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Marie-Anne ebbe un sorriso fuggevole,
Giunsero su una terrazza
che una tenda a strisce gialle e bianche riparava daI sole. Il
fiume vi-
cino emanava una brezza tiepida.
Marie-Anne esclamò: "Come sei fortunata! Non c'è altra casa
a Bangkok in una posizione del genere. Che vista meravigliosa e
come ci si sente bene!".
Rimase immobile un attimo davanti alla distesa di palme da coc-
co. Poi, con un gesto naturale, slacciò la cintura di rafia che
le strin-
geva la vita e la buttò su una delle poltrone di vimini. Subito
dopo
aprì la chiusura lampo della gonna variopinta che le cadde dritta
ai
suoi piedi. La ragazza balzò oltre il cerchio che la stoffa
disegnava
sul lastricato. La sua camicia giungeva fino alle anche, più in
giù
della parte laterale delle mutandine, così che di esse si vedeva
sol-
tanto, davanti e dietro, una striscia cremisi ornata di pizzo.
Marie-
Anne sprofondò in una sdraio, prese una rivista senza perdere un
so-
lo minuto.
"Non vedo riviste francesi da un secolo. Da dove viene,
questa?".
Si sistemò a suo agio, allungando le gambe che teneva pudica-
mente strette. Emmanuelle sospirò, cacciò via i pensieri confusi
che l'assalivano e si sistemò di fronte a Marie-Anne, che scoppiò
a
ridere.
"Cos'è questa storia dell'Olio di gufo? Non ti dà fastidio
se la leggo
adesso?".
"Certo che no, Marie-Anne".
L'ospite si immerse nella lettura. Il fascicolo aperto le
nascondeva
il volto.
Non rimase immobile a lungo: il suo corpo si animava già di sus-
sulti veloci, simili agli scarti di un puledro. Alzò un ginocchio
e la
coscia sinistra, lasciando la sua posizione di prima, stretta
accanto
all'altra, venne ad appoggiarsi morbidamente sul bracciolo della
se-
dia. Emmanuelle cercò di sbirciare attraverso l'apertura delle
mu-
tandine. Una mano di Marie-Anne lasciò il libro e si diresse
senza
esitare fra le gambe divaricate per spostare il tessuto di nailon
e cer-
care più in giù un punto che apparentemente trovò e sul quale
si sof-
fermò un attimo. Poi risalì, scoprendo dopo il suo passaggio la
fes-
sura delle carni orlate. Giocò con il rigonfiamento che tendeva
la
stoffa poi ridiscese, l'infilò sotto le natiche e riprese il suo
periplo.
Ma, questa volta, soltanto il dito medio era abbassato mentre le
al-
tre dita, sollevate con grazia, lo affiancavano come elitre
aperte: es-
so sfiorò la pelle, finche il polso, piegatosi ad un tratto, si
fermò di
nuovo. Emmanuelle si sentiva battere il cuore così forte da farle
te-
mere che Io si potesse udire. La lingua le spuntò fra le labbra,
Marie-Anne continuò il suo gioco, Il dito maestro spinse più a
fon-
do, allontanando la carne. Di nuovo si fermò, disegnò un
cerchio,
esitò, tamburellò, vibrò con un movimento quasi invisibile. Un
suo-
no incontrollato uscì dalla gola di Emmanuelle. Marie-Anne abbas-
sòla rivista e le sorrise.
"Non ti accarezzi anche tu?", chiese con sorpresa. Chinò
la testa
sulla spalla con uno sguardo furbo. Io mi accarezzo sempre quando
leggo.
Emmanuelle assentì con un cenno, incapace di parlare. Marie-An-
ne posò il giornale, inarcò le reni, mise le manisui fianchi e,
con un
gesto vivace, fece scivolare le mutandine rosse sulle cosce. Agitò
le
gambe per aria per liberarsene. Poi si rilassò, chiuse gli occhi
e, con
due dita, separò le mucose rosee.
"È piacevole, lì", disse. "Non trovi? "
Di nuovo,
Emmanuelle fece un cenno d'assenso. Marie-Anne di-
ceva, col tono di una conversazione banale: "Mi piace fare
durare la
cosa a lungo. Per questo non tocco troppo la parte alta. È meglio
an-
dare su e giù nella fessura".
Illustrava il precetto con un gesto. Alla fine, i suoi reni
abbozza-
rono un arco e lei emise un fievole gemito.
