Massimo Marino

Psicologo

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T I T O L O :

" G L I S C A C C H I C O M E A U S I L I O

D I D A T T I C O N E L L E S C U O L E

D E L L ' O B B L I G O P E R B A M B I N I

N O N U D E N T I ".

L a v o r o e s e g u i t o

d a l C e n t r o P e r m a n e n t e

d i R i c e r c a S c i e n t i f i c a

d e l l ' A S S O C I A Z I O N E S I L E N Z I O S A

I T A L I A N A S C A C C H I S T I C A

n e l l ' a m b i t o d e l

P r o g e t t o F i n a l i z z a t o

d a l c o n t r a t t o

9 2 . 0 2 5 4 7 . C T 0 8

p o s i z i o n e 1 1 5 . 2 6 3 6 2
S t i p u l a t o c o n i l

C o n s i g l i o N a z i o n a l e

d e l l e R i c e r c h e

C o m i t a t o d i

S c i e n z e S t o r i c h e

F i l o s o f i c h e e F i l o l o g i c h e

 

Responsabile Scientifico

Prof. Massimo Marino

Psicologo

Presidente Nazionale A.S.I.S.

 

 

1ª P A R T E

 

Dedicato ai centotrenta milioni  

di Sordi nel mondo

Presentazione
a cura del Cav. Giulio Malaspina

 

1.1

Presentazione

  

Questo nuovo progetto, unico in Italia, è stato molto apprezzato da me che sono audioleso. La ricerca "GLI SCACCHI COME AUSILIO DIDATTICO NELLE SCUOLE DELL'OBBLIGO PER BAMBINI NON UDENTI" è molto preziosa poiché è la prima volta che un'attenta analisi tocca a fondo, con prove concrete, il mondo scacchistico dei giovani sordi. I problemi del mondo sordo sono enormi oltre ai diversi tipi di patologie, psicologiche, fisiologiche, neurologiche esiste soprattutto il problema dell'emarginazione della civiltà normoudente. Ogni trascuratezza nella soluzione dei problemi aumenta il divario tra i due mondi. Noi sordi abbiamo gli stessi diritti civili, abbiamo una cultura intellettiva e sociale (lavoro, matrimonio, figli) assolutamente come tutti gli udenti. Io, come tutti i sordi, ho avuto problemi per inserirmi nella società e c'è voluta la mia ferrea volontà per adattarmi, per studiare con sofferenza tentando di parlare, inventandomi la voce, che uscendo ovviamente rauca mi costringeva ad usarla il meno possibile. Molto devo anche ad una scuola, la scuola di foniatria per i sordi, chiusa oggi ingiustamenete da parte del Provveditorato agli studi con l'idea che i sordi devono essere inseriti nella scuola normale. Personalmente ritengo sia un errore gravissimo che aumenta l'avversità dei sordi verso gli udenti. Nessuno pensa a questo pietoso problema con competenza, nessuno pensa che un suo Prossimo possa essere un sordo come me! Questa ricerca non è un manualetto o un romanzo in cerca di fama e neanche una trovata pubblicitaria, ma una riuscita analisi che cerca di dare una soluzione centrando l'obiettivo! Il Responsabile della ricerca ha trovato una chiave per aprire "l'ignobile" mondo sordo! L'idea di questa ricerca è nata all'A.S.I.S. durante le lezioni di scacchi del Maestro. Noi sordi inizialmente eravamo fermi alle regole fondamentali degli scacchi. Il dottor Massimo Marino, come psicologo, ha individuato subito le differenti capacità di gioco che i sordi avevano rispetto agli udenti. La distanza esisteva per colpa degli udenti che non hanno avuto un giusto linguaggio per far capire ai sordi le strategie e le tattiche di gioco. Infatti gli udenti vincevano sempre sui sordi. Colpa della nostra intelligenza inferiore? No! Noi sordi non eravamo istruiti bene dai Maestri udenti, per loro Noi eravamo "Handicappati". Loro non hanno "visto" bene il mondo sordo. Per misurarmi con il mondo degli udenti io, da bambino, ho voluto imparare il gioco degli scacchi, per sfidare la mia "intelligenza" contro mio cugino udente, studente di chimica. Cosí come una lampadina che si accende all'improvviso ho scoperto con entusiasmo di non essere "diverso"! Una gioia giocare a scacchi con gli altri come fossi uno normale, ignorando la mia menomazione! Quindi questo progetto sarà un importantissimo contributo per i bambini sordi futuri scacchisti, per evitare l'isolamento, la disinformazione, la delinquenza e il disorientamento. Qualcuno si chiederà il perché si vuole insegnare questa disciplina proprio nelle scuole; è il modo migliore per educare (sordi o udenti) al RISPETTO, alla DIFESA e all'ATTENZIONE verso il prossimo. Le regole degli scacchi sono paragonabili alle regole della vita. E' una disciplina mentale, di alto livello culturale, economica e non ha bisogno di scontri fisici. Il nostro obiettivo è dunque di organizzare con il C.P.R.S. l'insegnamento degli scacchi per lo scambio culturale tra il sordo e l'udente. Io conto molto che questa ricerca riesca a debellare la barriera dell'incomunicabilità, per questo mi propongo successivamente di fare da interprete, con IL CAVALLO SILENZIOSO, cercando di rendere conprensibili le parti più difficili a tutti i sordi.

 

Perché questa ricerca.
A cura del Responsabile Scientifico

 2.1

Premessa

 Si è privilegiato nell'esposizione della ricerca il verbo ESSERE rispetto al verbo AVERE per l'importanza dei diversi valori semantici che secondo E. Fromm sono socialmente e psicologicamente da attribuire alle due modalità1. Allo scopo di favorire la leggibilità, le note, a piè pagina, sono ridotte al minimo e per le informazioni definitive su alcuni contenuti specifici è opportuno consultare la bibliografia. E' altresì opportuno chiarire che si sono usati i termini sordo/sordomuto/non udente/audioleso con significati equivalenti, così come è considerato nella legislazione italiana, pur sapendo che esiste, allo stato attuale, una diatriba e una lotta giuridica per differenziarne i significati. La distinzione tra bambini sordi gravi, sordi profondi e sordastri2 non è stata ritenuta di grande importanza per la ricerca in quanto la sperimentazione è stata condotta in una scuola speciale, per bambini con handicaps uditivi, ove si privilegiano più metodi tra cui il linguaggio segnato.

Per l'esposizione si è tentato di utilizzare un linguaggio privo di sessismo3, anche se, come E. Fromm4 si è preferito, nei casi ambigui, mettere in maiuscolo le parole come ad es. UOMO, sottolineandone il significato e l'uso neutro, per non sostituirlo con termini equivalenti ma meno chiari. L'obiettivo è quello di comunicare al maggior numero di Sordi italiani, molti dei quali è noto, risentono nella comprensione del linguaggio di influenze sessistiche e di carenze sintattico/semantiche. L'esposizione è divisa in 3 parti:

 

1) utilità e valore della ricerca in cui il Responsabile Scientifico espone in prima persona;

2) sperimentazione e conclusioni;

3) prodotti realizzati.

 

Per questa ricerca si ringrazia l'ASIS e tutti i collaboratori che sono intervenuti a titolo gratuito:

- per il Consiglio Direttivo dell'ASIS

Sig. Baiocco Angelo;

Sig. Baiocco Luciano;

Cav. Malaspina Giulio;

Sig. Rizzo Sergio Mario;

Sig. Visco Michele;

  per gli Enti e gli Istituti esterni:

  Associazione Italiana Gioco per Corrispondenza;

Associazione Scacchistica Ciechi Italiani;

Centro Italiano di Psicologia Clinica;

Ente Nazionale Sordomuti;

Federazione Scacchistica Italiana;

Istituto Fratelli Gualandi;

Unione Italiana Sport Per Tutti;

 

- per la stesura della relazione:

Dr. Allen Mike J. - Ingegnere Informatico;

Sig. Cassano Roberto - Collaboratore;

Dr. Del Vasto Catello - Istruttore ASIS

Cav. Malaspina Giulio - Direttore Responsabile
de "Il Cavallo Silenzioso"

Sig. Marino Mauro - Giornalista;

Sig.na Mauceri Donatella - Interprete ;

Dr. Visco Diego - Consulente Legale;

 

- l' équipe che ha lavorato nella ricerca:

Dr.ssa Cimino Giuliana - Psicologa;

Dr.ssa Di Pietro Diana - Neuropsichiatra Infantile;

Sig.ra. Fronzi Daniela - Istruttrice ASIS scacchi;

Dr. Iacone Paolo - Medico Chirurgo;

Dr. Marino Mario - Procuratore Legale;

Sig. Santarelli Antonio - Istruttore ASIS scacchi;

Sig. Visco Michele - Istruttore ASIS scacchi;

 

- Responsabile Scientifico il Presidente dell' ASIS Nazionale:

Dr. Marino Massimo - Psicologo

 

  

2.2 :Introduzione del Responsabile Scientifico

 

 

 

 

