INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

 

La Chimera

Di Beatrice Credi

 

 

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

-         Autore: Sebastiano Vassalli (Genova, 1941-vivente)

-         Titolo del libro: La chimera

-         Casa Editrice: Giulio Einaudi Editore

-         Città di pubblicazione: Torino

-         Anno di pubblicazione: 1990

-         Quattordicesima ristampa

 

PARTICOLARITA’ DEL TITOLO

Anche quando il libro è stato letto, è difficile dare un’interpretazione al titolo; solo pensando al messaggio dell’autore si può arrivare ad una concreta riflessione. L’obbiettivo di Vassalli è quello di offrire stimoli di critica sulla storia contemporanea, presentando un episodio del Seicento; per ricostruire il presente attraverso gli esempi di quel passato che ha contribuito a delineare le caratteristiche di oggi. Siccome però il libro evidenzia sostanzialmente gli aspetti negativi di quel secolo, è implicito che oggi ci trasciniamo dietro gli “orrori” dei nostri avi. Così la lotta contro le superstizioni, l’ignoranza, i pregiudizi e l’emarginazione del diverso, sono oggi molto più di allora una Chimera e cioè un’utopia, un’illusione.

 

IMMAGINE IN COPERTINA

In copertina vi è rappresentata un’opera di Giuliano della Casa dal titolo “Il merlo della pomposa” del 1984. L’immagine è formata da un ramo di un albero sopra al quale è posato un uccello. E’, in primo luogo un soggetto molto naturale, in piena sintonia con la natura che accompagna e quasi interagisce con i personaggi nel racconto. Poi l’uccello è per eccellenza il simbolo della libertà quella che Antonia sognava e che le è stata negata.

 

INDICE

p.3 Premessa Il nulla

7 I. Antonia

16 II. L’uovo

26 III. Rosalina

36 IV. La bassa

46 V. Don Michele

56 VI. I fratelli cristiani

66 VII. Zardino

75 VIII. Gente di risaia

84 IX. La Tigre

94 X. Don Teresio

103 XI. Il Caccetta

113 XII. I Corpi Santi

123 XIII. Roma

133 XIV. Biagio

142 XV. Il pittore di edicole

152 XVI. La Beata Panacea

161 XVII. I Lanzi

171 XVIII. L’ultimo inverno

181 XIX. Il processo

191 XX. I testimoni

200 XXI. La sposa

210 XXII. Il camminate

220 XXIII I due inquisitori

230 XXIV. La tortura

240 XXV. Il porco

250 XXVI. La prigione

260 XXVII. L’ultimo viaggio

270 XXVIII. La sentenza

280 XXIX. I paratici

290 XXX. La festa

300 Congedo Il nulla

 

RIASSUNTO PREFAZIONE

Nel libro non è presente una vera e propria prefazione contenente la vita e le opere dell’autore. Infatti, il romanzo inizia con una premessa alla narrazione che fa parte del racconto stesso.

 

GENERE LETTERARIO

Romanzo storico

 

RIASSUNTO DEL ROMANZO

Antonia, orfanella abbandonata nei pressi del convento di S. Michele a Novara, viene allevata dalle suore con la rigida disciplina del convento e dalla dottrina cattolica. Come tutte le “esposte” (abbandonate) del convento, è destinata ad essere adottata da un qualunque visitatore; all’età di dieci anni, Antonia è infatti presa in custodia dai Nidasio, coniugi provenienti da Zardino, piccolo paese della “bassa” novarese. Il suo arrivo al paese alimenta l’invidia e i pettegolezzi delle comari scandalizzate dalla diversità della bambina che intanto cresce molto bella ed intelligente.

