OMEGA [Rx18]

Capitolo 3/4

di Monica M. Castiglioni e Stefania Murazio

con la partecipazione di Elena Romanello

 

[continua da Omega 2]

 

 

 

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§3.1 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Lunedì, 25 maggio 1998, 6:07 a.m.

 

Scully aprì gli occhi svegliata da uno strano rumore. Si mise a sedere e cercò l'interruttore della luce sul comodino. Stranamente, la luce le arrivò da destra invece che da sopra. E ancor più stranamente non era più nella sua cameretta della Base.

 

Era di nuovo a casa sua.

 

Scully sorrise. "Che bello..." sussurrò. Mise i piedi a terra, cercando le ciabatte. Non c'erano, così decise di alzarsi a piedi nudi. Camminò fino alla porta della camera, come per essere sicura che l'appartamento c'era tutto. Effettivamente sembrava tutto come lei lo aveva lasciato, c'era persino il suo diario, caduto a terra accanto al divano.

 

C'era qualcosa che non andava. Luce e rumori provenivano dalla cucina. Scully indietreggiò fino al comodino e prese la pistola dal cassetto. Avanzò, lentamente e in punta di piedi fino alla cucina, portando avanti la pistola.

 

C'era un uomo, semi-nascosto dietro la porta del frigorifero. Scully inspirò e disse: "Fermo dove sei e mani in alto!"

 

Mulder si alzò di colpo, sporgendo abbondantemente sopra la porta del frigo. "Ehi, sei ancora in vena di giocare alle quattro del mattino?" Le sorrise, mentre reinfilava il cartone del latte nello scompartimento. "Ne vuoi?"

 

Scully lo guardò stupefatta. Abbassò la pistola. Che ci faceva Mulder a casa sua, davanti al suo frigorifero... in boxer? E poi, dopo tutto quel tempo che erano stati lontani, perché gli appariva così tutto normale?

 

"Mulder...?"

 

L'uomo trangugiò velocemente il bicchiere di latte. "Con questo caldo ci vuole qualcosa di fresco. Sei sicura di non voler bere niente, Dana?"

 

"Dana?" fece lei.

 

Mulder le lanciò un sorriso provocante. "Preferisci che ti chiami ancora Scully?" Senza aspettare una sua risposta, ripose il bicchiere nella lavastoviglie, cosa che stupì in particolar modo Scully, e le si avvicinò lentamente. Le tolse la pistola dalla mano, quindi le scivolò accanto e con l'agilità di un gatto si dissolse oltre la porta della stanza da letto.

 

Dana scosse leggermente la testa, quindi lo seguì. "Mulder, ma che succede?"

 

Fox, che stava aprendo la finestra, disse: "La solita cosa che succede da due mesi a questa parte, Dana. Il condizionatore è rotto, siamo in estate, fa un caldo infernale e io apro la finestra."

 

"No... no... intendo..." Gesticolò confusamente intorno a sé.

 

Mulder osservò il soffitto, quindi sospirò. "D'accordo. Celeste."

 

"Cosa?"

 

"Celeste. Non lo volevi ridipingere di celeste?"

 

"Che cosa?"

 

"Il soffitto." Mulder le sorrise e si avvicinò a lei: "Credo che sia ora di tornare a letto..." Le sussurrò in un orecchio: "...Scully..."

 

Dana fu percorsa da brividi che non sentiva da anni. Fox le fece passare un braccio intorno ai fianchi e la trascinò delicatamente sul letto con sé. La baciò sulla fronte, quindi si mise a fissare il soffitto. "E se lo facessimo blu? Poi ci mettiamo le stelle del cielo con quegli adesivi fluorescenti."

 

"Mulder... c'è qualcosa che devo dirti... che devi spiegarmi."

 

"Aspetta..." Fox si girò su un fianco, ponendole delicatamente una mano sul grembo. "Se invece qui lo dipingiamo di bianco e la stanza dei bambini la facciamo di blu con le stelle?"

 

'Stanza dei bambini'?

 

D'improvviso una sorta di lamento si levò alla destra di Dana. Istintivamente si girò per controllare l'interfono. Ma invece di trovare la radiolina collegata con la stanza dei bambini, trovò solo il ritaglio di giornale con la foto sgranata di Mulder. Era di nuovo alla Base e stava suonando la sveglia.

 

 

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§3.2 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Lunedì, 25 maggio 1998, 8:27 a.m.

 

Non era riuscita ad alzarsi. Non si era nemmeno riaddormentata, ma era caduta in un dormiveglia poco riposante e pieno di ombre e suoni. Non riusciva quasi a muoversi, non si sentiva in quel modo da anni. Avrebbe pensato di aver preso l'influenza del secolo se solo non ricordasse quello che Rainbow le aveva detto.

 

Restò stesa supina, immobile, per evitare che la nausea aumentasse, finché arrivò un leggero bussare dalla porta.

 

"Sì?" La sua voce era bassa.

 

La porta si aprì di una fessura e Nicole apparve. "Ehi."

 

"Nicole... ciao."

 

La donna entrò lentamente, chiudendo la porta dietro di sé, quindi accese la luce sopra il letto di Dana.

 

"Come ti senti?" chiese la giovane, tirando una sedia vicino al letto.

 

"Ho dolori ovunque, la nausea e mi gira la testa."

 

Nicole annuì. Le passò un termometro. "Devi misurare la febbre."

 

"Credi che ne abbia?"

 

"Di sicuro ne hai un po'. Voglio essere sicura che non sia troppo alta."

 

"Reazione ad agenti estranei introdotti nell'organismo."

 

"Sì, esatto." Nicole ricevette indietro il termometro. "38... Non è altissima."

 

"Non ho avuto la forza di alzarmi, Nicole..."

 

"Non ti preoccupare, non devi alzarti oggi."

 

Dana chiuse gli occhi. "Tornerò mai a lavorare?" Li riaprì solo quando sentì la mano di Nicole stringere la sua. La ragazza non le rispose.

 

"Dana, devo confessarti una cosa." Prese un profondo respiro. "Ho cercato di odiarti."

 

Scully le lanciò uno sguardo interrogativo.

 

"Dopo quello che è successo a Bianca... dopo che lei ha chiesto aiuto a Lynn, io... Ho deciso che non mi sarei più affezionata a nessuna delle mie sottoposte. Era una promessa. Ho cercato di odiarti, di allontanarti, di pensare che tu avessi rubato il posto di Bianca, che saresti stata un'altra Rainbow... una dottoressa fredda e crudele, diversa da Lynn, com'era lei all'inizio e così diversa da Bianca. Mi sono preparata psichicamente per tre mesi, dalla morte di Bianca al tuo arrivo. Passavo qui davanti e già pensavo a come ti avrei detestato. Trattato bene, sì, ma detestato. Poi, sei arrivata qui e... Oh Dio... Quando ho saputo che non eri consapevole di nulla... quando ho visto che anche tu eri come me... non ho potuto che affezionarmi a te, volerti bene come ne ho voluto a Bianca."

 

Scully sorrise, sbattendo le palpebre per non piangere. "E' lo stesso per me, Nicole. Ho sempre pensato che affezionarmi alle persone sarebbe stata una debolezza ma..." Le accarezzò leggermente una guancia. "Tu e Mulder siete così speciali."

 

Nicole sorrise. Un sorriso aperto, sincero e così allegro che non ne faceva uno da anni. "Il più grande complimento che mi sia stato fatto da quando sono nata." Si alzò in piedi e la baciò sulla guancia. "Riposati." Quindi le passò il telecomando. "'Moby Dick' dovrebbe arrivare in breve."

 

"Nicole? Potrei avere, invece di quel libro... una Bibbia?"

 

L'altra annuì: "Ti farò avere tutti e due. Vuoi altro?"

 

Dana scosse la testa. Ma poi disse: "Puoi... puoi darmi qualcosa che non mi faccia sognare?"

 

La ragazza restò immobile e in silenzio per alcuni istanti. Poi sussurrò: "Sì. Vado a prendertelo in laboratorio, così te lo posso portare presto."

 

"Grazie, Nicole."

 

"Goditi la giornata di risposo." Nicole uscì le richiuse la porta delicatamente.

 

Scully sospirò. Si chiese quante altre vacanze avrebbe avuto. Perché quelle giornate di riposo corrispondevano sempre a molti più giorni da cavia.

 

 

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§3.3 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Lunedì, 25 maggio 1998, 6:29 p.m.

 

Il blocco di stampe che Rainbow le aveva dato da fare non le avevano permesso di tornare da Dana quel pomeriggio. Sapeva che qualcuno si era preso di cura di lei, l'aveva aiutata a lavarsi, le aveva portato da mangiare, le aveva cambiato la flebo e forse, se aveva un pizzico di umanità, anche acceso il televisore.

 

Ma la fialetta di tranquillante ancora aspettava sulla sua scrivania.

 

Nicole lanciava di tanto in tanto sguardi al liquido trasparente. Non era sicura che quello sarebbe stato abbastanza, contro gli incubi di Dana, ma sapeva che non poteva somministrarle qualcosa di più pesante. Spostò lo sguardo sulla stampa che stava concludendo. Nel giro di pochi minuti la sirena sarebbe suonata e lei sarebbe stata libera di andare da Dana.

 

"Nicole?" La voce di Lynn interruppe il corso dei suoi pensieri.

 

"Sì?" fece lei, girandosi.

 

"Si può sapere che ti prende? Ti avevo detto di dare la precedenza ai 13, invece hai fatto tutti i 10."

 

La ragazza sospirò e raccolse la lista. "10MMC077, 10SM008, 10LC005, 10ER120, 10GL020, 10LT013, 10ALS002, 10WSS819, 13FF028, 13NL029..." Scosse la testa e sospirò: "Mi dispiace, devo aver capito il contrario."

 

"Senti, se la dottoressa Scully sta diventato un peso troppo grosso per te, la faccio affidare a qualcun altro."

 

"No!... No, ti prego... Non..."

 

"Nicole. Tutte le volte devo ripetertelo?"

 

"Lo so, ma..." Sospirò. "Dana ha bisogno di me."

 

"Vedi di non farti più riprendere, capito?" Senza aspettare una risposta, Lynn si allontanò.

 

La sirena suonò pochi minuti dopo. Nicole si alzò in piedi, prese i campioni che Lynn le aveva dato da analizzare e li rinfilò nella cella frigorifera, poi raccolse le altre con cui aveva lavorato quel giorno e le mise ordinatamente nel cassetto della sua scrivania. Quindi prese in mano la fiala contenente il sonnifero per Dana. La guardò per qualche istante, poi uscì dal laboratorio assieme agli altri.

 

"Dana?... Dana..."

 

"Hm?..."

 

"Svegliati. E' solo un sogno."

 

"Oh, Nicole... sei tu..."

 

La ragazza si sedette accanto a lei. "Te la senti di mangiare qualcosa?"

 

Scully scosse la testa, ma se ne pentì subito per l'ondata di nausea.

 

"Ti ho portato questa." disse Nicole, estraendo la provetta.

 

"E' quel sonnifero?"

 

"Sì. Non potrò dartene molto, ma dovrebbe comunque bastarti per passare la notte tranquilla." Si alzò in piedi per iniettare il liquido nella flebo, quindi con cura e delicatezza, sfilò l'ago dalla mano dell'amica. "Hai le mani gelate..." le rimboccò le coperte. "Hai freddo?"

 

"Un po'..."

 

Nicole fece il giro del letto, quindi aprì l'armadio. Era identico al suo, quindi andò a colpo sicuro nello scovare una coperta di lana nel ripiano superiore. "Adesso devi solo pensare a riposare. Dormi." Le scostò un ciuffo di capelli dal volto. "Dormi e non preoccuparti, al resto penso io."

 

Dana le sorrise, quindi scivolò in un sonno profondo e, finalmente, senza sogni.

 

 

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§3.4 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Martedì, 26 maggio 1998, 8:24 a.m.

 

"Ciao fiorellino!"

 

Dana aprì gli occhi a fatica e guardò Nicole, che le stava sorridendo dalla porta. "Ciao. 'Fiorellino'?"

 

La ragazza entrò, lasciando un pacchetto sulla sedia, e si sedette sul letto accanto a lei. "Mi chiamava così mia madre." Estrasse dalla tasca un panino avvolto in un tovagliolo. "Ti va un panino alla marmellata di..." Alzò un lembo. "...ciliegie?"

 

"No, grazie Nicole..."

 

"Va bene, vorrà dire che questo me lo mangerò per merenda." Rimise il panino nella tasca destra del camice e frugò in quella sinistra. "Tieni." Le porse un altro tovagliolo.

 

"Nicole..."

 

"Marmellata di albicocche." spiegò.

 

Dana sorrise. "Forse non ci siamo intese... non è che non mi va quella all'albicocca... non mi va niente."

 

"Non fare la bambina difficile, Dana."

 

"Non sono difficile. Ho la nausea."

 

La ragazza sospirò. "Ancora?"

 

"Hm-m..."

 

Nicole rimase in silenzio per qualche minuto. "Dana, mi dispiace. Non ho... non so..." si bloccò.

 

"Non sai cosa mi stanno facendo, vero?"

 

"Già." Nicole alzò lo sguardo. "Che stupida, quasi mi stavo dimenticando." Si alzò e recuperò il pacco dalla sedia. Non era chiuso ermeticamente, ma era aperto su un lato. Era stato ispezionato. Ne estrasse il contenuto e lo porse a Dana. "E' arrivata la Bibbia."

 

"Grazie." sussurrò Scully, prendendola in mano. "Non sai quanto lo apprezzi."

 

"Quando avevo circa dodici anni, mia madre volle mandarmi a catechismo. Non facevo altro che domande imbarazzanti per i catechisti e commenti su cose che mi sembravano stupide. Un giorno, il parroco disse che alcuni monaci amanuensi avevano scritto un intero vangelo su un libro che aveva le pagine grandi come ali di mosca." Nicole rise. "Gli ho detto che mi sembrava una fatica inutile. Dovevi vedere come si era arrabbiato."

 

Dana sorrise.

 

"Per dare fondamento alla mia idea gli ho detto che c'era un intero codice genetico scritto in qualcosa quindicimila volte più piccola di un'ala di mosca. Il prete chiamò mia madre e le chiese di tenermi a casa a coltivare la mia passione per la biologia."

 

Scully rise. "Eri già testarda ai tempi."

 

La ragazza sorrise. "E' la stessa cosa che mi ha detto Bianca."

 

Dana guardò verso la porta.

 

"Che c'è?"

 

"C'era ancora il suo cartellino, quando sono arrivata qui."

 

Nicole si passò una mano sugli occhi. "Avrei dovuto toglierlo, ma... non volevo..."

 

"Non volevi accettare il fatto che... che fosse morta?"

 

Nicole annuì. "Non è né il momento né il luogo adatto per parlarne, Dana." disse.

 

"Mi stanno facendo la stessa cosa che hanno fatto a lei, non è vero? E' per questo che lei è morta."

 

Nicole si alzò in piedi. "Non possiamo parlarne ora." replicò Nicole, in modo quasi aggressivo. Poi sospirò. "Scusa. Non era mia intenzione trattarti male. Comunque... no, non ti stanno facendo la stessa cosa. Ogni caso è diverso dall'altro." Una mezza verità. Si chinò su di lei e le diede un bacio sulla guancia. "Ah... Dana... volevo chiederti una cosa..." Abbassò la voce a un sussurro e si avvicinò a lei. "L'hai nascosta la catenina?"