La ricerca è nata dopo essere stato osservatore partecipante di una sperimentazione pratica (1989-1993) maturata su degli adulti sordomuti con il gioco degli scacchi e che HA dato luogo alla costituzione di un'Associazione Nazionale Avente, allo stato attuale, il coordinamento di 16 centri di gioco in tutta Italia. Con la nascita di tale Associazione è stato sconfitto il pregiudizio, radicato negli ambienti dell' Ente Nazionale Sordomuti e della Federazione Sportiva disabili, secondo cui il gioco degli scacchi sarebbe stato sconsigliabile per i portatori di questo Handicap, in quanto non adatto all'intelligenza del Sordo5. Non solo il gioco è risultato essere alla portata del non udente, (che non ha lesioni mentali), ma è sembrato favorire l'utilizzo di una serie di strategie cognitive. Nella sperimentazione pratica si è evidenziato che tale attività:

 

1 - favorisce i meccanismi di socializzazione tra i gruppi;

2 - educa al rispetto reciproco nella contesa;

3 - permette l'espressione di un personale stile cognitivo

 

Inoltre, nell'ambito di tale esperienza, si sono messi in contatto i sordomuti con un altro gruppo di disabili, i ciechi, organizzando incontri periodici tra le due categorie. In queste competizioni i sordi sono riusciti a proporsi come guida per i non vedenti realizzando una relazione di aiuto di alta responsabilità. A seguito di tali esperienze mi sono convinto che il gioco degli scacchi, insegnato ai bambini audiolesi nelle scuole, potesse produrre effetti positivi ancora più rilevanti di quelli ottenuti negli adulti. A tal proposito mi sono voluto accertare dell'esistenza in Italia o all'estero di didattiche scacchistiche per bambini non udenti.

 

 

2.3 .:Novità e utilità della Ricerca

 

 

 

E' stato possibile così stabilire che tre stati esteri, Danimarca, Germania ed Ungheria, stanno sperimentando nei propri Paesi dei progetti didattici per bambini non udenti di diverse fasce di età. La notizia è stata resa nota al XXI Congresso Internazionale I.C.S.C. in Scozia nel 1992. Si tratta di studi tuttora in fase di sperimentazione intesi a dimostrare che questa attività ludica può essere materia di insegnamento anche per i bambini audiolesi. Questa ipotesi non era mai stata indagata prima d'ora anche se esistono numerosi insegnamenti per bambini normoudenti. Soprattutto nella ex Unione Sovietica gli scacchi erano, e tuttora sono, insegnati nelle scuole ordinarie6, e delle indagini sono state condotte per sottolineare i vantaggi della pratica del gioco. Tra queste nel 1925, tre psicologi Russi, I. N. Dyakov, N. V. Petrovsky e P. A. Rudik, indagarono sulle caratteristiche cognitive dello scacchista e riscontrarono in questo profilo professionale 16 qualità fisiche e psicologiche. I risultati positivi esposti dagli autori sono stati, per anni in Italia, portati ad esempio per illustrare i benefici del gioco e per proporlo come didattica scolastica. Su questi presupposti, vari Enti, hanno impostato gli interventi promozionali nelle scuole. Da una sintesi di queste esperienze, pubblicata dalla UISP7, risulta che gli istruttori attribuiscono al gioco degli scacchi un significato pedagogico, senza averne studiato sperimentalmente gli aspetti formativi e psicologici nel bambino. Dato per scontato il valore pedagogico, si sono concentrati sul metodo di insegnamento, descrivendo possibili interventi tecnici o teorizzando come altri autori che : "l'attività scacchistica permette un esercizio logico formale di difficoltà pari ad operazioni matematiche o algebriche di un certo livello"8. In sintesi, tali esperienze non sono utili a dare risposte alle valenze didattiche del gioco9. Più che teorizzare, sulle capacità possedute dal giocatore di scacchi già esperto, è necessario osservare quali sono i fenomeni che si manifestano durante l'attività scolastica con i bambini. Solo in questo modo è possibile affermare che sono favorite le espressioni, in tutti gli allievi, di esercizi logici formali e/o creativi del pensiero. Una risposta sperimentale a tale argomento potrebbe portare a superare un impasse, che esiste nella nostra nazione, riguardo alla proposta di introdurre, come già in altri Paesi (ex URSS e Stati Uniti), gli scacchi come materia obbligatoria. Inoltre sarebbe di fondamentale importanza nel caso in cui la si volesse introdurre anche per i bambini non udenti, ove le problematiche sono certamente più complesse.

 

3 LA RICERCA

 3.1 :Abstract

 

Nell'Istituto Fratelli Gualandi di Roma, per due mesi, è stata condotta una sperimentazione didattica con il gioco degli scacchi da insegnanti sordi dell'ASIS e con l'ausilio di un'équipe di psicologi. L'insegnamento è riuscito gradito ai bambini e agli insegnanti. Per il '94 è stata richiesta dalla scuola una continuazione della didattica.

 

3.2 :Parole chiave

 

- Bambino

- Sordomuto

- Scacchi

 

 

3.3 :Obiettivo della ricerca

  

Una ricerca del 1929 di Rudi, Diakov e Petrovsky indaga sul gioco degli scacchi e gli autori concludono che tale gioco è propedeutico allo sviluppo di alcune qualità, elencate nei seguenti punti:

1 - Aumento delle capacità di attenzione;

2 - sviluppo della tendenza ad organizzare e a pianificare;

3 - crescita della fantasia attraverso l'immaginazione astratta

e la previsione;

4 - aumento delle capacità mnemoniche;

5 - tendenza ad impegnarsi per prepararsi al superamento delle difficoltà della partita;

6 - capacità di decisione;

7 - logica della matematica e visione sintetica;

8 - crescita della creatività;

9 - aumento dell'efficienza intellettiva;

10 - assunzione di un maggior senso di responsabilità e sviluppo del livello di __socializzazione10

 

Considerato che:

1 - i bambini sordomuti HANNO problemi di relazione con l'esterno, sia per l'acquisizione __di un linguaggio che per lo scambio e la verifica delle informazioni11;

2 - il bambino sordomuto in seguito alle difficoltà di comunicazione trova degli ostacoli __nello sviluppo di caratteristiche cognitive come il pensiero astratto e creativo o nella __formazione dei concetti12;

 3 - molte patologie del linguaggio non sono curabili con terapie tradizionali di tipo __farmacologico né sembrano essere duraturi gli effetti dei condizionamenti __comportamentali e molti autori oggi si stanno orientando ad utilizzare terapie __di gioco volte a sottolineare gli aspetti inconsci e regressivi dell'individuo13;

 e inoltre che il gioco degli scacchi:

 1) permette di allenare intellettualmente il bambino sordomuto alla ricerca di soluzioni pratiche, nella risoluzione di problemi, e nelle formulazione di piani a lunga scadenza (nella tattica e nella strategia di una partita)14;

 

2) essendo uno sport15 favorirebbe, come "tutte le discipline sportive, più di ogni altra attività umana il confronto, la socializzazione e l'inserimento in diversi ambienti"16 ;

 

si è deciso di sperimentare la valenza didattica del gioco degli scacchi in una scuola speciale su adolescenti audiolesi di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, per valutare se questa attività ludica è anche formativa e se favorirebbe lo sviluppo di particolari qualità psico-pedagogiche nel bambino non udente.

L'obiettivo è, in prima analisi, puramente conoscitivo. I risultati intendono costituire un punto di partenza per eventuali ripetizioni di tali esperienze. Si è voluto anche indagare sugli aspetti didattici e motivazionali del gioco.

  

3.4 :Descrizione della Ricerca

 3.4.1 ::Gli strumenti utilizzati

 L'indagine è stata condotta con l'ausilio di:

 

1) Interviste;

2) Videocamera;

 

La tecnica degli operatori sociali durante l'insegnamento è stata l'Osservazione partecipante.

 

 

3.4.2 ::Metodologia

 

Il presente progetto di intervento è stato così strutturato:

 

 

A

è stata costituita nell'Istituto Fratelli Gualandi un'equipe formata da due psicologi, un'istruttore di scacchi udente e un istruttore di scacchi non udente per insegnare il gioco in una classe composta da bambini non udenti.

L'Istituto Gualandi è una nota scuola per bambini sordi, sita in via Vincenzo Monti 1 a Roma, che mette a disposizione degli alunni insegnanti specializzati per scuola materna, elementare e media a tempo pieno, con possibilità di soggiorno settimanale semi-residenziale. Gli alunni in genere tornano a casa con frequenza settimanale o bisettimanale. Sono presenti insegnanti specializzati sordi e normoudenti che conoscono il Linguaggio dei segni. E' riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione e si propone, attraverso la didattica, di fornire i mezzi più idonei per rendere il Sordo un membro attivo nella società, sia civile che ecclesiastica. La scuola porta il nome del Fondatore Don Giuseppe Gualandi e nel 1869 venne riconosciuta Ente Morale dal Governo Italiano. Lo s
pirito che portò a dedicare una scuola ai sordi è sintetizzato dalla constatazione del Fondatore "(...) il sordomuto non sa di Gesù e di Maria17". L'Istituto fu costituito come fatto volontaristico, quale unico modo per realizzare il fine della Missione. Anche se successivamente fu necessario precisare i termini giuridici della struttura di sostegno, l'indicazione della finalità volontaristica resistette, nel tempo, alle pastoie burocratiche e ancora oggi l'obiettivo della didattica Gualandi conserva l'atteggiamento missionario orientato al bene del sordo. B

i gruppi in una prima fase sono stati così costituiti:

 

- Gruppo sperimentale formato da 9 bambini maschi non udenti, di età tra gli 11 e i 14 __anni (scuole medie inferiori), a cui sono state impartite lezioni di scacchi:

C. Devis;

C. Umberto;

D. A. Angelo;

G. Antonio;

G. Giuseppe;

G. Stefano;

L. Luca;

M. Cesare;

V. Stefano;

 

- Gruppo di controllo formato da 7 bambini maschi non udenti, di età tra gli 11 e i 14 anni __(scuole medie inferiori), che hanno svolto altre attività (guardare TV o lettura):

A. Cristian;

B. Fabio;

B. Stefano;

C. Cristiano;

M. Manuel;

O. Damiano;

T. Marco;

 

 

- Con il gruppo sperimentale partecipano al corso 4 assistenti dell'Istituto Gualandi di età compresa tra i 26 e i 30 anni, laureandi in teologia alla __Cattolica di Roma (missionari) di altra nazionalità.

