All'inizio
del cammino, che conduce all'indigenza spirituale e morale dei tempi presenti,
stanno i nefasti sforzi di non pochi per detronizzare Cristo, il distacco
dalla legge della verità, che egli annunziò, dalla legge dell'amore, che
è il soffio vitale del suo regno. Il riconoscimento dei diritti regali di
Cristo e il ritorno dei singoli e della società alla legge della sua verità
e del suo amore sono la sola via di salvezza
(SUMMI PONTIFICATUS PROGRAMMA DEL PONTIFICATO 20 ottobre 1939(1) )
...
"All'inizio del cammino, che conduce all'indigenza spirituale e morale dei
tempi presenti, stanno i nefasti sforzi di non pochi per detronizzare Cristo,
il distacco dalla legge della verità, che egli annunziò, dalla legge dell'amore,
che è il soffio vitale del suo regno. Il riconoscimento dei diritti regali
di Cristo e il ritorno dei singoli e della società alla legge della sua verità
e del suo amore sono la sola via di salvezza.
Nel momento in cui, venerabili fratelli, scriviamo queste righe, Ci giunge
la spaventosa notizia, che il terribile uragano della guerra, nonostante
tutti i Nostri tentativi di deprecarlo, si è già scatenato. La Nostra penna
vorrebbe arrestarsi, quando pensiamo all'abisso di sofferenze di innumerevoli
persone, a cui ancora ieri nell'ambiente familiare sorrideva un raggio di
modesto benessere. Il Nostro cuore paterno è preso da angoscia, quando prevediamo
tutto ciò che potrà maturare dal tenebroso seme della violenza e dell'odio,
a cui oggi la spada apre i solchi sanguinosi. Ma proprio davanti a queste
apocalittiche previsioni di sventure imminenti e future, consideriamo Nostro
dovere elevare con crescente insistenza gli occhi e i cuori di coloro, in
cui resta ancora un sentimento di buona volontà verso l'Unico da cui deriva
la salvezza del mondo, verso l'Unico, la cui mano onnipotente e misericordiosa
può imporre fine a questa tempesta, verso l'Unico, la cui verità e il cui
amore possono illuminare le intelligenze e accendere gli animi di tanta parte
dell'umanità, immersa nell'errore nell'egoismo, nei contrasti e nella lotta,
per riordinarla nello spirito della regalità di Cristo."
...
"No, venerabili fratelli, la salvezza non viene ai popoli dai mezzi esterni,
dalla spada, che può imporre condizioni di pace, ma non crea la pace. Le
energie, che devono rinnovare la faccia della terra, devono procedere dall'interno,
dallo spirito. Il nuovo ordine del mondo, la vita nazionale e internazionale,
una volta cessate le amarezze e le crudeli lotte presenti, non dovrà più
riposare sulla infida sabbia di norme mutabili ed effimere, lasciate all'arbitrio
dell'egoismo collettivo e individuale. Esse devono piuttosto appoggiarsi
sull'inconcusso fondamento, sulla roccia incrollabile del diritto naturale
e della divina rivelazione. Ivi il legislatore umano deve attingere quello
spirito di equilibrio, quell'acuto senso di responsabilità morale, senza
cui è facile misconoscere i limiti tra il legittimo uso e l'abuso del potere.
Solamente così le sue decisioni avranno interna consistenza, nobile dignità
e sanzione religiosa, e non saranno alla mercé dell'egoismo e della passione.
Se è vero che i mali di cui soffre l'umanità odierna provengono in parte
dallo squilibrio economico e dalla lotta degli interessi per una più equa
distribuzione dei beni che Dio ha concessa all'uomo come mezzi per il suo
sostentamento e il suo progresso, non è men vero che la loro radice è più
profonda e interna, poiché tocca le credenze religiose e le convinzioni morali
pervertitesi con il progressivo distaccarsi dei popoli dall'unità di dottrina
e di fede, di costumi e di morale, una volta promossa dall'opera indefessa
e benefica della chiesa. La rieducazione dell'umanità, se vuole sortire qualche
effetto, deve essere soprattutto spirituale e religiosa: deve, quindi, muovere
da Cristo come da suo fondamento indispensabile, essere attuata dalla giustizia
e coronata dalla carità.
