Rifondazione Comunista in Emilia-Romagna

notiziario ufficiale del Gruppo PRC dell'Emilia-Romagna

numero di LUGLIO 1998


Il punto sui rapporti PRC-Ulivo in Regione Emilia-Romagna "FARE COESIONE E COSTRUIRE CONFLITTO" Intervista al capogruppo ROCCO GIACOMINO (a cura di Claudio Adelmi)
Dopo le elezioni amministrative: UNA NUOVA SITUAZIONE POLITICA (Leonardo Masella)
5 volte NO al Bilancio Regionale (Claudio Adelmi)
Istituto per il lavoro: la Regione Emilia-Romagna sperimenta una nuova forma di intervento pubblico nel mondo del lavoro(Rocco Giacomino)
35 ore: dall'Emilia-Romagna segnali contrastanti (Donatella Mungo)
Riforma regionale del collocamento: inutile eccesso di neoliberismo. Maggioranza chiusa. Il PRC vota contro
Scuola pubblica o scuole private? La politica scolastica regionale: al peggio non c'è limite (Marcello Graziosi)
Pari opportunità. La visita della Ministra Anna Finocchiaro in Regione (Patrizia Cantoni)
Riqualificazione urbana: edilizia pubblica di recupero o nuova forma di speculazione ? (Claudio Adelmi)
Dalle Province dell'Emilia Romagna (Articoli di Guido Pasi, Guido Giannetto, Renato Del Chiappo, Pier Paolo Gambuti, Franco Sprega, Alfredo Silvestri e Mauro Bonazzi)
Continua la mobilitazione contro la mercificazione della sanità (Angelo Bariani)
Flash dalla Psichiatria (Patrizia Cantoni)
Minaccia Radioattiva. La centrale nucleare di Caorso mette ancora in pericolo le popolazioni della zona
Oltre il carcere (Patrizia Cantoni)
La Forgia insieme ad Occhetto raccoglie firme per il referendum di Di Pietro contro i Partiti. Scelta grave ed improvvida (Rocco Giacomino)
Brevi: sintesi dei documenti del PRC presentati in Consiglio Regionale (Alessandra Barboni)
Caso Rasmi: vicenda politicamente chiusa
Revisionismo storico in tono minore (Marcello Graziosi)
Non più basi, non più bombe (Donatella Mungo)
 

L’INTERVISTA

IL PUNTO SUI RAPPORTI PRC - ULIVO IN REGIONE EMILIA-ROMAGNA

FARE COESIONE E COSTRUIRE CONFLITTO

INTERVISTA AL CAPOGRUPPO ROCCO GIACOMINO

a cura di Claudio Adelmi

E’ tempo di consuntivi. Abbiamo superato la "boa" di metà mandato: quali sono gli elementi di novità nel rapporto tra il PRC e l’Ulivo che governa la Regione?
Vedo crescere le distanze tra noi e le scelte e gli orientamenti di fondo della Giunta, anche se rimane aperto un confronto di merito sui singoli atti e provvedimenti. Tuttavia ritengo necessario, partendo da una analisi rigorosa della società emiliana, precisare meglio i nostri compiti e la nostra linea rispetto alla maggioranza di centrosinistra che governa dal ’95 la Regione. Nel triennio trascorso la nostra azione politica in Consiglio Regionale è sempre stata orientata dal binomio autonomia ed unità sui contenuti. Anche per il futuro questo binomio costituirà la nostra bussola, ma il punto da approfondire ed indagare di più oggi è quale ruolo noi comunisti intendiamo svolgere rispetto ai processi regressivi che investono la società regionale, accrescendone il malessere.

Però sul piano dei contenuti concreti sui quali tentare di costruire l’unità tra Ulivo e PRC in Regione vi è già una sorta di "piattaforma"?
Certo, ovviamente vi è alle nostre spalle un insieme denso di scelte compiute e di analisi precise sulle tendenze neoliberiste presenti nelle politiche regionali, penso alla sanità, alla scuola, alle politiche del lavoro, ai servizi sociali, e complessivamente alla riforma del Welfare in Emilia-Romagna, in parte già realizzata dalla Giunta. Tali scelte hanno sempre visto la nostra coerente ma costruttiva opposizione, tesa comunque a strappare risultati, anche piccoli, ma concreti. Insomma i nostri interlocutori, a cominciare dai Democratici di Sinistra, conoscono bene i punti programmatici decisivi per il PRC. Ma nello stesso tempo avverto la necessità di produrre un ulteriore salto di qualità collettivo, di tutto il partito, nel delineare il quadro d’insieme in cui si colloca la nostra azione quotidiana. Ecco perché occorre ripartire dall’analisi puntuale della concreta realtà sociale, delle forze in campo, degli interessi organizzati, dei bisogni insoddisfatti.

Cosa vuoi dire?
In questi anni la "coesione sociale", che era il tratto distintivo di questa Regione, ha subito un processo di crisi, lento ma evidente. La coesione è il risultato finale, il prodotto ultimo che deriva dal concorso di molti fattori; una condizione di lavoro ricca di tutele e garanzie, un sistema produttivo competitivo, una rete di servizi sociali diffusa, articolata e fruibile, una sanità con alti standard qualitativi, politiche abitative in grado di dare compiutezza al diritto alla casa, un sistema trasportistico locale ed una mobilità moderni ed efficienti, infine, ma non per ultimo, un alto tasso di partecipazione e protagonismo dei cittadini alle scelte ed al governo della cosa pubblica. Ebbene molti di questi indicatori di coesione oggi appaiono in crisi, ad esempio preoccupante è il fenomeno astensionistico registrato nelle ultime amministrative in Emilia-Romagna. Dunque ripartire da qui per capire che fare e come caratterizzare l’azione di noi comunisti, di fronte ad una società regionale che segnala elementi acuti di sofferenza e di disgregazione. I tagli ed il contenimento della spesa nel servizio sanitario e nei servizi sociali e processi di flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro hanno colpito i ceti popolari anche in Emilia-Romagna.

Allora, quali idee, quali proposte, quali programmi e soprattutto quale strategia i comunisti possono mettere in campo in questa Regione. In due parole: che fare?
Va ricostruita e rilanciata la coesione sociale, attraverso il conflitto, e il movimento per riportare al centro gli interessi popolari e dei lavoratori, e per contrastare una concezione dell’azione politica amministrativa come puro sostegno alle ragioni della competitività delle imprese. Semplificando potremmo dire che il binomio unità e autonomia può tradursi a livello regionale in "fare coesione e costruire conflitto", una coppia che indica i nostri compiti ed il nostro ruolo.
Ma si potrebbe obiettare che "coesione" può essere sinonimo di "pacificazione".
Il punto è delicato. Ho presente che vi può essere una visione che intende la coesione come pacificazione, assenza di conflitto, normalizzazione. Si tratta, a mio avviso, di una concezione rozza ideologicamente e primitiva politicamente, in quanto non tiene conto che in un quadro avanzato socialmente, può meglio dispiegarsi il conflitto e si impongono bisogni ed esigenze innovative e di cambiamento. Se l’insieme della società emiliana arretra, e la nostra Regione è sempre meno laboratorio di politiche progressiste ed innovative, anche le nostre idee e valori avranno maggiori difficoltà ad affermarsi. Dunque occorre creare le condizioni per una svolta a sinistra, che va perseguita lanciando una sfida unitaria al centrosinistra e costruendo rapporti unitari innanzitutto con la sinistra moderata. Dobbiamo incalzare i D.S. in Regione che, dopo la crisi elettorale, appaiono sempre più confusi ed incerti sulla prospettiva, ancora prigionieri delle politiche centriste e moderate dei popolari ed esitanti nell’aprirsi ad un confronto vero e di merito a sinistra con il PRC.

La famosa svolta che attendiamo da troppo tempo, ma riusciremo finalmente a conquistarla?
Non è possibile dire a priori se ci riusciremo, di certo dovremo agire come se fosse possibile. La politica non è la matematica ed ha un carattere processuale influenzabile dalle dinamiche sociali. L’intesa con il centrosinistra va perseguita ed in ogni caso il successo di una nostra offensiva unitaria collocherebbe il PRC in una condizione più favorevole alle proprie battaglie politiche. Una offensiva unitaria, convinta e determinata,  per impedire il prevalere delle politiche e delle tendenze neoliberiste che si sono manifestate in questi anni e per rilanciare quella diversità positiva che fece di questa Regione un modello a cui ispirarsi. Abbiamo sulle nostre spalle una grande responsabilità, e vedo tante attese, non sarà un percorso facile e scontato, avremo bisogno di tutte le nostre energie ed intelligenze. Dobbiamo incidere sui processi reali, tentare di mutarne il corso neoliberista per ricollocare al centro i bisogni della società e per questa via ci affrancheremo anche dal rischio della residualità o della mera nobile testimonianza.

 

L’EDITORIALE

DOPO LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE:

UNA NUOVA SITUAZIONE POLITICA

di LEONARDO MASELLA
Segretario regionale PRC

La tornata parziale di elezioni amministrative ha portato a grandi novità nella situazione politica, sia sul piano nazionale che nella nostra regione. La situazione nazionale mi sembra si possa sintetizzare in tre punti.
1) Siamo di fronte ad una ulteriore accelerazione del processo di allontanamento di larghe masse popolari dalla politica. Due sono i fenomeni più rilevanti: innanzitutto il forte ulteriore aumento dell’astensionismo che raggiunge cifre mai viste anche nella nostra regione (in media il 22% al primo turno e il 35% al secondo turno, ma in altre zone del paese siamo già al 50% di astensionismo al secondo turno, quindi con sindaci e presidenti di provincie eletti con meno della metà dei votanti). In secondo luogo c’è un processo di disincanto di massa rispetto al governo Prodi che coinvolge tutto il paese ma innanzitutto il Mezzogiorno a causa della politica del governo sull’occupazione, una politica finora fallimentare, basata su ricette liberistiche e su una logica antimeridionalistica, che considera cioè il sud sostanzialmente come un mercato di forza lavoro a basso prezzo.
2) C’è un evidente rafforzamento delle forze di centro, delle forze moderate sia del centro-sinistra che del centro-destra. La crescita elettorale di tutti i tronconi ex-democristiani, lo spostamento al centro di Forza Italia e il suo ingresso nel Partito Popolare europeo rafforzano il progetto di Cossiga di costruzione di un nuovo grande schieramento di centro laico e cattolico ed aprono la strada ad una possibile ed auspicabile crisi del bipolarismo.
3) Siamo di fronte ad una crisi profonda del PDS, sia nell’insuccesso della cosa-due, sia nel fallimento della Bicamerale e del suo presidente, fallimento per il quale, anche se non è merito nostro, esprimiamo grande soddisfazione per la grave pericolosità dei cambiamenti istituzionali e costituzionali che la Bicamerale stava perseguendo.
In questa nuova situazione politica è necessario muovere una offensiva unitaria nei confronti del PDS e incalzare il governo con maggiore decisione. Dopo l’ingresso nell’Euro e dopo il negativo responso elettorale, è ancora più necessaria e urgente una svolta riformatrice. La nostra bussola per giudicare l’azione del governo è basata sui contenuti programmatici. Con questa bussola abbiamo giudicato positivamente il DPEF e negativamente altri atti del governo successivi al DPEF, come per esempio la nomina di Rastrelli commissario straordinario in Campania; la fuga di Licio Gelli anziché finalmente la verità sulle stragi; il sanitometro che così come è stato approvato dal governo aumenta i ticket per i ceti popolari e lo slittamento ulteriore della legge sulle 35 ore. Con questa bussola affronteremo il confronto con il governo su imminenti nodi spinosi e importanti sui quali vi sono divergenze profonde, come per esempio: la politica estera e in particolare il ruolo dell’Italia nella NATO, sia nell’allargamento ad Est, sia nell’intervento nel Kosovo o in altre aree del mondo in sostituzione dell’ONU; la questione delle riforme istituzionali, con una particolare attenzione alla legge elettorale, su cui c’è una parte dell’Ulivo e del PDS, e lo stesso D’Alema, che spinge verso una accentuazione del bipolarismo e verso una riduzione della quota proporzionale anche col referendum; la questione del finanziamento pubblico della scuola privata; il problema dell’occupazione nel Mezzogiorno su cui c’è bisogno di un cambiamento radicale che dia immediate risposte concrete alla drammaticità della situazione e della condizione di sempre più ampie masse popolari. In Emilia-Romagna il nostro risultato elettorale, che è l’unico che cresce nelle alleanze col centro-sinistra, conferma la giustezza della linea della ricerca di accordi elettorali col centro-sinistra non a tutti i costi ma se vi sono le condizioni programmatiche e nella nostra piena autonomia e visibilità, come è avvenuto a Parma, a Piacenza e a Faenza. Nella nostra regione vi sono due ragioni in più che ci fanno dire che si è creata una nuova situazione politica a nostro favore: il PDS ha avuto uno dei risultati peggiori e il PRC uno dei risultati migliori, come sta ad evidenziare in particolare l’ottimo risultato di Parma. A maggior ragione nella nostra regione, quindi, facciamo bene a lanciare una offensiva unitaria nei confronti del PDS, basata essenzialmente su tre punti.
1) Una iniziativa tesa ad incalzare con spirito unitario le forti contraddizioni che vi sono nel PDS emiliano. Da un lato vi è una evidente corrente ulivista-liberaldemocratica rappresentata dal Presidente della Regione, che propone ed esplicita coerentemente una linea chiara: sul piano economico-sociale, liberismo e privatizzazioni, superamento dello stato sociale e di ogni intevento pubblico in economia; sul piano politico-istituzionale, accordo organico col PPI e col centro moderato, trasformazione dell’Ulivo da coalizione a nuovo soggetto politico, sistema elettorale ultramaggioritario, forma di governo presidenzialistica. Dall’altra parte, come si è visto sulla nomina di Montezemolo, uomo FIAT, a presidente della Fiera di Bologna, c’è tutta un’area di dirigenti del PDS, della cooperazione, amministratori locali, dirigenti sindacali, che non è d’accordo con il Presidente della Regione ma, diversamente dai liberal-ulivisti, non propone una chiara linea politica e quindi rischia di essere alla fine subalterna alle tesi e alle proposte uliviste-liberaldemocratiche. E’ avvenuto così infatti, per esempio, per l’assurda posizione presa dal segretario regionale del PDS sulle primarie come risposta alla sconfitta elettorale. Di fronte al 35% di elettori che a Parma e Piacenza non va più neanche a votare, di fronte all’aumento del malessere sociale che nei quartieri popolari si riversa a Parma su Tommasini e a Piacenza sulla Lega Nord, qual è la soluzione del PDS? Qual è il messaggio che il PDS dà al popolo emiliano ? Le primarie ! Cioè un modo, ancora una volta, per non parlare dei problemi della gente, un modo per tagliare ancora più fuori le masse popolari dalla politica e per ridurre ulteriormente la partecipazione al voto, un modo per rendere ancora di più la politica un fatto d’élite. La risposta delle primarie è la risposta della politica che invece di parlare della società e alla società, parla di sé e a sé stessa. E’ una risposta di destra alla crisi del PDS e alla crisi della politica nel rapporto con la società.
Come si vede, dunque, la contraddizione nel PDS di cui parliamo non è una contraddizione strategica, ma fra due tendenze comunque interne alla sinistra moderata e socialdemocratica europea. Tuttavia la nostra iniziativa deve essere ugualmente tesa a far prevalere nel PDS le tendenze che guardano a sinistra, alle masse lavoratrici e popolari e al malessere sociale in aumento anche nella nostra regione, affinché si determinino le condizioni per una maggiore unità d’azione, programmatica ed elettorale fra riformisti e comunisti.
2) C’è la necessità di proporre al PDS e a tutte le forze politiche e sociali progressiste un rilancio dei tratti caratteristici e positivi della diversità del modello emiliano, per tentare di fare della nostra regione un laboratorio di un moderno modello sociale non omologato al neoliberismo imperante. Costruire le direttrici fondamentali di questo progetto è lo scopo della nostra conferenza programmatica regionale che abbiamo promosso per i mesi prossimi.
3) Il PDS va incalzato - oltre che dal confronto unitario a sinistra, oltre che da belle idee e convegni - dalle reali e concrete esigenze della popolazione dell’Emilia-Romagna che dobbiamo riuscire a far esprimere attraverso una ripresa della lotta di classe e del conflitto sociale, di movimenti di massa e di opinione sui principali temi sociali sui quali c’è la maggiore sensibilità e sofferenza di massa anche in una regione come la nostra. Abbiamo fatto così a Bologna due anni fa con le Farmacie Comunali e quest’anno con la sanità dove abbiamo individuato bene il terreno su cui il processo di riduzione e di privatizzazione delle strutture sanitarie pubbliche produce un forte malessere sociale di ampie masse lavoratrici e popolari. La campagna sulla sanità e sui servizi sociali, contro i tagli e i processi di svendita ai privati di questa immensa ricchezza originale della nostra regione, è la battaglia principale del nostro partito. "La salute non è una merce" deve essere sempre di più la bandiera dei comunisti dell’Emilia-Romagna.
 