 

R. Raul;

Z. Francisco;

S. Joad;

V. Maurizio;

C

è stata prevista in ogni lezione la presenza dell' insegnante di ruolo non udente con il quale l'équipe insegnava tenendo come base i seguenti criteri di relazione derivati da Rogers18 :

 

 

1 - _Coerenza (Conoscenza e esperienza nella materia);

2 - Empatia (Nella relazione con il bambino) e per tale motivo è stato ritenuto ___preferibile un insegnante sordomuto;

3 - _Accettazione Incondizionata (del gruppo e del bambino);

 

 

 

 

D

La tecnica per l'isegnamento del gioco si è ispirata ai consigli di Maria Teresa Mearini e del Maestro Roberto Messa secondo i quali la cosa più importante per un bambino che impara gli scacchi è essere messo in grado di giocare il più presto possibile19 ed apprendere le varie regole attraverso la pratica;

 

 

E

 

la didattica è stata orientata a un'apprendimento per livelli di difficoltà. A tal proposito si è tenuto conto delle teorie psicologiche che descrivono l'apprendimento dei concetti e in particolare della definizione secondo cui il concetto è definito da uno o più attributi posti in relazione ad una regola, e per attributo si intende qualsiasi caratteristica di un oggetto o evento che possa cambiare in modo rilevabile da un momento all'altro. I processi che entrano in atto per l'apprendimento dei concetti sono:

 

1) La scoperta degli attributi pertinenti;

2) La scoperta della regola che li mette in relazione;

3) La verifica delle ipotesi;

4) L'utilizzo di strategie20 ;

 

I livelli di difficoltà sono in relazione al numero degli attributi presenti in un certo concetto, alla facilità con cui si può esprimere la regola, alla possibilità di poter ricorrere alle verifiche e all'utilizzo delle strategie di apprendimento.

Il primo livello è stato considerato caratterizzato da:

a) Concetti con minimi attributi; b) espressione della regola senza eccezioni; c) possibilità immediata di verifica; d) strategia di apprendimento assenti. L'obiettivo del primo livello è quello di fornire una serie di conoscenze teoriche indispensabili per poter iniziare il gioco. In generale questa fase di apprendimento teorico è caratterizzata da un approccio casuale ed è molto breve. All'inizio il bambino ricorda solo il nome di alcuni pezzi e il movimento del pedone (in avanti) e del cavallo. In seguito, nella pratica, si rivolgerà all'insegnante chiedendo più volte spiegazione su come si chiama e come si muove un pezzo. La prima fase termina nel momento in cui il bambino è in grado di poter iniziare a giocare con almeno uno o due pezzi. La partita, nel primo livello, finisce con la cattura del Re avversario e in questa prima fase non occorre sapere che la partita può finire anche in un pareggio.

L'obiettivo del primo livello è stato quello di mettere in grado il bambino di giocare immediatamente21.

Il secondo livello è caratterizzato da: a) concetti con minimi attributi; b) espressione della regola con eccezioni; c) possibilità di verifica con l'utilizzo di concetti precedentemente appresi; d) strategie di apprendimento (memotecniche). In questa fase, attraverso la pratica si scoprono alcune eccezioni alle regole relative al movimento di tutti i pezzi e il valore differenziato della forza dei pezzi.

Il terzo livello è caratterizzato da:

a) concetti con maggior numero di attributi; b) regole approssimative; c) procedimento di verifica euristica; d) strategie di apprendimento del gioco. In questa fase si completa l'insegnamento teorico e si arriva alla definizione astratta dello stallo, dello sacco matto, del pareggio, della partita vinta e in stadi più avanzati, dei primi concetti utili ad intraprendere delle strategie nella partita con la scoperta del fattore temporale.

 

In conclusione l' équipe ha insegnato scacchi con ricorrenza settimanale nella classe sperimentale, (il mercoledì), effettuando otto lezioni di due ore l'una. Le ore previste nei giorni sono state così divise:

 

1ª Ora _- Teoria:

A- primi fondamenti e regole (1º Livello; 2º Livello);

B- risoluzioni di problemi (1º Livello; 2ºlivello);

 

Successivamente in fase sperimentale:

 

C- piani e strategie nel gioco (3º Livello);

c1- l'apertura;

c2- il centro partita;

c3- il finale;

c4- il tempo (l'orologio)

 

2ª Ora - Pratica:

a- gioco a tavolino;

b- scrittura della partita;

c- commento e analisi della partita.

 

Il nostro obiettivo didattico iniziale era di portare i bambini almeno al secondo livello, considerando che chi ha superato il primo e il secondo livello didattico non sa propriamente giocare a scacchi ma sarà in grado, in breve tempo, di apprendere correttamente il gioco.

Sui livelli di apprendimento è stato realizzato il prodotto didattico. I confronti tra le osservazioni e il successo relativo all'obiettivo didattico costituiscono l'argomento di discussione e di confronto con l'ipotesi di ricerca.

3.4.3

.i.::Le prime 3 lezioni

 

Le prime tre lezioni si sono svolte nelle seguenti date:

03/03/93

10/03/93

17/03/93.

Sono stati consegnati i materiali didattici, 4 scacchiere da tavolino, 4 giochi di scacchi, una scacchiera murale e 4 orologi di scacchi.

La prima lezione è stata dedicata alla presentazione dell'équipe e alla verifica delle conoscenze didattiche già in possesso dei bambini. Tutti i componenti del gruppo sperimentale erano in grado di leggere e scrivere, mentre tra i bambini che non partecipavano alla lezione vi era uno che sembrava essere isolato dal gruppo, evitava qualsiasi contatto con l'équipe e pareva non partecipare ai giochi, allontanandosi qualora fosse chiamato o invitato. Insieme agli alunni è stato scritto un cartellone in cui erano indicate le regole fondamentali dei pezzi (1º Livello). Qualcuno conosceva già alcune regole relative al 1º livello. Era assente il maestro di scacchi sordo, mentre era presente l'insegnante scolastico sordo. Il gruppo di controllo poteva partecipare facoltativamente alla lezione o assistere a programmi televisivi (soprattutto eventi sportivi) o svolgere altre attività (calcio, biliardino, ping-pong).

In tali lezioni il feedback passava da:

 

Maestro di scacchi udente ---> insegnante sordo ----> alunno;

Alunno ---> insegnante sordo ----> Maestro di scacchi udente.

 

La didattica relativa al 1º livello teorico delle regole del gioco è stata appresa dai ragazzi in un'ora di lezione.

Ovviamente la comprensione non era corretta, è stato attraverso la pratica che si è arrivati a migliorare le competenze.

La seconda lezione, dopo un primo ripasso, è servita per introdurre nuovamente gli alunni alla pratica. Già i ragazzi rivolgevano le prime domande sulle eccezioni e sul valore dei pezzi, in modo da iniziare a formulare dei primi piani di scambio e di tattica della partita.

Nella terza lezione sono stati introdotti al 2º livello e preparati al primo torneo interno. L'insegnante scolastico sordomuto, che non sapeva giocare a scacchi, è stato costretto a reperire un manuale per poter rispondere alle domande in nostra assenza. Inoltre i bambini richiedevano con insistenza delle scacchiere da utilizzare al di fuori dell'attività didattica. Gli assistenti si sono coinvolti giocando alla pari con i bambini anche durante la nostra assenza. Il proseguimento della didattica spiega il motivo di un apprendimento del 2º livello in sole tre lezioni. Sarebbe stato utile poter disporre di un manuale di insegnamento di scacchi per livelli, in modo che gli insegnanti avrebbero potuto utilizzarlo come strumento per accorciare i tempi di apprendimento.

