"Tecnologia alternativa e/o migliore tecnologia per ridurre l'esposizione dai campi elettromagnetici"


ISPESL L'accordo procedimentale ISPESL - Comune di Venezia Comunicazione del responsabile elettrosmog del Codacons - avv. Cristina Tabano - all'ANCI per un dibattito sulle migliori tecnologie





 

Risposta a:

Comune di Venezia

Assessorato all’Ambiente

Nota 7.1.2000 prot. n. 17

 

 

                                                                                                                                           

                                              

                                       

               

                            PARERE IN ORDINE ALLA APPLICAZIONE DEL

PRINCIPIO DI MINIMIZZAZIONE DELLE ESPOSIZIONI AI CAMPI ELETTROMAGNETICI IN AREA URBANA

 

            

            

0.    Principio di minimizzazione

 

Il principio di minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici, richiamato dal decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381 [1], con riferimento ai campi elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz (art. 1), è uno dei principi cardine della radioprotezione ed è mutuato, in materia di protezione dalle radiazioni non ionizzanti,  dalla elaborazione teorica e dalla pratica della protezione dalle radiazioni ionizzanti.

 

                   La sua applicazione in politica sanitaria appare giustificata tutte le volte che occorre limitare l’esposizione di persone, lavoratori o membri generici della popolazione, ad agenti inquinanti, la cui azione sull’organismo umano non è limitata alla manifestazione di effetti deterministici o acuti,  ma è sospetta di originare effetti degenerativi a carattere stocastico, che si manifestano su grandi numeri, in relazione ad un’ampia popolazione di individui esposti, a livelli di esposizione inferiori a quelli che determinano la soglia per la manifestazione degli effetti acuti.

 

                   Sotto tale profilo il principio di minimizzazione è figlio del principio di cautela, introdotto nell’ordinamento comunitario nel Trattato di Roma [2].

 

                   Nell’ambito della radioprotezione dalle radiazioni ionizzanti, la cui azione degenerativa a carattere stocastico è tristemente verificata, il principio di minimizzazione ha trovato sistemazione teorica nei seguenti correlati principi di protezione, adottati in ogni situazione di esposizione a inquinanti con azione a carattere stocastico,  non a soglia.

 

1.    Principio di giustificazione

 

2.    Principio di ottimizzazione.

 

Quest’ultimo espresso nelle due forme di:

 

2.1         Ottimizzazione dei mezzi tecnologici impiegati (ALATA)

 

2.2        della finalizzazione delle applicazioni (ALARA)

 

Il principio di minimizzazione è applicato, nel nostro ordinamento, al campo dell’esposizione della popolazione alle radiazioni non ionizzanti, in forza dell’art. 4, comma 1, del citato decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381. Tale norma trova fondamento nel documento congiunto dell’Istituto Superiore per la Prevenzione  e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) e dell’Istituto Superiore di Sanità sulla problematica della protezione dei lavoratori e della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici e magnetici e a campi elettromagnetici a frequenza compresa tra 0 Hz e 300 GHz del 29 gennaio 1998 [3], laddove, con riferimento alla protezione dagli effetti a lungo termine dai campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, si afferma, tra l’altro:

-         a) sulla base di un principio cautelativo intorno al quale si riscontra un generale consenso, possono essere delineate strategie di abbattimento dei livelli di esposizione presenti negli ambienti di vita e di lavoro che comportino costi accettabili dalla comunità, anche per mezzo della ricerca e l’applicazione di nuove tecnologie … non deve essere ulteriormente possibile che impianti radiotelevisivi siano progettati in modo da irradiare direttamente all’interno di edifici di civile abitazione;

-         b) la riduzione delle esposizioni può essere adottata con modalità più restrittive in particolari situazioni (ad esempio nel caso di esposizioni negli spazi destinati all’infanzia e nelle strutture sanitarie)…

 

Nella nota aggiuntiva dell’ISPESL allo stesso documento congiunto [4], si osserva:

-         indicazioni provenienti dall’epidemiologia e dalla sperimentazione, tra cui quella di grande rilievo dovuta al recente studio sperimentale australiano, spingono ad assumere valori guida più cautelativi rispetto ai valori limite vigenti per gli effetti acuti. Conforta in questa direzione il fatto che , per l’esposizione alle radiofrequenze, è tecnologicamente ed economicamente possibile raggiungere una riduzione degli attuali tetti massimi di esposizione, soprattutto nelle aree residenziali e destinate all’infanzia o alle strutture sanitarie”.