 

"Sì." rispose Scully, lanciando un'occhiata alla poltroncina.

 

Nicole guardò con noncuranza l'oggetto indicatole dall'amica. "La fessura sotto l'imbottitura." sussurrò.

 

Dana annuì.

 

"La stessa che usavo io." Nicole alzò le spalle. "Ora devo andare. Torno a trovarti, OK?"

 

Dana annuì. Nicole uscì dalla stanza silenziosamente, salutandola con un gesto della mano. Dana aprì la Bibbia sulla prima pagina ed iniziò a leggere.

 

 

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§3.5 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Martedì, 26 maggio 1998, 10:00 a.m.

 

Parole che Scully conosceva bene, che aveva studiato e letto tante volte quando era una ragazzina. Che aveva ascoltato da voci adulte che imprimevano loro importanza e incutevano in lei un senso di profondo rispetto. Erano voci diverse, quella di sua madre, di suo padre, di padre McCue, ma che sortivano lo stesso effetto, ogni volta.

 

Spaventarla e incuriosirla.

 

Sempre di più l'una, sempre di più l'altra.

 

E sempre insieme.

 

'In Principio Dio creò il cielo e la terra...'

 

'Iddio disse: <<Sia la luce>>: e la luce fu...'

 

'Poi Iddio disse: <<Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza...>>'

 

A questi versi, Dana si fermò nella lettura. Ad alta voce, ripeté:

 

"Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza... l'uomo a nostra immagine... e somiglianza... A nostra immagine..."

 

Prese un respiro profondo, pensando a ciò che le aveva detto Lynn, all'autopsia che aveva eseguito su un'altra se stessa.

 

Lei era la loro speranza finale, la loro Omega, il loro essere perfetto. Ma al catechismo, da bambina, le avevano insegnato che non esiste niente di perfetto, se non Dio.

 

"Io sono l'Alfa e l'Omega." disse ad alta voce. "E' scritto nell'Apocalisse." Con dita veloci andò a cercare i versetti nella Bibbia. Li trovò e lesse: "Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Iddio, colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente."

 

Omega.

 

Chi aveva deciso il nome di quel Progetto folle? Qualcuno che aveva letto la Bibbia, che sosteneva di essere religioso e che sapeva di dover fare tanti esperimenti da includere tutte le lettere dell'alfabeto. Dall'Alfa all'Omega. Oppure qualcuno che non credeva alla parola di Dio a tal punto da sostituirsi a Lui illudendosi di creare davvero un altro essere, un'altra specie. Un altro Uomo, diverso da come lo intendeva il Creatore.

 

Avrebbe voluto insinuarsi nella testa di quei folli che avevano dato vita a una simile eresia. Avrebbe voluto conoscere le loro ragioni a lei ignote. Sapere il motivo che li aveva indotti a farle tanto male le avrebbe permesso di giudicarli e perdonarli, o condannarli in cuor suo, per ciò che soffriva.

 

Ma non voleva saperlo davvero. Accettare l'esistenza di altre razze e di altri mondi... di qualcosa che non somigliava all'Uomo come lei lo conosceva, significava perdere le sue certezze, le sue speranze. Accettare il fatto che Mulder non era folle e che in tutti quegli anni, a saperla dalla sua parte ma senza convinzione, aveva sofferto.

 

Avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo, Scully.

 

Avrebbe dovuto rivedere le sue convinzioni e non solo riguardo a Dio, ma anche alla scienza e ai sentimenti.

 

Aveva vissuto tanti anni combattuta tra l'incerta religione e la sicura scienza. Ma aveva sempre riconosciuto che un Dio doveva esserci.

 

Ora... ora tutto ricominciava di nuovo.

 

E lì dentro c'era un Dio che stava giocando con la sabbia del mondo per creare altri Adamo e altre Eva.

 

--Perché?-- si chiese. Qualcuno bussò alla porta. Sperò che non fosse nessun altro se non Nicole.

 

"Dana."

 

"Lynn..."

 

La donna si avvicinò al letto di Scully, le prese la Bibbia e le scostò le coperte.

 

"Cosa..."

 

"Non si preoccupi, durerà poco, ora dobbiamo andare."

 

"Ma... l'ultima è stata appena ieri..."

 

"Be', oggi ne faremo un'altra. Si alzi." Scully guardò Lynn con disappunto. Forse, era solo paura. Nicole gliel'avrebbe detto cosa stava succedendo, invece... Non lo sapeva nemmeno lei. Doveva essere così.

 

Si alzò dal letto, prese la vestaglia che Lynn le aveva porto e uscì dalla camera. Si sentiva come un animale da macello. Sapeva di andare incontro alla morte ogni volta, ma non poteva fare nulla.

 

 

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§3.6 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Martedì, 26 maggio 1998, 10:28 a.m.

 

Nicole si soffiò il naso nel fazzoletto di carta e lo buttò nel cestino. Si rinfilò i guanti di lattice che aveva accantonato da poco e riprese in mano le provette. Mentre stava mescolando il contenuto di due di esse, un collega le arrivò alle spalle.

 

"Nicole?"

 

La ragazza trasalì, versando tutto il contenuto della provetta. "Maledizione..." disse, appoggiando la provetta vuota e tirandosi un ciuffo ribelle di capelli neri dietro l'orecchio.

 

"Scusa, ti ho fatto saltare tutto?"

 

La ragazza si affrettò a chiudere la provetta ormai piena. "No, non ti preoccupare, Laurence. Che c'è?"

 

"Stai bene? E' tutta la mattina che ti vedo soffiare il naso. Non avrai qualche allergia?"

 

Nicole sorrise e scosse la testa. "No, non ti preoccupare. Va tutto bene."

 

"Mi sembri giù di morale. Che ne dici, potremmo trovarci stasera a giocare a carte. Stasera organizza Lucy in camera sua."

 

--Bella prospettiva. Giocare a carte...-- La ragazza sorrise. "No, grazie. Credo che vedrò un film con Dana, poi andrò a letto presto."

 

Il ragazzo si sedette accanto a lei. "Ti sei affezionata a lei, vero?"

 

Nicole alzò le spalle. "Dopo dieci anni, sono sempre la stessa."

 

"Lo so. Ti capisco. E' così anche per me. Per questo..." fece un gesto sopra la spalla, indicando Lynn Rainbow. "...m'ha esonerato dal tutoring."

 

Nicole annuì.

 

"Potresti prendere anche tu in considerazione questa scelta... almeno finché puoi scegliere."

 

"Laurence... No. Non potrei mai. Io qui dentro vivo per fare tutoring."

 

"Allora ti consiglio di cercare di affezionarti di meno ai tuoi subordinati. Finirai solo per soffrirci." Il ragazzo sorrise. "Te lo dico da amico, Nicole." Fece per alzarsi, ma lei lo trattenne per un braccio. "Che sai delle condizioni di Dana? L'hanno già inserita nel programma W, vero?"

 

Laurence si risedette. "Sì, che io sappia. Pare che la procedura per un Omega non riesca ad avanzare come doveva su di lei. Forse a causa del precedente Upsilon."

 

"Non ha senso." disse Nicole.

 

"Oh, sì che lo ha. Pensaci. Dana potrebbe avere ancora in sé parte di un Upsilon che impedisce a un Omega di avanzare."

 

La ragazza sospirò. "La uccideranno."

 

"Come tutti gli altri." Laurence indicò le provette. "Devo aiutarti a porre rimedio al disastro che ho combinato?"

 

Nicole guardò alle provette che ancora aveva in mano. "Oh... No. No, grazie. Non è stato un disastro, non ti preoccupare." Gli sorrise e lo guardò andare via. Quindi riportò lo sguardo sul lavoro rovinato. --Merda.-- pensò. Si mise ad analizzarlo al microscopio elettronico, ma si interruppe subito quando scorse Scully.

 

La stavano portando di nuovo in infermeria.

 

Nicole si affrettò a riporre le provette negli scaffali superiori. "Che succede?" chiese, raggiungendo la Rainbow all'entrata del corridoio.

 

Lynn le si parò davanti. "Proseguiamo, Nicole. E dovresti farlo anche tu. Torna indietro e rimettiti al lavoro."

 

"Che le farete?"

 

"Continua nelle tue ricerche, Nicole. Sai quanto è importante." Così dicendo le chiuse la porta in faccia.

 

La ragazza sospirò. --Se non ti libererò portandoti fuori di qui, Dana, lo farò in un altro... A costo di perderti, te ne andrai in modo indolore.--

 

 

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§3.7 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Mercoledì, 27 maggio 1998, 6:07 p.m.

 

Era almeno la trentesima volta che entrava in quella stanza e prima o poi, ne era convinta, sarebbe stata rimproverata. Ma in fondo non le importava molto. Da bambina era stata più timida e sensibile. Le sgridate avevano sempre avuto un grande effetto su di lei, erano rare e mai ripetute due volte: aveva sempre imparato la lezione alla prima. Ma adesso era tutto diverso. Non sarebbero arrivate a casa note sui diari, sua madre non l'avrebbe guardata con disapprovazione, aveva capito che di conseguenze non ce ne sarebbero state. Avevano bisogno di lei, avevano bisogno dei suoi due nucleotidi F e L. Aveva un certo potere, non quanto Rainbow, era vero, ma non era una sprovveduta, riusciva farsi valere e sapeva quando tirare le redini.

 

Nicole aprì la porta lentamente, tenendo in mano un blocco di fogli con dati che doveva ancora controllare. Lo spiraglio di luce illuminò il lettino. Quella stanzetta era uguale a tante altre dove aveva visto donne con tanta forza quanta ne aveva Dana, morire sfinite, mentre lei stringeva loro le mani, pregando per loro. Non era una situazione nuova, anche se, a suo parere, questa volta era venuta prima del tempo. Molte delle donne che le erano state affidate come Dana, avevano vissuto alcuni mesi. Bianca Richards aveva passato quasi tre anni alla Base. Ma sembrava che con Dana avessero accelerato alcune procedure. Aveva letto nel suo fascicolo che tempo prima Dana era stata portata nel Distaccamento 29 della Base. I numeri non davano una precisa indicazione di dove potessero essere situati, ma Nicole pensava che il 29 dovesse trovarsi nascosto tra le montagne della Virginia. Sapeva che poteva sbagliarsi di qualche milione di chilometri. Il 29 poteva essere benissimo anche in Antartide o in Tunisia.

 

Dana aveva già subito una tentata mutazione nel suo DNA. I residui di quegli esperimenti falliti l'avevano ridotta in coma e Nicole ancora non riusciva a capire come ne fosse uscita. Forse era per quello che ora era lì. Davanti a lei, immobile.

 

Nicole deglutì a fatica, quindi, sempre in punta di piedi, si avvicinò al letto, stretto e bianco come tutti quelli delle sale operatorie. Si sedette accanto a Scully. La donna era pallida, ferma, e se non ci fossero stati i monitor a ronzare e battere assieme al suo cuore, si sarebbe potuto dire che era morta. Nicole le prese la mano. Era fredda.

 

"Bianca?" sussurrò.

 

Poi si rese conto di quello che aveva detto. Chiuse gli occhi, massaggiandoli con la punta delle dita. "Dana." disse. "Dana?"

 

Lasciò andare la sua mano e si mise in piedi accanto al lettino. "Dio santo. Dana, rispondimi." La scosse leggermente per una spalla. Come se non si fidasse delle macchine, le mise due dita sulla giugulare per sentire il battito. Era regalare, lento come quando una persona dorme. Ma Scully era fredda. Troppo fredda e troppo calma. Nicole guardò l'orologio sul muro.

 

La porta si aprì con tale violenza che tutti si girarono istantaneamente verso quella specie di uragano che era entrato nel Laboratorio.

 

"Nicole, non ti azzardare mai più ad entrare in quel mondo!" esclamò Rainbow.

 

"Che state facendo a Dana?!"

 

Lynn si avvicinò alla ragazza a passo deciso: "Quello che facciamo sempre."

 

"Non si è risvegliata. Sono passate ventiquattro ore, dovrebbe già essere sveglia da almeno quattro."

 

Rainbow non le rispose, ma le lanciò uno sguardo molto più eloquente.

 

Nicole rimase a bocca aperta. Poi balbettò: "Non potete... non potete farle questo."

 

"L'abbiamo già fatto." disse Rainbow, riprendendo il proprio posto di lavoro al tavolo.

 

"Le state facendo la stessa cosa che avete fatto a Bianca Richards." sussurrò lei, la sua voce tremava e dovette trattenere le lacrime.

 

"Complimenti per esserci arrivata." disse.

 

"Ucciderete anche lei, come avete fatto con Bianca." Disse.

 

"Nicole." Rainbow alzò lo sguardo. "Ti ho detto mille volte di smettere di affezionarti alle tue sottoposte. Finirai solo per soffrirci, ogni volta, sempre di più."

 

La ragazza alzò lo sguardo sulla dottoressa, che ormai si era reimmersa nel suo lavoro. Si avvicinò lentamente alla scrivania, quindi prese in mano la cornice con la foto di Lynn e Kyle. La buttò proprio sopra alle schede che la dottoressa stava compilando, attirando così la sua completa attenzione. "Tu però ti sei affezionata a tuo figlio."

 

Quindi si girò e tornò nella stanzetta con Dana.

 

Entrò, chiudendo la porta dietro di sé. Si sedette di nuovo accanto al letto e le prese la mano destra. "Dana? Mi senti?" sussurrò. Ma Scully non rispose. Nicole sospirò. Prese in mano il blocco di fogli stampati che aveva portato con sé. Cominciò a sfogliarli, lentamente, cercando di distrarsi dalla sorte dell'amica su quelle migliaia di dati che erano arrivati dalle altre Basi nel mondo. Si era chiesta, qualche volta, quanti altri posti come quelli c'erano sulla Terra. Nemmeno Alex glielo aveva voluto dire. Forse non lo sapeva nemmeno lui. C'erano decine di righe e tutte iniziavano con i due numeri della Base e le tre lettere del nome.

 

"07DWD112, 68GLA101, 12CCC212, 43SAM998, 29FWM001X..."

 

L'attenzione di Nicole fu attratta dall'ultimo dato sulla pagina. "29, la stessa base di Dana. In Virginia, forse." Sussurrò. "FWM, 001, primo esame. X..." Si inumidì le labbra. "X viene usata per gli esterni, se non erro. Un esame fatto in un normale ospedale e importato in una Base." Guardò Dana, come se le potesse dare una risposta, quindi riabbassò lo sguardo sul foglio e cercò la data. "18.5.98. Campioni piuttosto recenti..." disse. Sospirò. Accantonò i dati e prese la mano di Scully tra entrambe le sue. "Dana... ho bisogno di parlarti. Devi tornare indietro. Ti prego, combatti. Mi dispiace... è stata colpa mia se tu..." Appoggiò la fronte al materasso e cominciò a piangere. "Dana, ma perché? Perché ti stanno facendo questo? E' così ingiusto..."

 

 

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§3.8 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Mercoledì, 27 maggio 1998, 10:13 p.m.

 

Intorno era molto freddo, ma era sempre meglio del caldo artificiale della Base. I piedi le facevano male per la corsa, ma non voleva fermarsi. Non poteva fermarsi. Urlò quando un ramo la colpì sulla guancia sinistra, ferendola. E urlò quando una radice la fece inciampare e cadere.

 

Strinse i denti e cercò di alzarsi, ma gli occhi le si riempirono di lacrime per il dolore alla caviglia. --E' fratturata.-- pensò. --Slogata, se mi è andata bene.-- Si girò sulla schiena, guardando la Luna sopra di sé. Era piena e rischiarava tutta la foresta.