3.4.4 ::Il Torneo Interno

  

Perfezionato il periodo di apprendimento è stato indetto un torneo fra gli alunni medesimi con la partecipazione dell'insegnante di scacchi sordomuto. Vi presero parte 10 bambini, uno in più rispetto al gruppo sperimentale, ed anche 4 assistenti, laureandi in teologia all'università cattolica. Non tutti erano ancora in grado di giocare correttamente. Attraverso l'arbitraggio del torneo si sono potute correggere le anomalie continuando a istruire i giocatori. E' stato utilizzato per la prima volta l'orologio per gli scacchi. Il meccanismo del tempo nella partita è stato appreso immediatamente. Di seguito l'elenco e la classifica del torneo:

 

 

 

 

 

 

 

 

1º TORNEO SOCIALE ASIS FRATELLI GUALANDI

ROMA 3 - 31 marzo 1993

Classifica finale avulsa dei bambini non udenti dopo 7 turni con

Sistema Italo Svizzero.

 

1. C. Umberto punti 5 Monterotondo Roma

2/4. G. Stefano punti 4½ Spoleto PG

2/4. L. Luca punti 4½ Roma Roma

2/4. G. Giuseppe punti 4½ Spoleto PG

5. V. Stefano punti 3½ Sora FR

6/7. C. Devis punti 3 Velletri Roma

7/7. D. A. Angelo punti 3 Frascati Roma

8/9. G. Antonio punti 2 Roma Roma

8/9. O. Damiano punti 2 Agnone IS

10. M. Cesare punti 1½ Frosinone FR

1º TORNEO SOCIALE ASIS FRATELLI GUALANDI

ROMA 3 - 31 marzo 1993

Classifica finale dopo 7 turni con Sistema Italo Svizzero.

 

1. R. Roul punti 7 Assistente

2/3. C. Umberto punti 5 Monterotondo Roma

2/3 E. Francisco punti 5 Assistente

4/6. G. Stefano punti 4½ Spoleto PG

4/6. L. Luca punti 4½ Roma Roma

4/6. G. Giuseppe punti 4½ Spoleto PG

7/8 S. Joad punti 3½ Assistente

7/8 V. Stefano punti 3½ Sora FR

9/10. C. Devis punti 3 Velletri Roma

9/10. D. A. Angelo punti 3 Frascati Roma

11/12. G. Antonio punti 2 Roma Roma

11/12. O. Damiano punti 2 Agnone IS

13. M. Cesare punti 1½ Frosinone FR

14. V. Maurizio punti 1 Assistente

 

Settore Arbitrale F.S.I.

Daniela Fronzi

 

 

Il Torneo si è svolto utilizzando il Sistema Italo Svizzero che prevede un numero di turni di gioco, (in questo caso 7), inferiore ai giocatori che vi partecipano e un'accoppiamento dei giocatori per i turni di gioco, tranne che per il primo determinato da sorteggio, effettuato tra gli aventi la stessa classifica o punteggio parziale e ove non sia possibile tra coloro, con la classifica o punteggio parziale più vicino.22

3.4.5

.Il Torneo Esterno

 

 

 

 

L'insicurezza impedí per lungo tempo un confronto agonistico tra udenti e non udenti. In particolare uno dei nodi più difficili da sciogliere è stato quello di coinvolgere i sordomuti in gare con gli udenti. Per i seguenti diversi motivi:

1 - le attività agonistiche di scacchi seguono regole fatte per gli udenti. Ad esempio è necessario all'atto di una iscrizione rispondere all'appello . Oppure certi cambiamenti vengono spesso comunicati a voce. In caso di contestazioni l'arbitro deve essere chiamato a voce;

2 - i sordomuti, in Italia, avendo sempre giocato in manifestazioni con Maestri (soprattutto simultanee) si sono fatti un'idea distorta del loro valore negli scacchi. Per lungo tempo si sono sentiti notevolmente inferiori agli udenti. A disconferma di ciò basta consultare le Partite del Campionato Mondiale per non Udenti in Scozia23 per verificarne l'alto valore agonistico;

3 - per i sordomuti è molto più difficile concentrarsi perché la vista sostituisce l'apparato comunicativo dell'udito. I movimenti esterni disturbano la concentrazione soprattutto se l'ambiente viene vissuto come estraneo; di conseguenza, proseguendo la sperimentazione, è stato indetto ed effettuato anche un torneo esterno di scacchi al quale sono stati invitati bambini normoudenti. Il torneo è stato realizzato con l'aiuto della UISP scacchi, lega di Roma. E' presente l'insegnante di scacchi sordomuto. I partecipanti sono stati 22, 12 bambini non udenti, 8 bambini normoudenti e 2 bambine normoudenti.

Il numero di partecipanti rispetto alla sperimentazione è aumentato di 4 unità, un bambino (G. Antonio) è però a casa malato. Di seguito l'elenco e la classifica del torneo:

 

1º TORNEO OPEN ASIS FRATELLI GUALANDI

ROMA 20 maggio 1993

Classifica finale dopo 5 turni con Sistema Italo Svizzero.

 

1. R. Aldo punti 5 Roma

2. S. Calvani punti 4 Roma S.B 17

3. G. Dario punti 4 Roma S.B 13

4. L. Luca punti 3½ Roma S.B 15

5. G. Stefano punti 3½ Spoleto PG S.B 13½

6. P. Carlo punti 3 Roma PG S.B 16

7. M. Stefano punti 3 Roma PG S.B 13

8. C. Umberto punti 3 Monterotondo Roma S.B 11

9. M. Manuel punti 3 Lavinio Roma S.B 6½

10. O. Damiano punti 2½ Agnone IS S.B 15½

11. D. A. Daniele punti 2½ Roma Roma S.B 14½

12. S. Gianluca punti 2½ Roma Roma S.B 12½

13. C. Devis punti 2½ Velletri Roma S.B 9½

14. R. Claudia punti 2½ Velletri Roma S.B 8

15. G. Giuseppe punti 2 Spoleto PG S.B. 13

16. L. Francesco punti 2 Roma Roma

17. V. Stefano punti 1½ Sora FR

18. D. A. Angelo punti 1 Frascati Roma S.B 15½

19. D. C. Valentina punti 1 Frascati Roma S.B 9½

20. C. Cristiano punti 1 Roma Roma S.B 9

21. B. Stefano punti 1 Frosinone FR S.B 8½

22. M. Cesare punti 0 Frosinone FR

 

 

 

 

 

 

 

1º TORNEO OPEN ASIS FRATELLI GUALANDI

ROMA 20 maggio 1993

Classifica finale avulsa dei bambini non udenti dopo 5 turni con

Sistema Italo Svizzero.

 

1. L. Luca punti 3½ Roma S.B 15

2. G. Stefano punti 3½ Spoleto PG S.B 13½

3. C. Umberto punti 3 Monterotondo Roma S.B 11

4. M. Manuel punti 3 Lavinio Roma S.B 6½

5. O. Damiano punti 2½ Agnone IS S.B 15½

6. C. Devis punti 2½ Velletri Roma S.B 9½

7. G. Giuseppe punti 2 Spoleto PG

8. V. Stefano punti 1½ Sora FR

9. D. A. Angelo punti 1 Frascati Roma S.B 15½

10. C. Cristiano punti 1 Roma Roma S.B 9

11. B. Stefano punti 1 Frosinone FR S.B 8½

12 M. Cesare punti 0 Frosinone FR

 

Settore Arbitrale F.S.I.

Daniela Fronzi e Visco Michele

 

Anche in questo Torneo si è utilizzato il Sistema Italo Svizzero. Infine per l'assegnazione della classifica dei giocatori, che sono risultati pari come punteggio ottenuto, si è tenuto conto, come previsto dallo spareggio tecnico Bucholtz24 (variante italiana), dei seguenti criteri:

- si è aggiunto al punteggio ottenuto dagli ex-aequo il totale dei punti ottenuti dai competitori con i quali ciascuno degli ex-aequo si è trovato a giocare, escludendo tra quelli il punteggio minore;

- in caso di ulteriore ex-aequo si è aggiunto il punteggio escluso come cifra decimale; in caso di ulteriore ex-aequo si è tenuto conto degli eventuali scontri diretti;

- in caso di ulteriore ex-aequo si è tenuto conto del maggior numero di vittorie;

- in caso di ulteriore ex-aequo si è tenuto conto dei risultati ottenuti dai singoli giocatori contro gli avversari nell'ordine di classifica compresi gli ex-aequo.

3.4.6

Interviste Insegnanti

 

 

Queste sono le domande fatte agli insegnanti del Gualandi sotto forma di intervista e agli assistenti che hanno partecipato alla didattica prima e durante lo svolgimento della didattica ;

 

 

 

 

1. Conosce il gioco degli scacchi?

 

 

2. Considera il gioco degli scacchi uno strumento didattico?

 

3. Considera il gioco degli scacchi uno sport?

4. Considera il gioco degli scacchi solo un gioco?

 

5. Crede che il gioco degli scacchi favorisca la socializzazione?

 

6. Ci potrebbe elencare una serie di giochi con regole già conosciute da tutti i suoi alunni?

 

Descrizione:

 

7. Sarebbe favorevole ad una esperienza didattica del gioco degli scacchi nel suo gruppo-classe

 

Perché ?

 

 

 

3.4.7 :Risultati Interviste

  

L'obiettivo di queste domande era di misurare l'atteggiamento degli insegnanti verso il gioco degli scacchi, verso il gioco in generale, ed eventualmente verso il gioco come strumento didattico.

