Emandini presenta...

Full moon
quando c'è la luna piena tutto può succedere…

La lettura è sconsigliata ai deboli di cuore e alle donne incinta

PARTE I
Rocco a quel punto stava cominciando a dubitare dell'esistenza del Paradiso. Quasi sette ore che stava in quello schifoso bosco con il fucile a pallettoni in mano, cinque chili di zaino in spalla, ed aveva trovato solamente lumache più viscide e oliose di Anna Oxa al festival di Sanremo. Va bene, c'era la fottuta ricompensa; ma ne aveva i coglioni pieni di quella storia. Gli tornò alla mente il Phantom racchiuso nella vetrina del negozio, ed allora riprese le energie. Cazzo, doveva avere quel motorino. Erano anni che si nascondeva al bagno quando non aveva studiato per non prendere votacci. Tutto per il dannato motorino. Poi, quella mattina, mentre andava a scuola e lo scroto sinistro gli prudeva intensamente, aveva visto il cartello. Venti milioni per chi avesse mandato all'altro mondo quel fottuto lupo mannaro che viveva nel bosco. Aveva già ammazzato sedici donne, il bastardo. Comunque, Rocco Tarallo, sedici anni, non ci aveva pensato due volte: aveva mandato al diavolo la dannata scuola, rinunciando addirittura al programma di wrestling. Aveva grattato il fucile al padre, che probabilmente in quel momento era intento a rollarsi una canna nella cella della galera in cui era rinchiuso per rapina a mano armata, ed era zompettato fino al bosco. Cazzo, per venti milioni avrebbe fatto fuori anche il mostro di Loch Ness, figurarsi un lupo mannaro rotto in culo. Continuava a guardarsi intorno, e a declinare i nomi dei santi. Solo maledette lumache; avrebbe potuto prenderle e rivenderle al mercato, ma puzzavano più di una scoreggia, e metterle nello zaino non sarebbe stato conveniente. Si accese due Marlboro e le infilò contemporaneamente in bocca, mentre scrutava l'orologio e constatava inviperito che il tempo in cui non aveva combinato un cazzo era salito a sette ore e mezza. I suoi occhi intontiti dal fumo intravidero una figura muoversi dietro un cespuglio. Stava lì, annidata nell'ombra, il corpo ricoperto da una incalcolabile quantità di peli. Tarallo non ci pensò su due volte: quattro colpi, uno dietro l'altro, e via. Stecchito. Il licantropo del cazzo era finito dritto all'inferno. Si avvicinò e lanciò un'occhiata. Mancò poco che saltassero le coronarie: non riusciva a crederci. L'aveva combinata grossa, stavolta: una vecchiaccia sulla novantina era immersa in una pozza di sangue e interiora. In mano, un cestino pieno di funghi. La maglietta con scritto "VERGINE MARIA, AIUTACI TU" contava ben quattro buchi, da dove zampillava sangue come una fontana. La donna presentava un paio di baffi e una folta barba da far invidia a Che Guevara. Probabilmente si era offesa a causa degli spari, dato che continuava a sputare sangue e a rinnegare la religione. In una manciata di secondi, dopo essersi cagata sotto ed aver minacciato una reincarnazione nelle vesti di Moana Pozzi, la vegliarda abbandonò definitivamente il mondo terreno.
Tutto questo, mentre Rocco guardava allibito e respingeva faticosamente attacchi di conato. Quella vecchia troiona aveva più peli di King Kong, e poteva sembrare benissimo un uomo lupo, vista da lontano. Ma ormai era fatta; la terra avrebbe avuto una donna barbuta in meno. La trascinò dietro a un cespuglio nascondendola alla meglio, e si rimise in cammino. Aveva commesso un omicidio; ma non gliene fregava un cazzo. Erano le dieci e diciotto di sera, e a Rocco, dopo quattro pacchetti di Marlboro, svariati grammi di cannabis, e una slinguazzata di LSD (l'aveva grattato a suo cugino, che spacciava quella merda), pareva di vedere nella luna il riflesso delle chiappe di Cindy Crawford. La luna era piena, naturalmente. Tempo da lupi. Tarallo stava cominciando a intonare Alice nel paese dei cazzi dei Profilax, quando se lo ritrovò davanti. Stavolta non c'erano dubbi; non era una sporca novantenne. Era il lupo mannaro. Doveva essere alto almeno tre metri, ma non si poteva calcolare con esattezza perché era più gobbo di Quasimodo. Si atteggiava e digrignava i denti, quando Rocco biascicò:
"B-buonasera… come butta?"
La risposta fu un grugnito degno del video porno di Pamela Anderson. L'animale stava per alzare una zampa, quando il ragazzo si avvicinò, e slacciandosi la cintura dei pantaloni, prese a pisciargli addosso. Il lupo cominciò a bestemmiare selvaggiamente, poi, zuppo del liquido giallo, scomparve nella cavità di una grotta. Ricomparve pochi secondi dopo con in mano un bazooka di tipo militare. Si accucciò, prese la mira, e fece partire il colpo. Tarallo chiuse gli occhi e, quando li riaprì aveva un buco enorme all'altezza della pancia. Bestemmiò inviperito.
Naturalmente non era successo niente di tutto questo; Rocco non aveva incontrato il lupo, non aveva pisciato addosso alla bestiaccia, e non aveva un buco nella pancia. Però aveva esagerato con l'LSD, e adesso le traveggole non davano tregua. Quando si addormentò appoggiato contro un albero, vedeva Nelson Mandela che camminava a braccetto con Jessica Rizzo.