 

5 VOLTE NO AL BILANCIO REGIONALE

di CLAUDIO ADELMI

Il voto su un Bilancio preventivo è fortemente influenzato dal giudizio sulla Giunta. In Regione Emilia-Romagna il rapporto fra PRC e maggioranza di centro sinistra è critico e sofferente. Non manca il dialogo, il confronto e soprattutto la nostra proposta, ma la maggioranza che governa la Regione sta subendo una forte deriva moderata, dovuta in una certa misura al peso politico che sta assumendo il PPI. I popolari contano troppo: al punto che stanno bloccando importanti progetti di legge fermi nelle commissioni ormai da mesi, come la Valutazione d’Impatto Ambientale, la legge sulle Bonifiche e l’attuazione della legge Galli.
Tutto questo sotto gli occhi consenzienti del PDS, al punto che addirittura si è giunti ad un passaggio di deleghe a favore dell’Assessore PPI Rivola, che oltre al lavoro ed alla formazione acquisisce la Scuola. Sì, quella scuola che i popolari in prima fila vogliono privatizzare.
Il Bilancio preventivo 1998 dell’Emilia-Romagna rispecchia queste tendenze, ed il PRC ha almeno cinque ragioni, cinque dissensi su cinque politiche sbagliate che comporteranno ricadute negative verso i lavoratori e gli strati più deboli della popolazione, quindi cinque no al Bilancio regionale: Sanità, Casa, Trasferimenti agli Enti Locali, Trasporto pubblico, Scuola.
Sanità: la politica di contenimento della spesa, di riduzione di servizi, di taglio ai posti letto, sta portando ad una forte regressione del servizio sanitario regionale, fino ad alcuni anni or sono fiore all’occhiello delle "giunte rosse". Per contro i super poteri dei super pagati Direttori Generali stanno portando ad una impostazione verticistica e gerarchizzata delle Aziende Sanitarie e degli Ospedali, che avrebbero invece bisogno della collaborazione di tutti gli addetti per eliminare gli sprechi e giungere ad una razionalizzazione che parta dalle domande e dai bisogni dei cittadini. Prosegue lo sforzo straordinario del nostro partito in difesa della Sanità pubblica.
Casa: La politica abitativa dell’Assessore Sandri è basata sul Fondo per gli affitti ed i Piani di Riqualificazione Urbana, a discapito dell’Edilizia Residenziale Pubblica, che diviene residuale mentre andrebbe invece rilanciata. Abbiamo ritenuto talmente distante da noi la politica della Giunta sulla casa che non ci è stato possibile formulare emendamenti al bilancio. Va anche detto che la Regione investe per la casa poche risorse proprie, limitandosi a destinare i fondi statali, tra i quali quelli della Gescal. Proprio per questo motivo ci battiamo contro la distrazione di tali fondi ormai in via di esaurimento, ottenuti con i versamenti dei lavoratori italiani, da quella che era e deve rimanere la loro finalità, cioè la costruzione di alloggi pubblici.
Tagli agli enti locali: abbiamo presentato alcuni emendamenti al Bilancio, soprattutto per chiedere maggiori trasferimenti correnti per gli asili nido e per altri servizi socio assistenziali, perché condividiamo la politica del decentramento, e proprio per questo le amministrazioni locali non vanno lasciate sole e senza fondi. Tagliando risorse alle Province ed ai Comuni significa obbligarli a sospendere i servizi o a chiedere tariffe più alte ai cittadini: è un modo subdolo di taglio allo stato sociale, obbligando le amministrazioni locali a farlo. Finalmente su questo tema si è fatta sentire la protesta dell’ANCI e del Presidente della Provincia di Bologna, Vittorio Prodi. Ma non dimentichiamo che queste politiche hanno finora visto complici molti Sindaci della Regione. Per esempio alcuni Sindaci di centro sinistra della montagna reggiana l’autunno scorso addirittura rifiutarono sdegnati la solidarietà del PRC, critico sui tagli regionali a danno dei loro Comuni, ancor più disagiati in quanto montani.
Trasporto pubblico locale: abbiamo proposto emendamenti che attraverso risparmi, quali convegni, consulenze e spese non prioritarie, recuperavano 5,4 miliardi da destinare al trasporto locale, che per noi è fondamentale per una questione strategica legata all’economia ed all’ambiente. Occorrono più investimenti ed un aiuto maggiore in termini correnti alle aziende trasportistiche pubbliche anche per non gravare sull’utenza con prezzi salati dei biglietti, disincentivando di fatto l’uso del mezzo pubblico.
Scuola: questo tema è diventato prioritario nel nostro impegno politico, e le nostre posizioni sono sempre più condivise da larghi strati di popolazione e di addetti ai lavori. La Regione Emilia-Romagna è stata antesignana della politica di finanziamento della scuola privata. Quest’anno i fondi previsti per le scuole private sono addirittura aumentati da 4,5 miliardi a 4,7. Abbiamo presentato un progetto di legge per abrogare la norma sui finanziamenti alla scuola privata, che impoveriscono la scuola pubblica, la quale avrebbe invece bisogno di maggiori finanziamenti e di una riforma seria. Gli emendamenti che abbiamo presentato prevedevano l’azzeramento dei contributi per le convenzioni con le scuole private, a favore di altri trasferimenti agli enti locali per il diritto allo studio, per l’handicap, per le attività extrascolastiche: capitoli che negli ultimi anni hanno subito drastici ridimensionamenti.
La confindustria plaude al Bilancio della Regione. Questo dato, se ce ne fosse bisogno, conforta le nostre tesi. Per questo ritengo utile approfondire il dialogo con il centro sinistra, soli i comunisti possono creare un contrappeso in grado di contrastare questa deriva moderata.
 

ISTITUTO PER IL LAVORO:

LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA SPERIMENTA UNA NUOVA FORMA DI INTERVENTO PUBBLICO NEL MONDO DEL LAVORO.

di ROCCO GIACOMINO
capogruppo PRC Emilia-Romagna
 

Nel marzo scorso, il Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato una legge che istituisce la Fondazione ‘Istituto per il Lavoro’, i cui obiettivi possono essere così sintetizzati: studio e sviluppo delle conoscenze necessarie a favorire l’evoluzione organizzativa delle imprese e degli enti pubblici, valorizzazione del lavoro e dei processi di partecipazione, promozione di processi di qualità nelle relazioni fra parti sociali all’interno delle realtà organizzative e produttive della Regione. In sostanza, si tratta di un Istituto pubblico che si occuperà di organizzazione del lavoro. Il progetto di legge - sul quale si è registrata la dura e rabbiosa opposizione delle forze del Polo e della sia pur ‘illuminata’ Confindustria emiliana - ha avuto il sostegno decisivo del Gruppo consiliare di Rifondazione Comunista (che si è visto accogliere, tra l’altro, due emendamenti migliorativi all’articolato) e della CGIL Emilia-Romagna, mentre poco convinte si sono dimostrate le forze moderate dell’Ulivo (ad es. il PPI) e, sul versante sindacale, la CISL e la UIL. Il nostro sostegno alla Fondazione ‘Istituto per il Lavoro’ è stato motivato dalla considerazione che essa costituisce una parziale inversione di tendenza, in un momento nel quale, anche a sinistra, si afferma sempre più l’idea del ‘libero mercato arbitro di sé stesso’. Con la nascita di questo Istituto, infatti, si riattribuisce al ‘pubblico’ un ruolo fondamentale nel governare i processi innovativi nel mondo del lavoro. Un vecchio modo di dire comunista collegava la ‘bontà’ e l’efficacia di un’azione politica al grado di opposizione di Confindustria: in questo caso le associazioni imprenditoriali sono insorte per contestare il diritto del ‘pubblico’ (in specifico, della Regione Emilia-Romagna) di potersi occupare di una materia, l’organizzazione del lavoro, da sempre ritenuta loro esclusivo appannaggio. Il fronte comune che si è venuto a creare a sinistra in occasione del  voto sull’Istituto per il Lavoro in Consiglio regionale testimonia la possibilità, anche in Emilia Romagna, di aprire spazi concreti di confronto fra Rifondazione Comunista e le forze politiche che compongono l’Ulivo. In altri termini, questo voto sta a dimostrare che si possono realizzare intese fra il PRC ed il centro-sinistra (intese sempre auspicabili quando sono in gioco le condizioni di vita e di lavoro di ceti popolari), senza rinunciare alle nostre imprescindibili esigenze di unità ed autonomia.
 
 

35 ORE:

DALL’EMILIA-ROMAGNA SEGNALI CONTRASTANTI

di DONATELLA MUNGO

La legge sulla riduzione dell’orario di lavoro, punto fondante dell’accordo raggiunto lo scorso ottobre tra Rifondazione Comunista e le forze politiche che compongono l’Ulivo,  ha  finalmente  visto  la luce: il Consiglio dei Ministri  ha,  infatti,  varato nei mesi scorsi un disegno di legge, che si prepara ora ad affrontare l’iter parlamentare. Nel frattempo, dalla Regione Emilia-Romagna, arrivano, invece, segnali contrastanti ed, in alcuni casi, addirittura preoccupanti. Già in febbraio, nel corso di un incontro sulle 35 ore svoltosi nella Commissione "Scuola, cultura e turismo" (competente anche in materia di lavoro e formazione professionale) e sollecitato proprio da Rifondazione Comunista, l’Assessore regionale Pier Antonio Rivola, targato PPI, aveva espresso, seppure a titolo personale, l’opinione che la riduzione dell’orario di lavoro, obiettivo in sé latamente condivisibile, non possa assolutamente essere imposta per  legge: una posizione, questa, pericolosamente simile a quella assunta a livello nazionale e locale da Confindustria. Ma gli autentici segnali di preoccupazione sono scaturiti dalla discussione in aula sulle 35 ore, avvenuta per pura combinazione proprio il giorno successivo all’approvazione del disegno di legge sulla riduzione d’orario. Ancora una volta era stato il gruppo di Rifondazione Comunista a dare l’avvio alla discussione, presentando un risoluzione che invitava il Governo ed il Parlamento alla rapida approvazione della legge sulla riduzione d’orario e proponeva una sperimentazione per i dipendenti della Regione, delle Aziende USL e degli Enti  regionali. Questo documento, perfettamente in linea, peraltro, con gli intenti del Governo, evidentemente è parso "troppo avanzato", visto che i gruppi della maggioranza hanno ritenuto di presentarne un altro dai contenuti molto più blandi e con riferimenti assolutamente non condivisibili alla possibilità di rendere "flessibile" la legge per adattarla alle esigenze territoriali. La risoluzione della maggioranza, non votata dal Gruppo PRC, è stata approvata dal Consiglio, mentre il documento di Rifondazione Comunista ha ricevuto il voto favorevole dei Verdi, l’astensione del PDS e il voto contrario dei popolari. Anche in questa occasione, come in altre, la maggioranza che governa la nostra Regione si rivela quindi "ostaggio"! del PPI emiliano-romagnolo, il quale su diversi temi, tra i quali quello delle 35 ore per legge, si dimostra più arretrato del PPI nazionale. Infatti, è stato proprio il dissenso del PPI ad impedire che venisse approvata la risoluzione del PRC ed a costringere il PDS alla presentazione di un documento alternativo, compiendo una di quelle operazioni di "equilibrismo" nelle quali si è in questi ultimi anni specializzato.
 

