I
Non sono le condizioni migliori per potersi
concentrare nello studio. Mancano
pochi giorni all’inizio della sessione autunnale. Come ogni
anno, è il periodo più duro per riprendere l’attività. Nei
miei occhi c’è ancora il mare di Grecia, tre settimane libere e
spensierate nel paradiso dei sensi. Ora, la mia casa al mare,
seppur sontuosa, a picco un Tirreno ancora piuttosto popolato di
turisti ritardatari, mi sembra una miniatura. Clima, turisti,
spirito vacanziero, tutto si è rimpicciolito a una dimensione
provinciale, casalinga. Ma tant’è. Il senso del dovere è
sempre stato radicato nel profondo e anche stavolta mi ha
richiamato all’ordine.
Ho invitato Giulia per un breve periodo di
ripasso; non avrei potuto sopportare settecento pagine di Economia
Internazionale in perfetta solitudine. Studiamo verso il tardo
pomeriggio e di mattina presto, dedicando le ore più calde agli
ultimi bagni di sole o a qualche riposante incursione in spiaggia
per riposarci languidamente. I nostri bioritmi sono piuttosto
sballati. Non rinunciamo a uscire la sera, senza obiettivi
precisi. I nostri ragazzi ci sorvegliano come sanno fare loro,
pensando che questo possa servire a condizionarci, senza rendersi
conto che noi facciamo quello che vogliamo, comunque, come ogni
ragazza che si rispetti.
Abbiamo Deciso di dormire nella camera dei
miei, per evitare di perder tempo a rifare più letti e a pulire
più stanze. Siamo qui da due giorni e tutto quello che abbiamo
lasciato, l’afa metropolitana, il traffico e i veleni, le nostre
vite quotidiane che stentano a riprendere i ritmi originari,
sembra appartenere a un altro mondo, corrotto, alieno; la nostra
somiglia a una fuga, un’ultima fuga prima dell’arrivo del
freddo.
E’ pomeriggio. Il tempo stringe, per cui
ci siamo immerse di buona lena nei nostri libri, sul terrazzo che
si affaccia verso il mare. Il caldo ha iniziato a darci tregua,
la giornata è stupenda. L’aria tersa
e limpida come può esserlo solo in questa stagione. Ci mettiamo i
costumi e posizioniamo le sdraio. Con la massima naturalezza
Giulia rimane in topless, mettendo in mostra un’abbronzatura
superba, quasi integrale, con un leggero segno più chiaro in
corrispondenza del seno. Anche per lei tre settimane di mare, in
Calabria, in compagnia del suo Luca, il quale a quanto pare non
vedeva di buon occhio che lei mostrasse le sue grazie ai bagnanti.
Ma lei, certamente non si farebbe mettere i piedi in testa da
nessuno, abituata com’è a dettar legge e stabilire le
condizioni entro cui vivere i suoi rapporti.
Giulia è diventata una delle mie migliore
amiche in università. Ci siamo conosciute all’inizio del terzo
anno e ci siamo piaciute subito, è nata una sorta di amicizia
spontanea, non molto comune tra ragazze. Ci unisce una sorta di
cameratismo ‘maschile’, fatto di disponibilità, attenzione,
divertimento e rispetto. Non c’è quasi competizione, entrambe
primeggiamo tra le amiche della compagnia in quanto a fascino e
attrattive, e ne siamo pienamente consapevoli. Poco prima
dell’estate ci siamo avvicinate ancor di più, frequentandoci
anche al di fuori della sfera universitaria, scambiandoci
confidenze ed intimità, scherzando su Luca e Daniel, i nostri
attuali ragazzi, e su quelli precedenti, sulla loro immaturità.
Più che altro è lei a insistere sui particolari più personali,
senza però andare oltre limiti ben definiti dal cosiddetto senso
del pudore. A volte vorrei sentirla più vicina; ho un carattere
molto più insicuro di quello che vorrei far credere e mi capita
di desiderare qualcuno con cui aprirmi totalmente e a cui
affidarmi, senza la minima paura di essere giudicata.
Stiamo ripassando i modelli base per la
determinazione del tasso di cambio, un argomento tra i più ardui
del programma, ma la voce musicale di Giulia da’ quasi
l’impressione che stia leggendo una favola o recitando una
poesia. Ha la rara capacità di collegare tutti gli elementi di un
discorso in maniera armoniosa, sorridendo spesso e aiutandosi con
i gesti. Parla con naturalezza e proprietà di linguaggio, senza
mai interrompersi o annoiarsi, sicura di sé, sempre e comunque.
Mi è piaciuto da subito questo suo atteggiamento e mi sono sempre
ripromessa di prendere esempio da lei, sotto questo e altri
aspetti.
Per un momento la mia mente si astrae, si
allontana dal contingente e inizia a vagare. Mi ritrovo quasi
senza rendermene conto a guardarla, come giovane donna, non come
amica. E’ la prima volta che la considero sotto questo punto di
vista, e la cosa mi mette disagio e mi diverte in maniera sottile,
inspiegabile. Mi sforzo di guardarla con occhi nuovi, come la
guarderebbe il suo ragazzo o una persona comune che la osserva
passare per strada, non più come amica. La sua nudità mi turba,
anche se fatico a capire esattamente per quale motivo. Ho avuto
numerose occasioni di vederla in slip e reggiseno, ma non le ho
mai visto i seni nudi. Ascoltando la sua dissertazione mi accomodo
meglio e la guardo bene, cercando di farmi notare il meno
possibile. Ha un viso molto bello; lo sapevo, ma non avevo mai
notato certi particolari, come gli zigomi alti che le regalano
un’espressione sensuale e superba al tempo stesso. E’ mora,
gli occhi verdi le illuminano il viso scurito dal sole come due
pietre luminose. Vedo le sue labbra carnose, regolari; mentre
parla registro l’immagine della sua dentatura perfetta,
bianchissima. Osservo il collo sottile, delicato, le spalle
atletiche, ben proporzionate. Mi rendo conto che il mio sguardo
tarda a scendere, come se volessi tergiversare evitando di
soffermarmi sui seni, come se qualcosa mi fermasse. Voglio fare in
modo che non veda dov’è diretto il mio sguardo, non devo far
trasparire nulla o me ne vergognerei come una ladra colta in
flagrante. Si china appena, prende il libro per verificare un
grafico sul testo. Il mio sguardo si posa subito sul suo seno.