Nel frattempo la città di Novara è segnata da avvenimenti importanti. Tra questi spicca il vescovado di Carlo Bescapè, confinato a Novara. Questi, dopo essersi inimicato con la Roma cattolica e corrotta del tempo, impone ai fedeli un credo più sincero e profondo. Inoltre fa sostituire i molti parroci corrotti immischiati in attività illecite e poco caste. Anche a Zardino vengono messe in pratica le sue riforme: il vecchio parroco Don Michele è infatti sostituito dall’ambizioso Don Teresio, che abitua i paesani a frequente cerimonie ed offerte in denaro. Antonia viene presto scacciata dall’ambiente ecclesiastico per aver riso del vescovo Bescapè in visita a Zardino. Da quel momento in poi tiene spesso in pubblico discorsi sull’inutilità dei preti e dei loro discorsi, atti solo a “spillare quattrini alla povera gente". Inoltre rifiuta proposte di matrimonio di nobili ricchi, ricoprendosi dell’accusa di “superbia” da parte del paese. Accusa che si rinforza quando Antonia viene ritratta da un pittore nelle vesti della Madonna del Soccorso. All’età di diciannove anni la ragazza si innamora di un anarchico vagabondo della bassa, un “camminate”, di nome Gasparo. I due si incontrano di nascosto la notte vicino “al dosso dell’albera” (collina con un castagno dove si pensava che le streghe si incontrassero col diavolo) e lui le fa grandi promesse. Antonia viene sorpresa più volte dai “Fratelli Cristiani” ( una specie di vigili urbani del tempo che impedivano ai “risaroli” di fuggire la notte), che forzatamente la riportano a casa. Tutti questi comportamenti misteriosi della ragazza alimentano le voci che ella sia una strega e che di notte partecipi ai “sabba”. Antonia che prima viene evitata e di conseguenza isolata dalla gente, infine da Don Teresio viene denunciata al Tribunale ecclesiastico di Novara, presieduto dall’inquisitore Manini; il quale si interessa con fervore al caso per ridare tono ed importanza al Tribunale approfittando dell’assenza di Bescapè recatosi a Roma. Vengono interrogati molti testimoni che confermano la colpevolezza della strega; gli unici a raccontare la vera storia d’amore tra Antonia e Gasparo sono l’amica Teresina, i coniugi Nidasio e il “camparo” Maffiolo. Per Manini tale storia è di poco effetto e troppo semplice. Antonia viene così arrestata e torturata brutalmente perché confessi le sue colpe: stremata afferma che di notte si incontrava con qualcuno che poteva essere anche un diavolo. Quindi Antonia viene imprigionata ed infine bruciata viva su una pira di legni ricavata dal castagno maledetto del “dosso dell’albera”.

 

PERSONAGGI

Protagonista: ANTONIA, come tutte le esposte del convento porta i capelli cortissimi e indossa la divisa cioè un grembiulone di tela verde. Ha i capelli neri color del carbone e un caratteristico neo sopra al labbro superiore. Cresce libera, indipendente, curiosa ed istintiva. E’ vittima della sua bellezza e delle credenze superstiziose del suo tempo.

CONIUGI NIDASIO, caratterizzati da una grande bontà d’animo, lui, BARTOLO è un omiciattolo basso e tarchiato sulla cinquantina, con la barba grigia e il sorriso goffo, porta sempre il cappello a cono tipico dei contadini della bassa; lei, FRANCESCA dal viso rotondo senza età, con gli occhi azzurri e sedere e seno enormi infagottata in uno scialle e in un vestito di lana lungo fino ai piedi.

IL VESCOVO BESCAPE’, nobile di nascita, raffinato per educazione buon conoscitore del latino e dello spagnolo, scrittore esperto di diritto ecclesiastico e civile con uno spiccato senso dell’organizzazione. Ciò che colpisce in lui sono le mani bianche e scarne con unghie diafane e ben curate quasi da donna se non fosse per le grosse nocche e per i peli lucidi e neri che le ricoprono. Di salute cagionevole, soffre spesso di emicranie che lo innervosiscono e tutti i suoi acciacchi l’hanno reso cadaverico.

DON MICHELE, caratterizzato dalle sue attività illecite è un ometto vispo e ben in carne; è difficile dargli un’età ma ha sicuramente più di sessant’anni. Veste da contadino, con pantaloni di fustagno retti da un paio di bretelle di spago e giacca sempre di fustagno tutta rattoppata. Soltanto la stola verde ricamata in oro che porta a tracolla fa parte del corredo dei preti. Non porta nemmeno la chierica lasciando così scoperti i corti capelli tutti bianchi in contrasto con le guance rosee e ha gli occhi così chiari da sembrare gialli.