"Oh!", disse, "non riesco più a trattenermi!"
Il suo dito trasalì sulla clitoride come una libellula. Il gemito
si
fece grido. Le sue cosce si aprirono con violenza poi si
richiusero
improvvisamente sulla mano imprigionata. Marie-Anne gridò a lun-
go, in modo quasi straziante, e ricadde ansimando. Dopo qualche
secondo riprese fiato, aprì gli occhi e mormorò: "È
proprio troppo
bello!".
E, chinando di nuovo il capo, introdusse il dito medio nel sesso
con precauzione e delicatezza. Emmanuelle si mordeva le labbra.
Quando il dito scomparve fino in fondo Marie-Anne sospirò a
lungo.
Era raggiante di salute, di coscienziosità, disoddisfazione per
il do-
vere compiuto.
"Accarezzati anche tu", la incoraggiò.
Emmanuelle esitò, come se cercasse una via di scampo. Ma que-
sto smarrimento durò poco- Si alzò ad un tratto ed aprì il
panta-
loncino. Lo fece scivolare lungo le gambe. Non indossava niente
sotto. La sua maglietta arancione metteva in risalto il suo pube
ne-
ro, lucido.
Quando Emmanuelle si fu sdraiata di nuovo Marie-Anne venne a
sedersi ai suoi piedi su un pouf di peluche spessa. Adesso erano
ve-
stite entrambe nello stesso modo, con il busto coperto e il basso
ven-
tre e le natiche nudi. Marie-Anne osservava da vicino il sesso
dell'a-
mica.
"In quale modo ti piace accarezzarti?" chiese.
"Ma come tutti!", disse Emmanuelle che il fiato leggero
di Marie-
Anne sulle sue cosce faceva impazzire.
La mano della ragazzina, se si fosse posata su di lei, l'avrebbe
li-
berata dallo spasimo dei sensi e anche dall'imbarazzo. Ma Marie-
Anne non la toccava.
"Fammi vedere", disse 'soltanto.
Almeno la masturbazione fu per Emmanuelle un sollievo imme-
diato. Le sembrava che un sipario si tendesse fra lei e il mondo
e,
man mano che le sue dita compivano fra le gambe la loro missione
consueta, la pace si fece in lei. Questa volta non cercò di
prolungar
la delizia dell'attesa. Provava il bisogno di ritrovar presto un
equili-
brio, un terreno noto; e quello che conosceva meglio era l'asilo
fol-
gorante dell' orgasmo.
"Come hai imparato a godere, Emmanuelle?", chiese
Marie-Anne
quando la sua amica fu tornata in se.
"Da sola. Le mie mani lo hanno scoperto senza aiuto",
disse Em-
manuelle, ridendo.
Si sentiva di buonumore e adesso aveva voglia di chiacchierare.
"Sapevi già farlo a tredici anni?", chiese Marie-Anne
con aria
dubbiosa?
"Certo, da tanto tempo! Tu no?".
Marie-Anne non rispose e proseguì il suo interrogatorio.
"E dove preferisci accarezzarti?".
"Oh, ci sono variposti. La sensazione è diversa sulla punta,
sullo
stelo o vicino alla base: qui. Non è lo stesso per te?".
Di nuovo, Marie-Anne ignorò la domanda. Disse: "Ti accarezzi
soltanto la clitoride?".
"No, che idea stramba! L'apertura piccolissima appena sotto,
sai,
l'uretra. Anche quella è molto sensibile. Basta che la tocchi con
la
punta delle dita per godere subito " .
"Cos'altro fai?".
"Mi piace accarezzare l'interno delle labbra, dov'è più
bagnato".
"Con le dita?".
" E anche con le banane (la voce di Emmanuelle ebbe una nota
d'orgoglio); le faccio penetrare fino in fondo. Le pelo, prima.
Non
devono essere mature. Quelle lunghe, verdi, che vendono qui al
mer-
cato acquatico - che piacere! " .
L'evocazione di quella voluttà la faceva svenire. Era così presa
dal-
le immagini dei suoi diletti solitari da dimenticare quasi la
presenza
dell'altra. Si massaggiò la vulva con le dita. Avrebbe voluto che
qual-
cosa, in quel momento, vi penetrasse. Si mise sul lato, verso
Marie-
Anne, con le palpebre chiuse e le gambe divaricate. Doveva assolu-
tamente godere un'altra volta. Sfregò con le dita congiunte
l'interno
delle labbra del sesso, con grandi movimenti veloci,
regolarissimi,
per vari minuti, finchè si sentì appagata.