EMILIA-ROMAGNA:

RIFORMA REGIONALE DEL COLLOCAMENTO

INUTILE ECCESSO DI NEOLIBERISMO

MAGGIORANZA CHIUSA AL CONFRONTO

PRC VOTA CONTRO

La nuova legge regionale sui servizi per l’impiego, la prima del cosiddetto "pacchetto Bassanini", che entro l’anno "rivoluzionerà" le competenze ed i compiti delle Regioni, determinerà, tra l’altro, l’esaurimento dell’esperienza dei vecchi Uffici di collocamento, sostituiti dai Centri per l’impiego.
Tutto questo in applicazione di quanto previsto dalla legge Bassanini. Ma l’Emilia-Romagna, la prima a legiferare in materia, è andata oltre! Infatti con la nuova Legge regionale approvata nei giorni scorsi, in un ennesimo ed inutile eccesso di neoliberismo, è stata data alle Province la possibilità di dare in gestione, tramite convenzioni con privati, i Centri per l’impiego, o alcune loro funzioni, quali l’informazione, l’orientamento, la formazione ed il collocamento. Dunque anche la funzione di collocamento, attribuita al pubblico, potrà essere gestita da privati. Addirittura imprenditori o sindacati, tramite società a loro indirettamente collegate, potrebbero fare collocamento, determinando così una incompatibilità ed uno snaturamento della funzione di rappresentanza e tutela degli interessi dei lavoratori da parte del sindacato.
Rifondazione Comunista ha fortemente contrastato questa ipotesi, presentando emendamenti al progetto di legge che chiedevano di escludere dalle convenzioni quantomeno la funzione di collocamento. Purtroppo sono stati respinti dalla maggioranza. Su questo punto la stessa CGIL e diversi Consiglieri regionali dei Democratici di Sinistra avevano espresso forti perplessità. Ma hanno vinto la rincorsa al centro, la sordità di una maggioranza indisponibile al confronto, l’appoggio alle posizioni di Confindustria ed il moderatismo dei popolari. Il capogruppo PRC Rocco Giacomino ha dichiarato "c’è il rischio di passare dal vecchio monopolio pubblico del collocamento al monopolio privato: è l’ennesimo omaggio che questa Giunta fa all’infatuazione neoliberista ".
I consiglieri del PRC, Rocco Giacomino e Patrizia Cantoni, rivolti ai compagni diessini, hanno così commentato: "la rincorsa al centro non paga, e così facendo si perdono città come Parma o Piacenza; in Emilia i Democratici di sinistra perdono ed il PRC si consolida, ma non ci interessa rosicchiare qualche voto ai D.S., abbiamo un’ambizione più grande, spostare a sinistra le politiche regionali e rilanciare la coesione sociale in Emilia-Romagna, per questo, anche dopo il voto di oggi, ribadiamo la nostra sfida unitaria alle forze del centro sinistra in Consiglio Regionale". Infine per Rocco Giacomino "i DS in Regione, dopo la crisi elettorale, appaiono sempre più confusi ed incerti sulla prospettiva, ancora prigionieri delle politiche centriste e moderate dei popolari ed esitanti nell’aprirsi ad un confronto vero e di merito a sinistra con il PRC".
 
 

SCUOLA PUBBLICA O SCUOLE PRIVATE ?

LA POLITICA SCOLASTICA REGIONALE AL PEGGIO NON C’E’ LIMITE

di MARCELLO GRAZIOSI

Mentre la riforma del sistema scolastico sta divenendo sempre più terreno di confronto e, più probabilmente, scontro con il governo e la maggioranza di centrosinistra, nella nostra regione d’avanguardia si registrano nuove spinte verso la costruzione di un sistema scolastico integrato. Il 24 gennaio 1998, in occasione di un riuscito convegno organizzato dal Comitato Politico Regionale e dal Gruppo regionale del nostro partito dal titolo significativo "Scuola pubblica o scuole private?", tanto l’assessore regionale Gianluca Borghi quanto il Presidente della Commissione Regionale Scuola Ferdinando Fabbri (PDS) hanno ribadito la validità del sistema integrato pubblico-privato e delle convenzioni tra Enti Locali ed asili nido e scuole materne private aderenti alla FISM. In attesa della sentenza della Corte Costituzionale, che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla costituzionalità della L.R. 52/95 e sul sistema delle convenzioni, il nostro partito, oltre a dare inizio ad una raccolta di firme su un appello al Ministro della Pubblica Istruzione sottoscritto insieme a diversi comitati della nostra Regione, ha presentato, attraverso il gruppo consiliare, un progetto di legge di abrogazione della 52/95 e di modifica della L.R. 6/83 sul Diritto allo studio. Punto di partenza è stata l’analisi approfondita dei dati complessivi del biennio 1996-1997 e sulle prospettive future del biennio 1998-1999. A fronte di continui tagli ai servizi sociali ed alla scuola pubblica, la Giunta Regionale continua ad accrescere i fondi destinati al sostegno delle convenzioni tra Enti Locali ed asili nido e scuole materne private passando dai 3 miliardi del 1995 ai 4 miliardi e mezzo annui per il biennio 1996 e 1997 ed ai prospettati 4 miliardi e 700 milioni annui per il biennio 1998 e 1999. Questa marcata tendenza alla privatizzazione dei nidi e dei gradi inferiori d’istruzione  stride con il bilancio consuntivo della politica scolastica per l’anno 1996, che pesa come un macigno sulla Giunta: 18.646.634.000 erogati da Comuni e Regione ad asili nido e scuole materne private e 4.325 domande di accesso ai soli nidi pubblici, dove le richieste sono in netto aumento, rimaste inevase con grave danno per le famiglie. All’inizio del 1997, inoltre, si sono verificati altri casi di grave carenza di posti ai nidi pubblici (per Carpi e Serramazzoni, in provincia di Modena, il Gruppo regionale ha presentato specifiche interpellanze). Alla luce di tutto questo, il progetto di legge del nostro partito non solo prevede l’abrogazione della L.R. 52/95 ma evidenzia la necessità di creare un apposito fondo regionale per potenziare la presenza delle materne pubbliche sul territorio, con particolare riferimento ai 52 comuni della nostra regione che ancora ne sono privi e per quelli dove si è verificato un consistente scostamento tra richieste e posti disponibili. Mentre eravamo in attesa del progetto di legge di modifica della 52/95 della Giunta, è giunta la sentenza-non-sentenza (ordinanza squisitamente formale) della Corte Costituzionale che, a fronte di una netta divisione al proprio interno, si è astenuta dall’assumere ogni decisione, lasciando ai rapporti di forza politici il rispetto della legalità costituzionale. Segno evidente dei tempi. La maggioranza che governa la nostra regione, al pari di quella nazionale, ha interpretato strumentalmente l’ordinanza formale della Corte Costituzionale come un via libera per i propri ulteriori progetti di allargamento del sistema integrato pubblico-privato. Prima tappa il progetto di legge di abrogazione della L.R. 52/95 e di modifica della 6/83, dove non solo viene confermata la volontà regionale di partecipare al finanziamento delle convenzioni tra Enti Locali ed asili nido e scuole materne private ma dove si prevede l’estensione diretta di tali finanziamenti alle associazioni rappresentative di dette scuole, vale a dire alla FISM. Evidentemente le polemiche sollevate da quest’ultima nella Commissione Regionale Scuola e la subalternità del PDS al PPI hanno cominciato a dare i loro frutti. Durante i lavori della Commissione Regionale Scuola il colpo di scena: la Giunta ritira il proprio progetto di legge e chiede tempo per poterne approntare un secondo che estenda il sistema delle convenzioni alle scuole dell’obbligo (elementari e medie) e, contemporaneamente, la Giunta presenta una proposta di modifica delle deleghe al proprio interno in base alla quale la competenza in materia di sistema scolastico obbligatorio e superiore passa dall’assessorato di Borghi a quello di Pier Antonio Rivola (PPI), che unisce  formazione professionale, università e mercato del lavoro. Nonostante il capogruppo del PDS in Consiglio Regionale Daniele Alni abbia spacciato questa modifica di deleghe come dettata da semplici esigenze organizzative, l’appiattimento del PDS sulle posizioni dei Popolari si staglia in tutta la sua forza ed evidenza. Non si può, infatti, non collegare il cambio delle deleghe con le finalità contenute nel Protocollo d’intesa del giugno 1997 e con la L.R. 45/97 sulla formazione professionale, che prevedono la creazione di un sistema integrato tra scuola, formazione professionale ed imprese su base territoriale che subordini i primi due elementi alle esigenze di reperimento della manodopera da parte delle aziende su base locale. Le nostre preoccupazioni, purtroppo, sono state confermate dalla presentazione del progetto di legge sui servizi per l’impiego, che dà attuazione al conferimento di deleghe alle regioni sull’impiego contenute nella Bassanini. Di fronte alle nostre proteste e richieste di chiarimenti, siamo stati accusati dall’assessore Rivola di essere faziosi e di sostenere una posizione già sconfitta dalla Corte Costituzionale. Nonostante questo, ribadiamo con forza la nostra volontà di proseguire la battaglia contro il sistema integrato pubblico-privato fino in fondo, collaborando con tutti i soggetti che condividono questa finalità e forti tanto della posizione assunta dal nostro partito contro la proposta ministeriale di parità scolastica e contro i decreti attuativi dell’autonomia che equiparano la gestione scolastica a quella d’impresa, quanto delle 3.000 firme che abbiamo raccolto nel territorio regionale in poco più di tre mesi sul nostro appello in difesa della scuola pubblica. Al PDS ribadiamo di essersi appiattito sulle posizioni dei Popolari e di aver permesso la gestione del sistema scolastico pubblico a chi ha tutto l’interesse a dequalificarlo per potenziare il ruolo della scuola privata, mentre all’assessore Rivola forniremo una versione semplificata dell’ordinanza della Corte Costituzionale affinché possa comprenderne l’esatto significato.
 
 

PARI OPPORTUNITA’

LA VISITA DELLA MINISTRA ANNA FINOCCHIARO IN REGIONE

di PATRIZIA CANTONI

Consigliera regionale PRC

La Giunta regionale dell’Emilia-Romagna, prima in Italia, ha adottato la direttiva emanata dal Governo per "promuovere l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne" ed ha invitato la Ministra per le Pari Opportunità, l’On. Anna Finocchiaro, ad assistere al dibattito Consiliare sulla proposta di legge regionale.
Ciò ha offerto l’opportunità per una seria ed approfondita riflessione sui problemi dell’affermazione delle donne nella società. Sono temi questi che non vengono molto spesso affrontati nelle nostre aule e quindi ho colto l’occasione per esprimere alla Ministra l’opinione di una donna comunista impegnata in politica sul documento di adozione della direttiva.
I tre obiettivi indicati come prioritari dal documento di adozione predisposto dalla Giunta Regionale (ossia la valorizzazione del punto di vista di genere, l’acquisizione di poteri e responsabilità, le politiche dei tempi e dell’organizzazione del lavoro) sono interconnessi ed inscindibili fra loro. Non si può promuovere il punto di vista femminile e la rappresentazione della differenza sessuale se la presenza femminile nei luoghi della politica e del lavoro non è quantitativamente sufficiente a garantire un bilanciamento fra i sessi e viceversa. Così come non è possibile garantire un accesso effettivo nella "stanza dei bottoni" alle donne fino a quando le condizioni esterne non saranno tali da consentire realmente le stesse opportunità a donne e uomini. Certamente è molto positivo il graduale abbandono dei cosiddetti "luoghi di donne", isolati dal contesto delle politiche generali, anche se va riconosciuto il lavoro prezioso che le Commissioni Pari Opportunità e lo stesso apposito Ministero hanno svolto in questi anni, in considerazione del fatto che in assenza di tali strumenti di studio e di lavoro non potremmo oggi discutere di queste cose. E’ altrettanto importante la trasformazione delle Commissioni pari opportunità da gruppi di lavoro sulle tematiche femminili a luoghi di elaborazione di un punto di vista femminile sul totale delle decisioni politiche ed istituzionali.
Attraverso la trasversalità, potrà essere avviata una utile dialettica fra i sessi, che non potrà che apportare benefici effetti sulla qualità delle decisioni da assumere e sui provvedimenti da mettere in campo. Naturalmente, per fare ciò, occorre che sempre più donne siano messe nelle condizioni di partecipare alla vita attiva del nostro Paese, e di potere fare emergere le proprie competenze ed il proprio diverso approccio ai problemi, di poter proporre le proprie capacità specifiche di analizzare e risolvere le situazioni.
In questo senso, il documento di adozione della direttiva di Governo è senz’altro positivo, anche se molte delle azioni proposte abbisognano di una più concreta esplicazione per poter essere attuate.
L’unico punto sul quale avanzo delle perplessità riguarda il terzo degli obiettivi indicati, ossia quello che si occupa delle condizioni oggettive per consentire un ingresso realmente rappresentativo delle donne nel mondo del lavoro e della politica. Si dà, infatti, una grande rilevanza ai tempi e all’organizzazione del lavoro, cosa di per sé lodevole ma non sufficiente a risolvere i problemi specifici delle donne. Occorre infatti una seria politica che rilanci il tema dei servizi alla persona (bambini, anziani, disabili, etc.) e dei servizi sociali in generale. La semplice acquisizione del dado, pur vero, che sulle donne grava il maggior peso della cura dei propri cari non può, a mio avviso, essere preso come dato immutabile e non modificabile. La suddivisione dei compiti familiari fra donne e uomini è parte di un processo culturale che, sia pure lentamente, si sta affermando anche nel nostro paese. Ma questo processo può solo essere aiutato e stimolato da tutta una serie di provvedimenti previsti per entrambi i sessi (part-time, congedi parentali, etc.) ma non può essere imposto: in questo senso, e per fornire un reale e immediato aiuto a tutte le donne con famiglia che lavorano o che sono impegnate in politica o nel sociale, è importante che sia mantenuta ed anzi potenziata la rete dei servizi pubblici. Devo constatare che, invece, assistiamo anche nella nostra regione, nella quale i servizi sociali sono sempre stati modello di efficacia e di efficienza, ad un’operazione di smantellamento, lenta, strisciante, ma continua. Al loro posto ci vengono forniti come equivalenti (ma equivalenti non sono!) tutta una serie di aiuti alla famiglia (educatore domiciliare, assegno di cura, etc.). Questa visione familistica del sostegno pubblico incentiva il ritorno delle donne all’interno delle mura domestiche, allontanando nel tempo l’obiettivo dell’affermazione femminile e di fatto ostacolando la possibilità che la società possa beneficiare delle potenzialità dello scambio culturale fra i sessi.
 