 

La baita che nascondeva l'entrata della Base non era visibile. Scully si chiese come avesse fatto ad uscire. Non lo ricordava. Al momento non ricordava molto di quello che era successo là dentro. Cercò la sua catenina attorno al collo, ma trovò solo la Madonnina che Nicole le aveva regalato. La strinse nella mano, mentre si rialzava. La caviglia le mandò un dolore lancinante, ma lei lo ignorò e riprese a correre. Sentì il sangue scorrerle sulla guancia dalla ferita ancora aperta.

 

Forse avrebbe dovuto ritornare indietro, per vedere se anche Nicole era fuggita. Si guardò alle spalle, ma il suo corpo si rifiutò di girarsi e continuò a proseguire. Gli alberi si stavano facendo più fitti, con rami più bassi e radici più sporgenti. I tronchi quasi si sfioravano e lei doveva stringersi e trattenere il fiato per passarci attraverso.

 

Poi cadde di nuovo.

 

In preda al dolore, strinse la caviglia tra le mani. Cercò di calmare il respiro, mentre se ne stava stesa, con le mani, i piedi e il volto insanguinati, a fissare la Luna indifferente in un cielo nero senza stelle. Ebbe un conato di vomito. Si strinse le braccia attorno al ventre e rimise di nuovo bile e sangue. Si girò dall'altra parte, quindi affondò le unghie nel terreno e si rimise in piedi. Arrancò per qualche altro passo, quando un rumore la fece voltare. Un uomo, o qualunque altra forma antropomorfa di vita fosse, stava arrivando verso di lei, a cavallo.

 

Scully rimase paralizzata, quando, arrivato nel suo raggio visivo, il corsiero si trasformò in una grottesca caricatura di un cavallo: non aveva pelo e la sua pelle era grigia e liscia sotto la luce della Luna, i suoi grandi occhi lucidi, completamente neri e sporgenti. Il suo cavaliere aveva un'armatura scura e in mano aveva un'arma simile a una spada che scintillava di luce propria.

 

Scully fece qualche passo indietro. Sentiva il forte respiro che proveniva da sotto la maschera dell'uomo rimbombare nelle sue orecchie, assordandola. Non percepiva più il rumore del trotto né i nitriti del cavallo. Solo quando l'uomo mosse la spada verso di lei sentì un ronzio simile a quello delle zanzare bruciate dall'alta tensione. Dana sbatté contro un muro di tronchi che le stava alle spalle, cadendo a terra. Il cavallo (o quello che era) si fermò a pochi metri da lei. L'uomo smontò, mettendosi al fianco la spada luminosa. Il suo respiro era pesante, i suoi vestiti completamente neri anche sotto la lucentezza argentea della Luna. Lentamente si avvicinò a lei.

 

"Vai via!" urlò Dana, cercando di allontanarsi. Ma la caviglia le faceva troppo male e le piante dei piedi erano tagliate e gonfie come i palmi delle mani. "Vattene!" gridò. L'essere si portò alla bocca qualcosa e un piccolo cerchio arancione apparve assieme a una nuvola di fumo di sigaretta. Quindi allungò la mano sinistra verso di lei e la presa per un polso. "Torna indietro." disse.

 

"Noooo!" urlò. "Lasciami, lasciami!"

 

L'uomo la tirò verso di sé, ma appena Dana fu in piedi, una scia luminosa passò tra lei e l'altro. Scully chiuse gli occhi, ma non avvertì nulla. Solo quando arrivò a terra, dopo essere ricaduta indietro, aprì gli occhi, guardando verso la mano che ancora stringeva il suo polso. La mano era staccata da tutto il resto del corpo, da cui colava un viscido liquido verde. Scully cercò di urlare, ma la sua gola era chiusa. Presa da un terrore profondo, staccò a forza quella mano dal proprio polso, cercando poi di strisciare il più lontano possibile dal posto in cui era finito l'arto inerme.

 

Poi, alzò lo sguardo sulle due figure che stavano combattendo a pochi metri da lei. A quel punto, uno dei due (Dana neppure li distingueva), trafisse l'altro.

 

Scully rimase immobile, guardando con gli occhi spalancati la scena di morte che si svolgeva davanti a lei. Il vincitore lasciò la spada nel corpo del vinto, quindi si girò verso di lei. "No..." sussurrò Dana. Si voltò, cercando inutilmente di allontanarsi dalla radura. Ma una mano la prese per la spalla, fermandola. "Lasciami..." sussurrò lei, senza più forza.

 

"Scully!"

 

--Questa voce...--

 

Si girò lentamente, vedendo per la prima volta in faccia l'ultimo arrivato. "Mulder?"

 

"Dana." replicò lui, sorridendole.

 

"Mulder!" Scully aprì gli occhi vedendo un soffitto bianco sopra di sé e un ciuffo di capelli neri che spuntava da dietro al suo braccio. "Mulder?"

 

Un volto assonnato si alzò. "Ciao tesoro." disse Nicole, con un enorme sorriso.

 

Scully chiuse gli occhi e cercò di combattere la nausea. Battaglia persa. Nicole le tenne una mano sulla fronte, mentre Scully riempiva il catino di saliva, bile e sangue. "Mi hai fatto prendere un bello spavento, lo sai?"

 

La voce di Scully era strozzata: "Urlavo?"

 

"Be', sì, hai urlato un paio di volte il nome di Mulder."

 

"Fox?"

 

"Fox? E' il suo nome? Comunque, no... urlavi 'Mulder'. Ma non per questo. Sono le..." Lanciò un'occhiata all'orologio sul muro. "Quasi le undici e mezza." Poi aggiunse: "Di notte."

 

Dana bevve un sorso d'acqua con l'aiuto dell'amica. "Sono qui da... sette ore?"

 

"Da trentuno." replicò Nicole. "Ho temuto..."

 

Dana chiuse gli occhi. "Non dovresti essere qui." disse. "Dovresti essere nella tua stanza a dormire."

 

"Ho dormito un po' qui." Le prese la mano destra e Scully trasalì. "Scusa." disse la giovane, iniziando a massaggiargliela dolcemente. "Devo essermi addormentata proprio sopra la tua mano. Hai formicolii?"

 

Scully annuì. "Un po'." Aprì gli occhi e le sorrise debolmente. "Ma adesso stanno passando."

 

"Hai fame?"

 

"L'ultima cosa che ho voglia di fare è mangiare." ammise.

 

Nicole lasciò andare la sua mano e si mise in piedi. "Sei a riposo per due giorni." le riferì.

 

"Ti ho sentito, Nicole."

 

La ragazza si risedette accanto a lei. "In che senso?"

 

"Mentre... dormivo... Ho sentito una voce. Credo proprio fosse la tua." Fece una piccola pausa, per pensare se fosse il caso di dirle quello che stava pensando o no. "Chiamavi 'Bianca'."

 

Nicole girò lo sguardo di scatto.

 

"Chi è Bianca?"

 

Nicole chiuse gli occhi. --Non è possibile. Sta perdendo la memoria. Di nuovo.-- Sospirò. "Non ha importanza. Cerca di dormire ancora un po'. Domani mattina ti aiuterò a tornare nella tua stanza." Si girò e fece per andarsene, ma Dana la richiamò. "Dimmi."

 

"Pensavo di essergli più utile da viva che da morta. Perché?"

 

Nicole abbassò lo sguardo.

 

"E' per le lettere?"

 

"Non è stata una saggia idea averle scritte dietro i dati di laboratorio. Tenerle... poteva passare, ma così..."

 

"Io non ho rubato quei fogli. Li ha lasciati cadere Sylvia."

 

"Ti credo, ma lei naturalmente ha negato tutto." Nicole le strinse leggermente la mano. "Hai bisogno di altro?"

 

"E' possibile spegnere i monitor? Ho la testa che scoppia."

 

"Certamente." disse dolcemente lei. Spense le macchine, quindi si avviò verso la porta.

 

"Nicole? Mi faresti un altro piacere?" la richiamò di nuovo Scully, con la voce appesantita dal sonno.

 

"Tutto quello che vuoi." Lo intendeva per davvero.

 

"Puoi aiutarmi a girarmi su un fianco?"

 

"Subito." Gentilmente la fece girare, notando per la prima volta un graffio che aveva sulla guancia sinistra. "Come ti sei ferita?" disse lei, prendendo subito del disinfettante.

 

"Un ramo..." fece Scully, ormai addormentata.

 

"Un ramo?" Dana non rispose, quindi Nicole spense la luce e uscì dalla camera.

 

 

*******

 

§3.9 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Giovedì, 28 maggio 1998, 11:29 a.m.

 

Nicole lanciò un'altra occhiata preoccupata verso la porta che conduceva alle stanzette dell'infermeria. Lynn era entrata là dentro da quasi due ore, con un'altra cavia, ma sapeva che doveva fare qualcosa anche a Dana.

 

Sospirò. Accantonò la stampa dei cromosomi di un impersonale "74SL212" e riprese in mano una delle provette che aveva davanti a sé. Guardò attraverso il laboratorio, mentre aspirava con una pipetta il contenuto trasparente della fiala: la porta rimaneva chiusa.

 

Abbassò lo sguardo sul vetrino e vi appoggiò qualche goccia, quindi lo mise sotto il microscopio elettronico. Sorrise leggermente. Quando sentì il rumore della porta che si apriva, alzò lo sguardo. Rainbow era appena uscita di lì. Aveva l'aria stanca e preoccupata. Nicole sfilò il vetrino dal microscopio, e lo fece scivolare nelle buste per la distruzione dei rifiuti, quindi si alzò e mise le provette sullo scaffale sopra i tavoli del laboratorio.

 

Appena Rainbow le passò accanto, lei la prese per una manica. "Lynn?"

 

La donna si girò, liberandosi con uno strattone dalla prese dell'altra. "Che vuoi?"

 

"Come sta Dana?"

 

Indugiò qualche istante, poi rispose: "Ha gli incubi."

 

"Come Bianca..." sussurrò Nicole.

 

Rainbow fece per andarsene, ma la giovane la richiamò ancora: "Che cosa le stai facendo?"

 

Lynn scrollò le spalle.

 

"La procedura Z... è questo che le stai facendo?" Sentiva già le lacrime inondarle gli occhi. Sbatté le palpebre qualche volta, attendo la risposta della collega.

 

"No." arrivò finalmente. "La W."

 

Nicole tirò un leggero sospiro di sollievo.

 

"Rimettiti al lavoro, Nicole." Così dicendo, Rainbow uscì dal laboratorio.

 

 

*******

 

§3.10 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Sabato, 30 maggio 1998, 5:25 p.m.

 

Con la solita barella, Dana era stata portata in camera sua dopo quell'ennesimo esperimento. Erano trascorse solo ventiquattro ore di distanza tra gli ultimi due test.

 

Nicole conosceva la pericolosità di quella pratica, l'aveva accompagnata lei stessa dall'infermeria alla sua camera e le sarebbe rimasta accanto fino al suo risveglio. Lo faceva sempre per aiutarla a riprendersi psicologicamente dai sogni che la distruggevano, ma adesso era preoccupata. Solo un giorno di distanza era poco.

 

Troppo poco.

 

Quando Nicole pensò fosse vicina al risveglio, Scully iniziò a lamentarsi, a muovere la testa da una parte all'altra del cuscino. Le incitazioni della ragazza affinché la donna si svegliasse erano inutili. Poi, sembrò che Dana si fosse calmata --Non si sveglia, ma per lo meno non sogna più-- pensò.

 

Uscì dalla camera diretta alla sua. Voleva prendere qualcosa da leggere e rimanerle accanto fino a quando non si fosse svegliata.

 

Ma Dana dormiva... dormiva e sognava...

 

A piedi nudi sulla sabbia, Scully camminava da alcuni minuti sulla battigia.

 

Il mare era calmo, il cielo limpido ed il tepore del sole era una carezza sulla pelle. Nulla avrebbe potuto infastidirla, in quel momento. Nulla... a parte quelle urla dal mare.

 

"Scully!... Scully!!" Si voltò, accorgendosi che la voce che la chiamava era familiare... era Mulder.

 

Era tentata di andare a salvarlo dalle onde che avevano iniziato ad alzarsi ma le orme lasciate sulla sabbia dai suoi passi avevano segnato dei solchi invalicabili. Profondità che, se solo avesse provato a superarle, l'avrebbero inghiottita.

 

Si guardò attorno per trovare uno spazio libero da superare per andare ad aiutare Mulder ma stranamente vi erano buche ovunque.

 

Era rimasta ferma lì, fino a quando non ebbe capito che attendere oltre avrebbe significato condannarlo. Si mosse tentando di superare quegli ostacoli ma un passo indeciso la fece cadere giù, inghiottita da uno di quei buchi neri.

 

Annaspò, chiamando un nome.

 

"Mu-l-der... Mu-l-der...".

 

Qualcuno, dal corridoio della Base, aveva sentito delle urla e si era precipitato nella stanza di Scully per capire cosa stesse succedendo.

 

Quando Krycek entrò nella camera, si trovò di fronte una donna pallida, sudata, che si dimenava nel sonno. Si avvicinò a lei e, sorpreso dalla propria timidezza, le prese entrambe le mani nelle sue. Rimase colpito dalla loro freddezza e tentò di scaldarle. La guardò in volto, le labbra di lei che tentavano di dire qualcosa e alla fine dicevano solo un nome "Mu-l-der..." e lui che si ritrovò a rispondere, stringendole le mani, "Scully... apri gli occhi. Scully..." Com'era da cambiata da quando l'aveva portata alla Base...

 

"... mmmh..." Dana iniziò a svegliarsi. La stanza le sembrava più piccola, come se qualcuno avesse avvicinato le pareti tra loro per farla cadere in un profondo senso di claustrofobìa. Appena riaperti gli occhi, la testa aveva iniziato a girarle come mai le era successo in vita sua e i muscoli erano indolenziti come se il suo corpo fosse stato sottoposto ad uno sforzo inconsueto.

 

Dana era sfinita.

 

L'ultima cosa che ricordava prima di chiudere gli occhi era lo sguardo inespressivo della dottoressa Rainbow e il dolore lancinante che l'ago le aveva procurato al braccio. Poi... nulla... solo l'intenso calore che si era propagato nel suo corpo e che l'aveva stordita fino a farle perdere i sensi per portarla in quel brutto sogno. Iniziò a sentire freddo e Krycek, accorgendosene, le rimboccò le coperte parlandole.

 

"Scully, hanno iniziato anche con te. Ma non dovrebbe andare così. Non dovrebbe dare questi effetti. Che ti stanno facendo?" Dana sembrò non sentire le parole di Alex.

 

Tremante dalla febbre, si riaddormentò in preda ad una stanchezza indefinibile e, durante il giorno, i risvegli e i torpori del sonno la colsero spesso.

 

Krycek abbandonò la stanza e si diresse al laboratorio deciso a scontrarsi con la dottoressa Rainbow. Ma non la trovò da nessuna parte.

 

Sembrava essersi nascosta da chissà quale colpa.

 

Uscì dalla Base dopo aver chiamato Kyle. Avrebbero iniziato a studiare il piano di fuga per Scully.

 

 

*******

 

§3.11 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Sabato, 30 maggio 1998, 7:07 p.m.

 

Nicole alzò lo sguardo dal microscopio elettronico quando la sirena di fine giornata squillò. Velocemente finì di annotare i dati, quindi buttò i vetrini e i guanti nei contenitori di smaltimento dei rifiuti e uscì dal laboratorio.