DON TERESIO, tipiche sono le sue prediche apocalittiche e le continue richieste di donazioni. E’ un parroco giovanissimo, al massimo venticinquenne, pallido e magro, sulla cui pelle chiara risaltano grandi occhiaie incavate e subito sotto, le guance sono lisce come quelle delle donne; soltanto sul mento spunta un ciuffo di barba mal rasata.

BIAGIO LO SCEMO, ha un amore incontrollato per Antonia che lo porta spesso a cacciarsi in situazioni ridicole. E’ grande e grosso ma il suo cervello non cresce di pari passo con il corpo. E’ però molto mite, docile e servizievole: non si ribella mai ai torti che spesso subisce da parte delle zie. Cadendo si è rotto il dente davanti e certi suoni non li pronuncia bene.

GASPARO, è piuttosto basso di statura, biondiccio, con gli occhi grigi che spuntano dalle fessure delle palpebre e il viso rotondo senza barba né baffi. Veste con abiti appariscenti e volgari: grandi maniche a bande gialle e nere, farsetto giallo e pantaloni aderentissimi; porta, appese alla cintura la pistola e il coltello e in testa un cappello piumato. Ama la libertà e illude Antonia con promesse irrealizzabili.

L’INQUISITORE MANINI, un uomo alto e snello di colorito pallido ma di aspetto gradevole, elegante nei gesti e nell’abito monacale bianco e nero attillato di lana leggera. Le sue mani, dalle dita affusolate, sono curatissime. Parla con un lessico elevato e ricco di figure. Dopo che si è trasferito da Roma a Novara, soffre continuamente di emicranie e altri dolori reumatici.

IL CAMPARO PIETRO MAFFIOLO, sul “nonno” di Antonia si diceva che avesse un’avversione nei confronti delle donne, che nonostante i capelli grigi, lo consideravano ancora un bell’uomo; ma lui, lo scapolo più ambito di Zardino, non si curava né delle comari né delle voci che queste mettevano in giro.

IL BOIA BERNARDO SASSO, caratterizzato dalla pietà per le sue vittime e dalla devozione al lavoro. E’ un uomo di mezza età vestito di grigio, con la testa e le guance accuratamente rasate, occhi azzurri vivacissimi. Figlio d’arte compiva il suo lavoro con assoluta normalità, equilibrio e saggezza.

 

PRINCIPALI SECONDARI

- Antonia - le comari

- i coniugi Nidasio - le suore del convento di Novara

- il Vescovo Bescapè - Rosalina

- don Teresio - i coniugi Barbero

- don Michele - i risaroli

- l’inquisitore Manini - il Caccetta

- Biagio - i fratelli cristiani

- Gasparo - il pittore di edicole Bertolino

- Pietro Maffiolo - Teresina e Anna Chiara

- il boia Bernardo Sasso - Taddeo e Bernardo

- Monsignor Cavagna

- i Lanzi

- la società e la folla (personaggi collettivi)

- Bartolone e Jacopo

-Gippa Demaggi

- Spirito Fassola e le gemelle Borghesini

Tutti i personaggi, compresa la protagonista Antonia, sono in secondo piano rispetto alla vicenda che non è particolarmente romanzata, in tal modo l’autore riesce a creare un quadro della situazione seicentesca.

Parte dei personaggi, come Antonia, Manini, Bescapè sono realmente ESISTITI, sono cioè figure appartenute realmente alla storia dell’epoca.

Essendo una storia vera, Vassalli ha tratto le informazioni necessarie alla stesura del suo romanzo da cronache e verbali del tempo che, anche per quel che riguarda il processo, si limitano a descrivere i fatti e non riportano le sensazioni dei protagonisti legate a determinati momenti. Infatti, la caratterizzazione psicologica dei personaggi è quasi assente, sono rari i punti dove l’autore parla dei loro sentimenti, ad esempio da questa frase di Antonia: “Antonia, che pur aveva avuto modo di conoscere il paese di Zardino […] provava però ancora dei sentimenti contrastanti, di attrazione ma anche di paura per quel nuovo ambiente dove era capitata.” (pag. 75), emerge il suo amore-odio per Zardino. Al contrario grazie alla caratterizzazione fisiognomica, il lettore viene a contatto con abiti e mode inusuali e curiose di un tempo che non gli appartiene. Ma ancora più forte è la caratterizzazione antropologica della società in generale. Tutto il romanzo è percorso da lunghe e precise descrizioni riguardanti gli usi, i costumi e le credenze del mondo di Antonia.

