IL REGNO DI EMANDINI
LE ALI DELLA
SPERANZA
Inghilterra, ottobre 1098
Era una bella giornata; il sole splendeva alto in cielo e
disegnava un arcobaleno sulla vetrata della camera del mio padrone.
Ieri era stata giornata di caccia, ero ancora molto stanco. Per che
cosa, poi; due insignificanti cervi e cinque conigli talmente piccoli
che non sarebbero andati bene neanche per il banchetto mensile della
casata. Lunica mia consolazione era il cielo; bello, azzurro,
immenso, un enorme lenzuolo, un lenzuolo che era la mia casa. Le mie
orecchie furono trapassate da un fischio penetrante. Avevo imparato a
conoscerlo, dopo tanto tempo. Il padrone mi chiamava, dovevo andare
immediatamente. Quando arrivai, notai che gli uomini non erano uno,
bensì due. Il primo era il mio padrone, lOnorevole Sir
Friedsbruck di Wattersly, e laltro era un nobile sconosciuto,
con un paio di folti baffi penetranti.
Il mio padrone rideva compiaciuto:
"Jack" mi disse "questo è Sir Artur di Birmingham, signore
della casata del Leone. Sarà nostro ospite per qualche
tempo"
Avrei voluto stringergli la mano, come fanno tutti i buoni padroni
di casa; purtroppo però non era possibile. Sir Artur pareva
comunque contento; guardava nella mia direzione con espressione
soddisfatta
"Ce lavessi io unaquila simile al mio castello. Dove
lavete trovata?"
"Nel bosco" spiegò il mio Onorevole Padrone "era in punto
di morte. Gli ho salvato la vita, ed in cambio Jack mi presta i suoi
servigi permettendo di sfruttare le sue ottime doti di cacciatore.
Pensate che proprio ieri ha attaccato un cervo di tremila libbre
abbattendolo"
Lospite continuava ad annuire compiaciuto. Mi sfiorò
la testa. La sua mano era troppo ruvida per i miei gusti
"Mi sembra anche molto docile" osservò
Quel tizio cominciava a non piacermi. Non mi piaceva il modo in
cui mi guardava. Se le regole che mi erano state imposte non lo
avessero impedito, non avrei esitato a cavargli un occhio con un
colpo solo. In quel momento fece ingresso una donna dai capelli
biondo oro con il classico abbigliamento da castellana. Il matrimonio
tra il Padrone e Kate di Rotterdam era avvenuto circa un anno fa.
Ricordavo ancora quei giorni, quella cerimonia sfarzosa. Però
io non piacevo a Kate, ed entrambi lo sapevamo molto bene. Non era
raro sentirla dire: "Fried, caro, perché non ci sbarazziamo
una volta per tutte di quelluccellaccio del malaugurio?" o
"Quellinfimo animale consuma più di tutta la
servitù messa insieme". Fortuna che cera il Padrone a
proteggermi. Lui non mi avrebbe mai tradito.
Quando il Padrone mi disse che potevo andare, tornai a volteggiare
nellimmenso fino allora di cena. Se naturalmente si
poteva definire "cena" un quarto di coniglio selvatico. Tuttavia,
avendolo azzannato e ucciso io stesso, il gusto che provai si
rivelò maggiore. Il giorno ero libero di comportarmi come
preferivo, entro certi limiti, ma la notte ero costretto a
trascorrerla in una gabbia. Era spaziosa e confortevole, ma non si
poteva certamente paragonare al mondo esterno. Comunque, avevo capito
già da tempo, vedendo alcuni miei simili relegati in simili
affari di ferro ventiquattrore su ventiquattro, esclusi i periodi di
caccia, che occorreva accontentarsi. La mia stanza notturna era
situata sul lato ovest del castello. La notte dellarrivo di Sir
Artur fu stranamente movimentata; improvvisamente delle voci sommesse
mi fecero sobbalzare. Aprii stancamente gli occhi, vedendo due sagome
indefinite. Abituandomi lentamente alloscurità riuscii a
riconoscere la bionda Kate, in vestaglia da notte. La castellana
borbottava qualcosa allorecchio di un uomo. Mi calavano le
palpebre, nel giro di trenta secondi ero ricaduto nelle dolci braccia
di Orfeo.