 

Nel refettorio, si sedette al suo solito posto non troppo lontano dai banchi delle vivande. Iniziò a mangiare sola, lanciando, ogni tanto, occhiate al posto davanti a sé. Quello che di solito era occupato da Dana.

 

Nicole chiuse gli occhi e si obbligò a ingoiare un altro cucchiaio di minestrone. Ultimamente qualsiasi cosa le era diventata pesante da fare. Le mancava Dana, ora che l'amica passava il suo tempo in camera o in infermeria.

 

"Nicole?" Krycek si sedette accanto a lei con un piatto colmo di lenticchie e salamino.

 

"Dove hai trovato le lenticchie?" gli chiese.

 

"Devo parlarti."

 

Nicole accantonò la fondina di minestra ormai vuota e prese una forchettata di lenticchie dal piatto di Alex. "Prima fammi prendere un piatto di queste." Si alzò.

 

"Prendi le mie." le disse, passandole il piatto. "E' importante. Riguarda chi sai tu."

 

La ragazza si risedette. "Hai parlato con lui?"

 

Krycek scosse la testa. "Gli ha parlato un mio amico. Ma non gli crede. Te l'ho detto che è cocciuto come un mulo. Ma non è questo il punto."

 

Nicole annuì. "Ho capito. Cosa ne pensi?"

 

Alex si avvicinò leggermente a lei. "Ho chiavi non marcate. Te la senti?"

 

Nicole annuì. Alex quasi tirò un sospiro di sollievo. Non credeva che sarebbe stato così facile con Nicole. Facile, ma non fino a quel punto. Pensava che avrebbe dovuto lavorare un po' per convincerla. Si rese conto che la ragazza doveva volere davvero bene a Scully per essere così pronta ad andare in bocca al leone per aiutarla. "Appena fuori, vai sempre dritta. Tira avanti per alcuni metri, poi ci sarò io. Non posso tirarla fuori o si accorgeranno che sono uscito assieme a lei."

 

"Lo so." sorrise. "Ce la farò io."

 

Krycek le prese una mano. "Grazie." Fece per alzarsi, ma lei lo richiamò: "Deve tornare da lui, Alex."

 

"Ci tornerà." Detto questo, si alzò e, prendendo un panino, uscì.

 

 

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§3.12 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Domenica, 1 giugno 1998, 5:00 p.m.

 

Nicole tornò nella camera di Dana dopo aver mangiato niente più di un'insalata. Con sé, aveva preso un plaid e un libro che alla fine non avrebbe letto.

 

La giornata trascorsa lentamente e stancamente indolenzì Nicole a tal punto che la donna si accasciò sul letto di Scully, addormentandosi in un sonno profondo.

 

Fu la sveglia del mattino a farle aprire gli occhi. Si sgranchì le braccia e le gambe e, dopo aver sbadigliato, tentò di svegliare Scully.

 

"Dana, forza è già mattina. Oggi è il tuo giorno di riposo dopo il test di ieri, quindi puoi rimanere in camera ma devi svegliarti o rimarrai indolenzita fino a domani. Dana... Dana."

 

La donna, un braccio appoggiato sul letto e una mano a stringere la catenina, non dava cenni di vita. Nicole capì immediatamente di cosa si trattava dopo averle tastato il polso e controllato il respiro.

 

Con uno scatto, si precipitò fuori dalla stanza ed andò in quella di Lynn, entrando senza nemmeno bussare.

 

"Non si sveglia" disse ansimando per la corsa "è da ieri che dorme... sta succedendo di nuovo, Lynn." continuò a parlare, Nicole, con la voce interrotta dall'affanno e dalla paura.

 

"Calmati, fa' preparare la stanza di rianimazione. Arrivo subito."

 

Nicole la guardò con fare interrogatorio e la donna rispose alla sua domanda silenziosa "Si risveglierà, Nicole. Vai."

 

Non ci volle molto alla dottoressa Rainbow per indossare il suo solito camice bianco.

 

Andò immediatamente nella camera di Scully. La osservò respirare lentamente e si rese conto di ciò che stava accadendo: era entrata in coma.

 

Era successo tante volte a Kyle e lei l'aveva sempre aiutato. Sarebbe riuscita a salvare anche lei, era in tempo.

 

Realizzato questo pensiero, sentì arrivare alle sue spalle due uomini con la barella che avrebbe portato Dana in rianimazione.

 

Quando, pochi minuti dopo, furono arrivati a destinazione, Lynn estrasse una bottiglietta contraddistinta dalla scritta -H28- dalla sua uniforme e ne aspirò il liquido contenuto con una siringa. La iniettò nella flebo già inserita al braccio di Scully.

 

"Cos'è?" chiese Nicole

 

"Non preoccuparti. L'aiuterà a rimanere lucida."

 

"Mi prendi in giro! E' la stessa cosa che hai dato a Bianca prima che lei decidesse di farla finita..."

 

Lynn si voltò verso la donna e la guardò con fare accigliato: "Basta con questa storia di Bianca. E' morta, non puoi farne un monumento per aiutare tutti quelli che segui qui. Non puoi salvarli tutti, Nicole. Tenterò di aiutare Dana fino a quando sarà possibile. Ti ho detto troppe volte di non affezionarti a quelli che vengono qui. Non ce la farà quasi nessuno, lo sai bene. Il loro pensiero continuo ti ucciderà." Distolse lo sguardo dalla donna. Controllò i monitor a cui le funzioni di Dana erano collegate e accompagnò Nicole all'uscita della stanza.

 

"Vai in laboratorio. E' ora di lavorare. Appena avrò finito qui, ti raggiungo. Vai." Parlò con voce greve e sguardo basso. Aspettò che Nicole fosse uscita e le chiuse la porta alle spalle. Poi si avvicinò a Scully, la guardò rivestita dei tanti tubicini che la tenevano in vita. Le spostò un ciuffo di capelli che le ricadeva sulla fronte e col dorso della mano le accarezzò una guancia; poi le sfiorò una mano e mentre la trattenne per un attimo nella sua, sussurrò: "Mi dispiace... mi dispiace davvero."

 

Si allontanò dal letto di Scully ma, prima di uscire dalla stanza, si assicurò di aver asciugato la calda lacrima che le scorreva sulla guancia.

 

 

*******

 

§3.13 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Mercoledì 4 giugno 1998, 4:00 a.m.

 

Il sole riempiva il cielo della sua luce e la sabbia bianca trasportata dal vento si insinuava tra i capelli, tra le pieghe del vestito leggero.

 

Aveva chiuso gli occhi per evitare che i granelli finissimi le offuscassero la vista ma, poco dopo, il vento era cessato e uno strano silenzio, un inaspettato profumo, l'avevano sostituito.

 

"Missy..." aveva sussurrato Scully.

 

"Mi riconosci anche se non mi vedi." Dana si era voltata e, alle sue spalle, ritrovò un volto, un sorriso antico e conosciuto.

 

"Sì. Oh, Melissa il tuo profumo alla violetta selvatica. Eri l'unica che io conoscessi ad indossarlo. Ma perché hai la voce di Nicole?" Il sorriso sul volto di Melissa si affievolì prima di porre quella domanda.

 

"Non lo so. Perché siamo qui, sorellina?" L'espressione di gioia sul volto di Dana cambiò in stupore.

 

"Non mi ci hai portato tu?" L'altra donna negò con un cenno della testa. "Allora non lo so."

 

"Hai perso la speranza, Dana. La voglia di vivere."

 

"Non è vero."

 

"No? Allora perché hai chiuso il tuo cuore attorno a un deserto dove non c'è possibilità di vita e di colore? Perché non siamo in un prato o su una spiaggia dove l'espressione della vita è in un fiore, in un pesce?"

 

"Missy... io..."

 

"Lo so. Ma una vita sbagliata è comunque vita, Dana. Cambierai idea."

 

"Non credo. Attorno a me non c'è la vita che conosciamo."

 

"So anche questo. Ma la voglia di vivere devi trovarla dentro, non fuori. Andiamo."

 

"Dove?"

 

"Non preoccuparti." Melissa, prese tra le sue le mani di Dana. Poi, sussurrò. "Chiudi gli occhi." Un vento leggerissimo come una carezza si alzò di nuovo e dopo pochi istanti Dana sentì Missy parlare ancora.

 

"Siamo arrivate."

 

"Dove?"

 

"Non lo riconosci?" Dana ci pensò un attimo soltanto, poi rispose: "...è ...la casa di quando eravamo piccole."

 

"Sì." disse Melissa, sorridendo "Quella in braccio alla mamma sei tu. Eravate appena tornate dall'ospedale. Guarda papà."

 

<Piccolina. Guarda, mi ha sorriso!>

 

<I bambini così piccoli sorridono a tutti, papà!>

 

<Com'è dolce!>

 

<Dov'è Billy?>

 

<Ehm... in camera sua, mamma...>

 

<Fallo venire a salutare la sua sorellina.>

 

<Penso proprio che non verrà.>

 

<Vallo a chiamare, Missy.>

 

<Va bene.>

 

"Era geloso di te, Bill."

 

"Ma dai! Non lo sapevo." Dana sorrise.

 

"Non voleva scendere perché voleva un fratellino con cui giocare, invece sei nata tu."

 

"E poi che è successo?"

 

"La mamma è andata a parlargli."

 

"Cosa gli ha detto?"

 

"Guarda."

 

<Non apro!>

 

<Ma dai, Billy. E' la tua sorellina, non vuoi vederla? E' giù con papà.>

 

<Un'altra femmina. Mi avevi promesso che avrei avuto un fratellino per giocarci insieme. Bugiarda!>

 

<Bill, ma tu sei il fratello maggiore. Devi aiutarmi a stare attenta a lei. E poi avrai un ruolo importantissimo!>

 

<Ah, sì? Qual è?>

 

<Devi proteggerla e prenderti cura di lei. Sarai un ometto responsabile. Allora, scendi?> Dalla porta chiusa a chiave si sentì il rumore dello scatto della serratura. Poi, la porta si aprì e il piccolo Billy uscì dalla stanza con gli occhioni rossi per le lacrime e, presa la mano della madre che lo accompagnava al piano di sotto, le chiese con un visino imbronciato

 

<E farà quello che dico io?>

 

<Dovrà starti a sentire. Sei il fratello maggiore, no?>

 

"Deve essergli rimasto impresso quel discorso. In tutti questi anni, mi è stato dietro più di un carceriere!" disse Dana.

 

"E' vero." Le due sorelle risero e un nuovo venticello arrivò a trasportarle in un altro posto, in un altro tempo.

 

Un gruppo di ragazzi, vestiti con tuniche nere tutte uguali, era in posa sulla grande scala d'entrata dell'università del Maryland per fare la foto di gruppo.

 

<Sorridete!!!>

 

"Me lo ricordo. E' il giorno della consegna della laurea. Papà, quella mattina, mi ha regalato il caduceo d'oro che racchiude la pergamena. Era contento quel giorno."

 

"Sì. Sai cosa mi disse mentre Bill scattava centinaia di foto quando eri a ritirare la laurea? Mi disse: 'Sarei orgoglioso di quella ragazza anche se decidesse di andare sulla Luna ad aprire un fast food. Le voglio un mondo di bene. Certo, anche a te, Missy.' Feci finta di crederci ma sapevo che tu eri la sua preferita." Dana abbassò lo sguardo. Gli occhi lucidi che fissavano la strada asfaltata.

 

"Perché questo viaggio, Melissa?" Chiese con voce triste Dana.

 

"Lo capirai presto. C'è un'ultima cosa che devi vedere. Chiudi gli occhi." Un nuovo, breve turbine le trasportò nel tempio dei ricordi.

 

"Dove siamo, Dana?" La donna si guardò attorno per una frazione di secondo, poi rispose.

 

"A casa mia. Perché?"

 

"Guardati alle spalle." Dana si girò e vide Mulder seduto sul divano a gambe incrociate. Tra le mani, la sua catenina con la piccola croce d'oro.

 

<Come faccio a fidarmi di quel doppiogiochista?> Gli sentì dire sottovoce.

 

"Di chi parla e perché è a casa mia?" Chiese a Melissa.

 

"Parla di Krycek."

 

"Krycek?!"

 

"Sì, gli sta offrendo la tua salvezza. Ma Fox non è disposto a credergli. Quello che vedi è il prossimo futuro che si svolgerà tra pochissimo tempo. Qualcosa dovrà convincere il tuo collega a fidarsi del suo nemico di sempre. Se non troverà una ragione per credergli, non ci sarà futuro. Né per te, né per lui."

 

"Cosa può convincerlo?"

 

"Solo tu. Ma devi volerlo o il futuro che vedi non si compirà."

 

"Io non posso, Missy..."

 

"Sì che puoi. E' lui la tua speranza. Rappresenta lui la tua voglia di vivere." Dana, guardò Melissa sorridere.

 

Questa presenza velata eppure reale.

 

Le diede un bacio. "Ti voglio bene, Missy", le disse. Dopodiché la guardò scomparire nel profondo limbo dei suoi sogni, dei suoi sentimenti, dei suoi ricordi. Rimase solo un leggero profumo di violetta.

 

Sapeva che sua sorella aveva ragione. 'A volte, basta desiderare fortemente qualcosa perché questa si avveri, basta crederci', le diceva spesso. Lei aveva sperato di poter rivedere Melissa, un giorno o l'altro, per dirle addio e la sua speranza era diventata reale.

 

E se anche per Mulder valesse lo stesso? Doveva dirgli di continuare a crederci e lo fece.

 

'E' solo questione di fede, Mulder.' sussurrò.

 

Vide l'uomo girarsi come se l'avesse sentita.

 

Poi, il profumo delicatissimo di violetta selvatica scomparve per sempre...

 

Dana si ritrovò nel letto dell'infermeria della Base.

 

Aveva trovato la sua voglia di vivere in Mulder e lui aveva trovato in lei la sua speranza.

 

Un piccolo fiore nel deserto della disperazione di entrambi.

 

 

*******

 

§3.14 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Mercoledì, 4 giugno 1998 7:55 a.m.

 

Per tre giorni e due notti, ogni secondo libero dal suo lavoro, Nicole lo trascorse al capezzale di Scully. La aiutava a cambiare posizione per prevenire piaghe sulla pelle, le asciugava il sudore che, stranamente, le bagnava la fronte, le teneva la mano nella sua per dirle semplicemente: 'Sono qui, non sei sola'.

 

Ed era così paziente, Nicole.

 

Non versava lacrime, non si rattristava. Era straordinariamente seria, come i discorsi che faceva alla sua amica. Per quello che ne sapeva dalle parole di Alex, tentava di parlarle di Mulder, delle cose che facevano quando lavoravano ancora insieme e in ogni frase parlava sempre al futuro 'ci ritornerete... lo rifarete ancora... quando lo rivedrai...'. Non perdeva mai la calma, Nicole. Nemmeno quando Dana aveva crisi respiratorie nonostante l'ossigeno che le arrivava dai tubicini. Era lì, senza scoraggiarsi, che le aumentava il dosaggio, le praticava le solite iniezioni. Solo qualche volta, sospirava mentre la osservava immobile, costretta in quel letto bianco dell'infermeria.

 

In quel letto che, sperava, non fosse il suo ultimo.

 

Al terzo giorno di sonno forzato di Dana, Nicole era al laboratorio a svolgere il suo lavoro, quando Lynn le si avvicinò, le toccò una spalla e nell'orecchio le sussurrò: "Si è risvegliata, ha chiesto di te." Nicole si era girata verso la dottoressa che aveva sul volto un sorriso appena accennato.