Attraverso le risposte date si rileva, in prima analisi, un atteggiamento di sottile squalifica verso il gioco nella scuola, anche se chi insegna sembra rendersi perfettamente conto dell'importanza per il bambino dell'attività ludica25 . I bambini che giocano molto a scuola sono tollerati ma considerati immaturi e poco concreti. Successivamente, a seguito della sperimentazione, avviene una modifica dell' atteggiamento. Gli insegnanti ne rilevano l'utilità ma soprattutto la praticità, in quanto il gioco si presta ad essere un valido strumento che permette la soluzione di problemi complessi con esercizi impegnativi ed è vissuto dal bambino con fantasia e in maniera de-stressante. Al termine, curiosamente, viene notato un coinvolgimento agonistico-emotivo nell'attività pari a quello dei bambini.

3.4.8 :Commento  

 

I membri dell'Istituto accolgono favorevolmente questa iniziativa proveniente dall'esterno in quanto il gioco degli scacchi viene a configurarsi come una gradevole variante al calcio, al ping-pong principali attività ricreative finora svolte dai bambini. Anche gli insegnanti si sono impegnati a giocare insieme ai propri alunni, cogliendo l'occasione di una più approfondita conoscenza attraverso il confronto. E' stato proficuo il continuo scambio di osservazioni e informazioni fra gli operatori sociali, gli insegnanti sperimentali e quelli della scuola. L'atteggiamento di apertura è stato favorevole alla riuscita dell'incontro sia dal punto di vista delle prestazioni che da quello della socializzazione. Le lezioni si sono svolte nelle ore post-scolastiche e l'atmosfera non differiva molto da quella di qualsiasi gruppo di alunni posto in situazione ricreativa. Molta attività fisica, molte pacche, spintoni e tanta confusione che i bambini fanno emettendo vocalizzi, grida, lallazioni. Dopo l'incontro con gli operatori esterni la confusione è continuata ma con il sapore di qualcosa di attivo e dinamico con una messa in moto di correnti ludiche, emotive-cognitive.

Tutto si è evoluto fluidamente e per gradi: tanto l'acquisizione di cognizioni relative al gioco quanto la capacità di relazionarsi in maniera "amichevole".

Da una lezione incontro ad un'altra si notano :

 

- meno risolini fra bambini;

- maggiore contatto visivo e mimico con l'équipe;

- maggiore richiesta di spiegazioni ;

- facilità nel giocare partite con i membri del nuovo gruppo;

- significative offerte spontanee di doni da parte degli alunni (cioccolata, gelato, chewingum, fumetti).

Con l'introduzione dei tornei e degli scontri diretti, prima tra bambini sordi e assistenti e dopo tra udenti e non udenti, si sono potuti osservare una serie di comportamenti in situazioni di stress e di agonismo. E' stato sorprendente notare come gli allievi socializzassero con facilità con i coetanei normoudenti nel secondo torneo e come nel primo gareggiassero alla pari con gli assistenti neo-laureandi dell'Università cattolica. Da una semplice osservazione delle classifiche risulta che nel primo torneo gli assistenti giocarono alla pari con i bambini, escluso il vincitore che ha totalizzato il massimo dei punti, perdendo più di una partita. In sostanza a parità di conoscenze i bambini sono stati in grado di apprendere come, anche se con altre modalità, i più grandi. L'agonismo è stato vissuto in alcuni casi come catalizzatore dell'apprendimento. In altri soggetti è stato vissuto come inibitore. Alcuni bambini, infatti, hanno preferito al torneo la lezione di scacchi individuale. La componente agonistica non appare essere quindi un elemento di disturbo e neanche un facilitatore, mentre sembrano essere le variabili personali a dare una direzione all'agonismo. Possiamo riassumere che:

 

 

A) da un punto di vista cognitivo:

 

- ogni bambino presentava e manteneva stili di gioco creativi diversi. Si adottavano, infatti, pezzi privilegiati da muovere più spesso degli altri o in apertura di partita, nella scelta delle mosse iniziali. Questo è sicuramenete uno degli aspetti più interessanti degli scacchi. Attraverso la scelta del pezzo preferito si impara a condurre la partita e a riconoscere le potenzialità di tutti gli altri pezzi. E' offerta la possibilità di esplorare un apprendimento con lo strumento più gradito al bambino. Su questi presupposti alcune didattiche scacchistiche si sono orientate a sviluppare stili cognitivi fantasiosi, adattando il gioco e i movimenti dei pezzi ai suggerimenti innovativi dei bambini26 ;

 

- tutti i bambini del gruppo sperimentale e coloro che successivamente si sono aggiunti, compreso il bambino che pareva essere meno sociale e coinvolto, sono riusciti, senza eclusione, a compiere esercizi di un alto grado di complessità, permettendo l'utilizzo di strategie cognitive come l'attenzione, la memoria e il problem solving. La complessità di questi esercizi è sicuramente paragonabile a equazioni di algebra di secondo grado o a sistemi con più variabili e l'impegno mnemonico per ricordare tutte le regole può essere paragonabile all'acquisizione di più "poesie". Il tutto è stato realizzato in uno spazio di tempo relativamente breve, superando le aspettative degli osservatori. Attraverso il paragone con i laureandi di teologia è stato possibile comprendere che l'apprendimento procedeva di pari passo;

 

- in sole otto lezioni tutti i bambini sono riusciti a risolvere problemi di scacchi complessi in cui si arriva alla soluzione formulando piani di due o tre mosse, a capire le differenze del movimento dei pezzi, a riconoscere le eccezioni, a misurare e a formulare decisioni, dando risposte parziali (non finite) in uno spazio temporale ben definito (da un orologio);

 

- al secondo torneo erano tutti in grado di formulare dei piani di gioco sia in apertura, che al centro partita, che in finale. I piani erano formulati sulla base di obiettivi semplici, come l'attacco del materiale avversario, la difesa dei propri pezzi, la difesa del proprio Re ma anche attraverso obiettivi più complessi come quelli relativi alla conquista dello spazio.

 

B) da un punto di vista psicologico:

 

- l' "esperienza attuale soggettiva"27 del bambino, ovvero il modo di sperimentare la didattica, si è evoluta da uno stadio di alta fissità a un alto grado di flessibilità. Ciò ha determinato nel bambino, verso la terza lezione, un indefinibile timore di non poter vivere senza confusione gli scacchi. La crisi si è risolta attraverso l'aspetto ludico del torneo, e cioè, spostando il significato della didattica da un apprendimento di regole a un confronto giocoso/agonistico e pratico;

 

- l'atteggiamento degli allievi nei confronti della complessità del gioco si è modificato da un iniziale netto rifiuto nel riconoscere i conflitti e gli errori a un piacere a scoprire le soluzioni e a proporre nuove domande;

 

- la sicurezza nel gioco è andata via via crescendo, man mano che il bambino aumentava la coerenza nel gioco. Nelle prime lezioni era possibile notare bambini che si disorientavano, preferendo talvolta smettere di seguire, per andare a praticare altre attività. Inoltre, accettavano senza ribattere qualsiasi appunto sul gioco o sul regolamento del gioco, evitando di opporsi al maestro. Era come se dicessero "una parte di me desidera imparare, mentre una parte desidera altro...". Successivamente acquistando sicurezza si è avuto un cambiamento nella relazione insegnante alunno e i bambini si ponevano meno timorosi, fino a diventare irruenti e decisi nel far valere, in caso di contestazioni, le loro ragioni.

 

c) da un punto di vista sociale:

- la sicurezza nel gioco e nel rapporto con i bambini ha influenzato anche la socialità. Il rapporto con i laureandi nel primo torneo e con i bambini normoudenti nel secondo sono stati vissuti senza particolari problematiche dai diversi gruppi. La relazione di gioco e l'aspetto agonistico univa e permetteva la circolazione delle informazioni sia tra il sordo e il sordo sia tra il nuovo venuto e il sordo, al di là degli stili comunicativi diversi;

 

 

- è stato imprescindibile l'intervento di un insegnante Sordomuto sia per la realizzazione dell'empatia, sia per la realizzazione dell'identificazione del bambino con il modello sociale "maestro sordomuto".

 

3.4.9 Conclusioni

  

Anche se durante la sperimentazione si è persa la possibilità di mettere a confronto dei dati tra il gruppo sperimentale e il gruppo di controllo ( poiché praticamente tutti alla fine sono intervenuti nella sperimentazione e tutti si sono cimentati nel gioco28 ), possiamo comunque dire che i fenomeni osservati indicano chiaramente che il gioco degli scacchi è uno strumento didattico adatto ai bambini non udenti, oltre che ai bambini normoudenti, purché si tenga conto:

- delle varie fasi di sviluppo dell'allievo e si adattino gli strumenti di insegnamento ;

- delle diverse capacità di apprendimento.

 

 

Per tale motivo riteniamo che la materia può essere proposta ai bambini come insegnamento stimolo (così come auspicava Socrate della pedagogia in generale) senza alcun bisogno di imporla.