Compiere quest'opera di rigenerazione, adattando i suoi mezzi alle mutate
condizioni dei tempi e ai nuovi bisogni del genere umano, è ufficio essenziale
e materno della chiesa. La predicazione dell'evangelo, affidatale dal suo
divino Fondatore, nella quale vengono inculcate agli uomini la verità, la
giustizia e la carità, e lo sforzo di radicarne saldamente i precetti negli
animi e nelle coscienze, sono il più nobile e più fruttuoso lavoro in favore
della pace. Questa missione, nella sua grandiosità, sembrerebbe dover scoraggiare
i cuori di coloro che formano la chiesa militante. Ma l'adoprarsi alla diffusione
del regno di Dio, che ogni secolo compì in vari modi, con diversi mezzi,
con molteplici e dure lotte, è un comando a cui è obbligato chiunque sia
stato strappato dalla grazia del Signore alla schiavitù di satana e chiamato
nel battesimo ad essere cittadino di quel regno. E se appartenere ad esso,
vivere conforme al suo spirito, lavorare al suo incremento e rendere accessibili
i suoi beni anche a quella parte dell'umanità che ancora non ne fa parte,
ai giorni nostri equivale a dover affrontare impedimenti e opposizioni vaste,
profonde e minuziosamente organizzate, come mai prima, ciò non dispensa dalla
franca e coraggiosa professione di fede, ma incita piuttosto a tener fermo
nella lotta, anche a prezzo dei massimi sacrifici. Chi vive dello spirito
di Cristo non si lascia abbattere dalle difficoltà che si oppongono, anzi
si sente spinto a lavorare con tutte le sue forze e con piena fiducia in
Dio; non si sottrae alle strettezze e necessità dell'ora, ma ne affronta
le durezze pronto al soccorso, con quell'amore che non rifugge dal sacrificio,
è più forte della morte, e non si lascia spegnere dalle impetuose acque della
tribolazione.
Un intimo conforto, una gioia celeste, per cui giornalmente rivolgiamo a
Dio il Nostro ringraziamento umile e profondo, Ci dà, venerabili fratelli,
l'osservare in tutte le regioni del mondo cattolico evidenti segni di uno
spirito che coraggiosamente affronta i compiti giganteschi dell'epoca presente,
che con generosità e decisione è teso a riunire in feconda armonia con il
primo ed essenziale dovere della santificazione propria anche l'attività
apostolica per l'accrescimento del regno di Dio. Dal movimento dei congressi
eucaristici, promossi con amorosa cura dai Nostri predecessori, e dalla collaborazione
dei laici, formati nell'Azione cattolica alla profonda coscienza della loro
nobile missione, promanano fonti di grazia e riserve di forze, che, nei tempi
attuali, in cui aumentano le minacce, maggiori sono i bisogni e arde la lotta
tra cristianesimo e anticristianesimo, difficilmente potrebbero essere adeguatamente
stimate.
Quando si deve con tristezza osservare la sproporzione tra il numero e i
compiti dei sacerdoti, quando vediamo verificarsi anche oggi la parola del
Salvatore: «La messe è molta, gli operai sono pochi» (Mt 9,37; Lc 10,2),
la collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico, numerosa, animata
da ardente zelo e generosa dedizione, appare un prezioso ausilio all'opera
dei sacerdoti e mostra possibilità di sviluppo che legittimano le più belle
speranze. La preghiera della chiesa al Signore della messe, perché mandi
operai nella sua vigna (cf. Mt 9,38; Lc 10,2) è stata esaudita in maniera
conforme alle necessità dell'ora presente, e felicemente supplisce e completa
le energie, spesso impedite e insufficienti, dell'apostolato sacerdotale.
Una fervida falange di uomini e di donne di giovani e di giovinette, ubbidendo
alla voce del sommo pastore, alle direttive dei loro vescovi, si consacra
con tutto l'ardore dell'anima alle opere dell'apostolato, per ricondurre
a Cristo le masse di popolo che da lui s'erano distaccate. Ad essi vada in
questo momento, così importante per la chiesa e l'umanità, il Nostro saluto
paterno, il Nostro commosso ringraziamento, la Nostra fiduciosa speranza.