Il giorno seguente non mi sentivo bene. Una stanchezza quasi
cronica mi opprimeva il cuore. Il cielo era nuvoloso, non mi
attirava. Mi appollaiai sulla finestra della sala da pranzo ed
assistetti per intero al primo pasto. Le portate erano più
sfarzose del solito, come sempre succedeva quando al castello
cerano ospiti. Sir Artur manteneva costantemente quel suo
sorriso tra il laconico e il beffardo. Durante il pomeriggio ripensai
ripetutamente a quella notte, alle strane uscite notturne
dellantipatica Kate, ai sorrisi del signore della contea del
Leone, al mio Padrone
Sir Fried durante il pomeriggio si recò al mercato di
Newport, lasciando la gestione del castello in mano a Kate. Mi
accovacciai sul ramo più alto di una quercia, quando
cominciò a piovere. Le gocce dacqua penetravano nelle
mie piume; mi alzai in volo, volteggiando intorno alla fortezza.
Intravidi Sir Artur entrare nella cuccia dello stalliere, quel giorno
assente. Dalla finestra rimase ad osservare la scena fino a
fradiciarmi. Al momento non compresi le loro parole, ma poi
"Stanotte è il momento giusto, Kate
" diceva il
signore alla sua ascoltatrice
"Oh, Artur, finalmente saremo liberi
"
"Il colpevole dovrà sembrare lo stalliere.
Nasconderò qui il pugnale. Verrà impiccato"
Poi vidi fare un gesto che avevo visto solo in unaltra
occasione, la cerimonia matrimoniale tra il Padrone e sua moglie. I
due si avvicinarono, appoggiarono le loro labbra le une sulle altre
e, con una serie di contorsioni, diedero vita ad un balletto che
aveva del patetico.
Quella notte il mio umile cervello di volatile era in subbuglio.
Più mi sforzavo di pensare, più non riuscivo ad
imbastire una sequenza logica di pensieri. Sapevo solo una cosa:
linganno ordito ai danni del mio Onorevole Padrone andava
evitato, a costo della mia stessa vita. Ma cosa potevo mai fare io,
rinchiuso in una gabbia, contro gli inevitabili arabeschi del
destino?
Non cera molto tempo, dovevo almeno tentare. Con tutta la
forza beccai la porta della gabbia fino a farmi dolere tutto il
corpo. Gli umani spesso parlavano di un essere superiore, di un dio,
o almeno mi pare che si chiamasse così
in quel momento
invocai con lanimo proprio quellessere supremo,
perché mi aiutasse nel mio intento. La porticina
improvvisamente si spalancò. Uscii freneticamente. Il freddo
era pungente come la lama di un pugnale. Il pugnale che avrebbe
dovuto uccidere il mio Padrone quella sera.
Mi diressi verso la finestra della camera da letto del castellano,
invocando per la seconda volta quellessere superiore
perché me la facesse trovare aperta. E per la seconda volta il
dio si dimostrò puntuale allappuntamento. I momenti
successivi non li ricordo nitidamente. Un coltello dalla lama
appuntita e splendente alla luce della luna pendeva sul capo del mio
Padrone. Il delitto si stava compiendo. Entrai nella stanza; non lo
avevo mai fatto, era vietato. Ma non potevo pensare alle regole in
quel momento. Mi avventai sullinfido Sir Artur e cominciai a
colpirlo con tutta la forza allocchio. Proprio mentre
laspirante assassino stava accasciandosi una coltellata
trapassò il mio corpo. Limmagine del signore di
Birmingham accasciato in un angolo della stanza, una mano poggiata
sullorbita sinistra ormai priva del suo contenuto, è
lultima che il mio cervello percepì nella vita
terrena.
Erano venuti anche dai paesi vicini per assistere
allesecuzione. Una folla di persone, tra cui addirittura
qualche bambino, circondava la doppia forca. Quel giorno le uccisioni
sarebbero infatti state due. Cera tra la folla chi mormorava
che la meschina Kate di Rotterdam si fosse accordata per
lomicidio di Sir Friedsbruck con Sir Artur già da prima
del suo matrimonio. Altri dicevano che a salvare dalla morte il
cortigiano fosse stata la sua aquila, rimasta uccisa dal signore di
Birmingham. Quando luomo e la donna entrarono Sir Fried sedeva
su unalta seggiola proprio davanti al luogo
dellesecuzione con espressione solenne e una pergamena in mano.
Uno dei due uomini aveva una vistosa e inspiegabile fasciatura
all'occhio sinistro. Tra la folla si mormorava che probabilmente
aveva perso del tutto la vista. Il cappio fu sistemato dal boia
intorno al collo di entrambi i condannati. Le parole del signore del
castello risuonarono sonoramente:
"Io vi condanno, per alto tradimento, allimpiccagione,
finché morte non sopraggiunga. Si proceda"
Il boia tirò la leva.
Dalla folla si alzò un coro di gridolini.
Emanuele Di Nicola
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