PARTE II
Quando aprì gli occhi, vedeva tutto sfocato. Se li stropicciò ma non servì a niente. Dovettero passare cinque minuti buoni perché riuscisse a distinguere quello che aveva intorno. Si trovava in una stalla, probabilmente, o qualcosa del genere. No, cazzo, non era una stalla. Un merdoso porcile. Un branco di suini fagocitanti si agitavano in un recinto accanto a lui. Tentò di alzarsi, ma si fermò di scatto, bestemmiando. Era legato ad un palo con un paio di catene che facevano due volte il giro delle sue braccia. Porco mondo, che diavolo gli era successo? Mentre se lo chiedeva la porta del porcile scricchiolò minacciosamente, e fece il suo ingresso un omone simili a quelli stampati sulle copertine delle riviste per culturisti. Un finocchio, insomma. Indossava una maglia bisunta e un paio di pantaloni jeans zozzi di vernice bianca.
"Dove cazzo sono?" sbraitò Rocco, appena quello si avvicinò un poco
"Mi chiamano il Drago, moccioso. E lo sai perché?"
Tarallo aveva un brutto presentimento. Il sedere cominciava a fargli male come quando stava per tre quarti d'ora filati seduto sulla tazza nel cesso, impugnando un numero di Playboy .
"Non lo so, e non me frega niente. Voglio solo essere sciolto da…"
"…se non lo sai te lo spiego io. Mi chiamano il Drago perché ho l'abitudine di dare fuoco alle persone"
"Gesùgiuseppeemaria!!!" nitrì Rocco, in preda al panico
"Stanotte tu sarai il mio riscaldamento" ghignava intanto il ricchione
Il ragazzo stava tentando di liberarsi delle catene con tutta la forza possibile; dopo vari strattoni, ottenne solo il risultato di sanguinare come Marilyn Manson durante i suoi concerti. Mandò al diavolo tutta la gente che conosceva, si lasciò scappare un rutto, e farfugliò:
"Ehm… amico, io stavo solo cercando… il lupo, ecco. Vorrei continuare, se non ti spiace… beh, se vuoi possiamo cercarlo insieme…"
Il piromane non lo stava ascoltando. Era intento a rovesciargli addosso una tanica di benzina
"L'unica cosa che devi cercarti in questo momento è un posto in paradiso" rispose lentamente
Si stava frugando le tasche alla ricerca di un accendino, quando un rantolo distolse la sua attenzione. Si girò di scatto, e Rocco Tarallo gli fece la linguaccia. Non doveva essere piacevole andare all'altro mondo.
"Che diavolo sono questi rumori?" sbottò Drago, lanciando un'occhiata fuori dal porcile.
E successe in un attimo. Il frocio uscì brevemente dalla stanza, poi tornò e si rese conto. Rocco era riuscito a liberare la gamba sinistra, stracciandosi i pantaloni dell'Adidas, ed aveva sferrato un calcio all'uscio del recinto in cui stazionavano i maiali. Adesso un'enorme fila di porci puzzolenti e fangosi si dirigeva verso il piromane, minacciando di travolgerlo. Urla si mischiavano a grugniti, rutti e scoregge. Tarallo si vomitò addosso per lo schifo, poi bestemmiò. Cercò di non guardare quello che stava succedendo in quel lurido porcile. Quando i rantoli furono cessati, ebbe il coraggio di girare la testa verso quella zona, e vide. Il culturista era ridotto a un putridume informe e sanguinolento, con le ossa che sporgevano dalla carne. Semplice: i maiali se l'erano mangiato vivo. E in quel momento Rocco fece la cosa più schifosa di tutta la sua infima vita: come un verme di terra, strisciò faticosamente verso il corpo divorato, e quando lo raggiunse, ci si appoggiò sopra, impedito dalle catene. Si divincolò su quell'ammasso di organi sparpagliati fino a quando si ritrovò una chiave nella mano destra. Con un gesto epilettico aprì il lucchetto delle catene, e finalmente fu libero di vomitare anche il cuore.
Quando la sua pancia era ormai ripulita (lo stesso non si poteva dire per il pavimento del porcile), si infilò un dito nell'orecchio e constatò con orrore che c'era andato a finire un pezzo di fegato. Si frugò le tasche e tirò fuori scampoli di intestino, poi cominciò ad accusare un dolore al piede destro. Doveva avere qualcosa nella scarpa. La sfilò e la scosse vigorosamente. Quella che cadde sembrava una biglia. Ma non lo era. Era qualcos'altro. Rocco raccolse l'oggetto sferico, e strillò nauseato, quando si ritrovò tra le mani un occhio umano.