Essi hanno veramente posto la loro vita e la loro opera sotto il vessillo
di Cristo re, e possono ripetere con il Salmista: «Al re io espongo le opere
mie» (Sal 44,1). «Venga il tuo regno» è non solamente il voto ardente delle
loro preghiere, ma anche la direttiva del loro operare. In tutte le classi,
in tutte le categorie, in tutti i gruppi questa collaborazione del laicato
con il sacerdozio rivela preziose energie, a cui è affidata una missione
che cuori nobili e fedeli non potrebbero desiderare più alta e consolante.
Questo lavoro apostolico, compiuto secondo lo spirito della chiesa, consacra
il laico quasi a «ministro di Cristo» in quel senso che sant'Agostino così
spiega: «O fratelli, quando udite il Signore che dice: "Dove sono io, ivi
sarà pure il mio ministro", non vogliate correre col pensiero soltanto ai
buoni vescovi e ai buoni chierici. Anche voi, a modo vostro, dovete essere
ministri di Cristo, vivendo bene, facendo elemosine, predicando il suo nome
e la sua dottrina a chi potrete, di modo che ognuno, anche se padre di famiglia,
riconosca di dovere, anche per tale titolo, alla sua famiglia un affetto
paterno. Per Cristo e per la vita eterna ammonisca i suoi, li istruisca,
li esorti, li rimproveri, loro dimostri benevolenza, li contenga nell'ordine;
così egli eserciterà in casa sua l'ufficio di chierico e in certo qual modo
di vescovo, servendo a Cristo, per essere con lui in eterno».(6)
Nel promuovere questa collaborazione dei laici all'apostolato, così importante
ai tempi nostri, spetta una speciale missione alla famiglia, perché lo spirito
della famiglia influisce essenzialmente sullo spirito delle giovani generazioni.
Fino a che nel focolare domestico splende la sacra fiamma della fede in Cristo
e i genitori foggiano e plasmano la vita dei figli conforme a questa fede,
la gioventù sarà sempre pronta a riconoscere nelle sue prerogative regali
il Redentore, e ad opporsi a chi lo vuole bandire dalla società o ne vìola
sacrilegamente i diritti. Quando le chiese vengono chiuse, quando si toglie
dalle scuole l'immagine del Crocifisso, la famiglia resta il rifugio provvidenziale
e, in un certo senso, inattaccabile della vita cristiana. E rendiamo infinite
grazie a Dio nel vedere che innumerevoli famiglie compiono questa loro missione
con una fedeltà, che non si lascia abbattere né da attacchi né da sacrifici.
Una potente schiera di giovani e di giovinette, anche in quelle regioni dove
la fede in Cristo significa sofferenza e persecuzione, restano fermi presso
il trono del Redentore con quella tranquillità e sicura decisione, che Ci
fa ricordare i tempi più gloriosi delle lotte della chiesa. Quali torrenti
di beni si riverserebbero sul mondo, quanta luce, quanto ordine, quanta pacificazione
verrebbero alla vita sociale, quante energie insostituibili e preziose potrebbero
contribuire a promuovere il bene dell'umanità, se si concedesse ovunque alla
chiesa, maestra di giustizia e di amore, quella possibilità di azione, alla
quale ha un diritto sacro e incontrovertibile in forza del mandato divino!
Quante sciagure potrebbero venir evitate, quanta felicità e tranquillità
sarebbero create, se gli sforzi sociali e internazionali per stabilire la
pace si lasciassero permeare dai profondi impulsi dell'evangelo dell'amore
nella lotta contro l'egoismo individuale e collettivo!
Tra le leggi che regolano la vita dei fedeli cristiani e i postulati di una
genuina umanità non vi è contrasto, ma comunanza e mutuo appoggio. Nell'interesse
dell'umanità sofferente e profondamente scossa materialmente e spiritualmente,
Noi non abbiamo desiderio più ardente di questo: che le angustie presenti
aprano gli occhi a molti, affinché considerino nella loro vera luce il Signore
Gesù Cristo e la missione della sua chiesa su questa terra, e che tutti coloro
i quali esercitano il potere si risolvano a lasciare alla chiesa libero il
cammino per lavorare alla formazione delle generazioni, secondo i princìpi
della giustizia e della pace. Questo lavoro pacificatore suppone che non
si frappongano impedimenti all'esercizio della missione affidata da Dio alla
sua chiesa, non si restringa il campo della sua attività e non si sottraggano
le masse, e specialmente la gioventù, al suo benefico influsso. Perciò Noi,
come rappresentanti sulla terra di colui, che fu detto dal profeta «Principe
della pace» (Is 9,6), facciamo appello ai reggitori dei popoli e a coloro
che hanno in qualsiasi modo influenza nella cosa pubblica, affinché la chiesa
goda sempre piena libertà di compiere la sua opera educatrice, annunziando
alle menti la verità, inculcando la giustizia, e riscaldando i cuori con
la divina carità di Cristo.
