate alla "promozione della cooperazione internazionale allo sviluppo e della solidarietà tra i popoli", formulando un "articolato in grado di evitare il riprodursi delle difficoltà in cui è incorsa la legge 49/1987, con la quale è stata introdotta la nuova disciplina della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo".

La legge 49, accolta da "ampi consensi", ma in seguito "disattesa ed inadeguatamente regolamentata", viene oggi "rimessa in discussione, in primo luogo dagli stessi protagonisti delle iniziative di settore", e l'esperienza dell'ultimo decennio - che ha dato luogo nella passata legislatura alla costituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla cooperazione internazionale - "ha definitivamente messo in luce la necessità di fissare con chiarezza gli indirizzi politici sulla cooperazione".

"E' dunque opportuno, - affermano i consiglieri Giacomino, Cantoni e Rasmi - anche in previsione di un rilevante trasferimento di competenze e di poteri alle Regioni, predisporre strumenti normativi ed organizzativi adeguati a questo fine", procedendo contestualmente ad una radicale riforma da sostanziarsi in profonde modifiche dei meccanismi preposti alla decisione, all'attuazione ed al controllo della cooperazione allo sviluppo.

Questo non solo per evitare il ripetersi di episodi criminosi, che pure si sono verificati, ma più in generale perché il perseguimento dei grandi obiettivi della cooperazione non sia ostacolato e soffocato dal prevalere di "logiche contraddittorie". Nei 24 articoli del provvedimento, i consiglieri affrontano quindi la stessa nozione di cooperazione allo sviluppo, come "risposta solidale al diritto dei popoli e delle comunità locali allo sviluppo umano e sociale" e definiscono alcune linee fondamentali di indirizzo politico, quali la netta distinzione tra le politiche di cooperazione e politiche di polizia internazionale e di commercio con l'estero, l'opzione per la cooperazione decentrata, valorizzando il ruolo dell'Ente locale, l'individuazione di ambiti e modalità di intervento distinti a seconda delle attività svolte nei Paesi destinatari, la priorità della programmazione pluriennale di progetti di sviluppo locale, l'instaurazione di una relazione tra cooperazione e migrazioni, fondata sull'opzione solidale dell'accoglienza in Italia e su forme di reinserimento nel paese di origine costruttive e civili".

Il secondo nodo da sciogliere è quello della trasparenza nella gestione delle attività e dei progetti. Su questo fronte, rifondazione comunista sollecita una "forte opzione a favore della massima partecipazione sociale, della diffusione dell'informazione e del controllo democratico e partecipativo di tutti i soggetti coinvolti".

INTERROGAZIONI E MOZIONI DEL PRC IN CONSIGLIO REGIONALE

Per ragioni di spazio non abbiamo potuto inserire la sintesi delle mozioni ed interpellanze presentate nell'ultimo periodo dal nostro gruppo. I documenti sono comunque disponibili on line accedendo al sito:

http://www.oocities.org/CapitolHill/6633/mozioni.htm

Ultimissima ora: BILANCIO REGIONALE '97: MENO SANITÀ E MENO TRASPORTI PER I CITTADINI, PIÙ SOSTEGNO ALLE IMPRESE.

Rifondazione Comunista dice "NO" alle logica neo-liberista che anima le scelte della Giunta: la 'contromanovra' del PRC a tutela del lavoro, della scuola pubblica e della mobilità urbana.

di Claudio Adelmi

Si è concluso il dibattito in Consiglio regionale sul Bilancio per il 1997, apertosi martedì 18 con una relazione introduttiva del Presidente della Giunta, i cui contenuti sono stati decisamente attaccati dal Capogruppo del PRC Rocco Giacomino, il quale ha definito 'agghiacciante' il discorso di La Forgia. Nel suo intervento, Giacomino ha ribadito che il bilancio regionale si pone in una logica di ulteriore compressione delle prestazioni del Servizio Sanitario Regionale, mentre non risultano sufficientemente garantiti e finanziati per il 1997 gli standard quantitativi e qualitativi nel settore del trasporto locale. Da sottolineare la gravità del consenso preventivo che i Comuni Capoluogo e le Province hanno dato alla manovra della Giunta, siglando un accordo in materia di contenimento della spesa per sanità e trasporti, di fatto delegando le scelte di bilancio all'esecutivo regionale.Il punto maggiormente critico è quello della spesa sanitaria; l'ottica verso la quale si tende, così traspare dalle parole del Presidente La Forgia, è quella di un servizio sanitario pubblico "a prestazioni minime", che garantisca solo la copertura dei rischi maggiori, lasciando a carico degli utenti il costo delle altre tipologie di prestazioni. Tutto il settore dei servizi pubblici ne esce comunque penalizzato, a favore di un maggiore sostegno finanziario all'impresa privata e di una grande attenzione alle pressioni lobbistiche di Confindustria. Il consigliere Giacomino ha proseguito il suo intervento rimarcando l'esistenza in Consiglio regionale, così come nel paese, di due sinistre, l'una ormai orientata verso un'ideologia liberale, di sostegno al mercato e alle ragioni dell'impresa, l'altra - il Partito della Rifondazione Comunista - impegnata nella difesa dei diritti dei più deboli, delle categorie più svantaggiate, delle fasce socialmente più toccate dalla ondata neo-liberista. Proprio la tutela dei diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti costituisce il principio ispiratore degli emendamenti correttivi presentati dal gruppo consiliare di PRC. Gli emendamenti riguardano, infatti, l'aumento di 4.2 mld. per i contributi ai comuni per il diritto allo studio, di 6.2 mld. per i servizi socio educativi per l'infanzia, di 5.2 mld. per la formazione professionale contro la disoccupazione, di circa 4 mld. per il fondo socioassistenziale previsto per gli Enti territoriali, di 5.3 mld per il settore trasporti (4.3 per la parte corrente del fondo, 1 mld. per l'Agenzia Regionale di Navigazione Interna). A fronte della richiesta per l'aumento dello stanziamento a questi capitoli, il PRC ha proposto un taglio consistente (4.5 mld.) ai contributi per gli oneri derivanti dalle convenzioni con le scuole private, cui si aggiunge quello di 2 mld. al progetto di legge per interventi a favore delle famiglie. Altri tagli hanno riguardato spese di rappresentanza, per convegni, consulenze, ecc. per complessivi 2.1 mld., spese per contributi ad Enti e manifestazioni di varia natura (ERVET, Fondazione A. Toscanini, Ente lirico, Congresso Eucaristico, ecc.) per complessivi 2.7 mld.