 

Si alzò di scatto dalla sedia e, correndo, uscì dal laboratorio per raggiungere Scully.

 

Arrivata alla porta dietro la quale Dana l'aspettava, prese un respiro profondo quanto la speranza della vita ed entrò.

 

La vide lì, senza il tubicino dell'ossigeno nel naso, con un sorriso debole e spento come una notte senza Luna e, avvicinandosi, iniziò a piangere.

 

Nicole, la ragazza forte che l'aveva sempre aiutata.

 

Nicole che le voleva bene come a una sorella.

 

Nicole, quella che aveva provato ad odiare Dana sin dal primo giorno che l'aveva saputa alla Base.

 

Nicole, ora, piangeva...

 

"Nicole..." disse Dana appena la vide. "Vieni qui..." Porse un braccio verso di lei come a invitarla ad avvicinarsi: "Non voglio vederti piangere... Nicole." Appena le fu accanto, Scully le prese una mano, la tenne debolmente stretta nella sua e le disse: "Mi eri accanto... mi sei stata vicina anche adesso... ti ringrazio. Ma ti prego, non piangere..."

 

"Non posso farne a meno, Dana... scusami..." Poi, fermando le lacrime, le sorrise "Adesso, so che ce la farai. Sì, ce la farai." Ritornò seria in un attimo, si guardò attorno e mentre le si avvicinava fingendo di aggiustare le coperte, le parlò a voce bassa "Devi seguire le mie istruzioni, devi fare quello che ti dirò io e sarai fuori di qui in un paio di giorni."

 

"Sì, ma..."

 

"Niente 'ma'. Quando sarà il momento, capirai."

 

Poi, la ragazza si allontanò da Scully, le accarezzò il mento e le disse "Sono così contenta..."

 

"Non metterti nei guai per me." disse Dana con voce stanca.

 

"Non preoccuparti. Riposati ora, io torno più tardi, ok?" Scully annui appena un attimo prima di riaddormentarsi e Nicole uscì dalla stanza.

 

Non andò subito al laboratorio.

 

Era diretta alla camera di Alex sperando di trovarlo lì.

 

 

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§3.15 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Mercoledì, 4 giugno 1998 8:20 a.m.

 

Alex era in camera sua. La televisione accesa e lui steso sul letto con un braccio dietro la testa e l'altro perpendicolare al corpo. Qualcuno bussò alla porta.

 

"Avanti." rispose l'uomo senza spostare lo sguardo da un programma non certo educativo.

 

"Alex, devo parlarti."

 

"Nicole..." Si alzò dal letto, le andò incontro e, facendola entrare, richiuse la porta alle sue spalle "Entra. Che succede?" La donna si sedette sull'orlo del letto dove si trovava fino a un attimo prima Krycek.

 

"Dana... si è svegliata dal coma."

 

"Bene." disse lui, sospirando profondamente.

 

"La prossima volta... non sarà così fortunata." Lo guardò negli occhi sperando che lui comprendesse ciò che lei stava per chiedergli.

 

"E' ora."

 

"Dimmi solo cosa devo fare. E quando." Alex iniziò a parlare con voce bassa affinché nessuno potesse ascoltarlo.

 

"Tra due notti. Fa' in modo di portare Scully fino al laboratorio. Alle telecamere ci penso io. Emanuele non è un problema. Si addormenterà come un bambino e il sistema di sorveglianza sarà fuori uso per qualche minuto."

 

"A che ora?"

 

"Le tre. Tutti dormono. Alle tre e dieci saremo fuori di qui." La fredda rappresentazione del piano per la fuga di Dana si fermò e l'uomo si piegò su Nicole, la osservò e le sfiorò una spalla "Vieni con noi."

 

"Alex, non posso. Lo sai che non lo farò, non ripeterlo ancora."

 

"Sei libera di fare ciò che credi ma quando sarai fuori di qui, ti innamorerai di nuovo del mondo lì fuori e vorrai rimanerci." Nicole sorrise.

 

"Non c'è niente del mondo di fuori che mi interessi, Alex... Quasi niente." Krycek annuì con un'espressione triste.

 

"Pensaci, comunque. Adesso, vado ad avvertire Kyle. Per dopodomani, sarà tutto pronto."

 

"Bene." La donna si alzò dal letto per uscire dalla stanza, quando Alex la chiamò

 

"Nicky..."

 

"Che c'è?" sorrise, Nicole.

 

"Stai facendo la cosa giusta." La donna ci pensò un attimo, poi abbassando la testa annuì.

 

"Sì, sono sicura di sì." ed uscì. Krycek si preparò per incontrare il suo complice.

 

 

*******

 

§3.16 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Mercoledì, 4 giugno 1998 9:09 p.m.

 

Nicole bussò leggermente e entrò nella camera di Dana. "Ehi, fiorellino, come va?"

 

Scully alzò gli occhi su di lei. "Mi sento stanca." disse.

 

La ragazza trascinò la sedia accanto al letto. "Lo so." le strinse leggermente la mano, quindi si girò verso il televisore. Immagini a cartoni animati stavano passando sullo schermo. Nicole sorrise. "Che bello! 'Brisby e il Segreto di NIMH'... era uno dei mie cartoni animati preferiti." Si girò verso Dana e disse: "Ti va se resto qui a guardarlo con te?"

 

Scully sorrise. "Mi farebbe davvero piacere."

 

La giovane si mise comoda sulla sedia e tirò fuori, Dana non riuscì a capire da dove, due panini alla marmellata. "Fragole o more?"

 

L'altra sorrise. "Fragole."

 

Nicole le passò il panino e l'aiutò a mettersi seduta. Quindi si misero a mangiare silenziosamente, guardando la TV.

 

"All'inizio noi eravamo dei comuni ratti di strada, costretti a rubare il nostro pane quotidiano e vivere sfuggendo alle persecuzioni dell'uomo. Un giorno fummo catturati, messi in gabbia e inviati in un luogo chiamato NIMH. C'erano molto altri animali là, anch'essi in gabbia. Venivano sottoposti alle più indescrivibili torture per soddisfare la curiosità degli scienziati. Spesso io di notte li sentivo piangere e gridare e agonizzare. A venti ratti e a undici topolini di campagna vennero fatte delle iniezioni. Il nostro mondo cominciò a cambiare.

 

Poi una notte, io guardai le parole scritte sotto gli sportelli delle nostre gabbie e capii. Eravamo diventati intelligenti. Sapevamo leggere. Il miracolo venne tenuto segreto agli scienziati e nel silenzio della notte, fuggimmo attraverso il sistema di ventilazione. I topolini vennero spazzati via, risucchiati da oscure trombe d'aria, e morirono. Se ne salvarono solo due: Jonathan e il signor Agenore. Restammo tutti intrappolati da una grata chiusa a chiave sul tetto. Fu Jonathan che riuscì a trovare il sistema di aprirla.

 

Ho un regalo per te. Vieni, lui voleva darlo a te."

 

Brisby si avvicinò al vecchio Nicodemus, osservando la pietra rossa incastonata nel medaglione.

 

"Questo è un pezzo che adoro." sussurrò Nicole.

 

"Oh... è meravigliosa." disse Brisby.

 

"Ora sta dormendo."

 

"Sta dormendo?"

 

"Sì. Quando viene portata da qualcuno che ha un cuore coraggioso, la pietra comincia a splendere. Irradia una luce rossa. Un cuore coraggioso è molto raro. Questa pietra acquista un grande potere quando ne incontra uno."

 

"Guardi. C'è un'iscrizione."

 

Mentre sul televisore, la topolina leggeva la frase, Nicole la ripeté assieme a lei: "'Qualunque porta ad aprire riuscirai, se la chiave giusta avrai.'"

 

Si girò verso Dana, accorgendosi che si era addormentata. Sorrise. Le rimboccò le coperte e sussurrò: "Qualunque porta ad aprire riuscirai, se la chiave giusta avrai, Dana." Spense il televisore, quindi uscì nel corridoio. Camminò lentamente fino alla sua camera, ripetendosi quella frase. "Qualunque porta ad aprire riuscirai, se la chiave giusta avrai."

 

Chiuse la porta della sua camera dietro di sé, quindi si cambiò e si infilò a letto. Lei aveva la chiave giusta. Gliel'aveva data Alex. E non aveva solo quella di chiave giusta. Sorrise.

 

La schiavitù nel NIMH volgeva al termine.

 

 

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§3.17 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Venerdì, 6 giugno 2:30 a.m.

 

Aveva svolto il suo lavoro diligentemente, come sempre.

 

Il laboratorio era stato disinfettato dopo l'ultimo turno di lavoro e Nicole era andata a trovare Dana. In infermeria non c'era nessuno se non lei. Quando vi entrò, osservò brevemente le telecamere che erano sul soffitto e pensò ad Alex --Speriamo che riesca a fare tutto in tempo.--

 

Poi, guardò Scully mentre dormiva. Sembrava tranquilla, forse non stava facendo brutti sogni. Cercò di immaginare la scena che si sarebbe svolta di lì a poche ore. Pensò a come svegliare Dana a come riuscire a portarla fuori.

 

Mentalmente, percorse i corridoi della Base, si immaginò fuori all'aperto per la prima volta dopo anni di prigionia. Forse, si sarebbe sentita male a respirare l'aria vera, magari non sarebbe riuscita ad aiutare Dana a fuggire. Ma, in fondo, c'era Alex fuori; l'avrebbe aiutata lui. Con il dorso della mano, sfiorò una guancia di Scully, sperando di non svegliarla.

 

Uscì dall'infermeria recandosi in camera. Dopo una lunga doccia, si preparò per andare a dormire. Le telecamere erano sempre in funzione e non poteva far capire a nessuno che quella notte sarebbe successo qualcosa. Meglio comportarsi come al solito.

 

Ma una volta a letto, non riuscì a dormire, ripensando a Dana.

 

Lei era stata una ventata d'aria primaverile nella sua vita.

 

Dopo Bianca, aveva bisogno di trovare qualcosa o qualcuno a cui legarsi. Ed era arrivata Scully come una benedizione dal cielo. Ma Bianca le era rimasta nella testa e nel cuore. Si era sentita responsabile per quella morte e odiava Lynn per questo. Non poteva fare lo stesso errore anche con Dana. Non doveva succedere.

 

Guardò l'orologio e si accorse che erano le due e trenta. Alex aveva detto che per quell'ora, il sistema di controllo sarebbe stato disattivato.

 

Si alzò dal letto, si vestì in fretta e uscì dalla camera per andare a prendere Scully.

 

 

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§3.18 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca La Base (distaccamento 30, Canada)

 

Venerdì, 6 giugno 1998, 3:00 a.m.

 

Nicole percorse i corridoi velocemente, a testa alta, l'espressione seria e decisa. C'erano circa trecento metri tra la sua stanza e la cosiddetta infermeria. Entrò senza chiedere nessun permesso. Alle tre del mattino la Base era addormentata. Andò verso l'unico lettino occupato. "Dana?" la chiamò sottovoce. Le tolse la flebo, spense i macchinari che monitoravano le sue attività vitali, quindi le tolse i cavi e la chiamò di nuovo. "Dana."

 

Le scosse una spalla. La donna si svegliò con un lamento. "Basta..." sussurrò.

 

"Dana, devi alzarti." disse Nicole, con voce ferma.

 

"No... non ce la faccio..."

 

Nicole si guardò intorno, quindi le prese la mano. "Sono Nicole, Dana, devi alzarti."

 

"No... ti prego... voglio solo... dormire..."

 

"Dana, alzati, forza."

 

"Chi...? Oh... Ni... Nicole... ti... ti prego, dammi... dammi uno di quei... tranquillanti... che non mi fanno... sognare... ti prego..."

 

"Dana, alzati!" esclamò Nicole. "E' ora di andare!" La mise a sedere a forza. Scully si reggeva in piedi a fatica, Nicole dovette infilarle i vestiti, due felpe sopra il camice da ospedale e le scarpe. La tirò in piedi di peso e Scully per poco non le cadde addosso. "Dai Dana, devi resistere per qualche metro... solo per qualche metro..."

 

"Dove mi... porti...?"

 

"Shhh... vieni..."

 

La trascinò fuori dall'infermeria, allungando il passo appena si trovò nel corridoio centrale. Ma Scully si fermò. "Non... non ce la faccio... Nicole..."

 

"Forza! Andiamo!" La ragazza la trascinò ancora più velocemente, finché non arrivarono all'ingresso. Nicole non l'aveva mai visto da così vicino, non ci si era mai avventurata. Aveva passato i suoi ultimi dieci anni lì dentro e mai aveva pensato ad uscire.

 

"Nicole... sono stanca... ti prego lasciami qui..."

 

"Basta, Dana!" La prese per le braccia e la tirò verso di sé: "Io non ti lascio qui. Piantala!"

 

"Dove... andiamo?" chiese Scully, appoggiandosi al muro e cercando di stare in piedi da sola, mentre Nicole frugava nelle tasche e la sorreggeva con un solo braccio. Sfilò un piccolo mazzo di chiavi da cui pendeva anche una scheda magnetica. Scully era dimagrita molto, ma Nicole era comunque più minuta di lei e cominciava a sentir la fatica.

 

"No." disse Dana.

 

"No? Andiamo!"

 

"Nicole... finirai nei guai... con... con lei..."

 

"Una persona ha già sistemato tutti gli impianti di controllo per noi. Dobbiamo solo sbrigarci."

 

La porta si aprì con quattro scatti di tre chiavi diverse e la scheda magnetica. Nicole spinse fuori l'amica, quindi accostò la porta dietro di sé. Prese Scully per un braccio e iniziò a salire le scale che portavano nella baita che nascondeva la Base. Scully faceva del suo meglio, ma arrivate alla botola, Nicole si sentì mancare le forze.

 

"Oh Dio..." pregò sottovoce, appoggiandosi al muro. "Se ci sei, guarda giù per un quarto d'oretta." Strinse a sé Scully e le diede un leggero bacio sulla tempia. "Andiamo, siamo quasi fuori."

 

Assieme salirono le scale, quindi uscirono nel freddo canadese. Dana emise un gemito dalla gola. Si inoltrarono nella foresta buia, rischiarata solo dalla Luna quasi piena.

 

"Ci siamo quasi..." disse Nicole.

 

Si fermò per qualche istante, quindi vide una piccola luce accendersi a una ventina di metri da lei.

 

Alex arrivò correndo verso di lei, seguito da un ragazzo che Nicole non conosceva. "Sapevo che ce l'avresti fatta." disse Krycek, sorridendo alla ragazza. Aiutò Nicole, prendendo Scully per l'altro braccio.

 

"Tu..." sussurrò Dana, vedendolo.

 

Dopo pochi passi, i fari di un'automobile illuminarono la loro via. Kyle aprì la portiera posteriore. Fecero scivolare Scully sul retro, quindi Alex prese la mano di Nicole. "Vieni via con noi."

 

"Sai che non è possibile. Il mio posto è qui." Tossì qualche volta. "E poi l'aria qui fuori, per me, ormai è tossica. Non posso più respirarla, sono troppo abituata a quella sterile." Gli sorrise. "Devo coprirvi le tracce."

 

"Abbi cura di te."

 

"Promesso." Nicole sorrise.

 

Scully, distesa sul sedile posteriore, si stava svegliando, probabilmente grazie all'aria fresca. "Nicole..." sussurrò. La ragazza entrò in macchina, le strinse una mano. "Starai meglio, in breve. Davvero."