Se la chiesa, da una parte, non può rinunziare all'esercizio di questa sua
missione, che ha come fine ultimo di attuare quaggiù il disegno divino di
«instaurare tutte le cose in Cristo, sia le celesti sia le terrestri» (Ef
1,10), dall'altra, oggi la sua opera si dimostra piú che in ogni altro tempo
necessaria, giacché una triste esperienza insegna che i soli mezzi esterni
e i provvedimenti umani e gli espedienti politici non portano un efficace
lenimento ai mali, dai quali l'umanità è travagliata.
Edotti appunto dal fallimento doloroso degli espedienti umani per allontanare
le tempeste che minacciano di travolgere la civiltà nel loro turbine, molti
rivolgono con rinnovata speranza lo sguardo alla chiesa, rocca di verità
e di amore, a questa cattedra di Pietro, donde sentono che può essere ridonata
al genere umano quell'unità di dottrina religiosa e di codice morale, che
in altri tempi diede consistenza alle relazioni pacifiche tra i popoli. Unità,
a cui guardano con occhio di nostalgico rimpianto tanti uomini responsabili
delle sorti delle nazioni, i quali esperimentano giornalmente quanto siano
vani i mezzi, nei quali un giorno avevano posto fiducia; unità, che è il
desiderio delle schiere tanto numerose dei Nostri figli, i quali invocano
quotidianamente «il Dio di pace e di amore» (cf. 2Cor 13,11); unità, che
è l'attesa di tanti nobili spiriti, da Noi lontani, i quali nella loro fame
e sete di giustizia e di pace, volgono gli occhi alla sede di Pietro e ne
aspettano guida e consiglio.
Essi riconoscono nella chiesa cattolica la bimillenaria saldezza delle norme
di fede e di vita, l'incrollabile compattezza della gerarchia ecclesiastica,
la quale, unita al successore di Pietro, si prodiga nell'illuminare le menti
con la dottrina dell'evangelo, nel guidare e santificare gli uomini, ed è
larga di materna condiscendenza verso tutti, ma ferma, quando, anche a prezzo
di tormenti o di martirio, ha da pronunziare: «Non è lecito».
Eppure, venerabili fratelli, la dottrina di Cristo, che sola può fornire
all'uomo fondamento di fede, tale da allargargli ampiamente la vista e dilatargli
divinamente il cuore e dare un rimedio efficace alle odierne gravissime difficoltà,
e l'operosità della chiesa per insegnare quella dottrina, diffonderla e modellare
gli animi secondo i suoi precetti, sono fatte talvolta oggetto di sospetti,
quasi che scuotessero i cardini della civile autorità e ne usurpassero i
diritti.
Contro tali sospetti Noi con apostolica sincerità dichiariamo - fermo restando
tutto ciò che il Nostro predecessore Pio XI di v.m. nella sua enciclica Quas
primas dell'11 dicembre 1925 insegnò circa la potestà di Cristo re e della
sua chiesa che simili scopi sono del tutto alieni dalla chiesa medesima,
la quale allarga le sue braccia materne verso questo mondo, non per dominare,
ma per servire. Essa non pretende di sostituirsi nel campo loro proprio alle
altre autorità legittime, ma offre loro il suo aiuto, sull'esempio e nello
spirito del suo divino Fondatore, il quale «passò beneficando» (At 10,38).