 

RIQUALIFICAZIONE URBANA

EDILIZIA PUBBLICA DI RECUPERO O NUOVA FORMA DI SPECULAZIONE?

APPROVATA LA LEGGE REGIONALE

ASTENUTO IL PRC

di CLAUDIO ADELMI

E’ stata recentemente approvata dal Consiglio Regionale dell’Emilia-Romagna la legge regionale "Norme in materia di riqualificazione urbanistica", strumento regionale che affiancherà gli attuali PRU (Programmi di Riqualificazione Urbana), ma a differenza di questi ultimi interesserà anche Comuni di medie e piccole dimensioni. La legge sancisce, citando testualmente dalla relazione presentata dalla Giunta Regionale, una "svolta delle politiche regionali nel settore dell’Edilizia Residenziale Pubblica" determinata dall’abbandono del principio della realizzazione di nuova residenza, a favore del recupero urbano, con il risanamento delle aree degradate ed il riuso delle aree dismesse. Un principio tanto condivisibile quanto foriero di incomprensioni, ambiguità ed ipocrisie, visto il pulpito da cui viene enunciato.
Per sgombrare il campo da equivoci diciamo subito che Rifondazione Comunista è d’accordo sull’esigenza dal punto di vista urbanistico ed ambientale, di limitare al minimo ogni tipo di espansione residenziale, industriale e commerciale caratterizzata da nuove costruzioni, puntando sul recupero, la riqualificazione ed il riuso dell’esistente. E’ però anche vero che la politica della realizzazione di nuova residenza, almeno per quanto riguarda l’ERP, citata nella relazione al progetto di legge è stata poco più di un miraggio in questa regione, almeno negli ultimi anni. Abbiamo visto sul nostro territorio gru e cantieri edili, abbiamo visto nascere dal nulla quartieri e zone artigianali e industriali, ma la quota riservata all’edilizia pubblica destinata all’affitto, le cosiddette case popolari, è stata a dir poco residuale, nonostante la rilevante entità dei fondi Gescal, versata dai lavoratori a tale scopo. E qua sorge il primo grosso dubbio. La legge dà l’indicazione di destinare al recupero urbanistico tutte le risorse dell’Edilizia Residenziale Pubblica, compresi i fondi Gescal, garantendo solo una quota di recupero a favore di alloggi pubblici e con un ruolo determinante del privato.
E’ il proseguimento della politica regionale sulla Casa, portata avanti in questi anni dall’Assessore del PDS Sandri, definito un "liberal" dagli stessi ambienti del centro destra. Limitare l’offerta di alloggi pubblici (nella nostra regione i sindacati stimano che più di 75.000 famiglie rientrano nei requisiti per avere un alloggio ERP e queste famiglie non sono né proprietarie di casa, né affittuarie di un alloggio pubblico) e istituire una particolare forma assistenzialistica: il Fondo Sociale per l’Affitto. Come dichiarò qualche tempo fa il nostro capogruppo Rocco Giacomino, l’assessore Sandri è un Robin Hood alla rovescia: ruba ai poveri per dare ad altri poveri. Quattro soldi destinati ad un numero ridotto di famiglie come contributo al pagamento dell’affitto pagato a prezzi di mercato, finanziati dal rincaro degli affitti dell’edilizia pubblica, pagati da chi è ancora più povero. Il problema della casa invece non può essere risolto con l’assistenzialismo ma occorre aumentare l’offerta pubblica di alloggi, adeguandoci agli standard europei (che invece vengono presi ad esempio solo quando fa comodo a lor signori).
In questo senso la Riqualificazione Urbanistica andava concepita diversamente, dando maggior peso all’intervento pubblico e soprattutto finalizzando in massima parte il recupero alla realizzazione di alloggi pubblici. Si rischia invece che questa legge sia l’ennesimo regalo a certa imprenditoria, in questo caso i costruttori. Pensate che la Confindustria, appoggiata dal centro destra, era addirittura arrivata a proporre che le aree da recuperare fossero individuate dal privato, anziché dall’Ente Pubblico. Ci manca solo che i Piani Regolatori li faccia la Fiat!!
Il PRC ha ottenuto l’accoglimento di due emendamenti che hanno migliorato il testo della legge, cercando di ancorarla maggiormente alle finalità dell’Edilizia Residenziale Pubblica e della qualità sociale. Anche in funzione di ciò il Gruppo di Rifondazione Comunista ha espresso un voto di astensione per una legge che partendo da buoni presupposti non trae le necessarie conseguenze. Sarà ora compito dei compagni impegnati nei Consigli Comunali vigilare sull’attuazione della legge. Bisogna evitare che il recupero urbanistico divenga l’ennesima occasione di speculazioni edilizie, bisogna limitare quindi le ingerenze dei privati nella pianificazione, occorre molta prudenza nell’individuazione delle aree e bisogna chiedere che la quota maggioritaria di alloggi venga destinata all’Edilizia pubblica destinata all’affitto.
 

Dalle Province: con questo numero del giornalino inauguriamo alcune pagine aperte al contributo delle elette e degli eletti del PRC sulle politiche locali che incrociano quelle regionali.

 

UNA NUOVA LEGGE SUL TURISMO PER L’EMILIA-ROMAGNA

di GUIDO PASI
Assessore alle Attività Produttive
del Comune di Ravenna. PRC.

La Regione Emilia-Romagna ha una nuova legge sul turismo, votata anche dai comunisti.
Qual è, secondo me, il valore di questa legge e di quel voto?  Non si tratta solo dall'aver visto accolte molte delle istanze di gestione democratica che avevamo avanzato per quanto riguarda l'APT, non più commissariata e non riportata a modello "manager" tipo AUSL. Si tratta di molto di più. Si tratta di appoggiare un esperimento che porterà ad accrescere le capacità di promozione degli enti pubblici e quelle di commercializzazione dei privati. Fino ad ora gli enti pubblici spendevano comunque, nel turismo, cospicue somme per la promozione della regione o delle singole realtà. Si trattava, si tratta tuttora a livello nazionale, di denaro pubblico investito in modo eclettico, disperso in mille rivoli capricciosi, in decine di fiere spesso inutili, senza verifiche dell'efficacia reale. Con il meccanismo della nuova legge regionale si apre la strada ad un diverso utilizzo di queste risorse. La legge infatti istituisce delle Unioni di Prodotto di cui faranno parte enti pubblici e operatori privati. Come opereranno insieme? Le Unioni agiranno come dei rompighiaccio renderanno raggiungibile un porto, un mercato turistico, facendo promozione del loro prodotto, la riviera, le città d'arte, le terme, l’Appennino. Lo faranno con un meccanismo che però avrà verificato a priori un accordo sulla meta da raggiungere, tra il pubblico che fa la promozione e gli operatori che faranno seguire la commercializzazione. Dietro il rompighiaccio Unione si muoverà infatti la flottiglia degli operatori che raggiungeranno quel porto per concludervi dei contratti. Uno strumento del genere era necessario perché la nuova realtà dei mercati turistici imponeva un salto qualitativo e quantitativo e il raggiungimento di una "massa critica" sufficiente a farsi ascoltare. Il termine "globalizzazione" è fin troppo abusato, ma rende comunque l'idea di un mercato in cui la costa romagnola è in concorrenza diretta con i Caraibi, la Turchia, la Spagna: Paesi e località che ci hanno sottratto in grandissima misura quote crescenti di turisti offrendo loro un prodotto meglio organizzato. Con i Club di Prodotto che i privati dovranno costituire potremo tentare di riaffacciarci su mercati in declino o su mercati inediti, se comporremo dei prodotti il più possibile "unici", abbinando risorse diverse e opportunità esclusive. Non si tratta in questo caso di proporre solo mare e città d'arte, ma anche la nostra qualità urbana, se la sapremo difendere, la nostra qualità sociale, se non la perderemo sull'altare del neoliberismo, la nostra qualità ambientale, se ne avremo ancora una.
A me pare che in questa serie di considerazioni si condensi il significato del nostro voto. L'industria turistica è una realtà primaria nella nostra regione, una realtà dalla quale dipendono migliaia di posti di lavoro anche per il futuro. Si tratta di un'industria che si alimenta di qualità, a cui servono un territorio preservato, ambiente e città protette, qualità dei servizi in tutti i settori, dai trasporti pubblici alla sanità. Si tratta dunque di un ciclo produttivo che può innescare dinamiche virtuose, ad alto contenuto di lavoro e di sapere e che può e deve scoraggiare il consumo dissennato del territorio e delle risorse scarse. Con questa legge si indirizzano risorse pubbliche e private ad alimentare questo ciclo virtuoso. Non si tratta, come si vede, del semplice trasferimento di risorse pubbliche all'industria, schema a cui ci siamo purtroppo abituati e a cui forse pensa la destra anche in questo caso. Se così fosse, se dovessero prevalere campanilismi e corporativismi, se qualcuno interpretasse questa legge come risorse pubbliche da dirottare al privato essa fallirebbe. Si tratta viceversa di programmare meglio l'insieme delle risorse disponibili per favorire la competitività di un intero sistema territoriale. Non è una cosa semplice a farsi, ma è così che paesi come la Francia o la Spagna hanno saputo riposizionarsi, ottenendo il risultato di precederci come paesi turistici a livello mondiale.
 
 

PTCP: PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE

AMBIZIONE E REALTA’

di GUIDO GIANNETTO
Capogruppo PRC Provincia di Reggio E.

I piani territoriali di coordinamento provinciale traggono la loro ragione d’essere da una legge regionale: precisamente la L.R. 6/95. L’intento del legislatore, sicuramente apprezzabile, era, a nostro giudizio, quello di cercare di accordare in un unico strumento, il PTCP appunto, i diversi piani che compongono l’ossatura programmatoria dell’Ente Provincia. Le province, come è noto, affidano le loro strategie pianificatorie a diversi piani, quali appunto il PISR (Piano Smaltimento Rifiuti), il PIAE (Piano Infraregionale delle Attività Estrattive), il Piano della Viabilità Provinciale, etc.
Coordinare ed accordare i vari strumenti pare ed è una necessità. Premesso che è aperto e non concluso un dibattito istituzionale e politico sul ruolo che le Province abbiano da svolgere, ci preme osservare un passaggio della legge regionale 6/95 che può indurre in qualcuno eccessive ambizioni, come, a nostro giudizio, è accaduto in quel di Reggio Emilia.
Il comma 9 dell’art. 3 della L.R. 6/95 recita: "Le Province possono motivatamente proporre con il PTCP varianti agli strumenti regionali di programmazione e pianificazione territoriale.....". Abbiamo rilevato che la più grande ed innovativa operazione del PTCP della Provincia di Reggio Emilia è stata la revisione, o meglio la riscrittura, del Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR).
Abbiamo posto questa domanda: "E’ legittimo che un ente in ordine gerarchico inferiore, come è il caso della Provincia, possa sovvertire la programmazione concertata fino a poco tempo fa con un ente in ordine gerarchico superiore, la Regione?". E’ chiaro che le Province non devono comunque essere la sommatoria delle istanze, pur legittime, locali dei Comuni perché in questo caso prende il sopravvento un municipalismo spinto (comunalismo) che vanifica un ente come la Regione, ente appunto che dovrebbe avere orizzonti (e cuore!) più grandi quali si richiedono per la programmazione e pianificazione territoriale. Bene ha fatto la Giunta della Regione Emilia-Romagna a deliberare una nutrita serie di riserve al PTCP della Provincia di Reggio Emilia e bene si fa ad aprire un dibattito, il più ampio possibile, sul nuovo Piano Territoriale Regionale, strumento principe di indirizzi cui gli stessi PTCP dovranno adeguarsi. Emerge chiaramente, e la storia recente del PTCP della Provincia di Reggio Emilia lo dimostra, che se si lascia ad ogni soggetto con poteri programmatori l’iniziativa, la fase concertativa tra i vari enti (Regione, Provincia e Comuni) rischia di saltare.
 