 

Scully scosse la testa. "Non... non lasciarmi.. non lasciarmi sola con lui... Nicole..."

 

"Dana, non posso venire con te."

 

"Nicole... ti prego... non... no... Krycek no..."

 

La ragazza sorrise e scosse la testa. Le asciugò le lacrime con la mano. "Non ti preoccupare, si prenderà lui cura di te."

 

"Nicole..."

 

"Non dimenticarmi." le disse. "Io non lo farò."

 

Scully prese un profondo respiro: "Nemmeno io."

 

"Dobbiamo andare." disse Krycek.

 

Scully scosse la testa leggermente.

 

Nicole le accarezzò la guancia. "Ti voglio bene."

 

"Anch'io..."

 

Krycek passò a Nicole una siringa e una fiala. Lei le osservò per qualche istante, poi disse: "E' proprio necessario?"

 

"Sì, Nicole. Non voglio rischiare."

 

La ragazza riempì la siringa davanti agli occhi terrorizzati di Scully. "No..."

 

Lei si accorse solo allora di quello che aveva fatto. "Non preoccuparti. E' solo un sonnifero. Quello che ti fa dormire senza sogni."

 

"No..." sussurrò Scully. "Krycek..."

 

Velocemente, Nicole iniettò il sonnifero nel braccio di Dana, che non aveva più forze nemmeno per urlare. La ragazza infilò una mano in tasca e ne estrasse la catenina con la Madonnina. "L'ho presa dal tuo nascondiglio segreto." le disse, mentre lentamente Scully stava scivolando via. Si chinò su di lei e gliela mise al collo. "Spero che tu e Mulder possiate avere quella felicità che è stava negata a me e Alex." Le sorrise un'ultima volta quindi uscì dalla macchina e chiuse la portiera.

 

"E' ora." disse Krycek.

 

Nicole annuì.

 

"Non vuoi ripensarci?"

 

Lei scosse la testa e gli sorrise. "Abbi cura di lei."

 

Alex si chinò per baciarla. Non più un casto bacetto sulla guancia, ma un bacio passionale e profondo. Nicole gli sorrise un'ultima volta, imbarazzata, e ritornò di corsa verso la Base. Alex entrò in macchina e gettò un'occhiata sul sedile posteriore: Scully era ormai profondamente addormentata. Riportando lo sguardo oltre il parabrezza incontrò il suo volto nello specchietto retrovisore. Sentiva ancora il sapore di Nicole sulle labbra. --Giuda.-- si disse. Si girò verso Kyle e disse: "Andiamo."

 

 

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§3.19 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Venerdì, 6 giugno 1998 6:00 a.m.

 

Era stato semplice portarla fuori dalla Base, convincere Nicole di quel piano, eludere la sorveglianza...

 

Alex Krycek stava seduto sul sedile anteriore della jeep e si era girato per osservare Scully che aveva la testa riversa pesantemente sul poggiatesta posteriore.

 

"Fin troppo semplice." disse ad alta voce.

 

"Cosa hai detto?" gli chiese Kyle che stava al posto di guida accanto a lui.

 

"Niente... piuttosto, quanto ci vuole ancora per arrivare?"

 

"Vedi la bandiera oltre quegli alberi? Indica il motel."

 

"Hai disposto nessun servizio in camera? Nessuno deve sapere che Scully è lì."

 

"Mi prendi per scemo? Certo che l'ho fatto!"

 

Avevano impiegato quasi un'ora per arrivare a destinazione e il viaggio verso valle era stato tranquillo.

 

Arrivati al parcheggio del Black Luna's motel, Kyle scese dalla macchina.

 

"Bene, Scully. Siamo arrivati." Dana non rispose all'incitamento di Krycek "Scully..." Non ottenendo alcuna risposta, l'uomo decise di scendere. Quando aprì lo sportello di Dana si accorse che si era addormentata. Nicole le aveva iniettato certamente qualcosa di forte per farla dormire così profondamente.

 

"Ehi, Scully, svegliati!" La scrollò pesantemente.

 

"Uhm... dove siamo?" chiese la donna.

 

"A casa. Scendi." Dana si svegliò appena sentì la parola casa, ma l'illusione durò solo un attimo. Si rese subito conto che quella di Krycek era stata una battuta di cattivo gusto. Con estrema difficoltà, Dana scese dall'auto.

 

"Ah... Scully, mi sento in dovere di dirti, anche se dovresti supporlo, che non esiterò a spararti nel caso ti sorprenda a fuggire da questo posto o a chiedere aiuto a chiunque ti venga in mente. Ti terrò gli occhi incollati addosso. Sono stato chiaro?"

 

"Krycek tu sei sporco dentro... non dubito affatto che mi... uccideresti ma se sono qui è perché ne hai un tornaconto. Solo perché non sto bene... non significa che mi sia bevuta il cervello."

 

"Pensala come vuoi. Per quello che me ne importa... Andiamo." Kyle aveva parcheggiato l'auto di fronte alla stanza 142 ed aveva aperto la porta.

 

A Scully sarebbero occorsi pochi passi per entrare ma le gambe le cedettero immediatamente. Krycek la sorresse d'istinto.

 

"Sai, Scully. Ripensandoci bene, dovresti ringraziarmi per averti portata fuori di lì. Cerca di ricordarlo... " La donna non rispose. In pochi attimi entrarono in camera. Krycek chiuse la porta alle sue spalle poi si rivolse a Kyle.

 

"Il tuo lavoro per oggi è terminato. "

 

"Alex..." iniziò a parlare il ragazzo "Non puoi liquidarmi così! Io..."

 

"Lo so." lo interruppe Krycek "Ma il tuo lavoro qui non è finito. Ritorna domattina o non la rivedrai." Kyle lo guardò con la solita sfiducia.

 

Nonostante la sua stanza fosse vicina a quella di Scully, entrò in macchina e mise in moto, diretto chissà dove, pensando --Se credi che sia così ingenuo da farmi fregare da uno come te, ti sbagli.--

 

 

*******

 

§3.20 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Venerdì, 6 giugno 1998 6:30 a.m.

 

Si era seduta sul letto.

 

Non aveva alcuna importanza ciò che Krycek ne avrebbe fatto di lei nè le importava sapere quanti giorni sarebbe rimasta lì. In quel momento, Scully sentì solo che la testa le premeva da ogni parte come se una pressa le fosse entrata nel cervello per schiacciarne ogni più piccolo pensiero, ogni singola volontà...

 

Si portò una mano alla fronte, poi si tolse la catenina che Nicole le aveva donato e che, in quel momento, sembrò pesare quanto un macigno, la appoggiò sul comodino e cercò Alex con lo sguardo. Dopo istanti che sembrarono durare ore, chiese: "Cosa succederà...".

 

L'uomo era seduto su una sedia ed aveva in mano un telefono cellulare. Aveva la chiara intenzione di chiamare qualcuno. Ci ripensò appena Dana gli pose quella domanda.

 

"Questo non ti deve interessare. Pensa a non darmi fastidio e tutto si risolverà nel modo migliore."

 

Scully non aveva voglia di parlare con quell'uomo. Senza nemmeno accorgersene, si sdraiò sulle coperte del letto matrimoniale e si addormentò.

 

Quello che iniziò a vivere non era un sogno ma il ricordo di ciò che le era successo la notte del suo rapimento.

 

Come estraniata dal proprio corpo, iniziò a ricordare, vedendole nitidamente, le azioni che aveva compiuto quella sera.

 

Era tornata a casa dal lavoro, sperando che nessuno la disturbasse. Aveva fatto una doccia per lavare via la tensione del giorno e si era preparata un'insalata.

 

Dopo la cena leggerissima, aveva preso un libro che aveva letto per la prima volta all'università: 'Il disagio della civiltà' di Sigmund Freud. Poi, le era venuto in mente Mulder, il 'suo' disagio a comportarsi nella società e aveva deciso di chiamarlo ma era tardi, ormai, e preferì parlargli attraverso il suo diario.

 

Dopo aver scritto poche righe, sentì degli strani rumori. Quando si era alzata dal divano, si era accorta di essere attorniata da due figure maschili. Aveva fatto in tempo solo a scorgere la sua pistola sul tavolino accanto al telefono, che Kyle le era dietro.

 

Ma Dana guardava fisso negli occhi chi le era davanti.

 

"Che ci fai qui? Come hai fatto a entrare?!"

 

"Scully, non ero mai stato nel tuo appartamento. E' carino."

 

"Krycek!"

 

"Che tu lo voglia o no, stanotte verrai con noi." Scully non era riuscita a proferir parola. Kyle, avvicinandosi a lei, le prendeva un braccio stringendolo forte.

 

"No..." Lei si girava verso l'uomo più giovane ma era stato uno sbaglio. Alex le arrivava addosso chiudendole la bocca con una mano sola mentre Kyle le iniettava qualcosa nel braccio. L'ultimo suono che sentì pronunciare in modo distorto fu un lamento.

 

Il suo.

 

Poi, si addormentò accasciandosi tra le braccia di Kyle.

 

Fu in quel momento che si risvegliò nella stanza del motel, con Krycek accanto alla finestra. Aveva sentito i movimenti di Dana e la osservava.

 

"Certo, dormi parecchio. Ti sei fatta un sonnellino lungo dodici ore. Se l'avessi saputo mi sarei fatto un giro nei dintorni. C'è gente niente male." Disse mentre seguiva con lo sguardo una donna che era appena entrata nella stanza di fronte alla loro.

 

Scully tentò di alzarsi dal letto ma un capogiro le impedì di muoversi. Rimase seduta mentre il sogno fatto le ritornava alla mente. Quando ebbe realizzato che non era stata un'esperienza onirica come tante altre ma che rappresentava la realtà che aveva vissuto un mese prima, lo guardò tanto intensamente che l'uomo, come punto dagli occhi di lei, si girò.

 

"Perché mi guardi così?"

 

"Sei un bastardo, Krycek. Qualunque sia il motivo che ti spinge a fare tutto questo tu rimani una carogna che merita di morire nel peggiore dei modi. Sei stato tu a rapirmi. Non ci avevo mai pensato in questi giorni. Non me l'ero nemmeno chiesto. Ma adesso... saranno questi strani mal di testa, ma... c'eri tu quella notte, nel mio appartamento. Eri assieme a Kyle e mi avete narcotizzata per portarmi qui... Tu e Kyle... Kyle..." --che strano,-- pensò --credevo di conoscerne il cognome.--

 

Si alzò lentamente dal letto, prese i piccolo borsone su cui c'era scritto il suo nome con la grafia di Nicole e si recò in bagno.

 

"Dove credi di andare?"

 

"Non pretenderai che risponda a questa domanda idiota?"

 

"Scully, ricordati solo che ti tengo sott'occhio e... tanto per non farti sprecare energie inutili... la finestra lì dentro è stata bloccata. Tutto quello che entra ed esce è solo un filo d'aria da dieci centimetri di spazio." L'uomo la guardò con un leggero sorriso maligno sulla faccia. Dana riuscì a dire solo: "Mi fai schifo, Krycek" ed entrò.

 

 

*******

 

§3.21 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Venerdì, 6 giugno 1998 7.00 p.m.

 

I pensieri di Scully non erano chiari e la doccia non le era servita a mandare via le strane sensazioni che provava.

 

Uscì dal bagno ma il suo carceriere non c'era. A guardare meglio, nella stanza non c'era nessuno --non posso credere che sia così stupido... forse ha deciso di mettermi alla prova. Be', tanto non starò qui a chiedermelo.-- pensò.

 

Quando aprì la porta che metteva sulla strada, non rimase sorpresa nel vedere che Kyle era fuori, appoggiato al muro accanto alla camera.

 

"Non preoccuparti, non ti perdo d'occhio. Solo... Alex mi ha detto di lasciarti il tuo spazio. Ti serve niente?" Chiese il ragazzo.

 

"Perché, se chiedo qualcosa per il mal di testa o un'auto me le procuri?"

 

"Sei spiritosa." disse Kyle, ironico "La macchina no ma per il mal di testa c'è qualcosa che Alex ti ha lasciato sul comodino in camera. Ha detto che ti sarebbe servito, durante la sua assenza."

 

"Perché, dov'è andato?"

 

"Beh... è tornato alla Base."

 

Scully scosse il capo, sempre più perplessa.

 

Entrò in camera, si sedette sul letto e prese le aspirine che erano appoggiate dove aveva detto il ragazzo, accanto alla catenina che Nicole le aveva donato al posto della sua. Ne prese una, facendola scendere con un po' d'acqua.

 

Ma il sollievo durò poco tempo perché fu costretta a stendersi di nuovo sul letto.

 

--Spero che la mia permanenza qui non sia caratterizzata da questi strani sintomi di... di che?-- Si toccò la fronte ed era accaldata.

 

D'un tratto, tenendo tra le dita la catenina, pensò --Nicole, ti vorrei qui. Sapresti come farmi sentire meglio già solo guardandomi negli occhi.--

 

 

*******

 

§3.22 (Steffy)

 

Canada

 

Venerdì, 6 giugno 1998, 7:12 p.m.

 

Prima di andare a fare la sua apparizione da primula rossa alla Base, Alex aveva da fare qualcosa di più urgente.

 

Lungo la strada cercò una cabina del telefono. Quando l'ebbe trovata, scese dall'auto, compose un numero e attese che qualcuno rispondesse.

 

Dall'altra parte della cornetta, sentì un clic, poi una voce assonnata rispondere.

 

"Mulder..."

 

"Mulder, sono contento che tu abbia trovato il modo di farti scagionare dall'accusa di omicidio. Come ti senti, amico?"

 

"Ma chi parla?" Chiese Fox confuso.

 

"Avresti dovuto aspettarti una mia chiamata da moltissimo tempo. Per lo meno, dal giorno della visita di Kyle alla prigione."

 

"Krycek!"

 

"Bravo! So che non credi a ciò che quel ragazzo ti ha detto. Evidentemente, non sa essere convincente."

 

"Cosa vuoi da me? Lasciami in pace, Krycek. Spera che mi passi del tutto la voglia di vivere perché giuro che il primo a pagare sarai tu."

 

"Mulder, ogni singola parola che ti ha detto Kyle è la verità..."

 

"Sto per riattaccare, Krycek. Non mi interessa la tua finta verità."

 

"E' vera quanto il fatto che Scully, adesso, è al sicuro. E' con me."

 

"Nemmeno se sentissi la sua voce crederei che è viva. Lo sai meglio di me quello che ho visto in quell'obitorio."

 

"Sì, hai ragione, lo so meglio di te. Tu, invece, non sai un bel niente. Ho portato Scully al sicuro, via da quel posto dove la stavano uccidendo. E l'ho fatto per te. Vogliamo farlo questo scambio?"

 

"Tu non hai niente da darmi, bastardo."

 

"Ne sei proprio sicuro?" Mulder non rispose alla domanda "Preparati a una mia visita, Mulder. Ho delle prove che ti faranno cambiare idea, vedrai." Detto ciò, riattaccò la cornetta senza aver convinto Mulder di una sola parola.

 

 

*******

 

§3.23 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Venerdì, 6 giugno 1998 7:25 p.m

 

Il momentaneo sollievo che l'aspirina le aveva donato non le aveva evitato di alzarsi immediatamente dal letto. Appoggiandosi alla parete, con fatica raggiunse il bagno appena in tempo per vomitare tutto il suo malessere fisico.

 

Trascorse i cinque minuti peggiori di tutta la sua vita. Nemmeno il cancro l'aveva debilitata così.