E’ sodo, prominente, compatto, come un frutto maturo, ‘pronto
per essere colto’, penso: una terza abbondante, forse una quarta
(la mia invidia punge, non posso fare a meno di confrontarlo con
la mia seconda misura), con le areole rosa scuro in rilievo e i
capezzoli appiattiti, più coloriti della superficie circostante.
Giulia ricomincia da dove si era interrotta, dopo aver verificato
il dubbio. Distolgo rapidamente lo sguardo, accennando un sorriso.
Mi sento leggermente accaldata, il respiro ha subìto
un’accelerazione lieve ma percepibile distintamente nel mio
petto: ma cosa mi sta succedendo? Tengo gli occhi incollati alle
labbra di Giulia, non ho il coraggio di guardarmi i seni. Sono
certa che i capezzoli spingono duri contro il tessuto, mi sembra
di sentirli con chiarezza. Piano piano recupero la tranquillità,
sperando che lei non se ne sia accorta per nulla...
Fortunatamente è il mio turno di essere
interrogata. I sistemi finanziari e la crisi del debito riescono a
farmi concentrare su altri pensieri, distraendomi da quella
situazione certamente imbarazzante, carica d’ansia e di
turbamento, che si era venuta a creare contro la mia volontà. In
breve tutto è dimenticato.
Verso le sette e trenta facciamo una pausa.
Il sole è ancora caldo. Ci adagiamo di schiena sulle sdraio, a
occhi chiusi, morbidamente abbandonate al suo abbraccio, con la
radio accesa e una caraffa di aranciata fresca di fianco. Non
posso fare a meno di ripensare con un certo malessere a quanto è
successo prima. Come mai ero così turbata? Da cosa dipendeva
quella sottile, insinuante sensazione di ansia che mi bloccava il
fiato e aumentava il battito cardiaco? Qualcosa di mentale senza
dubbio, magari passeggero, indegno di essere preso in
considerazione, ma al tempo stesso stupefacente, per gli effetti
palpabili che mi avevano quasi stordito...
Giro il viso verso Silvia, distesa con
un’espressione rilassata, il suo volto girato verso di me. Con
gli occhi socchiusi la guardo. Di nuovo quella sensazione si
insinua in me, lentamente. E’ proprio una bella ragazza,
apparentemente senza difetti. I grossi seni le ricadono mollemente
di lato. Il mio sguardo è come calamitato dai suoi capezzoli. Le
cosce sono sode, appena separate, sembrano intagliate nel legno.
Gli slip presentano un leggero rigonfiamento in prossimità del
pube. Il cuore inizia a pulsarmi sempre più rapidamente, come un
martello pneumatico. Mi ritrovo ad immaginarla completamente nuda,
senza volerlo; fantastico sull’aspetto delle sue labbra; saranno
nascoste da una peluria folta o ben curate, con un ciuffettino
appena sopra la fessura, come le mie? Gonfie, lisce, rosate o più
scure, tendenti al marroncino? E Il clitoride, pronunciato,
esposto oppure appena accennato? Quando si masturba si accarezza
il clitoride o si infila le dita fino in fondo? La mente vola,
scatenata, ogni immagine ne suggerisce un’altra più audace, e
poi un’altra ancora senza soluzione di continuità. I pensieri
si susseguono, si accavallano, si rincorrono. Il calore aiuta a
intorpidire le sensazioni, a renderle prive di contorni, come se
fossero distaccate dal corpo, autonome. I miei capezzoli sono
turgidi, premono contro il tessuto, mi sento di nuovo accalorata,
umida tra le cosce...
Riesco di nuovo a rientrare in me, ma non è
facile scacciare i fantasmi quando ormai si sono insediati nella
psiche. Di colpo, mi alzo, si è fatto tardi. Dico a Giulia di
continuare pure a prendere il sole, che io faccio una doccia e poi
preparo qualcosa da mangiare. Lei annuisce, senza aprire gli
occhi, abbandonata languidamente sulla sdraio in preda a chissà
quali pensieri. Entro in bagno, chiudo la porta; mi guardo allo
specchio. Forse non è così eclatante ma, per me che ne sono
consapevole, l’eccitazione traspare dai lineamenti del mio viso.
Slaccio il reggiseno del costume. I seni si sono induriti, i
capezzoli spuntano fuori, turgidi, quasi dolenti. Li sfioro appena
con le dita procurandomi un sottile piacere.
Le domande si accavallano nella mia mente,
mentre le risposte sfuggono via come carta nel vento, senza che
sia possibile fermarle e dare loro una forma precisa, certa. Mi
guardo allo specchio, tentando di rilassarmi. Sono una ragazza
molto carina, non c’è dubbio. Piaccio. Piacciono i miei capelli
biondi e lucenti, il mio viso fresco, acqua e sapone, il mio
fondoschiena, leggermente formoso, che fa impazzire così tanto
Daniel. I miei seni sono ben delineati e prominenti, seppur non
troppo grandi, proporzionati al mio aspetto generale, sportivo,
dinamico e scattante. Li sfioro più volte, immaginando che le
mani che vedo riflesse nello specchio siano di un altra persona,
Daniel, un estraneo... ma l’immagine che continua a ritornare è
la sua, Giulia sdraiata sotto il sole, Giulia che mi si avvicina,
dietro le spalle, lascia scivolare le braccia intorno a me, mi
accarezza con regolarità, dolce e ferma. Ho socchiuso gli occhi,
sento dei fremiti invadermi. Le mie mani abbassano il costume,
piano, con circospezione. Il tessuto si arrotola. Quando il
tassello bianco di protezione si stacca dall’incavo del pube
vedo una macchia umida e filamentosa. Sono inequivocabilmente
bagnata. Il corpo ha di nuovo reagito con forza all’attività
della mia mente. Il mio indice sinistro scende quasi
meccanicamente, sfiora le labbra, raccoglie una leggera bava
biancastra.
Ora sono nuda, pronta per mettermi sotto la
doccia. Il getto freddo, rinfrescante mi riporta istantaneamente
alla realtà. Lascio che l’acqua scorra su tutto il corpo,
voglio ‘purificarmi’ e ritornare ‘quella di prima’ perchè
i miei pensieri ultimamente hanno prodotto sensazioni così forti
e contrastanti da stordirmi. Prevale ancora il senso del timore e
della vergogna. Mi strofino con delicatezza, soffermandomi sui
seni, sul ventre, indugiando all’altezza dei peli pubici, come
se volessi rinnegare il mio stesso corpo, ripulirmi dalle prove
tangibili delle sue reazioni improvvise, potenti, ma al contrario
la stimolazione provoca un effetto dirompente, di sbalorditiva
eccitazione.