La chiesa predica e inculca obbedienza e rispetto all'autorità terrena, che
trae da Dio la sua nobile origine, e si attiene all'insegnamento del divino
Maestro, che disse: «Date a Cesare quel che appartiene a Cesare» (Mt 22,21);
non ha mire usurpatrici e canta nella sua liturgia: «Non rapisce i regni
terreni Colui che dà i regni celesti».(7) Non deprime le energie umane, ma
le eleva a tutto ciò che è magnanimo e generoso e forma caratteri, che non
transigono con la coscienza. Né essa, che rese civili i popoli, ha mai ritardato
il progresso dell'umanità, del quale anzi con materna fierezza si compiace
e gode. Il fine della sua attività fu dichiarato mirabilmente dagli angeli
sulla culla del Verbo incarnato, quando cantarono gloria a Dio e annunziarono
pace agli uomini di buona volontà (cf. Lc 2,14). Questa pace, che il mondo
non può dare, è stata lasciata come eredità ai suoi discepoli dallo stesso
divino Redentore: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27); e così
seguendo la sublime dottrina di Cristo, compendiata da lui medesimo nel duplice
precetto dell'amore di Dio e del prossimo, milioni di anime l'hanno conseguita,
la conseguono e la conseguiranno. La storia - chiamata sapientemente da un
sommo oratore romano «maestra della vita»(8) - da quasi duemila anni dimostra
quanto sia vera la parola della Scrittura, che non avrà pace chi resiste
a Dio (cf. Gb 9,4). Poiché Cristo solo è la «pietra angolare» (cf. Ef 2,20),
sulla quale l'uomo e la società possono trovare stabilità e salvezza.
Su questa pietra angolare è fondata la chiesa, e perciò contro di essa le
potenze avverse non potranno mai prevalere: «Le porte dell'inferno non prevarranno»
(Mt 16,18), né potranno mai svigorirla, ché anzi le lotte interne ed esterne
contribuiscono ad accrescerne la forza e ad aumentare le corone delle sue
gloriose vittorie. Al contrario, ogni altro edificio che non si fondi saldamente
sulla dottrina di Cristo, è appoggiato sulla sabbia mobile, e destinato a
rovinare miseramente (cf. Mt 7,26-27).
***
Venerabili fratelli, il momento in cui vi giunge questa Nostra prima enciclica
è sotto più aspetti una vera ora delle tenebre (cf. Lc 22,53), in cui lo
spirito della violenza e della discordia versa sull'umanità una sanguinosa
coppa di dolori senza nome. È forse necessario assicurarvi che il Nostro
cuore paterno è vicino in compassionevole amore a tutti i suoi figli, e in
modo speciale ai tribolati, agli oppressi, ai perseguitati? I popoli, travolti
nel tragico vortice della guerra, sono forse ancora soltanto agli «inizi
dei dolori» (Mt 24,8), ma già in migliaia di famiglie regnano morte e desolazione,
lamento e miseria. Il sangue di innumerevoli esseri umani, anche non combattenti,
eleva uno straziante lamento specialmente sopra una diletta nazione, quale
è la Polonia, che per la sua fedeltà verso la chiesa, per i suoi meriti nella
difesa della civiltà cristiana, scritti a caratteri indelebili nei fasti
della storia, ha diritto alla simpatia umana e fraterna del mondo, e attende,
fiduciosa nella potente intercessione di Maria «Soccorso dei cristiani» l'ora
di una risurrezione corrispondente ai princìpi della giustizia e della vera
pace.
Ciò che testé è accaduto e ancora accade appariva al Nostro sguardo come
una visione, quando, non essendo ancora scomparsa ogni speranza, nulla lasciammo
intentato, nella forma suggeritaci dal Nostro apostolico ministero e dai
mezzi a Nostra disposizione, per impedire il ricorso alle armi e tener aperta
la via ad una intesa, onorevole per ambedue le parti. Convinti che all'uso
della forza da una parte avrebbe risposto il ricorso alle armi dall'altra,
considerammo come dovere imprescindibile del Nostro apostolico ministero
e dell'amore cristiano di metter tutto in opera, per risparmiare all'umanità
intera e alla cristianità gli orrori di una conflagrazione mondiale, anche
se vi era pericolo che le Nostre intenzioni e i Nostri scopi venissero fraintesi.
I Nostri ammonimenti, se furono rispettosamente ascoltati, non vennero peraltro
seguiti. E mentre il Nostro cuore di pastore osserva dolorante e preoccupato,
si affaccia al Nostro sguardo l'immagine del buon pastore e Ci sembra di
dover ripetere al mondo, in nome suo, il lamento:
«Oh, se conoscessi ... quello che giova alla tua pace! Ma ora questo è celato ai tuoi occhi!» (Lc 19,42).