Antonia, inoltre, è un personaggio a tutto tondo. Infatti, è chiarissimo da come si sviluppa il romanzo il modo in cui si evolve e cambia le sue idee, soprattutto per quanto concerne la religione. Non è però il solo personaggio. Anche il Vescovo Bescapè è a tutto tondo perché prima vuole cambiare la chiesa, poi si rassegna e si rende conto che è impossibile: “Quella chiesa che lui e Borromeo avevano voluto rifondare sulla fede, sul fervore morale, sulle grandi opere di devozione e di pietà, s’era invece raggelata e bloccata nel breve volgere di due decenni; era rimasta così, come la Babilonia delle antiche scritture, un monumento alle cose del mondo e alla politica del mondo […]” (pagg. 260-261).

 

AMBIENTAZIONE SPAZIO-TEMPORALE

Il racconto è ambientato principalmente a Zardino, un arretrato paese della bassa novarese; quella che oggi è la bassa Val Sesia. Spesso però la vicenda si sposta su Novara dove due sono i luoghi principali: il convento e il Tribunale, che segnano rispettivamente “la nascita” e la “morte”, soprattutto in senso morale, di Antonia.

L’azione comprende un arco di tempo di vent’anni (1590-1610 d.C.), cioè a cavallo tra i due secoli nel periodo della Controriforma; il romanzo descrive però più minuziosamente gli ultimi due anni della vita di Antonia. Il tempo è per lo più cronologico, fabula ed intreccio si sviluppano quasi parallelamente, a volte però l’autore anticipa ciò che deve accadere con analessi, oppure racconta la storia passata della bassa tornando indietro di parecchi anni, come nel caso della vita del Caccetta. Il racconto è inoltre intercalato da ellissi, principalmente da un capitolo all’altro, pause, cioè descrizioni dove sul piano dell’azione non succede nulla e sommari ossia riassunti spesso anche di intere stagioni.

 

STILE, TECNICHE NARRATIVE,

LINGUAGGIO DELL’AUTORE

Per quanto riguarda lo stile, lo scrittore predilige descrizioni lunghe e minuziose dei luoghi ma anche dei mestieri e delle usanze dell’epoca, soffermandosi sui suoni, i colori, gli odori: “La natura tutta era un’esplosione di profumi, di pollini, di ronzii, di canti, di richiami, di colori” (pag. 154); i dialoghi del testo, invece, sono rari e semplici.

Il narratore, cioè lo scrittore, è onnisciente ed esterno alla vicenda, quindi la focalizzazione è zero, però spesso si inserisce nella narrazione con commenti personali e osservazioni: “Davanti a me sul mio tavolino, mentre scrivo, c’è una fotografia a colori […] che non speravo nemmeno più di ritrovare […] La fotografia di Antonia […]” (pag. 94).

La sintassi è articolata: ci sono periodi molto lunghi ed un uso particolare dei “due punti” che sono ricorrenti e a volte sostituiscono le virgole. Il lessico è molto vario poiché si trovano spesso espressioni dialettali arcaiche come: “lavandere, pistolese, baragie” e tracce di grida e di documenti in latino o in volgare: “a qualunque persona di qualsivoglia grado, e stato ancora privilegiato, che non ardisca di seminare, ne far seminare riso intorno alla città di Milano per sei miglia, e intorno alle altre città dello stato per miglia cinque […]” (pag. 43).

Vi sono inoltre nel testo alcune similitudini con il mondo moderno molto concrete che semplificano ciò che l’autore vuole intendere: “i contadini come macchine umane dell’agricoltura” (pag. 140).