A quel punto sento aprirsi la porta e la
voce di Giulia che spalanca l’anta scorrevole della doccia.
"Ah … sei qui!" mi dice, con la massima spontaneità;
rimango di sasso, irrigidita a causa di quella intrusione,
impreparata come sono; è la prima volta che mi vede completamente
nuda, ma sembra non notarlo, come se fosse abituata. "Sai,
sono cotta", continua, "troppo sole! mi faccio una bella
doccia anch’io, poi". Quindi si dirige verso il water. I
miei occhi restano incollati al movimento agile delle sue lunghe
gambe, all’attaccatura delle natiche, forti e piene, messe ancor
più in evidenza dal costume che le è rientrato in parte nel
solco. Sfila gli slip, mentre io distolgo lo sguardo, si siede
sulla tazza. Sento gorgogliare la pipì. I miei capezzoli sono
lunghi e duri come due chiodi; se ne sarà accorta? Dopotutto,
anche se fosse, può sempre attribuirlo all’acqua gelida della
doccia. Il suo essere nuda, il suo fare pipì con tanta
naturalezza in un certo senso mi eccita, mi da un senso di
familiarità, di protezione e di intimità, che da quando siamo
qui al mare si è ancor più consolidato. Sono emozioni troppo
intense, mi spaventano. Cerco di lavarmi in fretta per uscire da
questa situazione di grande imbarazzo e turbamento.
Esco dalla doccia, in parte ricomposta,
mentre Giulia rientra dalla porta con l’accappatoio su una
spalla, tutta nuda e sorridente, ed entra in doccia. Evito di
guardarla agendo con la massima naturalezza possibile; è uno
sforzo notevole, bisogna riconoscerlo. Mi dirigo verso lo specchio
per sistemarmi e asciugarmi i capelli. Davanti al water sono
rimaste le mutandine del costume di Giulia, abbandonate,
invitanti. Cerco di ignorarle ma la tentazione è troppo forte, e
io ormai molto indebolita da quella girandola improvvisa di
emozioni che mi confonde e mi stupisce. Mi guardo intorno,
ascoltando il getto d’acqua che scorre nella doccia, le prendo
in mano furtivamente e le annuso. Sono un po’ sporche, ma
impregnate di umori, emettono un odore acre, amarognolo, molto
acuto che subito agisce da afrodisiaco per me. Mi sento quasi
svenire; mi stacco dall’indumento sentendomi all’improvviso
così perversa, ma non riesco a impedirmi di avvicinarmelo di
nuovo al volto, mi scopro a strofinarmi contro il tessuto, ‘come
una cagna’, penso, inalando quel profumo potentissimo tanto da
farmi piegare le gambe. Poi di colpo capisco la gravità della
situazione. Lasciò cadere gli slip, prendo il phon e la spazzola
e scappo via di corsa in camera, tesissima, infuriata contro me
stessa, contro Giulia, non so neppure contro chi o contro cosa.
II.
Nelle ore successive riesco ad essere la più
naturale possibile. Preparo da mangiare, riordino, e ci rimettiamo
a studiare. Giulia non sembra essersi accorta di nulla. Io sono la
solita Alice, sorridente e scherzosa, con la battuta pronta,
sempre pronta a sdrammatizzare. Ad ogni istante, però, sento come
un’onda che cresce dentro, non riesco a non pensare a lei in
quella nuova luce per più di pochi minuti di seguito, al suo
corpo pulito e liscio, a quando, stanotte, dormirà al mio fianco.
Verso mezzanotte decidiamo di interrompere
lo studio e di andare a letto. La finestra è socchiusa, solo un
leggero lenzuolo ci ripara dal fresco quasi impercettibile della
notte marina; ci siamo infilate, sotto le coperte, io come sempre
in slip e maglietta, mentre Giulia oltre agli slip indossa la sua
vezzosa camiciola da notte che le arriva fino a metà coscia. Il
televisore è acceso, proprio di fronte al letto. Giulia manovra
il telecomando, fa zapping tra i vari canali, districandosi tra
telegiornali, televendite di tappeti e gioielli, commedie insulse.
"Per i programmatori dei palinsesti è ancora estate!"
commento, facendo sorridere Giulia. Ad un certo punto si sofferma
su un canale che trasmette dei brevi spot di videocassette
erotiche. "Bello... lascio qui?" domanda Giulia, in tono
tutt’altro che serio. "Certo, lascia... così imparo
qualcosa" le butto lì a mia volta scherzosamente, fingendo
interesse. Osserviamo le immagini, tutte e due incuriosite e
all’inizio piuttosto a disagio, ma Giulia non cambia canale.
Guardiamo la televisione senza più ridere. Il silenzio
rassicurante che ci circonda é interrotto solo dai gemiti
provenienti dal piccolo schermo, inframmezzati dai soliti commenti
di circostanza della pornoattrice di turno, ora in veste di
venditrice del prodotto.
Siamo comodamente sedute, la schiena
appoggiata alla testiera del letto, molto vicine. Posso sentire
distintamente il calore della sua pelle, il suo respiro regolare.
A mano a mano che le scene si susseguono avverto l’eccitazione
crescere dentro di me e dilagare indisturbata. Nel silenzio
ripenso al pomeriggio, a quanto è successo in bagno, a come mi
sono sentita strana e turbata. Non mi sento più legata dai
preconcetti e dall’educazione che era stata responsabile delle
mie inibizioni. E’ come una nuova libertà, quella che sento
d’improvviso crescermi dentro, unita alla spudoratezza, alla
voglia di osare e mettermi in gioco. Al tempo stesso non posso
certo cambiare inclinazioni caratteriali in pochi minuti. Aspetterò
di essere guidata da Giulia dove lei vorrà condurmi.
Cominciamo a muoverci nervosamente nel
letto, a cambiare impercettibilmente posizione, sempre in
silenzio, senza staccare gli occhi dallo schermo. Le scene non
sono particolarmente spinte, ma lo è certamente l’elaborazione
che ne fa ciascuna di noi. L’eccitazione e l’imbarazzo si
fanno palpabili, non abbiamo il coraggio di guardarci in faccia né
di parlare. Le immagini si interrompono, rispunta fuori la
presentatrice del programma, esageratamente artificiosa, nella
voce, nell’abbigliamento e nel trucco. Giulia prende a imitarla:
"Veniteci a trovare, bei maschietti, e portatevi dietro le
vostre signorine porcelline..."; scoppiamo a ridere
rumorosamente, rompendo il filo di tensione che si era
forzatamente creato in quelle circostanze. Le immagini riprendono
con una nuova videocassetta. Un attore sta sodomizzando una
giovane messa in posizione sottomessa, a quattro zampe, la quale
sembra gradire il trattamento.