 

Tirò lo sciacquone e, lentamente, si avvicinò al lavandino. Fece scorrere l'acqua bagnandosi il viso, dopodiché si trovò di fronte allo specchio.

 

In quel momento, i sintomi di qualcosa che non conosceva passarono in secondo piano. Si vide pallida, dimagrita... Portò la mano sinistra sulla guancia scavata, sfiorò la tempia poi tornò giù alle labbra. Abbassò la testa per non guardare ancora quella Dana Scully che non le apparteneva.

 

Era quasi sul punto di piangere ma un nuovo capogiro la trattenne. Si appoggiò pesantemente al lavandino ma il gesto non bastò a non farle perdere l'equilibrio e a cadere all'indietro.

 

Fu Krycek a sostenerla.

 

"Scully... Scully..." Era svenuta.

 

L'appoggiò cautamente per terra e le bagnò il viso con acqua fresca. Dana si riprese: "...Krycek... " disse appena ebbe le forze necessarie per parlare: "Ho freddo..." Tossì. "Se morissi qui... Mulder non te lo perdonerebbe mai..."

 

"Scully... ma Mulder già sa che tu... Riesci a farcela ad alzarti? Ti porto a letto."

 

"...uhm..." Dana si appoggiò a lui più di quanto avrebbe voluto. Lui l'aiutò a distendersi sul letto e la coprì con la trapunta. Le toccò la fronte, scosse la testa e si allontanò da lei che ormai si era addormentata di nuovo.

 

Chiamò immediatamente Kyle al telefono "Devo ritornare alla Base. Vieni."

 

Appena il ragazzo fu entrato nella stanza di Dana, Alex partì per la sua destinazione e quando arrivò trovò una situazione tutt'altro che gradevole.

 

 

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§3.24 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Venerdì, 6 giugno 1998 9:12 p.m.

 

Non fu semplice entrare dalla botola della baracca accanto al fiume.

 

Era chiusa dall'interno e le sue chiavi non potevano aprire; Alex dovette bussare per entrare.

 

Si sentì un rumore metallico e la porta si aprì. Quando fu dentro, tutto ciò che trovò fu il silenzio più assoluto. Nel laboratorio non intravedeva nessuno al lavoro, nessun chiacchierio, niente. Nemmeno il rumore di passi che solitamente echeggiava nell'aria.

 

Dopo essersi addentrato nei corridoi, la dottoressa Rainbow si materializzò davanti ai suoi occhi.

 

"Lei è l'unico che da questo posto può uscire ed entrare a suo piacimento. Credo che dovrà rispondere ad alcune domande che dobbiamo porle. Venga."

 

"Che domande? Cos'è successo?" Krycek finse di non comprendere.

 

La donna non rispose. Si limitò a condurlo in una grande sala spoglia, una delle tante di cui lui non conosceva l'esistenza.

 

C'era un tavolo lunghissimo e, seduti l'uno di fronte all'altro, c'erano Nicole e il fumatore. L'uomo fece cenno a Krycek di avvicinarsi. Si sedette accanto a lui e Lynn di fronte a questi.

 

"Dove sei stato oggi, Alex?" chiese l'uomo anziano.

 

"Domanda bizzarra. Esco spesso dalla Base, a volte non torno nemmeno a dormire. Il mio lavoro qui si è concluso molto tempo fa. Dovevo rapire Scully e l'ho fatto. Se rimango qui è per essere a vostra disposizione ma niente mi vieta di andarmi a divertire, una volta ogni tanto."

 

"E già che c'eri hai deciso di portare anche Scully a prendere un po' d'aria?" chiese il vecchio.

 

Alex guardò Nicole di sfuggita. Sapeva che la donna non aveva parlato dei loro piani e sapeva che non l'avrebbe fatto nemmeno sotto tortura.

 

"Perché, che è successo a Scully?" chiese l'uomo con aria casuale. Dopo un attimo di esitazione, fu la dottoressa Rainbow a prendere la parola.

 

"Sappiamo tutto. Nicole ci ha detto che l'avete fatta uscire insieme. Confessa, riportala alla Base e non vi verrà..."

 

"Come hai potuto?!" urlò Alex, interrompendo il discorso di Lynn e rivolgendosi a Nicole "Dare la colpa a me per qualcosa che non ho commesso!" Poi, riferendosi agli altri: "Ho rischiato di persona per portarvi Scully, per portare un'altra cavia al vostro Progetto di cui non so assolutamente niente, e per cosa? Per rapirla di nuovo? E a quale scopo?! Nicole, non credevo fossi tanto arrivista come Sylvia e bugiarda più di lei. Io non vedo Scully dal giorno in cui l'ho portata in camera sua, qui alla Base." Il fumatore, seduto accanto a lui, gli appoggiò una mano sulla spalla.

 

"Calmati, Alex. Qui siamo tutti nervosi per la perdita di Scully. Se non ci fermiamo a ragionare e a supporre chi può averla fatta fuggire, il Progetto non può essere concluso. E questo," disse l'uomo, alzandosi dalla sedia e dirigendosi alla porta "potrà avere ripercussioni negative su ognuno di noi. Che sia riuscita da sola o no, avrà bisogno di cure massicce molto presto o morirà." L'anziano si voltò verso Lynn Rainbow che stava di spalle. "Dottoressa, devo parlarle. L'aspetto fuori."

 

La donna, dal momento in cui Alex l'aveva interrotta, aveva notato, appoggiato sul grande tavolo, un mazzo di chiavi.

 

Vi era legato un portachiavi: il nome di Kyle in caratteri blu con contorno dorato.

 

Glielo aveva regalato lei prima di trasferirsi alla Base.

 

 

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§3.25 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Venerdì, 6 giugno 1998 10:00 p.m.

 

Lynn si alzò dal tavolo per parlare privatamente con il fumatore.

 

Nella stanza rimasero solo Alex e Nicole ma non potevano comunicare come avrebbero voluto. Le telecamere erano in azione ma un gesto della donna bastò a tranquillizzare Krycek. Si portò una mano alle labbra, chiaro segno che non aveva detto nulla del loro segreto.

 

L'uomo comprese e uscì dalla stanza. Nel corridoio incontrò Lynn.

 

"Ti devo parlare."

 

"E di cosa? Per colpevolizzarmi di qualcosa che non ho commesso?"

 

"Vieni con me." disse la donna afferrandolo per un braccio. Andarono in camera di lei; lì non c'erano telecamere.

 

"Non mi interessa che fine abbia fatto Dana. Non m'importa nemmeno la verità su chi l'abbia fatta fuggire. Ma so che sei con Kyle."

 

"Non è vero."

 

"Alex, non mentire con me. Quello è di Kyle." disse, facendo segno al portachiavi che aveva in mano. In quel momento, si persero l'una nella verità dell'altro. Nessuno dei due trovava le parole per continuare a parlare, fino a quando Lynn ruppe il silenzio.

 

"Lui vuole che tu non esca più dalla Base. Ha dato a me la responsabilità di qualsiasi cosa succederà qui, d'ora in poi." Prese un profondo respiro prima di continuare, poi lo guardò negli occhi. "Tutto quello che ho fatto qui, l'ho fatto per essere libera, per permettere a mio figlio di vivere una vita normale. Non avrei mai fatto tanto male se avessi saputo, se avessi lontanamente immaginato di quali conseguenze è capace questo Progetto... non mi interessa se Dana è con te o no. Non ti costringerò a portarla qui. Ma devo avvertirti che sta morendo. Da solo non puoi fare niente per arrestare il processo distruttivo che si è innescato in lei quando sono stati interrotti così bruscamente gli esperimenti. Ha bisogno di cure che solo io conosco. Facciamo un patto, Alex. Tu non parli a Kyle di questo sporco lavoro e io ti aiuto a tenere in vita Dana." Krycek deglutì rumorosamente.

 

"Io non ti ho detto che Scully è con me. E poi, perché Kyle non deve sapere del Progetto?"

 

"Perché mi odierebbe. Non mi considererebbe il suo punto forte ma il mostro che sono diventata a lavorare al Progetto Omega."

 

"A titolo informativo, cosa potrebbe succedere a Scully?"

 

"Sta sicuramente molto male. Quando ha lasciato la Base, le sue condizioni non erano ottimali e se non sarà sottoposta a cure mediche potrebbe non farcela. Anche se trovasse un dottore, curarla sarebbe molto complicato. Bisogna tentare di non farla peggiorare e portarla a una seppur minima normalità nelle funzioni vitali. Nei prossimi giorni, avrà spesso nausea, dolori di vario genere alle articolazioni, debolezza che la porterà a dormire sempre di più e ad avere incubi sempre più spaventosi. E' normale, nelle sue condizioni. L'unica cosa che può salvarla è un composto che deve essere iniettato regolarmente a distanza di dodici ore. Ma non ci si può aspettare che stia meglio da subito. Quello che ha è molto più complesso." I due si guardarono, dopodiché Krycek chiese.

 

"Quanto può rimanere in vita, in questo stato?"

 

"Forse una settimana, fino a quando non inizierà a delirare e a perdere il contatto con ciò che le sta attorno. A quel punto, la sua unica salvezza sarà qualcuno che le inietti un siero che renda inattivo il suo DNA mutato, il veleno che è dentro di lei." L'uomo fece per uscire dalla stanza per ritornare da Scully. Non doveva far credere a Lynn che Dana era con lui. Non poteva fidarsi di quella donna.

 

"Alex..."

 

L'uomo si voltò verso Lynn. "Inizierà a dimenticare. Quel siero inibirà quasi completamente la parte del cervello che controlla la memoria recente. Sarà meglio se non le ricorderai nulla di questo posto, almeno il Progetto Omega avrà una speranza in futuro."

 

"Lynn, Scully non è con me."

 

"Come vuoi." disse la donna.

 

"Che composto sarebbe?"

 

"Per non essere con te, sei interessato alla cura per Scully, eh? E' l'H28. E' questa." Lynn prese un contenitore in cartone. All'interno, otto fialette in vetro. Ne prese una e la mostrò ad Alex che rimase inespressivo. "'Ufficialmente', potrebbe essere scomparso dai laboratori in seguito alla fuga di Dana. Nessuno l'ha più visto da allora. Non devi dire a nessuno che te l'ho dato io o negherò." Era intenzionata a dargli il composto. Probabilmente, tentava di ripulirsi una coscienza che si stava macchiando di crimini troppo a lungo impuniti "Scusami, Alex, ho del lavoro da fare."

 

Lasciò il contenitore sul comodino del letto e uscì dalla stanza. Un invito esplicito affinché Krycek se ne impossessasse.

 

Dopo pochi minuti, anche lui andò via. Uscì dalla Base, con il benetacito di Lynn, per andare ad aiutare Scully e iniziare la cura.

 

Scully, la sua chiave al potere di Mulder.

 

Nella tasca interna della giacca, la chiave per la salvezza di lei.

 

 

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§3.26 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Lunedì, 9 giugno 1998 8:00 p.m.

 

"Guarda che, se mangi o no, non me ne importa un accidente. Fallo per te."

 

Erano già passati tre giorni dal loro arrivo al motel e Scully non aveva mangiato quasi niente.

 

Tra Alex e Kyle c'era un patto: Krycek tornava alla Base per non insospettire nessuno sul suo doppio gioco e Kyle, nel frattempo, si occupava della donna. Ma non riusciva a farla stare meglio.

 

Durante gli incubi e i risvegli in cui la fronte era bagnata di sudore per la febbre e le ferite, che lei si procurava durante i sonni agitati, sanguinavano, Kyle non poteva fare altro che guardare, pregare che non morisse proprio davanti a lui, sperare che Krycek lo togliesse da quell'impiccio.

 

Scully lo stava guardando, lì seduto sulla sedia accanto al letto con in mano un vassoio che conteneva la cena.

 

"Non ho fame... lasciami in pace..." Dana era seduta con la schiena appoggiata alla spalliera e osservava Kyle quando iniziò a lamentarsi.

 

"Ho freddo... Sicuramente, ho la febbre altissima."

 

"Io non so cosa farci. E' Alex che si occupa della faccenda. Io devo solo tenerti d'occhio. Quindi non darmi fastidio. Il vassoio lo lascio qui. Se hai fame mangi, altrimenti vattene al diavolo."

 

Kyle non le avrebbe parlato così se non fosse stato preoccupato dei risvolti di tutta quella situazione assurda. Krycek sembrava volerlo fregare e in più non sapeva dove fosse sua madre in realtà. Per quanto poteva saperne lui, magari era morta da chissà quanto tempo.

 

Invece, Alex, con il piede premuto sull'acceleratore, correva al motel sperando che non fosse successo nulla a Dana ma soprattutto che nessuno li avesse scoperti.

 

Quando arrivò al motel, la luce in camera era accesa. Quando bussò alla porta, Kyle andò ad aprire.

 

"Come sta?"

 

"Usciamo fuori." Krycek lo seguì dopo aver guardato Scully che, nel sonno, aveva il volto contratto dai dolori fisici e da quelli psicologici.

 

"Sta male. Da quando siamo qui non ha quasi mangiato niente. Guarda che quella muore!"

 

"Non ti preoccupare, è più forte di noi due messi insieme."

 

"Dici così perché non sei mai qui quando vomita, quando si lamenta per i mal di testa. Non sei qui quando, nel sonno, chiama quel maledetto nome. Per una volta, non andare alla Base e stai con lei. Non si sa mai che decida di liberarla una volta per tutte. Tanto è una battaglia persa, Alex. Se non riesci a portare a termine quello che hai in mente, questa muore e il risultato sarà zero lo stesso."

 

"Smettila. Ti ho detto che andrà tutto bene. Vai a riposare. Rimango io con lei, 'stanotte. Domani mattina, alla solita ora, qui." Kyle scosse la testa.

 

"Spero per te che rivedrò mia madre, Alex. Altrimenti, la faccia dovrai lavartela con *due* guanti di pelle anziché con l'unica mano buona che ti rimane."

 

"Kyle, sei nervoso. Inizi a vaneggiare e a ricattare la persona sbagliata. Va' a dormire." gli disse Krycek, sfiorandogli la spalla con una mano.

 

Il ragazzo si allontanò e scomparve dietro una delle porte del motel.

 

Krycek entrò in camera di Scully, sperando che le parole di Kyle non fossero vere. O non del tutto 'Se muore, il risultato sarà zero lo stesso'. Non poteva permettersi di far morire Scully. Si sarebbe giocato tutto per tenerla in vita.

 

Si avvicinò a lei, le allontanò delle ciocche di capelli dal viso. Si allontanò da lei per preparare l'iniezione che avrebbe dovuto praticarle. Si avvicinò alla donna, le prese il braccio e le alzò la manica.

 

Prese un profondo respiro, avvicinando l'ago al braccio della donna.

 

"Scully, spero che questo non ti faccia morire prima." Cercando sicurezza, infilò l'ago nel braccio, iniettò la sostanza e aspettò che qualcosa cambiasse, che smettesse di lamentarsi almeno.

 

Ma, quella notte fu la peggiore che Krycek potesse desiderare di vivere.

 

Scully era rimasta sveglia fino alle sei del mattino, vaneggiando. Come in preda al delirio, alle convulsioni, si rigirava nel letto gridando frasi sconnesse, pregando di morire, chiamando il nome di Mulder. Vomitava bile mista a sangue e, un paio di volte, Alex non era nemmeno riuscito ad accompagnarla in bagno; il tappeto, ormai, era una chiazza opaca impossibile da mandare via anche con il sapone.