"Vedi, posso accarezzarmi più volte di seguito".
"Lo fai spesso?".
"Sì".
"Quante volte algiorno?".
"Dipende. Capisci, a Parigi, ero quasi sempre fuori: in
facoltà, op-
pure per i negozi. Non riuscivo quasi mai a farmi godere più di
un
paio di volte alla mattina: al risveglio, quando facevo il bagno.
Poi
due o tre volte la sera, prima di addormentarmi. E di nuovo duran-
te la notte, quando mi risvegliavo. Ma quando sono in vacanza non
ho nient'altro da fare: posso accarezzarmi molto più spesso. E
qui
sarò sempre in vacanza! ".
Dopo rimasero senza parlare, vicine, gustando l' amicizia che na-
sceva dalla loro franchezza. Emmanuelle era felice di aver potuto
parlare di quelle cose, di aver vinto la timidezza. Felice
soprattutto,
anche se non osava riconoscerlo del tutto, di essersi masturbata
da-
vanti a quella ragazza che amava guardare, che sapeva godere. L'a-
dornava già in cuor suo di tutti i pregi. E la trovava così
graziosa!
Quegli occhi da elfo... e quella fessura meditabonda che disegnava
come una boccuccia sul viso di sotto, altrettanto espressiva,
sprez-
zante, carnosa dell'altra! E quelle cosce aperte, spudorate,
incuranti
della loro nudità... Emmanuelle chiese: "A cosa pensi,
Marie-Anne?
Sembri così seria!".
E, per gioco, strattonò una delle trecce.
"Penso alle banane", disse Marie-Anne.
Arricciò il naso ed entrambe risero a perdifiato.
" È comodo non essere più vergine " , commentò la
maggiore. " Pri-
ma, niente banane. Non sapevo cosa mi perdevo".
"Come hai incominciato con gli uomini?", indagò
Marie-Anne.
"È stato Jean a deflorarmi".
"Non hai avuto nessuno prima?", chiese Marie-Anne, così
palese-
mente scandalizzata che la sua interlocutrice assunse un tono di
scusa.
"No. Be' no sul serio. Certo, i ragazzi mi accarezzavano, ma
non
erano molto abili".
Ritrovò la sicurezza di se e disse: "Jean invece ha fatto
l'amore
con me subito. È per questo che l'ho amato".
"Subito?".
"Sì, il giorno dopo che l'ho conosciuto. Il primo giorno è
venuto a
casa mia; era un amico dei miei genitori. Mi ha guardata tutto il
tempo con aria divertita, come se volesse farmi arrabbiare. Ha
fatto
in modo di trovarsi solo con me e mi ha fatto domande su tutto:
quanti flirt avevo avuto, se mi piaceva fare l'amore. Ero
tremenda-
mente imbarazzata ma non potevo trattenermi dal dirgli la verità.
Un po' come con te! E anche lui chiedeva ogni sorta di
particolari.
L'indomani pomeriggio mi ha invitato a fare un giro con la sua
bel-
la macchina. Mi ha detto di sedermi contro di lui e immediatamen-
te, mi ha accarezzato le spalle, poi i seni, mentre guidava. Alla
fine
ha fermato la macchina in un sentiero deI bosco di Fontainebleau e
mi ha baciata perla prima volta. Mi ha detto in un tono che, non
so
perché, mi rassicurava completamente su quello che sarebbe acca-
duto: "Sei vergine e io ti prenderò". Siamo rimasti lì
a lungo, senza
parlare né muoverci, avvinghiati. Dopo un po' il mio cuore
batteva
meno forte. Ero felice.Questo accadeva esattamente come avrei po-
tuto sognarlo (anche se in realtà non lo avevo mai sognato). Jean
mi
disse di togliermi da me le mutandine e mi affrettai ad ubbidirgli
perché volevo collaborare alla mia deflorazione e non subirla
passi-
vamente. Mi fece sdraiare sul sedile della macchina. La capotta
era
abbassata e vedevo le cime verdi degli alberi. Lui stava in piedi
da-
vanti alla porta. Non ha incominciato con le carezze. Mi ha
penetra-
ta subito ma in modo tale che non ricordo di aver avuto male. Al
contrario, ho goduto così intensamente che sono svenuta - oppure
mi sono addormentata, non ricordo. In ogni caso non ricordo nien-
te fino al ristorante nel bosco, dove abbiamo cenato insieme. Era
meraviglioso! Dopo, Jean ha chiesto una camera. E abbiamo conti-
nuato a fare l'amore fino a mezzanotte. Ho imparato in
fretta!".