"Tu … lo hai mai fatto?", mi
chiede Silvia senza guardarmi, rapita dalla scena, con voce
tremolante.
"No, mai... troppo male... e tu?"
chiedo a mia volta, cogliendo il significato di quella
conversazione.
"L’ho fatto la prima volta con
Luca" replica, "pochi mesi fa... è stato doloroso, sai,
lui è ben fornito là sotto... e da allora replichiamo ogni volta
che possiamo... lui lo adora... e come senti" aggiunge
sogghignando riferendosi alle grida di piacere che provengono
dalla televisione, "non è poi tanto brutto...".
Mi sento colta in contropiede, non mi sarei
aspettata una risposta del genere. "Io e Daniel abbiamo
provato, ma sento troppo dolore", replico senza riflettere
troppo, mentendo. In realtà ho tentato di stimolarmi da sola, ma
non ho voglia di sentirmi in inferiorità rispetto a Giulia,
quanto ad esperienza; non voglio essere considerata come una
ragazzina alle prime armi. Ma la conversazione è avviata ormai, e
su un soggetto molto personale e intimo; Di fatto Giulia ha dato
il via, mi ha imbeccato, e devo riflettere su come comportarmi.
Dopotutto non ho la minima idea di ciò che voglio, se restare sul
generico o spingere più in là, se parlarle a viso aperto delle
mie reazioni o tenerle per me. In fondo, cosa voglio realmente?
Come faccio a saperlo se provo emozioni così contrastanti,
estreme e opposte, se voglio forzare i miei stessi confini e nello
stesso tempo evitare passi falsi per non compromettere la nostra
preziosa amicizia? E lei, lei cosa starà pensando? Si troverà
nel mio stesso stato oppure vuole semplicemente discutere di
faccende personali con una persona che comunque è destinata a
restare un’amica e null’altro? Mentre faccio tutte queste
elucubrazioni Giulia mi precede:
"Non lo hai mai neanche pensato...
immaginato… o fatto… da sola…" riprende, mentre nel
frattempo si è voltata verso di me e mi guarda in faccia, senza
pudore, cercando di capire se può ottenere complicità o meno.
Spostandosi per parlarmi ha avvicinato il
suo corpo ancora di più al mio. Il lenzuolo é sceso di qualche
centimetro, si intravede la parte superiore del seno dalla
scollatura; la guardo ostentatamente come ipnotizzata dalla sua
pelle. Il suo sguardo segue la direzione presa dal mio. Ora il suo
seno si solleva ad ogni respiro, e i respiri sono sempre più
frequenti e accorciati. Sotto la camicia si può indovinare la
forma del capezzolo, che aderisce e sembra quasi voler bucare il
tessuto, per trovare spazio ulteriore, per meglio indurirsi e
allungarsi.
Abbandono ogni indugio, mi giro anche io
verso di lei, sfiorando le sue gambe con le mie e lasciando
scivolare un pochino il lenzuolo, poi la guardo negli occhi. Ed è
in questo momento, me ne resi conto poi, che decido di giocare,
con le sue regole, con la volontà di andare fino in fondo.
"Si... qualche volta ho
fantasticato" le dico senza abbassare lo sguardo, "e ho
anche provato… da sola… con le dita… mi è piaciuto, lì è
molto sensibile, sai?".
Giulia ascolta con attenzione, beve le mie
parole, esamina ogni mia reazione, ma non mi sento disturbata, al
contrario. Nessuna delle due abbassa lo sguardo, nessuna delle due
si è mai trovata in una situazione del genere, ma né io né lei
abbiamo voglia di rinunciare, di troncare la discussione. Gli
ansimi ed i gemiti provenienti dalla tv contribuiscono ad
accrescere la mia eccitazione di fronte a una situazione voluta e
desiderata da entrambe, senza equivoci.
"Che caldo che fa!" sbotta Giulia,
poi si volta dall’altro lato, in uno strano atteggiamento
pudico, e si toglie la camicia, restando in slip. "Sì,
proprio vero", replico dopo un breve istante, e la imito
mentre è ancora girata. Allarmata, non posso che prendere atto
del turgore dei miei capezzoli. Sullo schermo, ora, c’è una
scena lesbica con due giovani donne allacciate e ansimanti. Tutte
e due ci voltiamo verso lo schermo. Entrambe nascondiamo le mani
sotto le lenzuola. Con movimenti estremamente lenti porto la mia
mano destra sotto le mutandine. Per non farmi scoprire non mi
accarezzo, premo soltanto con il palmo sul rigonfiamento delle
labbra, che sento bollenti. Una vampata mi arrossa il viso.
"Lo hai fatto anche oggi?" mi
chiede puntandomi gli occhi addosso, "quando eri in
doccia?"
"Ma cosa dici? Certo che no!", le
rispondo secca e irritata forse oltre il necessario, restituendole
l’occhiata, ma subito dopo non riesco più a reggere i suoi
sguardi inquisitori e inizio a vagare altrove con lo sguardo.
Dovrei dirle la pura e semplice verità, ma non sono ancora
pronta; le parole non escono, prigioniere della mia autocensura.
"Scusami allora... non volevo metterti
in imbarazzo... è tutta colpa mia, forse mi sbagliavo"
riprende Giulia, sinceramente pentita. Mi commuove quasi, la sua
insicurezza, mi rendo conto che anche per lei sta accadendo
qualcosa nei confronti della quale è inesperta, impreparata;
stiamo attraversando entrambe un terreno minato ed è giusto che
anch’io faccia la mia parte, senza tirarmi indietro. E’ il suo
atteggiamento incerto, per la prima volta forse, ad agire come una
chiave che scardina le mie inibizioni. Finalmente mi decido a
giocare a carte scoperte, senza più mentire o tacere. Per
rispetto e lealtà nei suoi confronti, e forse ancor prima nei
miei.
"Scusami tu, sono una stupida... non
l’ho fatto ma ne avevo l’intenzione, sì... avrei voluto
farlo, stavo iniziando… quando sei entrata tu…".
"Ti ho vista sai, oggi" mi
interrompe "come mi guardavi i seni … in terrazza, come mi
sbirciavi di soppiatto. Sono riuscita a non fartelo capire per non
farti smettere, mi lusingava ... anzi, mi piaceva. Quando sei
andata a fare la doccia ho pensato che fossi andata a
masturbarti..." ecco, la prima parola diretta, esplicita,
un’altra barriera crollata; "ho aspettato un po’ in
terrazza e poi ti ho raggiunta… eri tutta rossa, imbarazzata...
con i capezzoli turgidi… sai, ho fatto apposta a spogliarmi per
fare pipì".
