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Stagione 1999 / 2000


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Miami Heat
Fine di un ciclo...
di Leonardo Ancilli


Con la sconfitta in gara 7 contro i New York Knicks, probabilmente si chiude un ciclo per i Miami Heats, un ciclo che li ha visti grandi protagonisti in positivo durante le regular season, e protagonisti in negativo durante i playoff.

A Miami da circa 15 giorni si parla solo di ricostruzione e giustamente la ricostruzione si deve fare, perché è evidente che questa squadra ha dei limiti offensivi notevoli e che i risultati ottenuti fin qui sono il massimo che si può raggiungere con l'attuale rosters.

L'ultima serie contro i Knicks è finita giustamente nelle mani di New York per diversi motivi:

- New York durante le sette partite ha sempre cercato di vincere giocando a basket, creando o cercando di creare gioco, mentre Miami ha puntato tutto sulla difesa, che nei playoff è fondamentale, ma solo se hai un attacco in grado di far male, cosa che Miami non ha avuto;

-  Il finale di gara 3 a New York è stato deciso da un canestro incredibile, ma irregolare di Anthony Carter senza il quale la partita sarebbe stata vinta dai Knicks;

- La gestione scellerata di gara 7 da parte degli Heats, con 5 tiri liberi consecutivi sbagliati da Mourning nell'ultimo quarto, l'ultimo minuto a cui Riley è arrivato senza time-out, la pessima difesa di Mourning su Ewing sul canestro che poi ha deciso la serie ed infine il tiro decisivo affidato ad un comprimario come Weatherspoon.

Innanzitutto occorre stabilire di chi siano le responsabilità delle continue sconfitte nei playoff, e della gestione in generale della franchigia, ed il nome che viene fuori è chiaramente quello di Pat Riley che a Miami oltre che allenatore è anche G.M.

Mettere in discussione un allenatore che ha vinto quattro anelli sembra una bestemmia, ma credetemi Riley ha le sue colpe, anche se lui dovrà essere uno dei due punti di partenza per i nuovi progetti (l'altro è ovviamente Alonzo Mournig), e vediamo quali sono queste colpe:

Alonzo e Pat- Innanzitutto il finale di gara 7 contro i Knicks. Tutti sin dal primo giorno di preparazione nell' NBA sapevano che la serie nei playoff tra Miami e New York si sarebbe decisa nell'ultimo minuto di gara 7 e Riley ci si è presentato senza più time-out. New York ha gestito i giochi dell'ultimo minuto a suo piacere, e Miami non ha potuto organizzare l'ultimo tiro, finito infatti a  Weatherspoon invece che a Mourning o magari Mashburn

- Il mercato. Da tre anni ha questa parte tutti gli scambi proposti a Miami sono stati bloccati da Riley in quanto non voleva inserire PJ Brown e Lenard nelle contropartite, mentre ha sempre cercato di svendere Mashburn a tutti. Bene, ai playoff Brown è letteralmente sparito, mentre Mashburn è quello che in attacco ha salvato la baracca in molte occasioni, anche se poi ha bucato la famosa gara 7 contro i Knicks. Durante la stagione si diceva che scambiando i due a Phila sarebbero arrivati Hughes e Tyrone Hill, e visto quello che Hughes ha fatto a Golden State non c'è che mangiarsi le mani. In teoria mettendo Brown sul mercato si poteva arrivare anche a Eddie Jones (che Charlotte avrebbe comunque perso a fine stagione), ma Eddie non è arrivato durante la stagione regolare e non arriverà nemmeno in estate visto che sicuramente finirà ad Orlando.

Alonzo Mourning- Il gioco degli Heats. Sinceramente non capisco come l'allenatore dello Showtime di Los Angeles possa essersi convertito ad un simile difensivismo. Ai tempi in cui Riley allenava New York il discorso era fattibile in quanto tutti nella lega puntavano sulla difese (peccato che poi arrivava un certo Jordan che nessuno sapeva marcare e vinceva tutto lui) e comunque poi aveva giocatori in grado di risolvere partite in attacco come Ewing e Starks, ma adesso sfidare uno squadrone dell'Ovest in finale e sperare di vincere segnando al massimo 85 punti non è verosimile, infatti la Eastern Conference è stata vinta da Indiana che non si è limitata a difendersi, ma che è tutto fuori che uno squadrone. La cartina tornasole del difensivismo su cui puntavano gli Heats sono i giocatori ingaggiati come agenti liberi: infatti i vari Bowen, Carter, Causwell sono stati ingaggiati non certo per i punti che hanno nelle mani, e non magari i panchinari di Sacramento che tirano fuori 25-30 punti a partita (pescati tutti sul mercati free agents). L'idea di tutto ciò la rende benissimo il primo tempo di gara 3 contro i Knicks in cui Miami è andata al tiro negli ultimi due secondi dei 24 disponibili per ben 6 volte e questo visto che negli Heats non ci sono giocatori offensivi rende benissimo l'idea del modo in cui Riley ha impostato la squadra.

La ricostruzione come detto ripartirà da Riley e Mourning ma per il resto i due sono circondati da mille punti interrogativi. Il primo sicuramente è Tim Hardaway: il quale è ancora un buon giocatore ma i suoi continui infortuni cominciano a creargli non pochi problemi.

Tim rimarrà a Miami visto che è free agent solo se le sue richieste economiche non saranno esagerate, altrimenti probabilmente sarà Anthony Carter il futuro playmaker degli Heats, Mashburn di sicuro partirà dato che Riley lo detesta, ma è un ottimo attaccante e probabilmente dovrà essere ceduto solo in cambio di una valida contropartita.

Isiah RiderPartirà anche il protetto Brown ed anche nel suo caso potrà arrivare in cambio qualcosa di buono. Majerle e Thorpe sono probabilmente al capolinea, sembra ormai dato per certo l'arrivo di J.R. Rider ex Minnesota, Portland e lo scorso anno ad Atlanta dove è stato tagliato per motivi disciplinari a marzo.

Il ragazzo ha talento da vendere (ad Atlanta viaggiava oltre i 20 punti di media), ma è un piantagrane incredibile: forse Riley con la sua personalità riuscirà a tenerlo buono (come successe a Rodman con Jackson a Chicago). Per il resto Riley dovrà per una volta dare spazio alla fantasia, scommettendo su qualche giovane (come Budford già a Miami), ed inventandosi il più movimentato mercato a cui Miami abbia mai assistito.

E ricostruzione sia, ma non sarà di sicuro una ricostruzione drammatica come quella dei Bulls o quella che stanno assistendo a Boston da dieci anni: tutti infatti si aspettano per  il prossimo anno gli Heats di nuovo ai playoff e magari da protagonisti visto che la concorrenza ad Est non è poi così agguerrita.


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