PARTE III
Non doveva fare un bell'effetto. Rocco Tarallo, sporco di vomito, bianco come il conte Dracula a digiuno, una parte del pantalone ridotta in brandelli, barcollava nell'oscurità appoggiandosi agli alberi cercando di non cadere. Cazzo, che giornata: prima la donna barbuta, poi il piromane frocio e i porci affamati. Del lupo mannaro, dei venti milioni e del motorino, neanche una tiepida ombra. Ma Rocco non voleva tornare a casa, perché tanto i suoi non c'erano. E, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto: si era perso, e non sapeva neanche che ora potesse essere, perché dentro l'orologio c'era entrato il vomito, e adesso non funzionava più. Insomma era a pezzi; ma ringraziò di non essere abbrustolito. Ringraziò si fa per dire; le uniche parole che uscivano dalla sua bocca mentre strisciava letteralmente per la boscaglia erano amene blasfemità indirizzate ai protagonisti del calendario. Le sigarette erano finite, la pazienza anche. Avrebbe portato quel lupo al commissariato a forza di calci in culo, anche perché non c'era altro modo. Infatti lo zaino e il fucile erano rimasti nel porcile, e non aveva intenzione di andare a riprenderle. Rischiava di diventare anche lui un conato. Mentre si stava accostando ad un albero per pisciare, sentì un dolore intenso agli organi genitali. Ripassò le solite bestemmie, poi lanciò uno sguardo a due figure, che si distinguevano nella semioscurità. Erano alti meno di mezzo metro, e sembravano raggianti di quello che stavano facendo. Uno impugnava una fionda, mentre l'altro gli diceva, saltellando:
"L'hai preso, eh? Bel tiro, Jason! Colpito proprio sulla punta del pisello!"
"Questo è niente" si gongolò l'altro "guarda quest'altro lancio" Stava caricando la fionda, quando per poco un urlo gli ruppe entrambi i timpani:
"Mi avete rotto, gnomi del cazzoooo!!!!"
Le due figure saltarono sopra un albero, incurante delle maledizioni dell'individuo "Non siamo gnomi, signore. Si sbaglia. Siamo folletti" disse timidamente uno
Questa era la goccia che faceva traboccare il vaso di piscio. Non solo giocavano a fionda con il suo cazzo come bersaglio, ma adesso si permettevano pure di sfotterlo; con un colpo secco all'albero, fece cadere i due esseri, che per poco non si fracassarono il cranio. Stavano per scappare, quando Rocco allungò le mani e li tirò violentemente per il sedere.
"Allora? Vi è passata la voglia di scherzare, eh?" sogghignò Ma aveva fatto un errore. Aveva accostato troppo i culi dei folletti alla sua faccia. Inizialmente pensò che dovesse trattarsi di un doppio tuono. Ma, quando si diffuse un odore più pestilenziale delle ascelle di Mara Venier, capì quello che era successo. Agghiacciante: gli avevano scoreggiato addosso. E nel frattempo se l'erano anche squagliata, perché lui si era distratto un attimo. Cominciava davvero a preoccuparsi. Non poteva essere un sogno, se si dava un pizzico sentiva dolore. E allora che cos'era? La fottuta bastardissima realtà? Non voleva crederlo.