 

I due documenti sopra richiamati, il documento congiunto ISPESL-ISS e la nota aggiuntiva dell’ISPESL, sono stati indicati dalla Camera dei Deputati, con mozione del 13 luglio 1999 [5], votata da tutti i gruppi parlamentari, come i documenti di riferimento per la regolamentazione della materia della protezione dei lavoratori e della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici e ai campi elettromagnetici.

 

Quanto richiamato porta a ritenere che in materia di protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici della popolazione, all’interno della quale sono riconoscibili soggetti sensibili, bambini, anziani, malati, debba essere adottato lo stesso principio di cautela e minimizzazione adottato nella protezione dalle radiazioni ionizzanti, anche in considerazione della numerosità dei soggetti che risultano esposti alle emissioni degli impianti di radiofrequenza o microonde installati, in particolare, in aree urbane.

 

 Conseguentemente appaiono applicabili al caso della esposizione della popolazione alle radiazioni non ionizzanti, così come ai campi elettrici e magnetici in bassa frequenza, i principi sopra richiamati numero 1 e 2.

 

1.   Principio di giustificazione

 

Tale principio comporta innanzitutto la giustificazione dell’esposizione, che deve soddisfare due condizioni:

 

·        1.1 ogni esposizione deve essere giustificata dal beneficio che ci si promette di ricavarne

 

·        1.2 deve essere evitata ogni esposizione non necessaria

 

L’applicazione di tale principio alle singole fattispecie concrete, cioè il riconoscimento del ricorrere delle condizioni che facciano decidere per l’esposizione delle persone o inducano a ritenere l’esposizione stessa non necessaria, nella pratica è demandata ad un arbitro, cui sono riconosciute doti di competenza e di imparzialità che ne garantiscono la funzione.

 

Ad esempio, nella radioprotezione del paziente  da radiazioni ionizzanti l'applicazione del principio di giustificazione è in capo al medico radiologo. In base al decreto legislativo  n. 230/1995 [6], regolamento concernente l’impiego delle radiazioni ionizzanti, ogni applicazione sanitaria, di radiodiagnostica o di radioterapia, deve essere valutata dallo specialista, il quale ha l’onere di discriminare i casi in cui i rischi derivanti dall’applicazione delle radiazioni ionizzanti appaiono compensati dai benefici attesi da tale applicazione. Per tale normativa: nel caso di un esame TAC è del radiologo l’obbligo di capire se la richiesta di esame sia giustificata  o meno, in relazione alla risoluzione del quesito diagnostico specifico, e se sia possibile ricorrere a differenti tecniche diagnostiche di pari efficacia ai fini dell'indagine [7].

 

Nella radioprotezione dei lavoratori professionalmente esposti alle radiazioni ionizzanti il principio di giustificazione trova una sua atipica applicazione nella contrattazione tra datore di lavoro e lavoratore, i quali convengono sull’opportunità dell’esposizione; ma tale deroga dal ricorso a una decisione arbitrale e la sua sostituzione con una decisione consensuale dell’esposizione è temperata, poiché la contrattazione non è paritaria, dalla valutazione del medico autorizzato, il cui parere favorevole è condizione necessaria, senza la quale l’esposizione concordata non può aver luogo.