Che imbarazzo, dio mio... non riesco a
credere di essere stata così ingenua da farmi scoprire in
flagrante. Mi vergogno da morire.
"Ma io credevo..." riesco a
farfugliare, "credevo che non te ne fossi accorta… dei
capezzoli".
"Alice… non dire così" replica,
"nuda sei bellissima… ti giuro… sei così…
eccitante…".
Non so più che fare. La mia mano preme
sempre più forte. Mi sento invadere da un calore incredibile. Io
le piaccio, continuo a ripetermelo, e nello stesso tempo mi rendo
conto che anche gli ultimi ostacoli stanno crollando. Siamo
vicine, la mia coscia sinistra è a contatto con la sua, le gambe
si toccano, ne percepisco la pelle serica, tiepida. Ho voglia di
toccarla, di abbracciarla e di sentire tutto il suo corpo aderire
al mio, ma non oso farlo, mi mancano le forze.
"Vuoi… vuoi vedermi ancora nuda…
tutta nuda…vero?" le chiedo retoricamente e, senza
aspettare la sua risposta, scosto lentamente il lenzuolo. Il mio
corpo appare, scoprendo in parte anche il suo. Con due dita si sta
trastullando un capezzolo già turgido e, quando finisco di
scoprirmi, lei nota la mia mano dentro le mutandine, a palmo
aperto.
"Ecco… ti prego, guardami…"
sussurro in preda all’eccitazione.
"Sì… Alice, ti sto guardando"
articola Giulia, con un filo di voce; "sei stupenda,
Alice".
Con la mano libera sposto definitivamente le
lenzuola ed ora i nostri corpi emergono seminudi, al di fuori di
un paio di leggerissime mutandine. I suoi capezzoli sono duri,
eretti, turgidi, svettanti su due seni rigonfi, traboccanti,
imperiosi. Giulia li sfiora con le dita muovendole in circolo, li
stimola, li torce dolcemente. Provo l’istinto insopprimibile di
affondarci il viso e strofinarmi, succhiarli avidamente, come una
bimba. Le sue cosce si aprono impercettibilmente, palpitando di
voluttà.
"Dio, Giulia… che voglia che
ho…".
"Anch’io … anche io ho voglia…
tanta voglia…".
Non ho il coraggio di levarmi le mutandine,
anche se la mia mano continua a premere senza sosta sul pube, in
attesa. In attesa che qualcosa succeda. E’ ancora lei la prima a
rompere il silenzio.
"Vuoi… vuoi vedermi tutta nuda? …
vuoi che mi tolga le mutandine... per te …?"
"Oh sì… sì, ti prego… fallo…
fallo… fatti vedere tutta nuda". Mi sento un braciere sul
volto, un senso di stordimento, come se fossi stata drogata.
Con mosse di sapiente lentezza, Giulia si
piega col busto in avanti. Si muove sinuosa e, per lunghi istanti,
i miei occhi sono riempiti dalla sua carne bruna e luminosa. I
seni si appoggiano ai femori, i muscoli si tendono in prossimità
delle reni, delle cosce sode e ben formate. Vorrei sfiorarle,
toccarle, risalirle in un lungo e dolcissimo percorso sino alla
rosea conchiglia. Ma non oso. E mi accontento di riempirmi gli
occhi di lei. Si solleva sulla schiena, inarcandosi. Abbassa
lentamente gli slip di due o tre centimetri, quanto basta per far
apparire il primo accenno di peluria, senza staccarmi gli occhi di
dosso, come una spogliarellista consumata. Si ferma. Si dondola un
po’ ma non abbassa di un solo centimetro gli slip. Ansima anche
lei. Geme. Mi guarda negli occhi con uno sguardo carico di
libidine, mi fissa e io le restituisco l’occhiata. Finché lei
riprende:
"Vuoi che vada avanti?".
"Sì… oh sì… ti prego…".
"Vuoi… vuoi vederla? La vuoi vedere,
vero…?"
"Sì, la voglio vedere... per
favore...".
"Cosa? Cosa vuoi vedere…? Dimmelo…
dillo!"
"Voglio… voglio vederti tutta nuda…
ti prego!"
"No! Alice, devi dirlo… voglio
sentirtelo dire.. dimmi cosa vuoi vedere... dillo...".
"Fammi vedere la figa… la tua figa,
Giulia... la tua figa... la tua figa...".
Continuo a ripetere quella parola oscena
sottovoce buttando fuori tutte le tensioni accumulate fino a quel
momento. Le tempie mi martellano, il respiro quasi mi manca. E
Giulia, piano, si sfila gli slip, scoprendo le sue nudità. La
vulva è rigonfia, pulsante, con le labbra semi aperte, ben
depilata ai lati e sovrastata da un ciuffetto di peli. Solleva una
gamba e si piega verso di me, offrendomi una visione completa; le
labbra si schiudono ulteriormente, scoprendo il clitoride
rossiccio, eretto, scappucciato. "Ora tocca a te...",
mormora.
Sempre fissando le sue labbra gonfie mi levo
gli slip anche io, con una mano luccicante di succo. La peluria
chiara del mio pube è già umida, i peli si sono arricciati. Ora
siamo l’una di fronte all’altra, in posizioni analoghe, come
due specchi gemelli. Nude, aperte. Dalla sua fessura cola un
liquido meno denso, più trasparente delle mie secrezioni
abituali. Lo noto perché ora sta uscendo abbondante, scendendo
lungo il perineo, fin quasi al lenzuolo. Nessuna delle due parla.
Nessuna delle due tocca o semplicemente sfiora l’altra.
"Oggi hai preso le mie mutandine,
vero?" riprende lei in tono di rimprovero. Rimango di nuovo
colpita e sorpresa; quasi mi leggesse nel pensiero, continua
"Le ho ritrovate ben ripiegate in un punto diverso da dove le
avevo lasciate... sai, il pensiero che le avessi prese mi ha fatto
quasi svenire di voglia...".
"E’ stato più forte di me... volevo
sentirti... sapere che profumo hai... ubriacarmi di te...".