"Cos'hanno detto i tuoi genitori?".
"Oh, niente! Il giorno dopo raccontavo a tutti che non ero più
ver-
gine e che ero innamorata. Loro sembravano trovare la cosa norma-
le".
"E Jean ti ha proposto il matrimonio?".
"Per niente! Né io né lui pensavamo di sposarci. Non avevo
anco-
ra compiuto diciassette anni. Avevo appena passato la maturità. E
mi piaceva troppo avere un uomo, essere "l'amante" di un
uomo".
"Perché ti sei sposata, allora?".
"Un giorno Jean mi ha annunciato, tutto tranquillo come
sempre,
che la sua ditta lo mandava nel Siam. Ho pensato di stramazzare
per
il dolore, Ma lui non me ne ha lasciato il tempo. Ha continuato,
sen-
za ulteriori preamboli: "Ti voglio sposare prima di partire.
Mi rag-
giungerai in seguito, quando avrò una casa dove sistemarti"
".
"Cos'hai provato?".
"Mi è sembrato di essere in una fiaba; era troppo bello per
essere
vero. Ridevo come una pazza. Dopo un mese eravamo sposati. I miei
genitori avevano trovato assolutamente naturale che io fossi l'aman-
te di Jean ma si sono messi a strillare come aquile quando lui ha
par-
lato di sposarmi. Hanno cercato di dimostrargli che lui era troppo
vecchio, che io ero troppo giovane, "troppo innocente"
addirittura!
Ma ti pare! Tuttavia lui li ha convinti. Mi piacerebbe sapere
cos'ha
detto loro. Mio padre deve essere stato un osso duro: non poteva
ac-
cettare che io abbandonassi lo studio della matematica all'univer-
sità".
"Cosa?", sbottò Marie-Anne.
"L'anno di matematica che avevo iniziato in facoltà".
Marie-Anne scoppiò a ridere.
"Che idea stramba!".
Emmanuelle sembrò contrariata: "Non vedo cosa ci sia di così
di-
vertente. volevo diventare astronoma".
Una vivida fantasticheria la portò per qualche secondo in quel
cie-
lo fisico di cui aveva abbandonato Io studio per rispondere a
un'al-
tra attrazione. Quando riprese a parlare, la sua voce rivelò la
nostal-
gia di quegli spazi futuri ma anche la sua decisione di non rinun-
ciarviper sempre.
"Lo voglio ancora. Appena mi sarò sistemata riprenderò la
caccia
alle stelle. Ci sarà pure un osservatorio in questo paese. E ci
saran-
no professori che mi insegneranno a destreggiarmi con i
parsec".
Con un gesto sbrigativo Marie-Anne le fece intendere che quel te-
ma non era all' ordine del giorno riportando bruscamente a terra
l' aI-
lieva sognatrice.
"Com'erano i tuoi inizi da donna sposata?", chiese.
"Jean sarebbe dovuto partire dopo il nostro matrimonio. Ma
per
fortuna ci fu un ritardo di sei mesi, così non fummo separati
subito.
Ho potuto essere sua moglie legittima per Io stesso lasso di tempo
in
cui ero stata la sua amante. E ho scoperto che essere sposata è
al-
trettanto divertente che essere peccatrice. Anche se, all'inizio,
mi
sembrava strano fare l'amore di notte".
"E dopo? Dove sei vissuta mentre lui era assente? Dai
tuoi?".
"No, certo. Nel suo appartamento, anzi, nel nostro
appartamento
in rue du Docteur-Blanche".
"Non ha avuto paura a lasciarti così da sola?",
"Paura? Di che cosa?".
"Come, di che cosa? Paura che tu Io tradissi! ".
Emmanuelle sembrò giudicare quell'ipotesi peregrina,
"Non mi pare. Non ne abbiamo mai parlato, Probabilmente
l'idea
non gli è venuta in mente. E nemmeno a me, per questo".