 

 L’esposizione deve essere non solo concordata ma necessaria, cioè tale che ai fini per i quali la si prevede non possa essere sostituita da altri mezzi o impieghi; all’uopo il medico autorizzato si avvale della valutazione competente dell’esperto qualificato, una figura professionale che ha appunto il compito di determinare le migliori, cioè più protezionistiche, condizioni di esposizione o determinare soluzioni tecniche sostitutive della esposizione. La funzione di esperto qualificato può essere svolta, in modo talora più autorevole, da un Istituto autorizzato, introdotto nel nostro ordinamento di protezione dalle radiazioni ionizzanti dal dPR n. 185/1964 [8], e recentemente rivalutato in sede di Unione Europea.

 

Il principio di giustificazione trova applicazione in forma analoga, per ogni inquinante fisico, chimico o biologico, nella sicurezza del lavoro, in base al D.Lgs.n. 19 settembre 1994 n. 626 [9], il quale all’art. 3 – Misure generali di tutela, comma 1, lettera i), dispone:

l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, - che comprendono gli agenti sospetti di effetti degenerativi a carattere stocastico non a soglia -sui luoghi di lavoro.

 

Tale limitazione dell’impiego degli agenti chimici, fisici e biologici – che di per sé non costituisce ancora una estrinsecazione del principio di giustificazione – assume il significato della condizione 1.2, sopra riportata, dello stesso principio, ove la si inserisca nel contesto delle altre norme dettate dallo stesso art. 3 comma 1, e in particolare delle seguenti, che integrano la condizione 1.1, sopra riportata:   

 

a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;

b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;

c) riduzione dei rischi alla fonte;

d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;

e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso.

 

         Il rinvio alla valutazione arbitrale della giustificazione del rischio, è realizzato, nel contesto del regolamento,  626/1994, dalle ulteriori lettere della norma richiamata:

l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;

m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona;

e dalle norme che prevedono la valutazione del rischio, attraverso il datore di lavoro, da parte del medico competente:

Art. 4. - Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto.

1. Il datore di lavoro [....] valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.

6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1  [....] in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

Norme che rinviano, appunto, ove ne ricorra la necessità, alla sorveglianza sanitaria attuata dal medico competente, il quale – art. 17 comma 1 -:

c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art. 16;

h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza.

 

         Va sottolineato a questo punto che la sorveglianza sanitaria, mentre è già prevista nella protezione dalle radiazioni ionizzanti dalla normativa vigente, tanto dal DPR n. 185/1964 quanto dal D.Lgs. n. 230/1995, non è ancora obbligo di legge, sebbene sia prevista dal d.d.l. quadro sulla protezione dai campi elettrici e magnetici e dai campi elettromagnetici approvato dalla Camera dei Deputati con il n. 4816 [10] e sia prevista dallo Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla protezione dei lavoratori dai campi elettrici e magnetici e dai campi elettromagnetici, predisposto dal Ministero della Sanità d’intesa con il Ministero dell’Ambiente, il Ministero del Lavoro   e della Previdenza Sociale, il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, il Ministero delle Comunicazioni [11] e presentato alla Camera dei Deputati e al Senato l’11 novembre 1999 in osservanza della Mozione della Camera dei Deputati del 13 luglio 1999 (art. 6).

 

         Tale orientamento del Governo, in accordo con l’orientamento espresso dalla Camera dei deputati con la richiamata mozione, votata dall’Aula il 13 luglio 1999 , induce a considerare le radiazioni non ionizzanti, le radiofrequenze  e le microonde, nonché i campi elettrici e magnetici a bassa frequenza, alla luce del quadro normativo costituito dalle misure generali e sanitarie del decreto legislativo n. 626/1994, agenti fisici il cui impiego deve essere soggetto a giustificazione e a sorveglianza sanitaria.

 

         Tale connotazione delle radiazioni non ionizzanti e dei campi elettrici e magnetici a bassa frequenza permane, ovviamente, se dalla protezione dei lavoratori si passa al campo della protezione della popolazione.