Inoltre il romanzo non inizia “in medias res”, infatti, all’inizio del racconto c’è una presentazione dei personaggi, del luogo e del tempo in cui la vicenda si svolge.

 

MESSAGGIO DELL’AUTORE

Per analizzare il messaggio che Vassalli vuol fare trasparire dal romanzo, partirei da una frase di Ranier Maria Rilke un poeta boemo: “Anche se il mondo si muta rapido, come orma di nuvola, ogni cosa compiuta ricade in grembo all’antica”. Infatti, la società odierna non è altro che quella seicentesca e anche se alcune cose sono per forza cambiate, l’uomo è sempre quello di allora. Antonia potrebbe benissimo essere una ragazza del nostro tempo, una “diversa” nel mondo di oggi in piena crisi di valori proprio come nel periodo della Controriforma; e verrebbe trattata, seppur attraverso manifestazioni differenti, con i pregiudizi, l’ignoranza e l’emarginazione con cui fu trattata Antonia. Chiunque legge questo libro può immedesimarsi in Antonia perché chi non si è mai sentito diverso, chi non si è mai sentito vittima di una società creata attorno ai pregiudizi e infine chi non si è mai accorto di come l’uomo sia spaventato da ciò che non rientra nei suoi rigidi canoni e da ciò che si considera diverso ma che il più delle volte rappresenta una via di fuga da una vita arida, chi… oggi come ieri?

Inoltre il romanzo inizia e termina con una premessa e un cogedo entrambi intitolati “Il nulla”. Antonia è una trovatella della cui origine s’ignora ogni cosa. Dopo la tortura e il supplizio anche le sue ceneri finiranno nel nulla, disperse da un nubifragio. Tutto si origina nel nulla e ritorna nel nulla.

 

GIUDIZIO PERSONALE

Il libro, anche se interessante è stato abbastanza difficile da leggere a causa delle molte frasi in volgare o addirittura in latino e delle copiose descrizioni. Questo ostacolo ha fatto sì che terminassi il libro in un mese.

Il libro mi ha un po’ annoiata per i primi capitoli, in cui la narrazione non ha grandi impulsi, in quanto a brevi periodi di narrazione si alternano lunghe descrizioni dei luoghi o della loro storia che non sono molto stimolanti; quando Antonia ha iniziato a crescere mi sono appassionata di più perché anche le pause descrittive e i riferimenti storici sono più interessanti che all’inizio.

Penso che il romanzo esponga idee interessanti ma soprattutto stimolanti anche perché i concetti che emergono dalla lettura sono di estrema attualità, adatti ai ragazzi come sorta di insegnamenti. Comunque è un libro che consiglierei, senza ombra di dubbio, anche ad un adulto.

Ciò che mi ha forse più di ogni altra cosa colpito è la maestria di Vassalli nel portare il lettore, attraverso la descrizione di un avvenimento passato, a riflettere sul presente ma come dice lui: “per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla; magari laggiù […] nel villaggio fantasma di Zardino, nella storia di Antonia” (pag. 6).

Inoltre, nel congedo che ci regala l’autore, questi parla per la prima volta in tutto il romanzo di Dio, qualunque esso sia, dicendo chiaramente che bisogna rendere conto a un personaggio di questa storia che non esiste: poiché “molti anche tra i viventi di quest’epoca sentono il bisogno di proiettare là dove tutto è buio, per la paura che hanno del buio. Colui che conosce il prima e il dopo e le ragioni del tutto e però purtroppo non può dircele per quest’unico motivo, così futile!: che non esiste” (pag.303). Ecco come il nulla faccia parte della nostra esistenza anche per quel che riguarda un Dio.

Infine questa lettura mi ha fatto riflettere su come sia oggi che ieri l’intolleranza è viva e questo solo perché a volte gli altri non sono a nostra “misura” così come non lo era Antonia che rompeva i canoni di una società falsa e corrotta. Nessuno ha capito o voluto capire che lei rappresentava la libertà e che forse i diversi erano loro: i suoi persecutori. Quindi mi domando: chi sono i diversi? Con che metro o unità di misura possiamo stabilirlo? Con le percentuali?… non credo.