"E adesso vuoi... vuoi sentire ancora
il mio sapore?" mi dice, offrendomi la sua biancheria,
mettendomela sotto il naso come per anestetizzarmi. E io mi ci
tuffo con tutto il volto, aspiro con foga, mi inebrio a lungo nei
suoi afrori, dove le secrezioni si mescolano al profumo di pesca
del suo bagnoschiuma. Ho voglia di leccare le mutandine, di essere
invasa da lei. E’ troppo. Mi viene da piangere all’improvviso,
inizio a singhiozzare balbettando: "Oh Giulia, dio mio...
sono così confusa!"
Non capisco più chi sono, dove mi trovo,
cosa voglio veramente. E’ come se la mente non riuscisse a
reggere una successione così potente di emozioni. Giulia si
mostra comprensiva e affettuosa. Si avvicina fin quasi ad
abbracciarmi. Le nostre cosce si toccano, la sua sopra la mia,
roventi. Il suo seno è attaccato al mio, sento i suoi capezzoli
duri, pungenti, e ne resto quasi impressionata, attonita. Giulia
mi accarezza il viso con delicatezza, scende dietro, nei capelli,
sulla nuca sussurrandomi: "Va tutto bene, Alice...
rilassati"; le sue mani così leggere lasciano una scia
infuocata, le sue parole sono pugnalate per le mie orecchie. Mi
risuona nel cervello la sua voce, sempre più calda e sensuale.
Chiudo gli occhi, affondo in un mare di sensazioni contrastanti
tra le quali primeggia la percezione di un piacere lontano,
diverso. Spero che mi si faccia ancor più vicina, sempre di più,
ne sento il bisogno, fisico, impellente. Allargo le gambe quasi
inconsapevolmente, in una posa oscena. Ma lei si ferma, a lungo,
continuando ad accarezzarmi e a guardarmi, tutta nuda, quasi
totalmente arresa.
"Non
hai mai visto una ragazza masturbarsi,
vero?" riprende.
"No... ma una volta… mentre Daniel mi
chiavava con furia, da dietro... ho immaginato una ragazza che si
stava masturbando davanti a me… per me… perchè le facevo
venire voglia... e ho raggiunto un orgasmo dirompente…".
"Dio, Alice... come mi sarebbe piaciuto
essere lì, davanti a te, a guardarti... davvero, sarei impazzita
di piacere... senti, ti piacerebbe che io mi toccassi di fronte a
te, non è vero?" dice, con la voce che le è salita di tono
alla fine, tradendo una specie di parossismo, di urgenza.
Sono impietrita, di colpo incapace di
articolare parola. Faccio cenno di sì, con la testa, e mi sento
le gote in fiamme, un bollore insopportabile mi percorre dalla
testa ai piedi. Ma Giulia non cede, mi sussurra nell’orecchio,
con una voce arrochita dal piacere: "Dimmelo, dai... dimmi
che lo vuoi, vuoi che mi masturbi per te... come nella tua
fantasia... vuoi che mi apra la figa davanti a te, che lecchi i
miei stessi umori, che mi sditalini per te...".
Ogni parola è una stilettata nella carne.
La sua voce mi sta facendo crollare ogni muro dentro. Sento la mie
parole sussurrate, come se le dicesse un altra persona:
"Si… ti prego… fallo per me… davanti a me… ti
prego…".
Giulia si risistema supina senza togliermi
gli occhi di dosso neppure per un momento; comincia ad
accarezzarsi il corpo con voluttà. Le sue mani lo percorrono più
volte, lente all’esasperazione. Si palpa i seni gonfi,
deformandoli. Li stringe, li soppesa. Si accarezza i fianchi, la
pancia, le cosce. E’ uno spettacolo sublime di cui non perdo
neppure un frammento. Il suo corpo è scosso da brividi
fulminanti, ricoperto da una patina di sudore e dalla pelle
d’oca. Le sue mani esplorano senza sosta ogni centimetro della
sua pelle in un movimento continuo, ora leggero ora più marcato,
sempre incessante. Si sentono solo i suoi sospiri prolungati.
Allargo di nuovo le gambe, mi infilo una mano in mezzo,
sfiorandomi le labbra con i polpastrelli. Giulia sussurra come fra
se, in trance: "Piano, fai piano... senza fretta... sfiorati
su tutto il tuo corpo… cerca di concentrarti solo sulle tue
reazioni, come me… impara a sentire le onde che crescono e
crescono... dentro di te... lasciati cullare... abbandonati".
Le mie mani scivolano leggere, accarezzandosi le braccia, come in
un abbraccio, per rendermi conto di essere davvero io, lì, in
quel momento. Mi tocco i seni gonfi, aumentati di volume per la
voglia; li modello, mi trastullo i capezzoli tra il pollice e
l’indice, poi scendo verso l’ombelico, il ventre, coperti da
una sottilissima patina di goccioline di sudore; poi i fianchi, le
cosce. Solo ora palpo le carni tumide e gonfie della vulva, mi
massaggio le labbra della figa spalancata evitando il clitoride;
basta un contatto lievissimo sul bottoncino per farmi trasalire.
Mi sfugge dalle labbra un lungo gemito di piacere. "Così...
brava..." mi incita Giulia, che nel frattempo si sta
soffermando tra le cosce, stimolandosi ‘dietro’ con le sue
lunghe dita, sottili e agili: "mi apro per te…
guarda…" e così dicendo spalanca le labbra, mostrando gli
umori copiosi che gocciolano fuori; mi perdo tra quelle pieghe
turgide e sanguigne; desidero il suo clitoride gonfio, infiammato.
La sua mano destra indugia, posso vederla muoversi, ruotare, come
se volesse saggiare la consistenza del suo pertugio più segreto.
Non riesco a staccare gli occhi dal quel
corpo stupendo, corpo che ha cominciato a vibrare in continuo, con
spasmi sempre maggiori. La guardo quasi incredula. Non l’ho mai
vista sotto questa luce. E quello che vedo mi manda in estasi.
‘Finalmente anche lei sta cedendo’, penso, mentre lei si
volta, sorprendendomi, si alza sulle ginocchia, mostrandomi il
culo sodo, la pelle morbida e tesa. Si piega chinandosi davanti ai
miei occhi, per darmi la visuale migliore, si porta le due mani
sulle chiappe, le sculaccia una, due, tre volte con un secco
schiocco, lasciando i segni scuri delle dita sulle chiappe rosee.
Si accarezza il culo per qualche secondo, sensuale, poi comincia
ad allargare le chiappe sempre più, lentamente, rivelando il
secondo centro del piacere. Il mio sguardo è fisso sulle sue
sfere, piene, allettanti. Verso l’interno, una rossa valle
sudata al cui centro troneggia la rosa dell’ano e più in basso
il taglio verticale, racchiuso tra le pieghe della vagina. E’
una visione inebriante; il respiro mi si spezza.