 

            D’altra parte la stessa connotazione delle radiazioni non ionizzanti aveva già trovato riconoscimento nelle Linee guida IRPA-INIRC del 1988 [12], dove veniva esplicitamente enunciato, con riferimento al campo di applicazione concernente i campi elettromagnetici con frequenza tra 300 kHz e 300 GHz, il principio, sopra riportato al punto 1.2, di evitare le esposizioni non necessarie.

 

Conseguentemente il carattere di agente fisico con effetti degenerativi a carattere stocastico, non a soglia, ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento, con il decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, nel quale, in premessa, si riporta.

 

         Lo stesso carattere è implicitamente attribuito ai campi elettrici e magnetici a frequenza industriale nel nostro ordinamento, a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 1992 [13] che, all’art. 4 comma 2, prevede misure più cautelative di esposizione ai campi elettrici e magnetici, in relazione a lunghe e reiterate esposizioni, che interessino parte significativa della giornata.

 

         In sede di applicazione alla protezione della popolazione dalle radiazioni non ionizzanti, radiofrequenze o microonde, in territorio urbano,

 

il principio di giustificazione  può essere riformulato come segue:

 

gli impianti che comportano esposizione alle radiazioni non ionizzanti debbono:

 

a)    essere preventivamente giustificati,

b)     essere periodicamente riconsiderati,

 

alla luce dei benefici che da essi derivano e tenuto conto dei possibili effetti degenerativi a carattere stocastico, non a soglia, attribuibili, in via cautelativa ancorchè non conclusivamente accertati, alle loro emissioni.

 

            Allo stesso modo  il principio può essere formulato con riferimento all’esposizione della popolazione ai campi elettrici e magnetici a bassa frequenza e, in particolare, a frequenza industriale.

 

2.    Principio di ottimizzazione

 

Una volta che l’esposizione è stata giustificata, il rispetto de principi di cautela e di minimizzazione dell’esposizione, impone che l’esposizione venga ottimizzata.

 

            Nella radioprotezione del paziente, nelle applicazioni delle radiazioni ionizzanti, il principio di ottimizzazione trova una precisa articolazione: dall’utilizzazione di apparecchiature che diano basse dosi, al programma di formazione e aggiornamento dei responsabili di tali apparecchiature, alla programmazione di controlli di qualità periodici sulle apparecchiature, etc. [7].

 

         2.1 Principio ALATA

 

Tale articolazione costituisce una applicazione del principio ALATA (As Low As Technologically Achievable), per il quale le esposizioni vanno mantenute tanto più basse quanto tecnologicamente possibile.

 

         In base a tale principio, al momento della installazione degli impianti emittenti, deve essere verificato se lo stesso servizio per i quali gli impianti sono previsti, può essere realizzato attraverso l’impiego di impianti o dispositivi che realizzano condizioni di minore esposizione.

 

         Come nella radioprotezione del paziente, allo stesso modo il principio ALATA, deve essere applicato, ai fini della minimizzazione dell’esposizione,  nella utilizzazione delle radiazioni non ionizzanti, che interessa la popolazione, all’interno della quale, come già sottolineato, sono riconoscibili soggetti sensibili.

 

2.1.1 - La utilizzazione di apparecchiature, compresi dispositivi firmware e software, che diano bassi livelli di esposizione;

 

2.1.2 -  la formazione e l’aggiornamento del personale tecnico dei gestori degli impianti radiotrasmittenti;

 

2.1.3 - la programmazione di controlli di qualità periodici sulle apparecchiature;

 

2.1.4 - la verifica periodica dei livelli di esposizione generati dalle apparecchiature nelle zone circostanti accessibili alla popolazione:

 

sono tutti momenti di una attività di ottimizzazione che si conforma all’osservanza del principio ALATA e che devono essere opportunamente verificati.