"Eppure l'avrai fatto in seguito!".
"Perche? No. Un mucchio di uomini mi correvano dietro. Li
tro-
vavo ridicoli...".
"Allora non era una frottola quello che hai detto alle
ragazze?".
"Alle ragazze?".
"Ieri, te lo sei già dimenticato? Hai detto loro che non eri
stata
mai a letto con nessuno, salvo tuo marito".
Emmanuelle esitò per una frazione di secondo. Bastò perche Ma-
rie-Anne si mettesse subito in allerta. Si voltò di scatto, si
inginoc-
chiò e si chinò sul bracciolo, sfrecciandole uno sguardo
sospettoso.
"Non c'è una sola parola di vero in tutto questo",
l'accusò col to-
no di chinon ammette repliche. "Basta guardarti in faccia.
Dovresti
vedere come sembri sincera!".
Emmanuelle cercò di sottrarsi all'argomento, ma senza convin-
zione.
"In primo luogo non ho mai detto una cosa del
genere...".
"Come! Non hai detto ad Ariane che non tradivi tuo marito?
Anzi,
è per questo che ho voluto parlarti. Perche non ti credevo. Per
fortu-
na!".
Emmanuelle si intestardì nel suo ragionamento gesuitico:
"Allora
hai torto. Ti ripeto che non ho detto questo nel modo in cui tu lo
ri-
ferisci. Ho soltanto detto che sono rimasta fedele a Jean mentre
ero
a Parigi. Ecco tutto".
"Cosa significa: ecco tutto?".
Marie-Anne osservava attentamente il volto di Emmanuelle, che
si sforzava di sembrare disinvolta. Ad un tratto la ragazza cambiò
tattica. La sua voce si fece carezzevole.
"Inoltre, perche mai saresti stata fedele, mi chiedo. Non
c'era mo-
tivo che tu te ne privassi",
"Non era una privazione: non avevo voglia di nessuno, è
sempli-
ce".
Marie-Anne fece una smorfia, riflette, poi chiese: "Quindi se
tu
avessi avuto voglia di qualcuno, avresti fattol'amore con
lui?".
"Certo".
"Chi me Io garantisce?", la sfidò Marie-Anne con la
voce agra di
un bambino che cerca rogne.
Emmanuelle la guardò con aria indecisa poi, ad un tratto, disse:
"L'ho fatto".
Marie-Anne ne fu elettrizzata. Balzò in pedi, sedette di nuovo,
in-
crociò le gambe all'indiana e mise le mani sulle ginocchia.
"Vedi!", disse in tono moralizzatore e ferito, facendo
una smorfia
scandalizzata. "E tu cercavi di farmi credere il
contrario!".
"Non l'ho fatto a Parigi", spiegò Emmanuelle in tono
paziente,
Sull'aereo. L'aereo che mi portava qui. Capisci?".
"E con chi?", la incalzò Marie-Anne che mostrava di
aver perso
ognifiducia.
Emmanuelle indugiò per un attimo, poi rivelò: "Con due
uomini
di cui non conosco il nome".
Se pensava di far colpo sulla ragazza, rimase delusa perche Marie-
Anne rimase impassibile; ma proseguì il suo interrogatorio:
"Hanno
goduto dentro di te?".
"Sì".
"E ti hanno penetrato in profondità?",
"Ah, sì!".
Emmanuelle si mise istintivamente la mano sul ventre.
"Accarezzati mentre me lo racconti", le ordinò
Marie-Anne.
Ma Emmanuelle scosse ilcapo. Sembrava ad un tratto colpita da
afasia. Marie-Annela esaminò con sguardo critico.
"Dai!", la incitò. "Parla!".
Emmanuelle ubbidì, dapprima a malincuore ma presto, eccitata
dalla propria storia, senza più farsi pregare, anzi, sforzandosi
di non
dimenticare alcun particolare. Si fermò dopo aver detto come la
sta-
tua greca l'avesse presa. Marie-Anne l'aveva ascoltata con aria
con-
centrata, cambiando più volte posizione... tuttavia fingeva di
non
essere particolarmente impressionata.
"L'hai detto a Jean?", chiese.
"No".
"Hai rivisto quei due uomini?".
"No, certo!".
Sembrò che per un attimo Marie-Anne non avesse più nulla da
chiedere.
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tratto da:
Emmanuelle ARSAN, EMMANUELLE
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