 

ANZIANI E QUALITÀ DELLA VITA

L’ESPERIENZA DI BORGOTARO

di RENATO DELCHIAPPO
Assessore ai Servizi Sociali. PRC.
Comune di Borgo Val di Taro (PR)

Borgo Val di Taro è il più popolato paese dell’Appennino parmense, con 7.196 abitanti. La popolazione anziana ultra settantenne rappresenta il 34% e gli ultra settantacinquenni sono il 14,17%. Dal 21 aprile 1997 è amministrato, per la prima volta, da una Giunta di centrosinistra. Il Comune offriva per la popolazione anziana un ventaglio di proposte: una Casa Protetta con 38 posti (di cui 35 per non autosufficienti), 12 mini alloggi, un servizio di assistenza domiciliare, la presenza di un Presidio Ospedaliero e si prevedeva l’apertura di una RSA. Nonostante la presenza di questi servizi il primo problema che mi si è posto è stato: "Quale qualità di vita garantire ad una popolazione anziana composta in prevalenza da midle-old (75-79 anni) ed old-old (80 anni ed oltre) ed in prevalenza soli". La scelta è stata quella di evitare l’istituzionalizzazione dell’anziano, l’ultima esistente dopo il superamento degli Ospedali Psichiatrici, costruendo una pluralità di risposte: aumento di ore di assistenza domiciliare, attivazione del telesoccorso, studio di un progetto di teleassistenza, costruzione di altri 15 appartamenti, costruzione di un centro sociale, apertura di un centro diurno come elemento importante a sostegno delle famiglie affinché l’anziano possa vivere il più a lungo possibile nel proprio contesto abitativo. Si sta trasformando la filosofia della Casa Protetta non solo come luogo "assistenza", ma come momento di recupero e mantenimento delle capacità psicopratiche residue dell’anziano, al fine di raggiungere, attraverso un mirato e specifico intervento socio - sanitario - assistenziale, una migliore "qualità di vita". Al di là delle ambiziose enunciazioni delle leggi regionali, la realtà odierna del sociale appare più complessa ed in via di evoluzione (od involuzione?). Esiste, infatti, uno stretto collegamento tra ciò che è di competenza sanitaria e ciò che invece concerne il sociale (sempre afflitto da risorse economiche molto limitate) e francamente a volte si fraintendono i due termini generando non risposte ai bisogni, ma confusione ed anche addebiti impropri. Oggi basta una malattia che priva di reddito una famiglia per un periodo abbastanza lungo ed immediatamente si diventa un "caso" sociale con un sostegno limitato del sanitario. Il sociale non deve essere il fratello povero nelle scelte delle politiche nazionali e regionali.
 
 
 

IMMIGRAZIONE

GLI ENTI LOCALI SONO ANCORA IMPREPARATI A GESTIRE IL PROBLEMA

E INTANTO RIPRENDE L’ESTATE RIMINESE E LA "GUERRA SANTA" CONTRO GLI EXTRACOMUNITARI
di PIER PAOLO GAMBUTI
PRC di Rimini

Nella provincia di Rimini la stagione estiva coincide con il grande business turistico con i soliti bagnanti italiani e tedeschi. Ma la stagione turistica è spesso portatrice di grandi conflitti sociali legati al problema dell’abusivismo commerciale che a sua volta si identifica nella presenza di immigrati extracomunitari.
Nell’estate scorsa tale conflitto ha raggiunto toni parossistici; i Sindaci volevano spazzare via gli abusivi con le ruspe o altri che volevano fare frontiere regionali. Da allora è passato un anno e una legge sull’immigrazione è stata varata.
In Italia gli extra CEE sono l’1,50% della popolazione. In Europa la media è molto più alta, intorno al 7%, ma da noi basta questa percentuale per mandare in tilt tutti gli assetti organizzativi delle Amministrazioni locali e per far gridare nell’immaginario collettivo: "via gli immigrati e i problemi si risolvono".
Dunque una nuova legge che a tutt’oggi sembra che sia servita più per le espulsioni che per dare le opportunità agli immigrati regolari di inserirsi nel tessuto sociale. Intanto gli Enti Locali cosa fanno per porre le condizioni di una società pronta all’accoglienza? Sicuramente poco. Nella nostra provincia solo un comune si è dotato di strutture abitative e servizi per una integrazione decente. E’ proprio su questo terreno che si deve lavorare, mancano strutture abitative, opportunità di regolarizzazione nel campo lavorativo; infatti molti immigrati che operano nel campo del commercio ed artigianato non hanno la possibilità di iscrizione al REC per motivi burocratici.
Poi c’è tutto il processo di vera integrazione sociale che deve partire dalla scuola. Molti figli di cittadini immigrati si trovano spesso nelle condizioni di non poter seguire le lezioni scolastiche per difficoltà linguistiche, quando a volte basterebbe un’insegnante preparato in francese o in inglese.
In sostanza il processo di integrazione è molto complesso e non si può pensare di risolverlo con la promulgazione di una legge, ci vuole una volontà politica e sociale maggiore. Intanto l’estate riminese riprende con tutti i suoi canoni e speriamo di non rivedere le solite bande di camicie verdi o le ipotesi di ruspe risolutrici.
 
 
 

IN PROVINCIA DI PIACENZA DOMINA LA VECCHIA LOGICA DC

GOVERNARE, PROGRAMMARE? NO, E’ MEGLIO SPARTIRE

di FRANCO SPREGA
Capogruppo PRC Provincia di Piacenza

Più che di elementi di programmazione territoriali sui quali Rifondazione Comunista è intervenuta nell’attività istituzionale dell’Amministrazione provinciale di Piacenza voglio qui fare riferimento sintetico al sistema di governo introdotto dalla coalizione dell’Ulivo. La Provincia di Piacenza, abbastanza anomala nel quadro provinciale con una destra forte ed un radicamento leghista abbastanza consolidato, sperimenta da tempo un sistema di governo ulivista come quello della maggioranza in Regione. Era molto forte il potere democristiano allora e determinante risulta ora l’influenza dei popolari nelle scelte amministrative e nelle strategie operative; il vecchio potere democristiano sta perseguendo una politica di occupazione delle istituzioni e delle unità operative che dopo tre anni ha una visibilità assoluta.
Prima di tutto il potere democristiano nelle campagne e nelle aziende collegate è entrato in Giunta: il Presidente della Giunta, ex segretario provinciale DC, è un imprenditore nella trasformazione del pomodoro, l’assessore all’agricoltura è amministratore delegato di una cooperativa dello stesso settore nonché membro di punta dell’Unione Agricoltori, i Presidenti delle due comunità montane sono ex democristiani, i consorzi di bonifica sono gestiti da uomini organici ai popolari, quando non sono parenti degli stessi uomini ai vertici dell’Amministrazione provinciale.
Se si passa poi ai servizi sociali ed alla pubblica istruzione ci si rende conto che l’asse Piacenza - Bologna sta creando una struttura assistenziale completamente legata a vecchi istituti che da anni dominano la scena in modo quasi vincolistico sfruttando in alcuni casi l’alea di cattolicità dietro la quale emergono invece personaggi tipici del clientelismo democristiano degli ultimi vent’anni nonché professionisti e dirigenti superpagati. Non deve quindi stupire se poi la strategia dell’Amministrazione provinciale a livello di programmazione territoriale riproduce lo status quo esistente e non sa invece sfruttare le opportunità che il territorio offre allo sviluppo del turismo, al recupero di una viabilità delle colline e delle montagne, ad un riordino del sistema acquedottistico, allo sviluppo dei progetti d’area capaci di esaltare le peculiarità di alcuni territori. C’è invece piuttosto la corsa a come dividere i proventi delle grandi opere pubbliche ipotizzate: progetto TAV con annesso reperimento di materiali inerti, 2° ponte sul Po, tangenziale di Piacenza, ecc.... senza che sia valutata la ricaduta locale che mostra ancora il 12% di disoccupazione.
 
 
 

LA BONIFICA IN EMILIA-ROMAGNA

ASSURDITÀ DELL’ESPANSIONE DEI BALZELLI

di ALFREDO SILVESTRI
Capogruppo PRC Provincia di Modena

Tutto il territorio in Emilia-Romagna è ora sottoposto alle tasse di bonifica, tutti i proprietari di beni immobili agricoli ed extragricoli sono tenuti a pagare. Ma a questa tassa non corrisponde alcun intervento dei Consorzi, alcun beneficio per i contribuenti in oltre la metà del territorio regionale, provincia per provincia, cioè nel territorio montano, nei centri urbani, in vaste zone pedemontane. Ciò avviene in montagna perché le attività forestali ed idraulico-forestali sono svolte dalle Comunità Montane, o, all’interno dei parchi, dagli appositi Enti; mentre gli interventi sui corsi d’acqua sono riservati ai servizi regionali per la Difesa del Suolo (ex Uffici del Genio Civile). In questi territori, d’altra parte, non esistono (salvo rare eccezioni) strutture ed attività irrigue, cioè canali artificiali per uso irriguo o promiscuo, come notoriamente esistono invece in pianura. Per quanto riguarda i centri abitati, da anni tutti i proprietari o affittuari di beni immobili sono tenuti a pagare al Comune il canone per lo scarico e la depurazione delle acque bianche e nere, cioè piovane o reflue; il Comune deve a sua volta provvedere a recapitare tali acque, depurate o meno, nei corsi d’acqua pubblici, generalmente attraverso proprie condotte e talvolta anche utilizzando canali di Consorzi di Bonifica. Soltanto in quest’ultimo caso dovrebbe corrispondersi il rimborso delle spese che i Consorzi sostengono per l’adeguamento, la manutenzione e la gestione dei loro canali utilizzati dai Comuni; ma a tale corresponsione dovrebbe provvedere direttamente il Comune, in rapporto convenzionato col Consorzio ed utilizzando parte dei proventi del canone di fognatura. In nessun caso, pertanto, si giustifica in una doppia imposizione di oneri a carico dei proprietari urbani. D’altra parte, nei centri urbani non esiste il servizio irriguo, se non per orti e giardini, per cui si provvede con acque di pozzo o dell’acquedotto. Per la montagna e per i centri abitati vanno quindi soppressi i Consorzi di Bonifica e la relativa contribuenza. Anche per le opere interaziendali ed aziendali, per le imprese agricole (quali strade interpoderali, acquedotti rurali, ecc.) potrebbero intervenire, come del resto spesso già lo fanno, le Comunità Montane, le quali ormai sono dotate di adeguate strutture tecniche. Per i territori dell’alta pianura di nuova classifica, come i dieci Comuni modenesi del triangolo Vignola-Sassuolo-Modena, la contribuenza di bonifica si giustifica soltanto, nelle zone extraurbane, per gli utenti attuali degli antichi canali, come quelli modenesi che dal Panaro a Vignola e dal Secchia a Sassuolo, convergono verso la città, formando a valle di questa il Canale Naviglio. Per questi utenti la contribuenza non costituisce novità e non viene contestata, poiché da sempre pagano questo servizio al Comune di Modena, proprietario e gestore di questi canali fino al 1996. Per quanto riguarda i territori di pianura, dove i Consorzi svolgono il servizio di scolo e smaltimento delle acque piovane ed il servizio irriguo, con proprie strutture anche imponenti, quali gli impianti idrovori ed i tanti grandi canali, i Consorzi di Bonifica vanno certo profondamente riformati ma certo non soppressi. Poiché qui essi svolgono effettivamente importanti attività non sopprimibili, sarebbe immotivato procedere ad una sorta di publicizzazione di bonifica ed irrigazione (come avverrebbe affidandone i compiti alle Province) e poi proprio di questi tempi, quando impera la tendenza alle privatizzazioni dei servizi pubblici in ogni settore.
 
 

INDIRIZZO, CONTROLLO, GESTIONE:

BISOGNI E RISORSE

di MAURO BONAZZI
Capogruppo PRC Provincia di Bologna

Le ultime tornate amministrative, a maggiore o minore coinvolgimento, hanno lanciato alcuni segnali tra i quali assume grande rilievo l’alta percentuale delle astensioni che, per la prima volta, ci fanno, oggettivamente, pensare appartengano a potenziali elettori della sinistra. Ci sono cittadini che, terminato il bombardamento "pubblicitario", cominciano a capire che non sono sufficienti ministri provenienti dal PCI-PDS per costruire un governo di sinistra e che non basta eleggere direttamente il Sindaco, il Presidente della Giunta provinciale o i deputati con il sistema maggioritario per diventare cittadini che "contano di più".
Come possono, in questa situazione agire gli eletti di Rifondazione Comunista negli Enti Locali per riprendere i contatti con gli elettori. Bisogna adoperarsi per approfondire due punti, in particolar modo:
1) stante l’esistenza di una legislazione (leggi Bassanini in particolare) che contribuisce (è positivo) a snellire le procedure burocratiche ma che contemporaneamente sviluppa l’accentramento di poteri (è negativo) è necessario imporre una discussione tesa a precisare nel modo più definito possibile il significato dei termini indirizzo e gestione per impedire che tutto venga visto in termini gestionali sottraendolo alla discussione dei Consigli;
2) altro elemento importante è la necessità di spostare la priorità delle risorse ai bisogni. Troppo spesso nelle delibere si legge che la realizzazione degli obiettivi è condizionata dalle risorse esistenti.
Per gli eletti di Rifondazione Comunista non può e non deve essere così; si deve ottenere che venga data la priorità ai bisogni, e solamente dopo averli determinati con chiarezza Rifondazione sarà disponibile a ragionare responsabilmente sulla ricerca delle risorse. Ne consegue che è necessario pretendere l’interpretazione del concetto "poteri di indirizzo" nella accezione più estesa perché questo comporterebbe il potenziamento del ruolo dei Consigli dando così maggior peso alla democrazia a scapito della gestione e imporre anche lo spostamento della priorità dei bisogni sulle risorse perché questo metterebbe il nostro partito nelle condizioni di operare per costruire sedi molteplici nelle quali informare i cittadini e permettere loro di discutere e contare concretamente nella formazione delle decisioni.
 