 

         Assume particolare rilievo in questo quadro l’applicazione del punto 2.1.1: la scelta delle apparecchiature che comportino minori livelli di esposizione non concerne soltanto la scelta di dispositivi di qualità o la migliore progettazione degli impianti; ma riguarda anche l’adozione delle più avanzate tecnologie, che risultino meno impattanti dal punto di vista sanitario e ambientale, che si caratterizzano tanto nella individuazione dell’hardware, quanto nella implementazione di dispositivi firmware e software.

 

         Una applicazione di tale principio rivela tutta la sua efficacia protezionistica nel campo delle reti di telefonia mobile: la scelta del protocollo GSM costituisce un apparente progresso dal punto di vista radioprotezionistico: la tecnologia digitale, che sostiene il protocollo GSM, consente emissioni più contenute perché:

·        ciascun canale sostiene fino ad otto collegamenti (anziché uno solo, come nella tecnologia analogica che impiega il protocollo ETACS);

·        il dispositivo di trasmissione discontinua (DTX) consente ai canali di operare con potenze immesse di volta in volta determinate esclusivamente dalle necessità della trasmissione (non così nella tecnologia analogica ETACS).

 

La rilevanza di tali caratteristiche del protocollo GSM, in relazione al minore impatto sanitario delle emissioni della telefonia GSM, è messa ben in evidenza nel III documento tecnico, concernente la minimizzazione delle esposizioni, della Conferenza Network italiani e ISPESL, aperta a Firenze il 12 giugno 1998 e  conclusa a Napoli il 1 ottobre 1998, sottoscritto il 22 dicembre 1998 [14].

 

Tuttavia la configurazione di rete a celle calde, condivisa tanto dal protocollo ETACS che da quello GSM, non ha consentito fin qui di realizzare un impatto significativamente minore dal punto di vista sanitario e ambientale.

 

         L’introduzione della tecnologia a microcelle, per la copertura della rete di telefonia mobile e, soprattutto, la sostituzione delle celle calde con microcelle, tutte le volte che non sia in gioco la copertura ma soltanto lo sviluppo del traffico, dovrebbe comportare una sensibile riduzione dell’impatto. Dopotutto la microcella non ha impatto acustico, diversamente dalla cella calda i cui impianti debbono essere climatizzati, non ha impatto paesistico o paesaggistico, poiché non è montata su tralicci, e genera campi elettromagnetici localmente meno intensi, data la ridotta potenza immessa in antenna.

 

         Una più sensibile riduzione dei livelli massimi ambientali di campo elettromagnetico si otterrebbe con la sostituzione della rete a celle calde con una rete a microcelle. In tale ipotesi appare conseguibile l’obiettivo di qualità indicato dal Consiglio Comunale di Venezia di livelli di esposizione nelle zone accessibili alla popolazione, non superiori a 0,5 V/m [15].

 

         2.2 Principio ALARA

        

Un'altra articolazione del principio di ottimizzazione è il principio ALARA (As Low As Reasonably Achievable), per il quale l’esposizione deve essere mantenuta al livello ragionevolmente più basso possibile.

 

Tale principio è affermato, con applicazione alle radiazioni non ionizzanti, nella Risoluzione del Parlamento europeo 5 maggio 1994, concernente la protezione della popolazione dai campi elettromagnetici [16] e richiamato nella Risoluzione dello stesso Parlamento 10 marzo 1999, concernente la stessa materia [17].

 

C’è nell’implicazione di ragionevolezza, un’implicita ammissione di rischio, temperata dalla implicita valutazione del rapporto rischio-beneficio. Ancora una volta, come nel caso del principio di giustificazione, la valutazione non può che essere demandata ad un arbitro, che valuti di volta in volta la corretta applicazione del principio stesso. Il quale ultimo apparirebbe di scarsa efficacia, se non fosse accompagnato, nell’applicazione, dal principio ALATA e dal principio di giustificazione, tutti originati dal principio di cautela.

 

In ogni caso la valutazione arbitrale troverà validazione nei risultati: In una esposizione ottimizzata, i valori di esposizione reali dovranno risultare di alcuni ordini di grandezza inferiori ai valori limite fissati dagli standard protezionistici (ICNIRP)[7].