In mezzo a questo mondo, che presenta oggi uno stridente contrasto alla pace
di Cristo nel regno di Cristo, la chiesa e i suoi fedeli si trovano in tempi
e anni di prove, quali raramente si conobbero nella sua storia di lotte e
sofferenze. Ma proprio in simili tempi, chi rimane fermo nella fede e ha
robusto il cuore, sa che Cristo re non è mai tanto vicino quanto nell'ora
della prova, che è l'ora della fedeltà. Con cuore straziato per le sofferenze
e i patimenti di tanti suoi figli, ma con il coraggio e la fermezza che provengono
dalle promesse del Signore, la sposa di Cristo cammina verso le incombenti
procelle. Ed essa sa: la verità, che essa annunzia, la carità, che insegna
e mette in opera, saranno gli insostituibili consiglieri e cooperatori degli
uomini di buona volontà nella ricostruzione di un nuovo mondo, secondo la
giustizia e l'amore, dopo che l'umanità, stanca di correre per le vie dell'errore,
avrà assaporato gli amari frutti dell'odio e della violenza.
Nel frattempo, però, venerabili fratelli, il mondo e tutti coloro che sono
colpiti dalla calamità della guerra devono sapere che il dovere dell'amore
cristiano, cardine fondamentale del regno di Cristo, non è una parola vuota,
ma una viva realtà. Un vastissimo campo si apre alla carità cristiana in
tutte le sue forme. Abbiamo piena fiducia che tutti i Nostri figli, specialmente
coloro che non sono provati dal flagello della guerra, si ricordino, imitando
il divino Samaritano, di tutti coloro che, essendo vittime della guerra,
hanno diritto alla pietà e al soccorso.
La chiesa cattolica, città di Dio, «che ha per re la verità, per legge la
carità, per misura l'eternità»,(9) annunziando senza errori né diminuzioni
la verità di Cristo, lavorando secondo l'amore di Cristo con slancio materno,
sta come una beata visione di pace sopra il vortice di errori e passioni
e aspetta il momento in cui la mano onnipotente di Cristo re sederà la tempesta
e bandirà gli spiriti della discordia che l'hanno provocata. Quanto sta in
Nostro potere per accelerare il giorno in cui la colomba della pace su questa
terra, sommersa dal diluvio della discordia, troverà dove posare il piede,
Noi continueremo a farlo, fidando in quegli eminenti uomini di stato che
prima dello scoppio della guerra si sono nobilmente adoperati per allontanare
dai popoli un tanto flagello; fidando nei milioni di anime di tutti i paesi
e di tutti i campi, che invocano non solo giustizia, bensì anche carità e
misericordia; ma soprattutto fidando in Dio onnipotente, al quale giornalmente
rivolgiamo la preghiera: «All'ombra delle tue ali mi rifugio, finché passi
la calamità» (Sal 56,2).
Dio può tutto: al pari della felicità e delle sorti dei popoli, tiene nelle
sue mani anche gli umani consigli e, in qualsiasi parte egli voglia, dolcemente
li inclina: anche gli ostacoli per la sua onnipotenza sono mezzi a plasmare
le cose e gli eventi e a volgere le menti e i liberi voleri ai suoi altissimi
fini.
Pregate, quindi, venerabili fratelli, pregate senza interruzione, pregate,
soprattutto, quando offrite il divino sacrificio d'amore. Pregate voi, ai
quali la professione coraggiosa della fede impone oggi duri, penosi e non
di rado eroici sacrifici; pregate voi, membra sofferenti e doloranti della
chiesa, quando Gesù viene a consolare e lenire le vostre pene.
E non dimenticate di rendere, mediante un vero spirito di mortificazione
e degne opere di penitenza, le vostre preghiere più accette agli occhi di
Colui «che sostiene tutti coloro che cadono e rialza tutti gli abbattuti»
(Sal 144,14), affinché egli nella sua misericordia abbrevi i giorni della
prova e si avverino così le parole del Salmo: «Gridarono al Signore nella
loro tribolazione, e dalle loro angustie li liberò» (Sal 106,13).
E voi, candide legioni di bimbi, che siete tanto amati e prediletti da Gesù,
nel comunicarvi col Pane di vita innalzate le vostre ingenue e innocenti
preghiere e unitele a quelle di tutta la chiesa. All'innocenza supplicante
non resiste il cuore di Gesù che vi ama: pregate tutti, «pregate senza interruzione»
(1Ts 5,17).
