"E' lui", così fu riconosciuto 
"il mostro" Pietro Valpreda Ritrovata l'incredibile foto delconfronto all'americana  

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MILANO - Pietro Valpreda tiene tesa tra le dita la foto 
dell'istante che gli ha cambiato la vita. È la prima volta che la 
vede. "Si capisce tutto", dice scrutando l'immagine come se 
toccasse a lui, ora, fare il riconoscimento. Ma quei quattro li 
ricorda? "E come potrei? Durò due minuti. Poi mi portarono 
fuori dal Palazzaccio di Roma. C'erano i fotografi. Uno di 
loro gridò: "Alza la capoccia, mostro!"". E il tassista Cornelio 
Rolandi, il supertestimone della strage di piazza Fontana? 
"Non mi guardò mai in faccia, se non per dire "l'è lù", "è lui", 
in dialetto milanese. Io gli chiesi: "Ma mi hai guardato bene?" 
Rispose con una frase breve, qualcosa come "Allora non c'è". Non fu verbalizzata". 
Era il 16 dicembre 1969, Pietro Valpreda, aveva 37 anni. 
Adesso ne ha 68, portati bene: indossa con disinvoltura un paio di pantaloncini neri e una canottiera dello stesso colore, il fisico è asciutto. Sembra davvero, forse più di allora, un "ballerino anarchico". 
"Ero stanchissimo. Non dormivo da 48 ore. La sera prima 
m'avevano portato dalla questura di Milano a quella di Roma. 
Avevo trascorso la notte in un corridoio davanti agli uffici della squadra politica. Il mio avvocato, Guido Calvi, mi diede uno schiaffetto, disse di sistemarmi almeno i capelli, ottenne che uno di quei quattro si spostasse: all'inizio ero anche il primo della fila. Pia, Pia!". Valpreda esce di scatto dal soggiorno della sua casa nel 
quartiere cinese di Milano. Il gatto grigio, spaventato dallo 
spostamento d'aria, si nasconde dietro una poltrona. In cucina mostra la foto a Pia, la moglie, che sorride scuotendo la testa. 
Sono tristi i Valpreda. Lo scorso 23 agosto è morta zia Rachele. Aveva 97 anni. Nei giorni e nei mesi dopo la strage divenne famosa. Sul muro accanto alla libreria è appeso il manifesto disegnato da Guido Crepax con lo slogan: "Valpreda è innocente, la strage è di Stato". Oggi è scritto nei libri di storia, ma allora lo dicevano in pochi. E zia Rachele più forte di tutti: Pietro era con lei nel momento dell'esplosione, era con lei negli stessi momenti in cui, 
secondo Rolandi, stava andando a sistemare la bomba della strage. Fu anche incriminata. "Era sorda, sorda come una campana - sorride Valpreda - ma ancora lucidissima". 
Ma era in buona fede Rolandi? "Secondo me aveva veramente accompagnato qualcuno che l'aveva insospettito. Lo descrisse, e non mi somigliava per niente. Faceva pensare più all'idea che Rolandi poteva avere del terrorista altoatesino. Allora andavano di moda. Poi gli mostrarono una mia foto e gli dissero che ero quello da riconoscere. Ora non ricordo bene i particolari, ma ho scritto tutto". Prende dalla libreria un grosso volume. Il titolo è "E' lui, diario dalla galera, 1969-1972". Apre il libro alla data del 16 
dicembre. Legge: "Mi guardo attorno. Noto quattro persone che spiccano in mezzo agli altri agenti trasandati. Sono quattro signori pressappoco della mia statura, ma hanno tutti un aspetto lindo e ordinato. La camicia bianca con la cravatta ben annodata, le guance rasate di fresco, i capelli pettinati come si deve. Sembrano pronti ad andare a una festa. Quale festa, la mia?". 
E' un vero diario, tenuto giorno per giorno. Dunque anche in 
cella d' isolamento le era consentito di scrivere? Fa cenno di no. Sale sopra una sedia che ha accostato alla libreria. Prende un 
vecchio volume dallo scaffale più alto: "Luigi Santucci, leggende cristiane". Strana lettura per un anarchico, che c'entra? 
Sorride, apre il librone. Ogni spazio bianco è occupato da una 
grafia minuta e regolare, che diventa sempre più piccola man mano che si va avanti. "Mi diedero questo libro da leggere. Questo e una raccolta di discorsi di Mussolini, un piccolo atto di sadismo. Lo lessi, non avevo molto da fare, e usai i margini per scrivere i miei appunti. Il "diario" che ho pubblicato è stato ampliato, corretto. Qua c'è il racconto quasi "in diretta". Legge: "Avevo la barba lunga ed ero in stato di semincoscienza quando fui allineato a quattro poliziotti dalle caratteristiche diverse dalle mie". 
Riprende tra le mani la foto. "Ma è vero che fa ridere?". 
Effettivamente. "Lo capisco. Questa è la foto dell'assurdo. 
Manca qualcosa, ma questo è inevitabile". Cosa manca, Valpreda? "Manca il prima e manca il dopo. Manca l'angoscia, la paura, il sotterraneo di Regina Coeli. Sono istantanee introvabili, non esistono in alcun archivio. Le conservo io, dentro di me". 

da "la Repubblica"

 

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