Giulia sta perdendo il controllo: "Mi
apro per te… guardalo… vedi il mio dito...vedi come si muove
sul bordo... ti stai eccitando, amore?". Sì, non posso
negarlo. Mi sento ardere, mi fa sussultare il modo con cui il suo
buco reagisce al tocco delle dita. Voglio guardare tutto, desidero
vedere le sue dita che scompaiono dentro. Quasi mi avesse letto
nel pensiero, Giulia lo fa, con un colpo secco e un gemito rauco,
si ficca dentro due dita: "Dio che bello... è fantastico...
Alice è fantastico... mi sembra di volare..." quasi urla,
voltandosi per cercare i miei occhi, mentre il palmo della sua
mano sinistra si strofina sul monte di venere, in movimenti
circolari. Il bacino si agita, ondeggia violentemente sotto i
diversi stimoli. Lo sfintere si è richiuso serrando le dita in
una morsa strettissima. I suoi occhi sono spalancati,
l’espressione dell’intero viso imperlato di sudore diventa
tremendamente erotica, di totale frenesia. Giulia è semplicemente
meravigliosa, la lascivia la rende simile a una miccia accesa; il
suo corpo è preda esclusiva delle emozioni, staccato
completamente da ogni freno inibitorio, libero di godere.
Improvvisamente la vedo protendere un
braccio sul comodino, mi sembra a caso, e agitarlo per cercare
qualcosa che subito trova. Prende il contenitore spray del
deodorante, se lo porta dietro il bacino, armeggia per qualche
istante intorno al buchetto dal quale ha fatto uscire le dita,
mentre sento la sua voce dirmi: "Guardami amore... mi sento
così porca...", poi un grido rantolante, un’espressione
contratta e lussuriosa al tempo stesso, stampata in faccia. Chiudo
gli occhi, non so perché; mi viene spontaneo voltarmi, abbassare
la testa, imbarazzata, sconvolta. Passano alcuni secondi. Esiste
solo il suo respiro spezzato, lamentoso. Quando riapro gli occhi,
Giulia si è messa di nuovo di fronte a me, sempre inginocchiata
sul letto, col busto eretto. Tra le gambe intravedo il cilindro
dello spray che le fuoriesce da dietro, dall’ano. Se l’è
infilato in un colpo solo, lasciandomi di sasso, attonita,
instupidita. Le sue cosce sono tese intorno al pube per trattenere
quel vibratore improvvisato, mentre la figa sembra un recipiente
crepato, un piccolo otre rigonfio, spaccato, che fatica a
contenere il suo liquido. Le labbra sono piene, irrorate di
sangue, prominenti; dal bordo inferiore vedo colare in grosse e
lente gocce il succo biancastro del piacere, mi sembra di sentirne
l’odore pungente invadere la stanza, mischiato a quello della
mia figa.
Giulia si slarga con decisione le labbra e
infila due dita fino al palmo, mentre il pollice sfrega il
clitoride: "Guardami adesso... guarda la tua amica del
cuore... come si tocca la figa", mi grida più forte che può.
Sono letteralmente rapita da questo spettacolo, mentre mi strizzo
i capezzoli e continuo a toccarmi tra le gambe. Mi sto bagnando
sempre più. La figa sta pulsando, come un piccolo cuore
impazzito, colando i suoi umori di miele. Il piacere cresce senza
sosta, sembra non aver mai fine. Non ho mai provato queste
emozioni, neppure nelle mie migliori masturbazioni o durante il
sesso con Daniel.
"Ti piace guardarmi, vero? Mentre
faccio le porcate... per te..." mi dice, con parole roche e
spezzate. Mi manca la voce, farfuglio: "Sì, amore... mi
ecciti... non fermarti, ti prego...".
Ci masturbiamo con intensità, spiando i
movimenti e l’eccitazione dell’altra. E’ la prima volta che
vedo una donna masturbarsi. Ed era la prima volta che lo fa di
fronte a me, per me. La carica accumulata per tutto il pomeriggio
sta crescendo, come se volesse esplodermi dentro tutta in un
colpo. Imito i suoi movimenti esperti, avanti e indietro, ruotando
leggermente il polso, mentre il pollice scivola sul clitoride
sfregandolo in continuazione. Cerco di trasmettere alle mie dita
le informazioni che i miei occhi vedono. Giulia si sditalina
furiosamente, a un ritmo analogo a quello col quale spinge verso
il basso l’oggetto che ha infilato nel culo. La sua base è
appoggiata al lenzuolo e lei spinge, come se volesse sedersi
sopra, poi, quando lo ha quasi ingoiato completamente, risale e lo
espelle dal culo, assaporando tutto il piacere, e il leggero
fastidio che quel va’ e vieni le sta visibilmente provocando.
Con la mano sinistra si tortura i capezzoli, davanti ai miei occhi
le sue tette sembrano essere ancora più grandi e piene, come
scolpite nella roccia.
"Dammi la spazzola... la tua spazzola,
quella là, dai..." ansima, con gli occhi velati, indicando
l’oggetto sul comodino; "e adesso infilami il manico...
mettimelo dentro, su... voglio godere come una puttana... una
puttana in calore...".
Di nuovo quella sensazione di stordimento
folle, mi sento quasi svenire. Qualcosa in me tende a bloccarmi i
movimenti, a paralizzare il corpo, mentre il corpo stesso vuole di
più, vuole tutto e non lo nasconde; fa’ male, è come essere
dilaniati da forze opposte. Senza smettere di accarezzarmi impugno
con decisione la spazzola. Giulia mi facilita il compito,
allargandosi le labbra con le dita senza smettere di oscillare.
Appoggio il manico all’entrata della sua figa, spingo
dolcemente, ma senza fermarmi, incitato dalla sua voce:
"Chiavami, dai... tieni fermo quel coso che voglio
infilarmelo dentro...". L’impugnatura penetra facilmente,
come se fosse risucchiata da una bocca avida, scomparendo presto
fino in fondo alla vagina.