CONTINUA LA MOBILITAZIONE CONTRO LA MERCIFICAZIONE DELLA SANITA’

di ANGELO BARIANI

La salute è un bene prezioso: va innanzi tutto preservata con la prevenzione e salvaguardata con le cure idonee, in qualità e tempo.
Su questo problema chiunque è sensibile, ancor più coloro a cui rivolgiamo la nostra politica: i ceti più deboli, quelli più ricattabili, con problemi di salute da risolvere urgentemente, che per ovviare le lunghe liste di attesa sono costretti a rivolgersi alle strutture private a pagamento.
Soprattutto nella nostra regione, non deve passare la logica del "privato è bello".
Dobbiamo prevenire la privatizzazione della sanità.
Il nostro partito ha fatto stampare 20.000 cartoline in autunno dello scorso anno, e altrettante nei primi mesi di quest’anno.
Cartoline indirizzate al Presidente della Giunta Regionale perchè sappia del disaccordo sul cammino di privatizzazione della sanità pubblica.
Diverse migliaia sono giunte a destinazione, anzi fatte dirottare dal destinatario all’assessorato alla sanità.
Le cartoline, insieme ai volantini e materiale informativo, sono state distribuite ai banchetti organizzati dai diversi circoli, soprattutto là dove il taglio, la chiusura di interi reparti era più sentito.
Sono state organizzate anche delle "tende della sanità", veri e propri presidi di piazza (a Bologna e Ferrara) dove la continua presenza di cittadini ci ha fatto capire che il problema è centrale e fortemente sentito.
Sono stati organizzati anche momenti di discussione e riflessione attraverso assemblee di circolo e federazione, convegni regionali con esponenti di rilievo.
Una considerazione che possiamo fare è questa: sono senz’altro più vissuti e partecipati quei momenti di contatto diretto con la gente che vive sulla propria pelle quest’ingiustizia sociale: nelle piazze, davanti agli ospedali, cioè noi dobbiamo andare sul campo a sentire i problemi della gente.
Oggi si continuano ad organizzare banchetti di raccolta firme contro il "sanitometro", per la riduzione dei ticket, contro la privatizzazione dei servizi territoriali; dobbiamo continuare a tenere viva e alta la tensione, una occasione da sfruttare senz’altro sono le nostre feste di Liberazione, usando lo striscione che ogni federazione possiede ("La salute non è una merce"), organizzare almeno un dibattito per incontrare e fare discutere le migliaia di persone, di compagni, di iscritti e non iscritti, perchè tutti capiscano che per noi ....... "privato è peggio".
 
 

FLASH DALLA PSICHIATRIA

di PATRIZIA CANTONI
Consigliera regionale PRC

Modena: inaugurato un Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura in una clinica privata.
Come già annunciato dai vertici dell’ASL modenese, incuranti delle critiche sollevatesi da più parti in merito a questa decisione, è stato inaugurato nel mese di aprile il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) del Dipartimento Modena Sud, presso la clinica privata "Villa Igea". Una scelta grave che Rifondazione Comunista va denunciando da tempo in quanto relegare un SPDC in una struttura specialistica, per di più privata, è una atto illegale, in contrasto con le leggi 180/78 (cosiddetta legge Basaglia) e 833/78 (riforma del Servizio Sanitario) e con i progetti obiettivo nazionali e regionali sulla tutela della salute mentale. Inoltre rappresenta un segnale negativo per il futuro della psichiatria nel nostro paese, tanto più in quanto proveniente dall’Emilia-Romagna, da sempre all’avanguardia nell’attuazione della legge Basaglia. Non siamo comunque soli nella nostra battaglia, la consulta regionale per la salute mentale, per tramite del suo presidente Evangelisti, ha infatti impugnato davanti al TAR i provvedimenti amministrativi che hanno autorizzato l’apertura del Diagnosi e Cura a Villa Igea. Inoltre siamo in attesa di sentire la risposta della Ministra Bindi all’interrogazione presentata, su nostra sollecitazione, dall’On. Maura Cossutta su questa vicenda.

Colorno: l’AUSL di Parma fa pagare ad ex degenti psichiatrici parte dei costi delle strutture socio-riabilitative.
Circa il caso degli ex degenti dell’Ospedale psichiatrico di Colorno, tenuti, ai sensi di una delibera dell’AUSL di Parma, a compartecipare alle spese di carattere non sanitario nelle residenze e nei centri attivati dopo la chiusura delle strutture manicomiali, esiste un contrasto tra questa decisione dell’AUSL parmense e l’orientamento del Ministero della Sanità. Infatti una circolare ministeriale inviata nel dicembre scorso agli Assessori regionali alla Sanità chiarisce che "nessun obbligo di contribuzione alla spesa può essere posto a carico degli ex degenti degli ospedali psichiatrici, in quanto inseriti in strutture sanitarie caratterizzate da un continuativo intervento da parte del Dipartimento di Salute Mentale con presenza di operatori 24 ore su 24 e che dubbi sussistono anche sulla possibilità di far partecipare alle spese i pazienti psichiatrici con un minor bisogno assistenziale, inseriti in strutture socio-riabilitative. Come gruppo comunista regionale abbiamo chiesto la revoca di tale delibera da parte dell’AUSL, in attesa di direttive nazionali che regolamentino questa delicata materia in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale per non creare situazioni di evidente disparità, richiesta per altro già formulata in un’interrogazione alla Giunta regionale depositata nel febbraio scorso.
 
 

MINACCIA RADIOATTIVA

LA CENTRALE NUCLEARE DI CAORSO METTE ANCORA IN PERICOLO LE POPOLAZIONI DELLA ZONA.

GRAVI CARENZE E MANCANZA DI UN PIANO DI DISMISSIONE.

L’IMPEGNO DEL PRC.

Il 17 novembre, l’assessore alla sanità della Regione Lombardia, rispondendo ad una interrogazione, avrebbe recentemente affermato che dalla centrale nucleare di Caorso (PC) fuoriescono nell’ambiente residui liquidi ed aeriformi e si producono rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti dalle opere di manutenzione e controllo. Rocco Giacomino e Patrizia Cantoni, chiedono alla Giunta regionale se le notizie fornite dall’assessore lombardo siano state effettivamente attinte dalla nostra Regione, se ci sia corrispondenza tra i dati espressi dallo stesso assessore e quelli inviati dall’Emilia-Romagna e, in caso affermativo, se tali sostanze possano produrre rischi per la popolazione insediata nell’area circostante alla centrale.
Qualche mese dopo i due consiglieri interpellano ancora la Giunta regionale che, di concerto con il Governo, dovrebbe adottare misure urgenti per scongiurare la minaccia che Caorso, pur non presentando le necessarie caratteristiche di sicurezza, diventi sito di stoccaggio di materiale radioattivo a tempo indeterminato. Non è ancora stato presentato un piano complessivo di smantellamento della centrale nucleare e l’accumulo di elementi radioattivi nelle piscine sarebbe stato determinato dal fatto che l’Enel non avrebbe mai provveduto all’asportazione del combustibile esaurito ed avrebbe ampliato, negli anni ‘80, la capienza delle stesse piscine proprio per la mancata definizione di un piano di smaltimento di questo materiale. Preoccupa l’intenzione dell’Enel di spostare in tempi brevi nelle piscine tutti gli elementi contenuti nel nocciolo, senza alcun piano certo per il loro trasporto fuori dalla centrale e per il loro stoccaggio in sicurezza. Giacomino e Cantoni ricordano tra l’altro che l’Anpa (Agenzia nazionale protezione ambiente) avrebbe rilevato, nel 1995, che i rifiuti radioattivi "si trovano in strutture progettate per una previsione di esercizio di 20-30 anni e non come depositi a lungo termine", che le piscine di Caorso non possono essere considerate "deposito sicuro per il combustibile irraggiato", che i presidenti delle Province di Piacenza, Cremona e Lodi avrebbero denunciato nel 1997 i pericoli determinati da un eventuale spostamento degli elementi nelle piscine ed avrebbero rifiutato l’ipotesi che Caorso diventi una discarica di rifiuti radioattivi. L’Anpa tuttavia avrebbe di recente rilasciato la propria autorizzazione alla scarica del combustibile e l’Enel intenderebbe procedere al trasferimento in tempi stretti, anche "senza avere la licenza di dismissione", ancora in via di approvazione. I consiglieri chiedono allora come l’Agenzia abbia potuto autorizzare tale spostamento, senza un piano adeguato e per quali motivi la Giunta regionale, di concerto con il Governo, non si impegni con più forza affinché sia completato ed approvato un piano di dismissione accelerata e definitiva della centrale, che pure è la scelta perseguita dalla giunta.
 
 

Dichiarazione del Capogruppo PRC in Consiglio regionale Rocco Giacomino

LA FORGIA INSIEME AD OCCHETTO RACCOGLIE FIRME PER IL REFERENDUM DI DI PIETRO CONTRO I PARTITI: SCELTA GRAVE ED IMPROVVIDA

(22/05/98) E’ davvero sconcertante che il Presidente della Regione Emilia-Romagna Antonio La Forgia che dovrebbe rappresentare tutti i cittadini, abusando della visibilità che gli deriva dalla sua carica, diventi propagandista  dei referendum di Di Pietro, addirittura raccogliendo firme ai banchetti insieme ad Occhetto davanti ai supermercati della nostra regione. Antonio Di Pietro è uomo di destra ‘infiltrato’ nell’Ulivo. I referendum che propone per l’abolizione della residua quota proporzionale nella legge elettorale, rappresentano una iniziativa qualunquista contro la politica ed i partiti, che rimangono invece strumento fondamentale di partecipazione democratica per i cittadini ed i lavoratori. I potenti non hanno bisogno dei partiti, hanno altri mezzi per far valere le loro ragioni. Il cittadino La Forgia è liberissimo di sostenere un sistema maggioritario, bipolare o bipartitico, ma il Presidente La Forgia non può spendersi in prima persona come testimonial o agit-prop in una campagna referendaria utilizzando indirettamente anche le istituzioni che appartengono a tutta la comunità, in favore di una battaglia politica di parte, di destra e confindustriale. Invitiamo dunque il Presidente La Forgia ad una maggiore discrezione istituzionale e ad utilizzare il suo tempo  per concentrarsi sui problemi della nostra Regione, anziché per sostenere la campagna di Di Pietro.
 
 

OLTRE IL CARCERE

di PATRIZIA CANTONI
Consigliera regionale PRC

Nei mesi scorsi, il nostro Partito ha lanciato una campagna nazionale di informazione e di sensibilizzazione sui problemi carcerari. Lo scopo di questa campagna è duplice: da un lato, essa si rivolge agli stessi detenuti, per renderli partecipi delle iniziative parlamentari che li riguardano, nonché del contenuto delle proposte legislative1 portate avanti da Rifondazione Comunista, da sola o insieme ad altri gruppi parlamentari; dall’altra, essa si pone l’obiettivo di coinvolgere anche le strutture periferiche del partito, per arrivare ad ottenere un quadro più chiaro e documentato delle singole realtà carcerarie del nostro paese. Nell’ambito di questa campagna nazionale ed in qualità di componente della Commissione regionale ‘Sicurezza Sociale’, sono stata investita del compito di documentare ed analizzare la situazione carceraria emiliano-romagnola.
In Emilia-Romagna ci sono nove Case circondariali2, quattro cosiddette ‘Case di lavoro’3, una Casa di reclusione (che si distingue dalla Casa circondariale in quanto la maggioranza dei detenuti nella casa di reclusione è soggetta a pena definitiva)4 e un Ospedale Psichiatrico Giudiziario (cosiddetto OPG)5. Le situazioni locali sono molto diverse da loro, in quanto le condizioni dipendono da una serie di variabili, legate alla tipologia della popolazione carceraria: prevalenza o meno di detenuti italiani rispetto agli extracomunitari, presenza o meno del braccio femminile, incidenza sul totale dei detenuti tossicodipendenti, presenza o meno di bracci di massima sicurezza, prevalenza di detenuti a condanna definitiva rispetto a quelli in attesa di giudizio, ecc. Ma non è solo la composizione dei detenuti a determinare il mutamento delle condizioni: una grossa importanza deve essere annessa anche al rapporto esistente fra il numero dei detenuti ed il numero degli agenti di custodia e degli educatori6. Nella gran parte degli istituti di pena della nostra regione tale rapporto è assolutamente insufficiente, con conseguenze negative, come è facile immaginare, sulle possibilità di rieducazione del detenuto, sancite dalla nostra Costituzione; infatti, un numero inadeguato di agenti di custodia determina una difficoltà per l’ammissione di una percentuale  veramente significativa di detenuti alle attività lavorative, formative e scolastiche (queste ultime particolarmente importanti, visto il bassissimo grado di scolarizzazione posseduto, in media, dalle persone detenute in carcere); uno scarso numero di educatori, d’altro canto, ha l’effetto di rendere troppo sporadici i colloqui e quindi inefficaci le disposizioni della legge penitenziaria sulla concessione dei regimi di favore per i detenuti meritevoli.
Qualche passo in avanti è stato compiuto con la firma, lo scorso 5 marzo, di un Protocollo d’Intesa fra il Ministro di Grazia e Giustizia Flick, il Presidente della Regione Emilia-Romagna Antonio La Forgia ed il Direttore dell’Amministrazione Penitenziaria Alessandro Margara; questo protocollo prevede, tra le altre cose, una sorta di specializzazione delle Carceri, così da poter fornire, per ciascuna situazione, la risposta quantitativa e qualitativa più efficace. Occorrerà, naturalmente, attendere i provvedimenti concreti per la realizzazione degli obiettivi indicati nel Protocollo d’Intesa prima di emettere un giudizio definitivo.
Per quanto riguarda la presa d’atto diretta delle diverse situazioni carcerarie regionali, per il momento il giro di visite ha già riguardato gli Istituti penitenziari di Parma (Casa circondariale e Casa di reclusione) e la Casa circondariale della Dozza di Bologna (in quest’ultimo caso, sono stata accompagnata dal consigliere comunale PRC di Bologna Valerio Monteventi), mentre sono in programma una visita alla Casa circondariale di Rimini (nella quale è in corso una interessante sperimentazione relativa ai detenuti tossicodipendenti) e all’OPG di Reggio Emilia. Per le valutazioni definitive sulla situazione emiliano-romagnola e per fare il punto di quali potrebbero essere le nostre proposte concrete di intervento per un miglioramento delle condizioni carcerarie, ritengo sia più opportuno attendere il completamento del programma di visite, al fine di poter procedere ad una elaborazione critica sulla base del maggior numero di dati e di informazioni. Nel frattempo, chi fosse interessato a fornire indicazioni, a documentare esperienze conosciute in prima persona, a dare propri suggerimenti sulla base di informazioni riguardanti situazioni carcerarie della Regione, può mettersi in contatto con il Gruppo consiliare PRC in Regione.

