The Million Dollar Hotel

The Million Dollar Hotel è un sogno. Un sogno surreale e agrodolce, una follia meticolosamente studiata. Wim Wenders non aveva nulla da dimostrare; le sue qualità le aveva ampiamente esercitate in Buena Vista Social Club, la sua precedente acclamata produzione. Adesso si conferma, con una storia bellissima e dolorosa, che ti colpisce e ti lascia il segno.

Siamo a Los Angeles, nel 2001: la città brulica di derelitti, dietro la facciata fallace dei grattacieli si nasconde un abisso di povertà. In mezzo a tutto questo, si erge imperioso il "Million Dollar Hotel", che fornisce il titolo alla pellicola; una volta l'edificio era avvolto da un alone di raffinatezza ed eleganza, ma adesso se annusate l'aria sentirete solamente l'odore pungente della desolazione. Qui si muovono vagabondi e malviventi, fantasmi della società, ritardati e mentalmente infermi, in fuga dal sistema. E, a quanto pare, si muove anche un assassino; infatti il tossico Izzy, figlio rinnegato di un riccone, ha fatto un volo dal tetto dell'edificio, e hanno dovuto raccoglierlo col cucchiaino. Qualcuno dei "residenti" dell'hotel potrebbe averlo aiutato a spiccare il salto; e anche se non fosse così, serve un colpevole, perché al panciuto papà del vagabondo dà molto fastidio avere un suicida in famiglia.

Wenders costruisce un universo personale intorno ad ogni personaggio: c'è Eloise (Milla Jovovich), puttana dal cuore d'oro e appassionata di letteratura, c'è Skinner (Mel Gibson), poliziotto dai metodi poco ortodossi e dall'inettudine sconcertante, c'è lo schizzato convinto di essere un Beatle, quell'altro che si atteggia come un grande capo indiano, quell'altro ancora che all'alba è già ubriaco. Poi c'è lui, il protagonista: Tom Tom, interpretato da un Jeremy Davies in gran forma. Provate a chiedergli se è un imbecille e lui vi risponderà che si, che problema c'è?, è un imbecille. Lo svolgimento della trama, che va ben oltre il "giallo", è accompagnato dalla voce narrante di Tom Tom, perché lui non ci sta con la testa e può permettersi di dire quello che vuole. Può instaurare un dolce rapporto con la bella Eloise, che sembra la controfigura di un pulcino bagnato, può aiutare Skinner nelle indagini oppure confonderlo, può rivelare il nome dell'assassino, può regalarci un finale a sorpresa.

La pazzia secondo Wenders non è un'isteria ceca e irrazionale; è un cocktail surreale e intrigante di lucidità e incoscienza, ammette comportamenti strani, ma ci emoziona, plasma davanti a noi momenti di profondo sentimento e poesia. Tom ama come solo un folle può fare, con le sue idee di affetto contorte ma validissime. Nella sua mente, scavando a fondo, si annida la normalità; tutto ciò che è razionale viene però categoricamente rifiutato, semplicemente perché conviene essere matti, in un'America ingrata che ti lascia in mezzo alla strada. Anzi, qualche volta, se sei fortunato, capiti in un albergo circondato da un cerchio di insana malinconia…

La natura misteriosa, surreale e sfocata del protagonista si comprende pienamente solo nelle ultime sequenze, che naturalmente non vi anticipo; vi assicuro solamente che sono imperdibili. Il regista raggiunge l'apice del suo cinema, grazie anche alle toccanti musiche di Bono, profondamente drammatiche, che in alcuni tratti assumono la consistenza e l'intensità di una spettrale ballata.

Non solo Tom, ma anche gli altri personaggi subiscono trasformazioni dall'abile mano del regista; in primis l'indagatore Skinner, che ci sembra un duro un po' coglione uscito da un romanzo pulp, ma finisce per svelare briciole di umanità. Poi anche gli altri, nessuno escluso…

L'opera è completata da un uso particolare della telecamera, da alcune belle idee partorite indubbiamente in sede di sceneggiatura e dall'azione incantatrice della fotografia. Wenders, tra i vari, ha un merito particolare; il personaggio complesso di Skinner non era facile da caratterizzare, e la scelta di Mel Gibson per un tale ruolo è stata senz'altro coraggiosa. Sorprendentemente, scopriamo che l'esperto in inseguimenti sa anche recitare; un altro paio di ripetizioni andrebbero invece impartite a Milla Jovovich, bella ma con una gamma di espressioni piuttosto ristretta.

Intanto Wenders non si ferma; continua a dilettare la platea con i suoi film virtuosistici che escono da tutti gli schemi. Amaro, folle, ma infinitamente delicato; questo il suo cinema. Un po' come Tom Tom…

Voto: 7,5

 

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