PARTE IV
"Tarallo! Ti vuoi alzare dalla sedia! Dannazione, ti ho interrogato! Ma che fai, dormi?"
Queste parole colpirono Rocco come una revolverata. Si guardò intorno terrorizzato, incapace di proferire verbo. Poi si controllò i vestiti. Incredibile: era tutto a posto! La solita maglietta con la scritta "LECCAMI LA RIZLA" era abbinata su un paio di pantaloni logori che erano stati del suo bisnonno.
"Ti ho interrogato in geografia! Se non ti alzi entro tre secondi ti metto due!" Tarallo si alzò faticosamente, e poi si rese conto. Bastò una rapida occhiata alla professoressa: non era un essere umano. Tutto il corpo era avvolto nelle bende, tranne la testa, dalla quale un occhio usciva penzoloni e rotolava sulla cattedra. Fece qualche timido passo, poi si fermò, come fulminato. Geografia? Quel mostro schifoso aveva detto geografia? Lui non sapeva neanche cosa fosse la geografia, era ancora convinto che Dublino fosse in Svizzera. Come cazzo poteva essere interrogato in geografia? "Forza, Tarallo! E che hai, paura?!" Porco diavolo. Questo era un bel casino. Il ragazzo arrivò nei pressi della lavagna, e la afferrò con entrambe le mani. Bastò un unico strattone; andò a cadere proprio in testa alla professoressa. Il cranio si era sparpagliato sul pavimento, mentre le interiora avevano tappezzato il soffitto. Tarallo si guardò timidamente intorno, e vide i suoi compagni di classe; stavano composti nei banchi come se nulla fosse accaduto. Improvvisamente uno cominciò ad applaudire, e fu come se si fosse acceso un interruttore: tutto battevano le mani vigorosamente. Due di loro tirarono fuori le macchine fotografiche. Rocco, soddisfatto come non lo era mai stato, sorrise, si mise in posa, e prese a firmare autografi. Il freddo penetrava nelle ossa. Nessuno avrebbe potuto dire se quell'orribile rumore fosse il soffio del vento o una riunione di fantasmi. O forse un lupo mannaro. Rocco Tarallo si alzò in piedi faticosamente. Vedeva triplo, e nelle sue narici l'odore del vomito si mischiava a fango, che si mischiava a fumo, che si mischiava a LSD. Cristo, che giornataccia. Anzi, che nottataccia. Si era perso nel bosco, il culo era diventato un cubo di ghiaccio, e adesso sognava perfino di essere a scuola. Il tutto, con la luna piena nel cielo che si faceva beffe di lui. Del lupo mannaro, neanche l'ombra. Mosse alcuni incerti passi, poi ruttò e vomitò su una quercia. Porco giuda, doveva sapere che cos'era quel dannato rumore in lontananza. Rimase ad ascoltare per un paio di minuti. Si faceva sempre più forte. Sembrava un ululato; anzi no, tanti ululati. Rocco si ricordò di non avere il fucile, ed infranse ogni regola della cristianità; era praticamente morto. Forse non era un lupo solo, ma un branco; erano cinquanta, cento, duecento… non c'era scampo… Mentre il rumore si faceva assordante, il giovane voleva piangere, perché sarebbe morto senza neanche aver mai avuto un motorino. Senza contare che non avrebbe mai saputo se Sting avesse vinto il titolo mondiale di wrestling. Né se suo padre sarebbe uscito di galera dopo trentasei anni o trentasette. Che morte schifosa. Si sedette sull'erba mentre il rumore cresceva ancora; non pensava a niente. Aspettava solamente, con le lacrime agli occhi. E successe all'improvviso. Dovevano essere almeno una ventina; alcuni più robusti di corporatura, altri più piccoli. Tutti lupi mannari. Mentre Rocco recitava l'ultimo rosario, si interruppe sbalordito. Incredibile: i lupi gli avevano tirato addosso una rete da pesca! Tentò invano di dimenarsi, e si sentì sollevare da due animali più grandi degli altri. Dopo qualche secondo riuscì a distinguere delle voci:
"Evvai! Ce l'abbiamo fatta!"
"Abbiamo preso l'uomo mannaro!"
"I venti milioni sono nostri!"

Contorsione psichica di Emandini

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