NOTE
1) Le proposte legislative depositate alla Camera ed al Senato riguardano: a) la depenalizzazione dei reati minori; b) la riforma dell’ordinamento penitenziario; c) le misure alternative la carcere per i portatori di AIDS e altre gravi malattie; d) modalità diverse per la liberazione anticipata; e) una maggiore efficacia dell’istituto del difensore d’ufficio; f) la possibilità per il detenuto di coltivare i propri legami affettivi; g) l’abolizione dell’ergastolo.
2) Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini.
3) Bologna, Castelfranco Emilia (Mo), Saliceta S. Giuliano (Mo), Reggio Emilia.
4) Parma.
5) Reggio Emilia.
6) Con il termine di ‘educatori’ sono indicati coloro i quali, tramite colloqui e contatti diretti con i detenuti con condanna definitiva, danno istituzionalmente indicazioni al Magistrato di Sorveglianza per la concessione dei permessi, delle misure di semilibertà e di ogni altra situazione di favore.
 
 

Brevi

SINTESI DEI DOCUMENTI DEL PRC PRESENTATI IN CONSIGLIO REGIONALE

di Alessandra Barboni

Il 10 novembre Rocco Giacomino e Patrizia Cantoni chiedono alla Giunta regionale, quali siano le sue intenzioni sull’utilizzo del centro agroalimentare di Bologna: circolerebbe anche l’ipotesi di trasferirvi l’assessorato regionale agricoltura, in contrasto con l’impegno di concentrare tutti gli uffici regionali al Fiera district.

Il 10 novembre il PRC interviene con una risoluzione che riguarda lo schema nazionale di decreto sulle rappresentanze sindacali, che non lascerebbe spazio autonomo alle amministrazioni nei rapporti sindacali e potrebbe comportare l’esclusione di alcune organizzazioni dei lavoratori dalle contrattazioni. Da qui la richiesta di interventi sul Governo e di garanzie per l’accesso alle contrattazioni del lavoro per tutte le organizzazioni sindacali.

Il 14 novembre, la previsione, da parte della Regione, di operare drastiche riduzioni dei trasferimenti di fondi ai Comuni per i settori dei servizi sociali e dei trasporti scolastici per l’anno in corso, ha spinto Giacomino ad interrogare la Giunta regionale. I provvedimenti hanno già trovato concreta attuazione? Quali sono i criteri adottati per la riduzione dei trasferimenti? Qual è l’incidenza sui bilanci comunali? Sono previste riduzioni differenziate a seconda della diversa consistenza? Non è possibile, almeno per il corrente esercizio, soprassedere per evitare gravi danni gestionali ai piccoli comuni?

Il 28 novembre il capogruppo di Rifondazione Comunista scende in campo sul caso degli asili nido di Carpi (MO) e delle 102 domande inevase, creando gravi disagi, in particolare per quei nuclei famigliari nei quali entrambi i genitori lavorano. Nell’interpellanza presentata, Giacomino sollecita la Giunta affinché siano date risposte positive alle famiglie che hanno fatto richiesta per l’accesso ai nidi pubblici.

Il 1 dicembre Rocco Giacomino interviene sulla grave crisi socio-economica che affligge l’Appennino piacentino: la costruzione della nuova strada non basta a salvaguardare e valorizzare le prerogative economiche, turistiche, ambientali della valle e delle zone montane del piacentino. Giacomino prende posizione contro il raddoppio della SS 45, Val Trebbia. Il 16 febbraio, la risposta dell’assessore all’ambiente Renato Cocchi, che dà ragione al capogruppo PRC. Meglio dunque privilegiare l’adeguamento in sede dell’attuale arteria, al fine in ogni caso di agevolare i trasporti nella valle, fatto giudicato da Cocchi importante quanto gli aspetti ambientali per "rivitalizzare" l’Appennino e favorirne lo sviluppo, secondo modelli che non ne aggravino il dissesto idrogeologico. L’assessore sostiene che la giunta sta già intervenendo a favore della rivitalizzazione delle aree montane, anche in base all’obiettivo 5b dei fondi strutturali europei, e sulla SS 45 informa che la Regione ha già assegnato un contributo alla Provincia per la progettazione di alcune tratte della strada.

Il 2 dicembre Rocco Giacomino ha interpellato la Giunta regionale sul ‘mistero’ del verbale della Conferenza dei Sindaci e del Consulto provinciale per la Sanità, per l’approvazione del PAL (Piano Attuativo Locale) di Modena. In particolare, dopo le contestazioni espresse dal Sindaco di Castelfranco Emilia sulla verbalizzazione del proprio intervento, il consigliere Giacomino chiede di sapere se esista una registrazione integrale dei lavori della Conferenza, se la Giunta regionale intenda attivarsi per accertare la regolarità delle procedure seguite ed infine se, nel caso in cui il verbale dovesse risultare incompleto o stravolto, non si debba ritenere inficiata la stessa procedura di approvazione del PAL di Modena in Consiglio regionale.

Il 3 dicembre un’interpellanza del capogruppo del PRC segnala che nel progetto di riqualificazione ambientale e valorizzazione della fascia fluviale media Val d’Enza non si fa alcun cenno alle modalità di ripristino di tale zona, ignorando la delibera della Giunta regionale di parziale approvazione del Piano Infraregionale delle Attività Estrattive della Provincia di Reggio Emilia. Si sollecita la Regione ad attivarsi per l’applicazione della propria deliberazione. Il 12 gennaio Giacomino "torna in zona", parlando di una ex cava, trasformata in discarica, in località Pioppini, nel comune reggiano di Sant’Ilario d’Enza, interessata da un’operazione di riequilibrio ecologico. La Regione finanzia l’operazione, ma l’intenzione delle amministrazioni locali sembra essere quella di procedere al riequilibrio senza prima bonificare l’area della ex discarica. Giacomino, in un’interpellanza, chiede, in base al progetto di riqualificazione della media Val d’Enza, di bonificare l’ex discarica prima della creazione dell’area di riequilibrio ecologico, operazione resa possibile da un emendamento del PRC al bilancio ’98 della Provincia di Reggio Emilia.

Il 9 dicembre, in un’interpellanza, Rocco Giacomino e Patrizia Cantoni, sostenengono, sollecitando un intervento della Giunta regionale, che il consultorio ostetrico-ginecologico di villa Mazzacorati a Bologna va mantenuto nell’attuale sede e non trasferito ed accorpato al consultorio del Carpaccio, come invece sembra intenda fare l’amministrazione locale, lasciando così scoperta la zona di San Ruffillo.

Il 23 dicembre Patrizia Cantoni ha presentato un’interrogazione per denunciare la difficile situazione in cui versa il servizio di ristorazione all’interno dell’Ateneo bolognese. Nel documento si polemizza anche con l’assessore regionale Rivola, per aver affermato, in relazione alle richieste degli studenti sul problema mense, che "la festa è finita": come se fino ad ora gli studenti avessero mangiato gratuitamente.

Il 12 gennaio il capogruppo del PRC, in un’interpellanza, chiede alla giunta di intervenire per modificare la proposta delle Ferrovie dello Stato sull’ipotesi di orario estivo 1998 che penalizzerebbe i collegamenti tra Ferrara e Ravenna e tra Bologna, Ravenna e Rimini. Si chiede che l’orario estivo delle Ferrovie sia predisposto nell’ottica di un Servizio Ferroviario Regionale efficiente e sia in grado di spostare sulla rotaia quantità rilevanti di traffico pendolare e turistico.

Il 15 gennaio Rocco Giacomino, rivolgendo una interrogazione alla giunta regionale, si è detto contrario al progetto per la realizzazione di una nuova cava nel territorio di San Lazzaro di Savena finalizzata a reperire ulteriori 900.000 mc di inerti pregiati per la tratta TAV Bologna-Firenze. Si chiede alla Giunta di scongiurare tale ipotesi che produrrebbe danni ed impoverimenti al territorio e di attivarsi per consentire il ritombamento delle cave dismesse nel territorio di San Lazzaro solo alla condizione che venga trovato il modo per trasportare il materiale su ferrovia. Si chiede inoltre di rivedere la scelta della costruzione della strada 870, destinando i fondi per la sua realizzazione ad altri interventi più urgenti, come la realizzazione del servizio ferroviario metropolitano.

Il 19 gennaio Rocco Giacomino e Patrizia Cantoni, hanno presentato una risoluzione (approvata il 5 febbraio) al Consiglio regionale perché chieda al governo italiano di condannare il barbaro eccidio del 22 dicembre scorso in Chiapas dove persero la vita 45 indigeni. Quell’atto brutale di violenza ha radici politiche ed è causato dal tentativo di una minoranza di profittatori di sfruttare a fini economici la comunità indigena. I due consiglieri chiedono un impegno a smilitarizzare il Chiapas, a costituire una commissione per investigare sulle responsabilità della strage e costringere il governo messicano (finora colpevolmente distratto di fronte a questi gravi fatti di violenza) a risolvere il contenzioso in essere col dialogo e il negoziato.

Il 3 febbraio Rocco Giacomino e Patrizia Cantoni annunciano tempi duri per i malati di diabete di Modena. In una interrogazione chiedono alla Giunta che cosa ci sia di vero su quanto riporta la stampa di una presunta riorganizzazione del servizio antidiabetico che prevede di distribuire i farmaci non più nei centri all’uopo predisposti ma attraverso le farmacie. Con questo piano l’Ausl non risparmierà come prevede ma aggraverebbe la spesa in ticket sanitari a carico dei malati. All’assessore chiedono di intervenire a tutela degli interessi legittimi dei diabetici.

Una recente sentenza della Cassazione - che ha sancito che sottoporre i candidati all’assunzione ad indagini diagnostiche di carattere strettamente personale (ad es. test antidroga o, per le aspiranti lavoratrici, test di gravidanza) non costituisce reato - non trova d’accordo in Consiglio regionale Rifondazione Comunista, proponente di una risoluzione sul caso. Il documento, approvato il 5 febbraio con i voti di una parte della maggioranza di centro sinistra (contrario invece il PPI) invita i Ministeri del Lavoro, di Grazia e giustizia e delle Pari opportunità ad emanare circolari che confermino l’illiceità delle indagini personali nei confronti di persone che stiano per essere assunte e ad intervenire per evitare discriminazioni nei confronti delle donne che entrano nel mercato del lavoro.

Il 5 febbraio Rocco Giacomino interviene in aiuto degli studenti delle scuole superiori di Modena che rischiano di non potere più servirsi dell’ultimo convitto cittadino rimasto (il San Filippo Neri). Il motivo sarebbe da attribuire alla volontà della Provincia di Modena, che lo gestisce, di chiuderlo a causa del calo delle iscrizioni o di trasformarlo in alloggio per studenti universitari. In una interrogazione, si chiede alla Giunta di attivarsi per impedire che gli studenti dell’alto e medio Appennino e della Bassa modenese siano costretti a far fronte a gravi disagi a causa di tale decisione.

Il 6 febbraio Patrizia Cantoni e Rocco Giacomino presentano una risoluzione al Consiglio regionale dopo la tragedia del Cermis a Cavalese. Oltre ad esprimere il cordoglio ai familiari delle vittime, chiedono che venga ridiscussa la partecipazione italiana alla Nato e l’esistenza stessa delle basi straniere presenti nel paese che, dopo la fine della guerra fredda, non avrebbero più ragione d’essere. Il Consiglio dovrà poi intervenire presso il Governo perché faccia il necessario per garantire la sicurezza delle popolazioni imponendo che i tracciati di volo siano predisposti in modo tale da non costituire pericoli.

Il 9 febbraio una interrogazione di Rocco Giacomino rivela che il nuovo PRG del Comune di Rimini, non ancora in vigore, essendo da poco terminata la fase delle osservazioni e dei pareri, prevede la destinazione di un’area per l’apertura di un nuovo ipermercato. Giacomino, nel sottolineare la mancanza di elementi formali a sostegno di questa ipotesi dal momento che non risulterebbe avviata alcuna pratica da parte del Comune per l’apertura di un centro commerciale, chiede di sapere se tali informazioni corrispondano al vero e, in caso affermativo, le motivazioni addotte dal Comune di Rimini per la modifica del PRG. Giacomino chiede inoltre di sapere se l’apertura di un ipermercato a Rimini rientra nella pianificazione regionale degli esercizi commerciali destinati alla grande distribuzione.

Il 12 marzo Patrizia Cantoni e Rocco Giacomino in un’interpellanza, sollecitano la Giunta regionale ad intervenire sulle difficoltà che incontrano i reparti di Pronto Soccorso della nostra regione, testimoniate recentemente dalla situazione modenese e da quella imolese. E’ il sovraffollamento il problema più rilevate fra quelli non certo nuovi, ma aggravatisi notevolmente in questi ultimi tempi. Si suggerisce un ampliamento degli organici, per ovviare ai disagi degli operatori di tali strutture e per non mettere a repentaglio la sicurezza delle persone.

