è una gran cagata. scritta in sala d'attesa. sul retro di un foglietto minimo. però. al solito. è vera pesa. comunque è in prova e poi la riprendo al solito modo. così sembra una canzone.

G.E.

di traverso per la strada. passava il tipo in tight. sorridendo lo guardavo. (e non avrei sorriso mai). un malessere difforme. si espandeva oltre di me. mentre il cielo. troppo azzurro. trasportava: nubi e idee. altro aborto malformato. seppellito dalla neve. non cessava un pianto bianco. privo di fisicità. era un sonno. quello. che. non avrei dormito mai. trasformando tutti i piani. chiusi gli occhi (e non sognai). non fu dolce. poi. il risveglio. come in altre case altrui. non lo furono. le labbra. di nessuno che sfiorai. era fredda la mattina ai cancelli di hide park. con la luce che incendiava. voglie di neutralità. - oltre il grigio dei miei occhiali -. (non vorrei muovermi mai). lo pensavo nell'istante. breve. in cui li attraversai. tra le pagine di un libro. presi a scrivere un finale. lo cambiai più e più e più volte. poi mi alzai lasciando stare. con un'altra stella chiara. stesi la pazza aspide in me. poi riattraversai la strada. e un altro sprazzo aveva un "se". il ritorno a voci amiche. mi lasciava indifferente. lasciai socchiusa. quella porta. da cui non filtrava niente. ritrovai dolori (lenti). che non significano tristesse. srotolando un'altra londra. ai vetri del gatwick express.

tutto qua. parapappappappappà!
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