Poiché è noto che i giochi mentali favoriscono la messa in atto della totalità dei processi cognitivi per l'elaborazione, il mantenimento e la trasformazione delle informazioni e ritenendo gli scacchi un eccellente gioco di intelligenza da praticare in gruppo, pensiamo che tale didattica sia l'ideale per allenare le capacità mentali dei bambini sordomuti. Riteniamo inoltre che attraverso la pratica dei giochi di intelligenza potrebbe essere possibile colmare quelle difficoltà relative allo sviluppo di modelli e processi mentali che sono da imputarsi, nei soggetti con handicap uditivi, a difficoltà di relazione con l'ambiente. Questa ricerca è servita per convincerci, se mai ce ne fosse stato il bisogno, dell'utilità dell'attività ludica in una didattica che permette la relazione tra gli alunni e che favorisce i rapporti interpersonali e di gruppo.

Tale didattica si contrappone a un insegnamento concentrato sulla supervalutazione dell'individuo, nella ricerca esasperata del raggiungimento di determinate prestazioni. Un esempio di insegnamento individuale è quello che spinge verso l'utilizzo di strumenti alienanti come il computer (E. Fromm riteneva che il computer così come è utilizzato oggi sia uno degli strumenti di maggior alienazione che permette, nella nostra società, l'evoluzione della burocrazia e della modalità dell'AVERE). Una didattica di relazione orienta il bambino ad acquisire comportamenti, convizioni, modelli, come dice il Mussen29 , a "(...) socializzare in ambienti in cui è possibile per il bambino identificarsi..". Nel nostro caso tale didattica si è riflessa positivamente anche sui risultati, considerando che il bambino è riuscito ad apprendere, dopo solo 8 lezioni, regole di terzo livello. Possiamo anche supporre che parte del successo sperimentale sia dovuto oltre che alla predisposizione dei bambini per gli scacchi al sentimento empatico trasmesso dagli insegnanti al gruppo e ai singoli allievi. Da questo punto di vista la scelta di ricorrere ad una presenza carismatica sorda, tra gli insegnanti di ruolo o gli insegnanti di scacchi dell'équipe, è stata una logica conseguenza per il raggiungimento della messa in atto dei meccanismi emotivi di gruppo legati all'empatia.

La ricerca è servita anche per poter analizzare una serie di questioni legate alle problematiche più generali dei sordi. E su queste questioni e su alcune considerazioni critiche che ci vogliamo soffermare a pensare, invitandoci e invitando tutti i lettori a dare seguito alla ricerca con ulteriori sperimentazioni, sugli argomenti di seguito suggeriti.

3.4.10 :Riflessioni dell'istruttore sordomuto

 Per molti bambini che si sono iscritti alle lezioni, gli scacchi sono stati davvero la prima esperienza. Alla prima lezione tutti si mostravano molto curiosi data l'aria di novità che la materia riservava loro. Sono stato in grado di osservare che non riescono a capire le parole quando esse vengono pronunciate, né mostrano interesse per le parole nuove. Quando si esprime con i segni, invece, i bambini si mostrano molto interessati e riescono ad apprendere il significato di nuovi concetti, come ad esempio i colori (Bianco e Nero) i 32 diversi pezzi della scacchiera, (Re, Regina, Cavallo, Alfieri, Torri, Pedoni), nonché concetti astratti quali le tattiche di difesa e di attacco.

Inoltre sono riuscito a cogliere che negli allievi si rileva molta attenzione verso l'istruttore di scacchi (e cioè io) perché questi si esprime con loro nella lingua segnata che è facilmente comprensibile (e cioè alla loro portata) e perfettamente adeguata alle loro capacità di apprendimento. Ci sono, però, molte difficoltà quando a spiegare è una persona udente con la sua lingua vocale. In tali casi non è facile per il bambino comprendere e per tali motivi sostengo che è indispensabile la lingua segnata per farsi capire. C'è molto affiatamento tra l'istruttore e i discenti grazie alla facile comunicativa e semplicità della relazione. Spesso l'istruttore viene ingannato dagli stessi allievi i quali fingono di capire immediatamente tutte le regole. E' evidente nei bambini una personalità di tipo competitivo, infatti non vogliono mai perdere forse per sentirsi più sicuri con se stessi. Sicuramente gli alunni si sono mostrati molto interessati e sembrano avere delle predisposizioni particolari.

Concludo con delle considerazioni sull'utilità di questa ricerca. Le osservazioni possono permettere agli istruttori di migliorare la propria didattica, ma soprattutto sono convinto che questo strumento sportivo è ideale per il bambino sordomuto sia per lo sviluppo intellettivo sia per le possibilità sociali che vengono offerte. Ritengo che questa ricerca susciti curiosità ed interesse e molti aspettano i risultati con grande entusiasmo.

 3.4.11 Riflessioni della Istruttrice ASIS

 Come istruttrice di scacchi ai bambini normoudenti e facente parte di una Associazione culturale per Sordi (ASIS) mi fu chiesto di collaborare a questo progetto di ricerca. Nel primo incontro dell'Istituto F. Gualandi avvertii una dissimulazione con il mondo adulto dell'ASIS. Quando qualche allievo non comprendeva ciò che volevo spiegare (conosco solo pochi segni del L.I.S.) mi guardava inerte evitando di chiedere aiuto ai compagni. Al contrario di quanto accade nell'ASIS in occasioni del genere dove immediatamente si produce, coinvolgendo tutti, uno scambio di informazioni (vocali e gestuali), tali da portare infine alla soluzione. Così, per me, all'inizio l'unico modo per relazionare con i bambini fu ricorrere agli assistenti che conoscevano il L.I.S. Successivamente, spostato il ruolo da istruttrice a consulente (consigliando le mosse più idonee o la risoluzione dei problemi scacchistici proposti), si è scaturito un'attaccamento assolutista nei miei confronti. Ogni bambino cercava di comprare la mia attenzione (con offerte di caramelle, gelati e cioccolatini), fino ad arrivare, se davo un suggerimento anche all'avversario, a sentirsi tradito. Per questo era spesso necessario rassicurarli emotivamente. Nel torneo OPEN si è verificato un solo episodio dissidente dall'armonia generale creatasi. Una bambina normoudente ( figlia di una audiolesa), durante una partita in atto con un bambino audioleso, vistasi perdente per una anomalia di gioco HA accusato l'arbitro udente di favorire il sordo in quanto tale, contestando con forza ogni spiegazione di norme e regole. Finite le premiazioni si è giunti ai saluti. Tutti i bambini dell'Istituto erano eccitati per i risultati ottenuti, come i loro stessi insegnanti. I ragazzi audiolesi che nel prossimo anno scolastico sarebbero passati ad un altro istituto si sono preoccupati di ottenere il permesso per poter assistere alle eventuali lezioni di perfezionamento. Alle fine mi sono sentita così coinvolta che come una buona mamma ho preparato una torta per festeggiare con tutti i miei bambini.

 

3.4.12 Riflessioni della Psicologa

 

Il passaggio da una concezione educativa speciale ad una cultura della integrazione non è stato indolore nella nostra società, e solo in apparenza ha risolto alcuni problemi relativi all'handicap e alla scuola. In particolare per i non udenti, sono state lasciate lacune operative profonde come quelle che si volevano idealmente colmare con la normativa scolastica.

L'integrazione "forzata" e priva di strumenti operativi sembra spingere in una direzione un po' paradossale: si chiede all'alunno con difficoltà di adeguarsi al resto della classe .

Nel caso dei sordomuti ciò si evidenzia in maniera eclatante poiché è diverso il codice linguistico ma è potenzialmente presente la capacità di comunicare. Allora, per lungo tempo, perfino in alcune scuole speciali si riteneva opportuno evitare il linguaggio dei segni, a favore di quello verbale e della lettura labbiale: ciò veniva giustificato con motivazioni pseudo-pedagogiche di integrazione, negando così uno strumento prezioso di comunicazione soprattutto all'interno del gruppo stesso dei non udenti. Abbiamo, a volte, la tentazione a pensare per esclusione " o linguaggio gestuale o verbale " mentre la compresenza di entrambi è una soluzione tanto ovvia quanto è stata controversa. La lingua dei segni risolve i problemi di comunicazione intra-gruppale tra non udenti. Rimane aperta la questione etero-gruppale, e sulla base del successo di questa sperimentazione si può formulare una nuova ipotesi: quella di organizzare uno spazio didattico legato al gioco all'interno del quale sia possibile comunicare con i segni, e in cui sia presente un insegnante sordomuto.