Il 30 marzo Patrizia Cantoni interpella la giunta sul futuro dell’Ospedale di Castel S.Pietro (BO) oggetto di tagli e ridimensionamenti, polemizzando per l’ulteriore riduzione dell’ambulanza medicalizzata, con la soppressione della presenza diurna di un medico disponibile. Rifondazione denuncia problemi analoghi nella valle del Santerno, dove viceversa è presente un’ambulanza medicalizzata solo nelle ore diurne.

Il 2 aprile Patrizia Cantoni ha presentato un’interpellanza in merito alle motivazioni, alquanto discutibili,  portate dall’Ausl di Imola (Bo) per giustificare la soppressione definitiva, nel dicembre scorso, delle terapie di gruppo (psicomotricità, training autogeno, training psicosomatico, ecc.) che il Servizio di Psicologia, fin dalla metà degli anni ‘80, ha messo a disposizione dei cittadini per aiutare le persone che attraversano periodi difficili a superare il loro disagio.

Il 2 aprile Rocco Giacomino chiede, con una dettagliata interrogazione, quanto è costata e quando finirà la vicenda dell’ex albergo Milano di Parma. Oltre a ricostruire il caso dall’inizio degli anni ‘90, con il contenzioso innescatosi tra Comune e Regione e tra Regione e proprietario dell’immobile, sulla ristrutturazione dell’immobile e la sua destinazione d’uso, Giacomino vuole sapere per quale motivo nel contratto di locazione sia stata inserita una clausola che impedirebbe alla Regione di risolvere il contratto prima del 2004. Ultimo quesito è a chi verrà destinato l’ex albergo e per quale uso.

Il 6 aprile le vicende di "Bologna 2", lo stabile di Calderara di Reno (Bo) più volte al centro di polemiche anche per problemi di microcriminalità, sono state portate direttamente all’attenzione della Giunta regionale da Rocco Giacomino. Tutta la vicenda di "Bologna 2" è netta contraddizione con gli orientamenti pubblici di Regione ed enti locali, impegnatisi più volte a lavorare per una maggiore sicurezza dei centri abitati e per città "a misura di bambino". L’interpellanza invita l’esecutivo regionale a seguire da vicino la ristrutturazione dello stabile, inserendolo tra le priorità dei propri piani di recupero, con l’utilizzo di risorse pubbliche, utilizzando ad esempio i contratti di quartiere, il nuovo strumento urbanistico, attuabile in zone con problemi e degrado, che prevede anche possibili finanziamenti pubblici

L’8 aprile Rifondazione Comunista presenta una risoluzione, approvata dall’assemblea regionale, per sollecitare la liberazione dalle carceri turche del cittadino italiano Dino Frisullo, arrestato per aver difeso i diritti del popolo curdo. Alla fine di aprile Frisullo è stato rilasciato.

Il 9 aprile Rocco Giacomino ritorna sul problema dell’attivazione del televideo su Rai 3 che è attivo già in diverse regioni, come Piemonte, Veneto, Marche ed altre e, dal 6 aprile, anche in Friuli Venezia Giulia. Viceversa risulta che la Giunta regionale sarebbe intenzionata a confermare il servizio di teletext in collaborazione con televisioni locali.

Il 23 aprile Rifondazione Comunista scende in campo per chiedere alla Regione di fare la sua parte per scongiurare la chiusura dello stabilimento "Capolo" a Tresigallo, nel ferrarese, sono 60 tra lavoratori e lavoratrici a rischio di restare senza lavoro, per la decisione della multinazionale "Impress Metal Packaging" di far cessare l’attività dello stabilimento.

Il 29 aprile Rocco Giacomino presenta un’interpellanza contro i troppi ritardi nei fondi pubblici per eliminare le barriere architettoniche nelle case private. A Modena risulta che diverse domande presentate fin dal 1989 per avere i fondi antibarriere siano state riconosciute ammissibili solo a fine 1997, in taluni casi addirittura dopo il decesso del disabile per il quale erano stati richiesti i finanziamenti.
 
 

CASO RASMI: VICENDA POLITICAMENTE CHIUSA.

Il 4 aprile ‘98 il Collegio Nazionale di Garanzia ha deciso l’espulsione, il 9 aprile ‘98 e’ stata revocata la sua adesione al Gruppo consiliare regionale , dal 6 maggio ’98 fa parte del Gruppo misto.

Pubblichiamo i comunicati della segreteria regionale e del gruppo consiliare del PRC.

Dichiarazione congiunta dei Consiglieri Regionali del PRC dell’Emilia-Romagna

Rocco Giacomino e Patrizia Cantoni

(Bologna, 9 aprile 1998)

Il Consigliere Rasmi con i suoi atti e le sue dichiarazioni, si è reso consapevole strumento del tentativo di alimentare una campagna tesa a delegittimare Rifondazione Comunista ed a colpirne la credibilità. Pertanto ritenendo incompatibile la sua permanenza nel Gruppo Consiliare  regionale del PRC, l’assemblea del Gruppo ne ha revocato l’adesione in base al Regolamento interno. Il ruolo, la forza ed il radicamento assunti dal PRC nel corso di questi anni, insieme ad una linea politica unitaria ma autonoma hanno rotto gli attuali equilibri politici in Emilia-Romagna. Le destre e taluni settori moderati del centrosinistra contrastano  la nuova fase di dialogo che si è aperta a sinistra e dunque anche una campagna scandalistica fondata su episodi privi di alcuna consistenza può rivelarsi utile per colpire un interlocutore scomodo come il PRC che esprime gli interessi dei ceti popolari. Tale campagna essendo fondata sul nulla naufragherà miseramente ed in ogni caso il PRC potrà dimostrare in tutte le sedi, ove richiesto, l’assoluta correttezza politica, istituzionale e giuridica del suo operato.
 
 

Comunicato della Segreteria Regionale PRC

(Bologna, 13 maggio 1998).
La vicenda del Consigliere Rasmi si è conclusa per il momento nel seguente modo.
1) il dibattito che è stato imposto sul suo caso in Consiglio Regionale ha registrato alcune novità, come la piena convergenza fra Rasmi e le forze di centro-destra. I neofascisti di AN, la Lega Nord e tutte le forze del Polo lo hanno sostenuto e assieme a lui hanno attaccato frontalmente Rifondazione Comunista con particolare violenza verbale e presentando ordini del giorno di censura del comportamento del PRC. Rasmi ha pubblicamente ringraziato queste forze. Questo conferma che il suo "assalto" al PRC è ormai diventato chiaramente un mezzo utile alle forze moderate e di destra della Regione che, probabilmente, dopo le recenti alleanze tra Ulivo e PRC (a Parma, Piacenza, Faenza), temono uno spostamento a sinistra delle politiche locali.
2) Al termine del dibattito, il Consiglio regionale, con il voto convergente del PRC e di tutte le forze dell’Ulivo, ha respinto le risoluzioni del Polo e di Rasmi che sostenevano la messa sotto accusa del PRC e del suo Gruppo consiliare. Questa è una ulteriore dimostrazione che da parte nostra non c’è stata alcuna violazione né della legalità, né dei regolamenti interni del Consiglio Regionale.
Nonostante ciò, Rasmi ha annunciato due esposti alla Procura della Repubblica contro il PRC e la Presidente del Consiglio Regionale. Dunque sono prevedibili nuovi attacchi al partito, che ormai sono diventati la sua unica attività. In ogni caso, per il PRC la vicenda Rasmi si è politicamente e definitivamente chiusa dopo il suo "allontanamento" dal Partito deciso dal Collegio Nazionale di Garanzia il 4 aprile scorso. Dal 6 maggio infatti Rasmi fa parte del Gruppo Misto. Per questo, ancora una volta, chiediamo le sue dimissioni da Consigliere e la restituzione del mandato al partito che lo ha eletto ad una carica che oggi egli ricopre abusivamente.
 
 

REVISIONISMO STORICO IN TONO MINORE

Evidentemente le esternazioni del Presidente della camera Luciano Violante in difesa dei giovani di Salò, per una lettura ‘nazionale’ ed ‘unitaria’ della storia d’Italia dal 1943 al 1945 devono aver profondamente colpito il Sindaco di Cattolica Franco Micucci (PDS), che ha deciso di collocare presso il museo cittadino una vecchia lapide contenente i nomi dei suoi compaesani che hanno preso parte alla marcia su Roma, come se questa fosse stata un’allegra scampagnata tra amici e non un colpo di Stato dalle conseguenze catastrofiche. Questo episodio, che offende i sentimenti degli antifascisti di Cattolica, ha avuto come conseguenza la convocazione di due cortei differenti per il 53° anniversario della Liberazione, uno organizzato dall’amministrazione comunale ed un secondo dal nostro partito e dalle forze antifasciste, ognuno dei quali ha visto la partecipazione di 150 persone circa. Di fronte al dilagare della protesta, giunta in Consiglio Regionale grazie ad una risoluzione presentata dal nostro gruppo consiliare, il primo cittadino di Cattolica ha fatto una parziale marcia indietro, non senza aver però ribadito in maniera sprezzante la non attualità dell’antifascismo. (Marcello Graziosi)
 
 

NON PIÙ BASI, NON PIÙ BOMBE

di DONATELLA MUNGO

Fra il dicembre ‘97 e il gennaio 1998, il Gruppo regionale PRC presentò due progetti di proposta di legge alle Camere(1), che insieme costituiscono quello che possiamo definire ‘un pacchetto legislativo per la pace’. Si tratta di un’iniziativa messa in campo dal nostro Partito sia a livello nazionale che regionale: la nostra proposta del Gruppo PRC Emilia-Romagna, infatti, si affianca ad altre analoghe presentate dai compagni eletti nei Consigli regionali di Campania, Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia-Giulia e Veneto, nonché a quelle depositate successivamente dai Gruppi PRC di Camera e Senato.
La prima proposta(2) ha l’obiettivo di far riacquistare al Parlamento la pienezza dei poteri nella delicata materia degli insediamenti militari stranieri e della Nato sul nostro territorio; una materia per troppo tempo sottratta alla competenza delle Camere attribuita loro dalla Costituzione, e gestita, invece, dagli Esecutivi tramite la conclusione di accordi semplificati, quando non segreti, ossia accordi privi della necessaria ratifica parlamentare. Il nostro progetto si propone anche di attribuire finalmente un ruolo centrale ai Consigli regionali, che dovrebbero essere chiamati a dare il proprio parere consultivo obbligatorio, se pur non vincolante, sulla presenza di basi e truppe militari sul territorio di competenza.
La seconda proposta(3), invece, ha un  duplice scopo: a) servire da stimolo al nostro Parlamento, per il ripudio sul nostro territorio delle armi di sterminio di massa, nucleari, chimiche e batteriologiche, di cui, peraltro, l’Italia attualmente è teatro, in quanto gli insediamenti atomici tuttora esistenti ospitano armi dei nostri alleati del Patto Atlantico, segnatamente gli Stati Uniti; b) investire il Governo della necessità di farsi promotore presso gli alleati occidentali di tutte le azioni necessarie a proseguire sulla strada del disarmo totale.
Riattribuire sovranità agli organi istituzionali della Repubblica, riaffermare i contenuti pacifisti contenuti nell’art. 11 della nostra Carta costituzionale, continuare sulla via del disarmo totale, ridiscutere la necessità della stessa esistenza di un Patto Atlantico : sono questi gli obiettivi di Rifondazione Comunista deve sostenere con forza, affinché venga finalmente data attuazione ai principi costituzionali, tra i quali  l’affermazione della pace(4) è senz’altro uno dei più importanti.
Mai come in questo caso l’azione del nostro Partito, anche se in maniera del tutto casuale, si è rivelata così tempestiva, essendosi purtroppo verificati, a distanza di pochi giorni dal deposito dei nostri progetti di legge, due episodi gravissimi: la tragedia del Cermis e le consistenti minacce di guerre degli Stati Uniti nei confronti dell’Iraq. É di qualche settimana fa, invece, la riapertura del dibattito fra i patners della NATO relativo all’allargamento formale ad alcuni Paesi dell’Est europeo, già di fatto entrati a far parte dell’Alleanza atlantica fin dal luglio ‘97. Ed ancora più gravi sono le notizie sugli esperimenti atomici che ci provengono dal subcontinente indiano, con il rischio che si riapra drammaticamente la corsa al riarmo anche da parte dei paesi firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare.
Con i nostri progetti di legge in materia abbiamo rimesso il dito in una piaga antica mai sanata, abbiamo ridato voce ad una storica battaglia della sinistra che ha radici profonde nel passato, ma che, alla luce degli ultimi eventi, si rivela più che mai attuale. Le manifestazioni contro le basi NATO, promosse nei mesi scorsi dal PRC e da altre forze sociali, testimoniano la necessità di chiudere con il passato e di aprire una fase nuova, in cui le esigenze di difesa nazionali ed internazionali siano salvaguardate solo dalle forze multinazionali di pace dell’ONU.

NOTE.
1) L’art. 121 della Costituzione, infatti, prevede la possibilità che i Consigli regionali presentino proposte di legge alle Camere in materie di competenza del Parlamento. Di conseguenza, i Gruppi consiliari regionali possono depositare progetti di proposte di legge alle Camere ai sensi dell’art. 121 Cost., che, se approvati dal Consiglio, verranno trasmessi al Parlamento e seguiranno l’iter normale delle proposte di legge nazionale.
2) "Norme per la pubblicazione degli accordi internazionali concernenti la difesa nazionale e la presenza sul territorio italiano di truppe e basi militari di Paesi stranieri", a firma dei consiglieri Giacomino e Cantoni, depositata il 15 dicembre 1997.
3) "Messa al bando delle armi di sterminio di massa dal territorio  e dalle acque nazionali della Repubblica", sempre a firma dei consiglieri Giacomino e Cantoni, depositata il 28 gennaio 1998.
4) art. 11 Cost.: L'Italia  ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli  altri popoli  e come  mezzo di  risoluzione  delle controversie internazionali; consente, in  condizioni di  parità con gli  altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e  favorisce le  organizzazioni internazionali  rivolte a tale scopo.