In tal modo metterete in pratica il sublime precetto del divino Maestro,
il più sacro testamento del suo cuore, «che tutti siano una cosa sola» (Gv
17,21), che tutti vivano in quell'unità di fede e di amore, da cui riconosca
il mondo la potenza e l'efficacia della missione di Cristo e dell'opera della
sua chiesa.
La chiesa primitiva comprese e attuò questo divino precetto e lo espresse
in una magnifica preghiera; e voi unitevi con gli stessi sentimenti, che
tanto bene rispondono alle necessità dell'ora presente: «Ricòrdati, o Signore,
della tua chiesa, per liberarla da ogni male e perfezionarla nella tua carità
e, santificàtala, raccòglila da ogni parte del mondo nel regno tuo, che le
hai preparato; poiché tua è la virtù e la gloria per tutti i secoli».(10)
Nella fiducia che Dio, autore e amante della pace, ascolti le suppliche della
chiesa, vi impartiamo come pegno dell'abbondanza delle grazie divine, dalla
pienezza del Nostro animo paterno, l'apostolica benedizione."
Castel Gandolfo, presso Roma, il 20 ottobre dell'anno 1939, I del Nostro pontificato.
PIO PP. XII
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(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Summi pontificatus de summi pontificatus munere,
[Venerabilibus Fratribus Patriarchis, Primatibus, Archiepiscopis, Episcopis
aliisque locorum Ordinariis pacem et communionem cum Apostolica Sede habentibus],
20 octobris 1939: AAS 31(1939), pp. 413-453. - Versione italiana: AAS 31(1939),
pp. 454-480.
Programma di ponti ficato. A quarant'anni dalla sua ordinazione sacerdotale
e dalla consacrazione dell'umanità a Cristo re. Dolorose constatazioni: allontantamento
dalla fede, invito al rinnovamento e al ritorno al cuore di Cristo. Ricordo
dell'elezione e incoronazione; un solo desiderio: essere il «buon pastore»
per tutti. Primo pensiero per l'Italia. Rendere testimonianza alla verità.
Il terribile uragano della guerra all'orizzonte. i frutti amari di errori
e movimenti anticristiani. Osservazione fondamentale: il rifiuto di una norma
di moralità universale privata e pubblica. Errori derivanti dall'agnosticismo
religioso e morale: dimenticanza della solidarietà, della comune origine,
della fratellanza universale con gravi danni per la convivenza pacifica dei
popoli; negazione della dipendenza del diritto umano dal diritto divino.
Lo stato non ha un'autorità illimitata: deve far convergere tutto al bene
comune. L'uomo e la famiglia sono anteriori allo stato. Ferma difesa dei
diritti della famiglia. Rispetto del diritto internazionale, del diritto
delle genti, come presupposto della pacifica convivenza. I patti vanno rispettati.
- Il nuovo ordine internazionale non può stabilirsi con le armi, deve fondarsi
sul diritto naturale e rivelato, sulla giustizia e la carità. Fermo impegno
della chiesa, ma gli operai sono pochi. La collaborazione del laicato con
i sacerdoti nell'apostolato. La famiglia ha una missione speciale. La chiesa
rivendica per sé libertà d'azione nell'annuncio dell'evangelo. Davanti al
fallimento degli espedienti umani, i popoli guardano alla cattedra di Pietro
e aspettano guida e consiglio. La dottrina della chiesa è fondamento sicuro
per l'uomo e la società. - L'ora delle tenebre, l'inizio di tragici eventi,
la guerra in Polonia. Gli amari frutti dell'odio e della violenza. La preghiera
per ottenere la fine delle tribolazioni e un'era nuova.
(2) Acta Leonis XIII, vol. XIX, p. 71; EE 3.
(3) Cf. Litt. enc. Quas primas: AAS 17(1925), pp. 593-610; EE 5/140-163.
(4) Breviarium Romanum, Parasc., respons. IV.
(5) Acta Leonis XIII, vol V, p. 118; EE 3.
(6) In Ev. Io., tract: 51, n. 13.
(7) Hymn. Fest. Epiph.
(8) CIC., Orat., 1. II, 9.
(9) S. AUG., Ep. 86, ad Marcellinum, c. 3, n. 17.
(10) Doctr. Apost., c. 10.