Giulia sta perdendo il controllo, emette un
rumore sordo, quasi disumano. Allarga al massimo le cosce madide
di liquido, le sue natiche si contraggono intorno al cilindro che
le tormenta il retto. Inizia a maneggiare il manico della spazzola
come un’ossessa, lo scuote dentro di sé, lo muove su e giù
come se fosse un pene, imbrattandolo subito di secrezioni
abbondanti. Si sta impalando da sola, su quei due falli,
assaporando ogni goccia di godimento, mentre due dita della mano
destra si accaniscono sul clitoride infiammato, vistosamente
eccitato e ormai tutto esposto al mio sguardo. Con la mano
sinistra si massaggia il seno, lo schiaccia, lo impasta, pizzica
il capezzolo indurito. Mi piacciono da morire le sue grosse tette,
mi prende una voglia irrefrenabile di affondarci la faccia e di
succhiarle. Giulia afferra la mammella sinistra e se la solleva
all’altezza del viso. Tira fuori la lingua e inizia a
stuzzicarsi il capezzolo, descrivendo con la punta cerchi regolare
intorno al rilievo dell’areola, poi si concentra sulla punta del
capezzolo, slinguandolo con tocchi rapidi e frequenti. Infine se
lo prende in bocca per intero, lo ciuccia e lo mordicchia, con
l’indecenza di un’attrice porno di fronte al suo pubblico.
Le mie mani sono immobili. Trattengo il
respiro sfinita, rassegnandomi a quel bombardamento emotivo
inaudito. La sinistra è sempre ben piantata tra le gambe, a palmo
aperto, quasi si muovesse meccanicamente; la destra sta
diteggiando il buco del culo, massaggiandolo con fermezza,
anch’essa in piena libertà, come se fossero arti staccati dal
controllo del cervello. Decido di infilarmi il dito medio, fino in
fondo, preparandomi a un dolore acuto. Lo sfintere si dilata,
lasciando entrare il dito, poi si richiude subito, avvolgendolo.
Piacevoli scosse si dipartono dal quel nucleo ricco di
terminazioni nervose, dandomi un lieve sussulto. Muovo il dito
avanti e indietro alternando il movimento a quello delle dita
dell’altra mano, che stanno violando la mia figa, talmente
dilatata e fradicia da riceverne tre tutte in un colpo; è la
prima volta. ‘Mi sento così bene...’, mi scopro a pensare,
felice, eccitata, oscena. Escono frasi smozzicate dalle nostre
bocche, senza un senso preciso. In breve ho voglia di infilarmi un
altro dito, mi sento talmente troia. Me lo sbatto dentro senza
pensarci troppo, godo della fitta che mi coglie, aumento
velocemente il ritmo della masturbazione, senza più inibizioni.
Avanziamo insieme, saliamo verso le vette
del piacere, all’unisono. Perse nel nostro piccolo mondo, dove
il tempo si è fermato, come in sogno. Grosse gocce di sudore
imperlano la mia pelle, e quella di Giulia. La ricoprono, scendono
in rivoli minuscoli dalla fronte sul petto, sul ventre. La nostra
resistenza è ormai al limite, la razionalità è del tutto
scomparsa; c’è solo istinto animale, incontrollato. Sono gli
ultimi attimi prima dell’acme, quando tutto il corpo si prepara
a prostrarsi di fronte all’esplosione definitiva. E’ Giulia ad
annunciarla per prima: "Ecco… amore … ci sono quasi…
sto per venire… guardami, piccola...", il suo corpo si
irrigidisce di colpo, scosso da un unico, lungo fremito che la fa
vibrare violentemente, si inarca in maniera innaturale mentre
spinge in avanti il bacino con sussulti sempre più frequenti, due
dita si intrufolano nella fessura, insieme all’impugnatura della
spazzola, entrano ed escono dalla figa ormai fradicia di umori,
trascinando all’esterno piccoli fiotti di liquido che cola per
giù per le cosce fino al lenzuolo.
Non resisto. Mi sento morire, un senso di
vertigine mi assale. Intensifico i movimenti come una folle finché
non avverto i primi sussulti del piacere. Mi inarco, spalancando
le gambe sino allo spasimo, con lo sguardo annebbiato, fisso sul
pube di Giulia. Il suo culo pulsa e si scuote con spasmi sempre più
brevi e frequenti, la sua voce scandisce, per me, i tempi del suo
orgasmo: "Sta arrivando... amore... lo sento... sì, sììì,
sììììì…. vengo... guardami Alice, vengooooooooo...
ahhhgghhhh… godoooooo...".
Urlo insieme a lei, spaccandomi, aprendomi
tutta, fremendo, spazzata via da qualcosa più potente di ogni
sensazione mai provata. Ogni fibra, ogni cellula del mio corpo
sembra aprirsi, tendersi, premere verso l’esterno come se
volesse schizzare via. Vedo l’orgasmo squassare il corpo di
Giulia, sbatterla come una bambola senza senno, preda di una
specie di delirio maniacale. Ci abbandoniamo all’inevitabile,
vittime dei nostri corpi scossi, frustati da vibrazioni
incontrollabili, dal contrarsi e rilasciarsi dei muscoli, dalla
tensione spasmodica degli arti. Sfilano via i secondi fissandoci
in una posa innaturale, tremante, contratta e tesissima insieme.
Poi l’afflosciarsi dei corpi, sacchi svuotati, privi di energia
e volontà. I muscoli si rilassano lentamente, i fremiti
diminuiscono d’intensità. Gli occhi rimangono socchiusi, i seni
e il volto arrossati, la pelle ricoperta di goccioline, le fighe
fradice, inzuppate di miele. Il petto si solleva con sempre minor
frequenza e il respiro riacquista il ritmo normale.
Il corpo di Giulia è sdraiato sul ventre,
affranto. Io giaccio supina con le gambe divaricate, il mio corpo
ancora incandescente.
La quiete. Il silenzio. Abbiamo goduto
insieme. Un orgasmo folle, assoluto.
I nostri corpi si avvicinano, bollenti,
tremanti, in un bagno di sudore che ci imperla la fronte e
gocciola copioso dalle ascelle lungo i fianchi. Per lunghi istanti
ci sorridiamo restando accasciate, l’una di fronte all’altra,
guardandoci i corpi madidi, sfiniti, come se fosse la prima volta,
immerse in un’intimità sconosciuta, dall’acre sapore di
sudore e secrezioni vaginali.
Mi avvicino, le sfilo dal retto che lo
avvolge il cilindro di plastica, unto di umori anali, di mucosa.
Resto a osservare il suo culo richiudersi, ritornare come prima
prepotente e perfetto, come un sipario che cala.
Ci ritroviamo abbandonate l’una nelle
braccia dell’altra, stremate, braccia allacciate ai corpi, gambe
e cosce incollate, creature distrutte dopo uno sforzo estenuante.
Ignare di tutto ciò che ci circonda, di quello che siamo e saremo
d’ora in poi, scintillanti di una gioia mai sperimentata.
Immerse in un oceano d’estasi e alchimia.