 

3.4.13 Riflessioni del Responsabile Scientifico

  

Alcune curiosità sono emerse osservando i bambini del Gualandi:

 

1) durante la pratica del gioco ogni bambino preferí adottare un pezzo muovendolo più spesso degli altri. Mi sono domandato cosa significasse a livello psicologico, se cioè la scelta era fatta, (1ª ipotesi) semplicemente perché il pezzo si muoveva con dei criteri semplici o, se, (2ª ipotesi) erano evidenziabili degli stili cognitivi. Su questo tema e sull'analisi degli affetti relativi alla scelta del pezzo si è anche concentrata la Psicologa Cucco W. F30 , in una sperimentazione che cercava di stabilire perché in Italia giocassero a scacchi poche donne. Le osservazioni della Psicologa, concordando con la mie, portano ad escludere la prima ipotesi. E' vero che i bambini in un primo momento utilizzavano i pezzi più semplici da muovere, come il pedone o il Re, ma appena erano in grado di muovere tutti gli altri pezzi senza difficoltà ne adottavano uno durante la partita. Evidentemente questa scelta è in relazione con un qualche stile di personalità, con motivazioni affettive, con un piacere estetico, o come ipotizza la Cucco, esistono alla base dei significati interpretabili psicoanaliticamente. La presenza di uno stile cognitivo era evidente anche nella scelta delle mosse iniziali, fatte evidentemente per agevolare i movimenti dei pezzi adottati. Mi sono, quindi, chiesto se attraverso la rilevazione dello stile cognitivo sia possibile determinare le tendenze scolastiche di un bambino. Quest'ipotesi è tanto più valida se è anche possibile stabilire delle interdisciplinarità tra gli scacchi e altre consolidate materie scolastiche. Su questo tema al 1º Convegno per Matematica e Scacchi31 sono state suggerite delle risposte. Sono stati ritenuti esercizi matematici tutti quelli relativi al valore dei pezzi, alle soluzioni di problemi e inoltre per la condotta della partita si è parlato di scelte regolate dal calcolo delle probabilità che un dato evento si verifichi. La domanda che rimane aperta, in attesa di una sperimentazione longitudinale che ci accingiamo a fare, e se è possibile che , con la pratica del gioco, i bambini audiolesi possano colmare quelle lacune sintattico semantiche che oggi esistono in uno studente sordo medio;

 

2) in linea con la prima osservazione è stato notato che dopo pochissime partite l'allievo era già in grado di esprimere una propria visione dell'apertura facendo scelte diverse da ogni altro componente del gruppo. Ci si sarebbe dovuto aspettare, soprattutto in questa didattica che tratta delle regole del gioco relative ai primi livelli di concettualizzazione, che i bambini si copiassero nelle prime mosse. Invece questo avveniva solo in qualche partita, quando per copiare l'avversario si venivano a costruire sulla scacchiera posizioni simmetriche. La mancanza di significato che questa posizione offriva disorientava colui che copiava. Questo significava non essere più in grado di controllare i piani nella partita e spesso avviarsi a una disfatta. Tale atteggiamento è stato subito abbandonato per trasformare il processo imitativo dell'apprendimento da semplice "copia" a "ricerca" del significato, o della strategia adottata, dall'avversario. Copiare significava quindi mettere in atto strategie e piani complessi. Gli scacchi, dunque, introducono rispetto ad altri giochi o ad altre discipline scolastiche, una novità didattica che favorisce l'acquisizione di modelli cognitivi attraverso la decodifica dei significati sperimentati praticamente nel gioco.

L'avversario è vissuto come una fonte di informazione che conferma o disconferma la validità delle proprie strategie, portando comunque delle novità. Si apprende prestissimo che non serve a niente copiare la mossa dell'altro, mentre sarà necessario comprenderne il significato strategico, imitandolo ma trasformandolo con la propria visione del gioco. In tal modo il bambino realizza il "se" in un apprendimento, orientandosi nelle scelte, favorendo i processi decisionali, utilizzando personali tecniche di rilevazione dell'errore;

 

 

3) tutti i bambini sono "cresciuti" durante la didattica: sono arrivati a conoscenze complesse con poche lezioni. Questo significa che al di là del livello scolastico e delle capacità individuali si è manifestato in tutti una crescita cognitiva.

Altre materie scolastiche non permettono come gli scacchi di procedere nell'apprendimento con la stessa creatività. Quando si deve arrivare a dare delle soluzioni di matematica a dei problemi il risultato atteso è già predeterminato. Così nell'apprendere poesie il piacere estetico delle parole è già definito da altri. Negli scacchi, invece, il bambino gode nel creare nuove posizioni, nell'esplorare, anche se con delle regole, un infinito di possibilità, senza chiedersi continuamente se sbaglia o se procede correttamente. In questo piacere cresce, anche se a diversi livelli, e fa propria la materia, arrivando a esprimersi con modalità cognitive inaspettate, addirittura imparando prima di molti adulti con conoscenze scolastiche ordinarie infinitamente maggiori, come è evidenziabile dai risultati del confronto agonistico con i neolaureandi in teologia.

 

 

4) è stata notata una predisposizione dei bambini al gioco. Secondo alcuni sordomuti, da me intervistati, questa predisposizione è naturale in bambini da sempre abituati ad esprimersi con modalità simboliche come il linguaggio dei segni. Ritengo che questa non sia l'unica spiegazione alla predisposizione dei bambini. Sono convinto che oggi esista una "fame" psicologica che il bambino sordo non riesce a colmare e che la scuola e la società non riescono, attraverso stimoli informativi adeguati, a soddisfare. Uno dei motivi di maggiore risentimento dei sordi in Italia verso la società è quello di non aver permesso, come negli Stati Uniti, l'espressione autentica di una propria cultura attraverso la creazione di università per sordi o di centri autonomi di studi. L'origine di questo risentimento è da ricercarsi, appunto, nella insoddisfazione e nella impossibilità del sordo di realizzarsi cognitivamente e culturalmente;

 

 

5) prima della sperimentazione molti bambini non udenti si trovavano in difficoltà nelle relazioni con i coetanei normoudenti. Questo determinava una fissità nei comportamenti sociali e venivano vissuti conflittuamente i contatti con i gruppi di scuole ordinarie. Psicologicamente il gruppo del Gualandi era in uno stato di incongruenza sociale. La crescita cognitiva del gioco si è riflessa positivamente nell'autostima di gruppo, rafforzando la sicurezza individuale e permettendo di accettare lo scontro-incontro con bambini normoudenti. Il torneo Open (aperto) è stato vissuto con normalità e senza conflittualità evidenti dai gruppi eterogenei32 che in comune avevano solo la sperimentazione didattica. Tra i bambini non è stato necessario trovare stili comunicativi comuni, il gioco è stato l'interprete astratto della comunicazione. E' risultato evidente che le modalità fantastiche dell' attività ludica non creavano il bisogno di alcuna traduzione ma erano, simbolicamente, già presenti in tutti gli adolescenti.

 

 

6) tutti i bambini del Gualandi frequentando una scuola maschile di convitto che li ospitava per 5 dei 7 giorni settimanali, mostravano chiaramente degli atteggiamenti positivi verso l'istruttrice e la psicologa. Questo atteggiamento era rilevabile nelle continue richieste di attenzione, nel tentativo fatto da molti di comprare la vicinanza femminile con dei piccoli regali.

E' chiaramente rilevabile come espressione di un bisogno naturale, insoddisfatto, di sentire la presenza di una figura materna;

 

 

7) durante la didattica, se ad insegnare era un udente, spesso accadeva che i bambini rimanessero inebetiti di fronte a una spiegazione nuova o di fronte ad una domanda. Il viso assumeva un'aspetto di indugio, nell'attesa di ulteriori informazioni.

Questo è un evidente impasse relativo alla diversità degli stili comunicativi. Tra gli esperti è noto che i sordi non riescono a comprendere le interrogative33 . L'impasse può essere completo qualora si cercasse di ovviare la comunicazione cercando di utilizzare il linguaggio scritto, che per i bambini sordi può essere altrettanto incomprensibile quando devono essere spiegati dei concetti astratti. La soluzione all'impasse era quella di coinvolgere l'insegnante ordinario sordomuto o l'istruttore di scacchi sordomuto. Questo atteggiamento di inibetimento nelle scuole ordinarie non può essere risolto dall'insegnante e accade che il maestro, qualche volta, etichetti il bambino come idiota o ritardato, etichetta che dal mio punto di vista dovrebbe essere ribaltata. Oppure accade che per provare questo ritardo vengano utilizzati dei test di intelligenza, ove è noto che sono misurate le competenze linguistiche del bambino34.

 

Le curiosità esposte confermano tutte l'importanza del gioco nell'insegnamento e pongono ipotesi e problemi che devono essere verificati. Tali osservazioni integrate con le riflessioni dei collaboratori fanno emergere delle questioni di significato pedagogico, psicologico e sociale. In tutti gli interventi si sottolinea, comunque, la difficoltà del bambino sordo nel realizzare il "se" attraverso quello strumento sociale che è la scuola. Per approcciare il problema in maniera innovativa sono già stati delineati due punti di vista:

 

1) il punto di vista culturale, secondo cui è necessario studiare più a fondo il problema per poter dare delle soluzioni. Sono facilmente evidenziabili le carenze teoriche sull'integrazione35 che in più sostengono modalità strumentali oramai superate. Per tale motivo è necessario sforzarsi e trovare nuove strade;

 

2) il punto di vista strumentale, secondo cui è la difficoltà di reperire informazioni in un ambiente sociale costruito per udenti a impedire la corretta scolarizzazione dei sordi. Per permettere una integrazione informativa completa è necessario introdurre nelle scuole il linguaggio dei segni.