 

L’applicazione del principio ALARA concerne la scelta ottimale del sito, dove insediare l’impianto, che comporta una valutazione comparata del fondo elettromagnetico e una ricerca delle disponibilità dei siti, alla quale può concorrere efficacemente la partecipazione degli organismi di rappresentanza di base dei cittadini.

 

3       Applicazione

 

L’applicazione dei principi di minimizzazione, giustificazione e ottimizzazione comporta, come si è visto, una valutazione di merito, variabile caso per caso, che non può non essere discrezionale e deve perciò essere demandata ad un arbitro.

 

Le parti, nelle fattispecie che determinano l’insorgenza del rischio da esposizione ai  campi elettromagnetici, radiofrequenza o microonde, così come ai campi elettrici e magnetici a frequenza industriale, sono:

 

·        da una parte, le licenziatarie dei servizi di radiodiffusione o radiocomunicazione o di trasporto e distribuzione dell’energia elettrica,

·        dall’altra, la popolazione civile, che può risultare esposta in condizioni residenziali o lavorative.

 

Arbitro non può che essere la Pubblica Amministrazione e, in particolare il Comune, che rappresenta sul territorio i contemperati interessi della collettività, attraverso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), cui compete la valutazione dell’esposizione, che è esposizione di persone (non esposizione dell’ambiente, che non rileva ai fini dell’osservanza dei tetti di radiofrequenza, i quali sono tetti compatibili con la salute umana, come recita la Legge n. 249/97 [18], ovvero tetti di campo elettrico e magnetico, come risultano fissati dal DPCM 23 aprile 1992, citato). Una diversa attribuzione del ruolo arbitrale a organismi esterni alla P.A. non avrebbe le necessarie garanzie di terzietà. Così come una attribuzione a organismi diversi della P.A. non rispetterebbe il principio di specializzazione, contenuto nell’art. 97 secondo comma Cost.[19], in base al quale i compiti amministrativi in materia sanitaria non possono essere attribuiti se non alla Autorità Sanitaria: appunto il Sindaco, che si avvale del SSN (T.U. delle leggi sanitarie [20], legge di riforma sanitaria [21]).

 

Nell’ambito del SSN, istituito con la citata legge di riforma sanitaria, la competenza specialistica in ordine alla materia delle radiazioni non ionizzanti (art. 6 lett. i) è attribuita all’Istituto Superiore di Sanità (art. 9) e all’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), entrambi organi centrali del SSN (D.Lgs. n. 267/93 [22] e D.Lgs. n. 268/93 [23]). Quest’ultimo è presente su tutto il territorio nazionale, attraverso i dipartimenti periferici (DPR n. 441/94 [24]), e presta consulenza agli organi periferici del SSN anche con riferimento all’impatto degli insediamenti produttivi (DPR n. 619/80 [25]).

 

 L’ISPESL svolge funzione di consulenza nei confronti delle Aziende Sanitarie Locali e dei Comuni, in base a deliberazioni comunali [26], ai fini del procedimento autorizzativo per la installazione e l’esercizio di impianti che generano radiofrequenze e microonde. Nell’ambito di tale procedimento, ove i Comuni abbiano assunto, con deliberazione di Giunta, atto di indirizzo nei confronti degli uffici, nella valutazione istruttoria la ottemperanza del principio di minimizzazione, stabilito dalla vigente normativa, sarà verificata attraverso il rispetto contemporaneo del principio di giustificazione e del principio di ottimizzazione, secondo la estrinsecazione di tali principi sopra delineata.

 

                                                                                                                                                                                               

ISPESL

All. 1


Allegato 1 Riferimenti

 

[1] D.M. 10 settembre 1998 n. 381, Regolamento recante i tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana in attuazione dell’art.1 comma 6, lettera a), numero 15, della Legge 31 luglio 1997 n. 249, art. 4 comma 1.