 

Entrambi i punti di vista, sembrano però largamente insufficienti. Sul problema dell'handicap uditivo si sa molto a livello medico-psicologico e si è perfettamente in grado di stabilire quali sono gli interventi didattici più adeguati per il bambino sordo. Se ciò non si fa evidentemente ci sono altri motivi36. Inoltre l'utilizzo di uno strumento comunicativo posto in alternativa ad altri è una soluzione largamente insoddisfacente, se posta come panacea delle problematiche in questione. Sono invece convinto che cambiando l'atteggiamento cattedratico esistente nelle scuole Italiane si noterebbero immediati benefici. Questa convinzione è maturata a seguito delle seguenti riflessioni:

 

 

A) esiste un noto problema psicologico che erroneamente è definito come sociale. Il senso di colpa, che è originario nell'individuo, che questa società prova verso il sordo37 ed è lo stesso che proviamo nel rifiutare ad amare un figlio handicappato. Le conseguenze sono quelle di offrire doni, regali o quant'altro per raggirare il sentimento negativo che ci opprime. Così facendo, però, si impedisce anche, con inadeguate motivazioni, l'autonomia del disabile. Questo è quello che avviene in Italia, in una scuola patologica38 che non trova, oggi, più nessun spazio per insegnanti sordi sostituiti, in toto, da insegnanti specializzati in Linguaggio dei Segni. Su questi presupposti è sorta la normativa relativa all'integrazione39 che delega la scelta dell'istituto scolastico alla sola famiglia e il bambino handicappato subisce il senso di colpa sociale e l' ignoranza familiare. Uno degli esempi più evidenti del senso di colpa sociale è quello di impedire al bambino l'iscrizione a una scuola specializzata per sordi, integrandolo in una ordinaria. Si motiva questa scelta con il presupposto, tanto erroneo quanto banale, che il bambino si trova più a suo agio ed è più integrato scolasticamente in un ambito che non comunica e non offre modelli a cui ispirarsi. E così spiegabile perché, paradossalmente, sono più spesso i figli disabili dei genitori sordi a frequentare le scuole speciali, traendone, rispetto alle ordinarie, un sicuro giovamento scolastico. Sono i genitori che più accettano e rispettano il figlio e che meno esprimono un senso di colpa per averlo generato a essere, quindi, quelli più attenti alle loro esigenze;

 

 

B) nonostante sia stata provata sperimentalmente, da tempo, l'importanza del gioco nello sviluppo della personalità, gli insegnanti nelle attività scolastiche non giocano con i bambini e reputano poco costruttiva tale pratica. Con certezza non posso dire che questa sia la situazione di tutte le scuole in generale, però è quel che emerge dalle nostre interviste. Una successiva sperimentazione potrebbe chiarire la portata del problema. Se così fosse, la pratica pedagogica scolastica odierna è da considerarsi superata dalle teorie umanistiche psicologiche di almeno 40 anni! Così è, comunque, nella scuola del Gualandi, che a quanto ne so, è all'avanguardia nella scolarizzazione degli allievi audiolesi. Mi chiedo se tale atteggiamento verso il gioco sia il risultato di un modo di porsi, vecchio e aristocratico, nei confronti dell'alunno da parte dell'insegnante o sia addirittura una ignoranza culturale. In entrambi i casi l'introduzione obbligatoria di una materia di gioco nelle scuole orienterebbe l'insegnamento verso una didattica di relazione.

 Queste considerazioni mi portano a integrare le precedenti osservazioni degli operatori sociali sostenendo che, oggi, è necessario un progetto di rinnovamento scolastico per i gruppi di bambini sordi, favorendo un'insegnamento di relazione. Solo da questo punto di vista è sensato orientare la didattica verso un successivo sviluppo dell'autonomia nell'alunno, soprattutto con l'ausilio, come materie obbligatorie, di discipline di gioco che implicano l'utilizzo di strumenti didattici economici e che favoriscono l'espressione creativa agonistica del bambino, come appunto il gioco degli scacchi. Per materia di gioco è da intendersi un'attività di insegnamento che utilizzi le qualità fantastiche presenti in ogni personalità favorendone la crescita creativa, cognitiva. L'attività di educazione fisica non può essere considerata una materia di gioco, soprattutto perché l'obiettivo è orientato verso un corretto sviluppo corporeo, attraverso la pratica di discipline agonistiche e motoree. Non bisogna trascurare, inoltre, che la scuola deve soddisfare e tener ben presente i bisogni fondamentali relativi alle diverse fasce di età, offrendo agli alunni dei modelli culturali reali a cui fare riferimento. E' inammissibile che ancora oggi esistano classi "preistoriche" solo per femmine o solo per maschi con insegnanti di un solo sesso, o classi in cui sono inseriti allievi audiolesi senza alcuna traccia di personale sordo.

In sintesi da questa esperienza si possono trarre una serie di osservazioni destinate ad aprire una strada nuova per tutti coloro che intendono continuare una sperimentazione didattica sui giochi. La mia speranza e che a trarne vantaggio siano soprattutto i sordi!

 

Note

 

1 1967 E. Fromm. "La via del fare è l'essere" Lao-Tse.

2 O. Sacks 1989.

3 Presidenza del Consiglio dei Ministri 1993.

4 1967.

5 Per conoscere dettagliatamente la storia dell'ASIS consultare il nº 1 _del Il Cavallo Silenzioso.

6 Le fasce di età che interessano la didattica, in questo Paese, variano dai 6 ai 18 anni e si riferiscono a differenti livelli di complessità. Esiste una vasta bibliografia in russo di tali esperienze, ma i pochi testi tradotti in italiano sono incompleti e si occupano soprattutto di tradurre le parti relative a insegnamenti per esperti.

7 Pagine Uisp 1990/91 S. Vincenzo nº 15.

8 A. Costa in ARCI DAMA SCACCHI, maggio 1978 pag. 108.

9 Fine 1982.

10 In Progetto Scacchi Gioco per crescere, proposta per le scuole medie; UISP 1993.

11 O. Sacks 1989.

12 O. Sacks 1989.

13 Miller 1973.

14 Uisp 1990.

15 Il Coni dal 1993 ha deciso di includere gli scacchi tra le discipline sportive associate. Su questo argomento i pareri sono discordi. Secondo l'enciclopedia Russa il gioco degli scacchi è "Arte sotto forma di gioco". Nonostante che l'atteggiamento moderno degli esperti sia quello di considerare gli scacchi uno Sport e di privilegiarne l'aspetto agonistico rimane intramontabile il fascino Storico/culturale di tale gioco, come è dimostrato dal sussidio didattico filatelico esposto nella 4ª parte di questa ricerca.

16 Salvini e Antonelli 1978.

17 Natali P. A. in EFFETTA, Opera Gualandi, 9 settembre 1992, pag._184.

18 1951.

19 In Didattica Scacchistica, 1992.

20 Shumacher 1980.

21 In Didattica Scacchistica, 1992 M. Marini, R. Messa.

22 L. Bombelli 1992.

23 Il Notiziario Agonistico, supplemento al nº 6 del Il Cavallo Silenzioso, dicembre 1992.

24 Sistema di spareggio tecnico agonistico Bucholzt variante italiana.

25 L'insegnante sembra quasi mettere in atto un meccanismo di difesa: sa benissimo cosa significa per il bambino giocare ed è pronto ad accogliere favorevolmente le iniziative portate da professionisti del gioco in tal senso, eppure mostra un atteggiamento squalificante. Una spiegazione a tale incongruenza potrebbe essere la seguente: l'adulto perde la capacità di giocare, rimuovendo il significato dell'attività ludica e la sua esistenza (dissonanza cognitiva).

26 M. Albano S. Vincenzo UISP 1990.

27 Ghendlin E. 1958.

28 Purtroppo le possibilità di ripetizione di questa attività a scuola sono così rare che non ci siamo sentiti di negare ai bambini del gruppo di controllo la possibilità di giocare a scacchi. Comunque, la richiesta fatta dagli allievi e dagli insegnanti, di integrare la didattica anche per coloro che all'inizio si mostravano disinteressati è stata considerata una prova del successo didattico e dell'interesse che il gioco suscita in chi lo conosce.

29 1976.

30 1993.

31 1993, Forlì.

32 E' da notare che un episodio di conflittualità è invece sorto in una bambina "normoudente", che ha accusato gli arbitri udenti di aver favorito, in una partita del torneo OPEN, un avversario perché non udente. La spiegazione di questo episodio può sicuramente far riferimento a un conflitto esistente, ("attuale"), con la madre che è risultata essere audiolesa.

33 Le proposizioni interrogative nel linguaggio parlato sono espresse attraverso la modifica del tono. Per questo motivo chi non sente non riconosce quando la proposizione assume la forma di domanda.

34 Mi è accaduto di sentire che un bambino audioleso era ritardato perchè mostrava, nella scala di misura di intelligenza di un test linguistico, il valore di 80, mentre la norma di un bambino della stessa età è di 100. In realtà, confrontato con la media dei bambini non udenti mostrava delle competenze linguistiche di gran lunga superiori alla norma.

35 Vedere nei Prodotti il capitolo relativo ai "Cenni Giuridici".

36 Soprattutto di carattere economico; vedere tra i Prodotti, il capitolo relativo ai Cenni Medici e ai Cenni Storici.

37 Vedere, tra i Prodotti, il capitolo relativo alla storia della educazione del sordo.

38 Una scuola che non tiene conto delle necessità esterne offre modelli schizofrenici di riferimento, sicuramente inadeguati allo sviluppo del bagaglio culturale del bambino.

  1. Vedere, tra i Prodotti, il capitolo relativo ai Cenni sulle norme legislative.

 

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