 

[2] Trattato di istituzione della Comunità economica europea, Roma, 17 ottobre 1957, n. 1203, Titolo XVI, art. 130 R

 

[3] Documento congiunto dell’Istituto Superiore per la Prevenzione  e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) e dell’Istituto Superiore di Sanità sulla problematica della protezione dei lavoratori e della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici e magnetici e a campi elettromagnetici a frequenza compresa tra 0 Hz e 300 GHz, 29 gennaio 1998, Allegato a Fogli di informazione ISPESL, IV, 1997, paragrafo 4.2

 

[4] Proposta dell’ISPESL a seguito del Documento congiunto dell’Istituto Superiore per la Prevenzione  e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) e dell’Istituto Superiore di Sanità sulla problematica della protezione dei lavoratori e della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici e magnetici e a campi elettromagnetici a frequenza compresa tra 0 Hz e 300 GHz, 3 marzo 1998, Allegato a Fogli di informazione ISPESL, IV, 1997, paragrafo 2.

 

[5] Mozione 1-00360 della Commissione VIII della Camera dei Deputati della XIII legislatura approvata in Aula il 13 luglio 1999, Atti parlamentari – Camera dei Deputati 14 luglio 1999

 

[6] D.Lgs. n. 230/1995

 

[7] Iole Pinto (ASL Siena),  Valutazione del rischio di esposizione a N.I.R., Atti della Conferenza promossa dal CODACONS, Il principio ALARA, Firenze 8 dicembre 1999, I Mostra della Regione Toscana  “I colori della Salute”, Firenze, Fortezza da Basso, 4-8 dicembre, in pubblicazione.

 

[8] DPR n. 185/1964

 

[9] D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, art. 3 e 17

 

[10]  D.D.L. quadro – Camera dei Deputati n. 4816 - Protezione dai campi elettrici e magnetici e dai campi elettromagnetici di frequenza compresa tra 0 Hz e 300 GHz.

 

[11] Bozza di schema del  decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativo ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e agli obiettivi di qualità per la tutela della salute dei lavoratori professionalmente esposti nei confronti dei campi elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz, Ministero Ambiente, 13 luglio 1999.

 

[12] IRPA –INIRC, Guide lines, 1998, Exposures to electromagnetic fields, 300 kHz – 300 GHz, General public, Health Physics, 1, 1989.

 

[13] DPCM 23 aprile 1992, art. 4, comma 2.

 

[14] III Gruppo di lavoro della Conferenza Network italiani – ISPESL, Firenze 12 giugno – Napoli 1 ottobre 1998, coordinatore scientifico Livio Giuliani, Documento tecnico Criteri di minimizzazione attraverso protezioni, tempo di esposizione, criteri di progettazione, protocollo ISPESL 22 dicembre 1998.

 

[15] Consiglio Comunale di Venezia, Mozione 21 novembre 1999, Venezia, Atti del Consilio Comunale, 1999.

 

[16] Parlamento della Unione Europea, Risoluzione 5 maggio 1994.

 

[17] Parlamento della Unione Europea, Risoluzione 10 marzo 1999.

 

[18]  Legge 31 luglio 1997 n. 249, art. 1, comma 6, lettera a), numero 15.

 

[19] Costituzione della Repubblica Italiana, G.U. 27 dicembre 1947 n. 298, art. 97 comma 2

 

[20] Testo Unico delle leggi sanitarie, R.D. n. 1265/1934

 

[21] Legge 23 dicembre 1978 n. 833,

 

[22] D.Lgs. 30 giugno 1993 n. 267, art. 1

.

[23] D.Lgs. 30 giugno 1993 n. 268, art. 1

 

[24] DPR 14 aprile 1994 n. 441, art. 8

 

[25] DPR 31 luglio 1980 n. 619, art. 3, comma 2, numero 6).

 

[26] Giunta Comunale di Venezia, Deliberazione 21 ottobre 1999

 

 





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