 

Kyle aveva ragione, stava peggiorando. Se qualcuno non si fosse preso cura di lei entro breve, sarebbe morta. Era inevitabile.

 

Osservarla mentre si lasciava andare così non avrebbe risolto niente.

 

Lynn aveva sbagliato. Scully stava già troppo male per sperare di vivere ancora una settimana. Quelle iniezioni non sarebbero bastate.

 

"Ci pensiamo domani..." era stanchissimo, Krycek. Dopo una notte insonne, si addormentò sulla poltrona tentando di riposare almeno qualche minuto.

 

 

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§3.27 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Martedì, 10 giugno 1998 8:00 a.m.

 

I dolori alla testa aumentavano, ma gli strani ricordi di una realtà che apparteneva al recente passato iniziavano a svanire.

 

Quando si svegliò, quella mattina, si accorse che Alex si era addormentato sulla poltrona di fronte al letto.

 

Lentamente, tentò di vestirsi nonostante la spossatezza che le faceva pesare anche la testa. Senza fare il minimo rumore, tentò di avvicinarsi alla porta d'ingresso. Un passo, due passi... Era arrivata a sfiorare la maniglia della porta quando sentì qualcosa premerle alla testa: la canna di una pistola.

 

"Di' un po'. Credi che se anche fossi riuscita a mettere piede fuori di qui, saresti stata in grado di fare altri due passi? Ritorna a letto, Scully. E non provarci mai più, perché se è vero che mi servi in vita, è anche vero che posso rendere la tua permanenza qui un inferno." Krycek l'aveva presa per un gomito e la stava accompagnando al letto ma le forze di Dana la abbandonarono prima e lei si lasciò cadere sulla poltrona. Aveva gli occhi bagnati di lacrime ma non piangeva. Lo sforzo immane che aveva fatto per tentare di fuggire da quella stanza non le permetteva quasi di respirare. Ma, nonostante ciò, pose quella domanda a Krycek.

 

"Per cosa stai ricattando Mulder? Per averlo dalla tua parte, vero? Perché non sei abbastanza forte da combattere le tue battaglie da solo, è così?" Alex, in piedi davanti a una Scully febbricitante, si sedette sul bordo del letto, guardandola.

 

"E' vero, voglio Mulder dalla mia parte, la parte giusta per tutti noi. Ma non è vero che non sono in grado di rischiare per quello che voglio. Ho avuto coraggio a portarti fuori da quel posto. Ho coraggio a tenerti qui nonostante sappia che qualcuno di molto pericoloso ci sta accanto..."

 

"Aspetta, 'portarmi via da quel posto'? Qu... quale posto?" chiese Scully con un'espressione accigliata "Di che diavolo stai parlando?".

 

Adesso, Dana era affannata. Stava sempre peggio e Krycek lo sapeva. La guardò preoccupato e, con un pizzico di ironia, le chiese: "Che significa 'quale posto'? La Base, Scully. Ci sei stata per quasi un mese! Non puoi non ricordarla!" Dana impallidì a quelle parole.

 

"Non è vero. Non puoi mentire su questo. Io lo ricordo chiaramente quando tu e Kyle mi avete portata via da casa. Non saranno passati più di due giorni..." Alex si alzò dal letto sul quale era seduto e iniziò a ridere sonoramente. Si fermò solo quando si rese conto che qualcuno avrebbe potuto ascoltarlo e riconoscerne la voce.

 

"Non ti ricordi della Base?! Scully, dove la trovi la forza per dire certe assurdità nelle condizioni in cui ti trovi. E, a proposito di questo, non ti chiedi il motivo per cui stai così male?" Scully, in silenzio, lo aveva osservato andare su e giù per la stanza.

 

"Perché? Dovrei chiedermelo? Pensavo fossero i sintomi del narcotico, che fosse colpa tua..."

 

"Sì, il narcotico ha fatto il suo effetto. Ma a suo tempo. E' passato un mese da quel giorno, Scully. Questo non è..." Si fermò, così, d'un tratto. Guardò la donna fisso negli occhi e dopo secondi interminabili, durante i quali i discorsi di Nicole e di Lynn riguardo gli esperimenti gli tornavano alla mente, disse: "Dio, ho capito che sta succedendo. E ho capito anche cosa ti hanno fatto. Bastardi, se l'avessi saputo..."

 

"Cosa! Cosa mi hanno fatto? E chi?! Krycek..." Dana ansimò. Le forze la stavano abbandonando completamente, adesso. "Dimmelo... dimmelo, Krycek..."

 

"Non ti servirebbe saperlo, Scully. Hai bisogno di cure, potresti..."

 

"...morire..."

 

"E stavolta sul serio. E' un rigetto." Alex diventò perplesso. Iniziò a pensare a cosa Nicole gli aveva detto tante volte riguardo gli esperimenti alla Base. E ricordò "Stai rigettando la parte di DNA che non ti appartiene..." Si allontanò da lei e mentre compose un numero sul telefono cellulare e riattaccò, disse a Dana: "Rimettiti a letto. Tra un po' starai meglio." Rimase un attimo in silenzio mentre Dana si sdraiava di nuovo. Poi, aprì un cassetto del comodino.

 

"Sai, avrei preferito non farlo. Nicole era affezionata a te, mi ha chiesto di non farti del male. Ma lei è una persona troppo sensibile, non sa quando è bene non farsi fregare dai sentimenti. Le avevo promesso che ti avrei trattata con i guanti bianchi ma tu mi costringi a fare a modo mio. Prima hai tentato di fuggire nonostante ti avessi avvertita. Bene, Scully..." parlava mentre si avvicinava alla testiera del letto dove era adagiata la donna "adesso il gioco si fa pesante. D'ora in poi non considerarti più mia ospite ma mia prigioniera. Con te è meglio usare i metodi forti." Fece scattare una manetta attorno al metallo della testiera del letto e un'altra al polso della donna.

 

Scully non si ribellò a quel gesto. Chiuse gli occhi e si raggomitolò sotto le coperte. Schiuse le labbra come per dire qualcosa ma le parole le morirono in gola.

 

Si addormentò.

 

Di nuovo.

 

 

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§3.28 (Monica)

 

Black Luna's Motel

 

Martedì, 10 giugno 1998, notte

 

La brezza era piacevole e fresca sulla sua pelle. Le scompigliava i capelli e spesso doveva scostare una ciocca che le finiva sopra gli occhi. Il paesaggio era troppo bello per lasciarselo oscurare.

 

Era tanto tempo che non vedeva il mare. Un mese, forse due. Era l'alba. Il Sole stava nascendo sul mare nella sua maestosità di gigante di fuoco, colorando il cielo e il mare di rosso.

 

Scully inspirò l'aria satura di iodio, quindi guardò giù per la scogliera. C'era uno strapiombo di una trentina di metri, sotto di lei, prima delle profonde acque blu cobalto.

 

Si avvicinò al bordo, i suoi piedi nudi sfiorarono il vuoto. Sorrise. L'aria era fresca e si chiese perché non si fosse infilata un paio di scarpe e un vestito più pesante. Ma in fondo quell'abitino le piaceva. Lo rimirò per qualche istante, lisciandoselo sui fianchi. Era bianco, semplice, quasi da bambina.

 

Quando Dana alzò di nuovo lo sguardo sul Sole, vide uno stormo di gabbiani in volo. Erano bellissimi e lei provò l'impulso di volare come loro. Aprì le braccia, quindi si lanciò nel vuoto.

 

--Sto cadendo.-- L'orizzonte si alzò, scomparendo dietro di lei. Il cielo fu rimpiazzato dalla superficie dell'acqua, che si avvicinava sempre più velocemente. E mentre cadeva, Dana provò il desiderio, più forte del precedente, di trasformarsi in un pesce. In quel modo avrebbe potuto fuggire, scappare nell'oceano profondo e non essere più portata via da casa. Mai più.

 

L'impatto con l'acqua fu forte. Dana sprofondò nell'abisso blu. Aprì gli occhi e si guardò intorno. Era in mezzo a una grande distesa di coralli e pesci dai mille colori. Iniziò a nuotare attraverso i gioielli naturali.

 

Emerse solo alcune centinaia di metri dopo. C'era un spiaggia, poco lontana da lei, e c'era un uomo, in piedi sulla battigia.

 

Scully si fermò. Non riusciva a riconoscerlo, ma aveva una certa idea di chi potesse essere. Lo salutò scuotendo un braccio sopra la testa. "Mulder! Vieni in acqua, è bellissimo!"

 

Ma l'uomo rimase fermo, con le braccia incrociate a guardarla.

 

"Ehi!" urlò di nuovo Scully. "Vieni! E' stupendo!"

 

Prese un profondo respiro e si immerse, nuotando verso la riva.

 

Ad un tratto qualcosa la prese per una caviglia. Scully cercò di urlare, ma l'acqua strozzò la sua voce e lei perse dell'aria. Si girò cercando di divincolarsi dal tentacolo viscido che si era attorcigliato attorno a lei. Era un'enorme piovra, dagli occhi neri inespressivi. Altri due tentacoli le avvolsero le gambe, impedendole di nuotare. Mosse le braccia in modo frenetico, toccando il fondo del mare. Era quasi a riva. Spinse con tutte le sue forze contro la creatura, quindi emerse, prese fiato e urlò: "Mulder! Ti prego, Mulder, aiutami!" Non lo vedeva, ma ricordava di aver visto qualcuno sulla riva.

 

La piovra si mosse con maggior agilità sul fondo sabbioso e si strinse attorno al corpo di lei. "Nooo!" urlò Scully. Venne tirata sott'acqua, l'acqua l'accecò per qualche istante. Non poteva respirare. La stretta stava aumentando, sentì la stoffa del vestito che si strappava, le ventose dell'animale sulla pelle.

 

Appena riuscì a riemergere, urlò: "Mulder! Aiuto!"

 

La morsa attorno alla vita e al torace si stava facendo insopportabile, sembrava che le sue costole si dovessero spezzare da un momento all'altro. Cercò di spingere via i tentacoli, di graffiarli, l'unico risultato fu di permettere al mostro marino di intrappolarle anche le braccia. "No! Mulder, aiutami!" Scully riuscì finalmente a girarsi verso la spiaggia.

 

L'uomo non era Mulder.

 

Era Krycek.

 

La stava guardando immobile, con le braccia sui fianchi, impassibile.

 

"Krycek... fa' qualcosa!" Scully urlò di dolore. Ma l'uomo non si mosse. "Ti prego! Alex, per favore, fa' qualcosa... mi sta uccidendo!"

 

Uno dei tentacoli si avvolse attorno alla sua gola, impedendole quasi di respirare.

 

"Ahh-lehh-x..."

 

Solo allora Krycek avanzò. Lentamente, con calma, camminò finché l'acqua non gli arrivò alle ginocchia, a meno di un metro da lei. "Dovrai unirti a me." disse.

 

"No... per... fa-vo-re... Non..."

 

"Dimmi di sì e io ti libererò."

 

"I-o... non... po..."

 

"Allora rimani dove sei." Krycek si girò e fece per uscire dall'acqua.

 

"Sì...!" urlò lei, con un immenso sforzo.

 

Alex si girò. "Sì? Sì cosa?"

 

"Sì... mi... mi uni-rò... a te... li-be... ra-mi..."

 

"OK." Krycek la prese per un braccio e il tentacolo che lo teneva si districò, immergendosi di nuovo in acqua. Scully pensava che l'avrebbe tirata fuori dall'acqua, ma vide che lui aveva in mano una siringa.

 

"Che... sta-i..."

 

Non riuscì ad urlare quando l'ago le penetrò nel braccio.

 

Ma lentamente sentì la piovra lasciare la presa e allontanarsi da lei.

 

"Ora sei mia." sorrise Krycek.

 

Dana cercò di alzarsi ma c'era qualcosa che la tratteneva, come se un suo polso si fosse impigliato sul fondo del mare. Aprì gli occhi.

 

C'era Krycek, di fianco a lei, stava infilando il cappuccio sopra l'ago di una siringa.

 

"A...lex..." sussurrò.

 

Lui si voltò. "Ah, ti sei svegliata." disse. Versò un bicchiere d'acqua e lo avvicinò alle sue labbra. "Bevi un po'."

 

Scully bevve alcune sorsate, ad occhi chiusi.

 

"Noto che il mio nome sta sostituendo quello di Mulder nei tuoi sogni."

 

"Va' all'inferno." sussurrò lei. "Sei bastardo anche nei sogni." Cercò di girarsi su un fianco, ma le manette la bloccarono. "Puoi togliermele?" chiese. "Non sono in grado di scappare."

 

"No. Non mi fido di te."

 

"Krycek, ho bisogno di girarmi, ho mal di schiena."

 

"Girati dall'altra parte."

 

Scully sospirò e si voltò di scatto. Mossa errata. In preda alla nausea, fece per mettersi a sedere, ma le forze le mancavano. Krycek, accortosi del problema, prese in fretta il cestino della spazzatura e lo appoggiò a terra, vicino a lei.

 

"Sta passando?" le chiese, tamponandole la fronte e le guance con un fazzoletto bagnato.

 

"Non toccarmi." disse lei, scuotendo la testa. Altra mossa sbagliata.

 

"Non fare così o..." Krycek la prese istintivamente tra le braccia, aiutandola a sporgersi sopra il secchio, tenendole una mano sulla fronte. "Sta finendo." le disse, notando che il sangue nel vomito era diminuito.

 

Scully non ebbe le forze per tirarsi indietro e, a mala voglia, dovette lasciarsi spostare da lui.

 

"Alex... ti prego... devo andare in ospedale... sto male..."

 

"Non saprebbero come curarti, potresti anche fare la fine dell'altra volta per una cura errata."

 

"Krycek... Mulder ti ucciderà se muoio in mano tua.... ti farà soffrire come un cane... ti prego... voglio solo tornare a casa..."

 

Alex si avvicinò di scatto al suo volto. "Piantala! Non ti sopporto più con tutte queste lamentele. Vedi di startene un po' buona o per me sarà più semplice spararti un colpo in fronte." Dana era terrorizzata e lui se ne accorse. Si tirò indietro e le disse: "Cerca di dormire. Vedrai che in breve starai meglio."

 

 

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§3.29 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Martedì, 10 giugno 1998 11:00 a.m.

 

"Krycek! Krycek ti prego!" Alex si era avvicinato immediatamente a Scully

 

"Cosa vuoi?!"

 

"Devo vomitare... sto male... ti prego.. le manette. Oddio!..."

 

"Pensi davvero che creda..." Appena si accorse dei conati di vomito di Dana, aprì le manette. Lei si alzò dal letto e con le poche forze riuscì ad arrivare in bagno a vomitare l'anima.

 

Quando si sciacquò il viso, parlò rivolgendosi a Krycek che le stava alle spalle.

 

"Krycek... quello che sto passando ora... sono stata davvero così per un mese intero?" osservò l'immagine di lui riflessa nello specchio. L'uomo non rispose. Si allontanò aspettando che Scully tornasse presto a letto.

 

Lei continuò a stare in piedi davanti allo specchio.

 

Avrebbe voluto piangere ma negli occhi non una sola lacrima aveva la forza di venir fuori.

 

Piegò la testa in avanti e con la mano destra, istintivamente, si toccò la gola per cercare il suo unico punto di forza in quel momento: la crocetta che le aveva regalato sua madre quando era ancora una ragazzina. Il simbolismo nascosto in quell'oggetto l'aveva sempre accompagnata nei momenti più importanti della sua vita e, quando si accorse di non averla più, corrugò la fronte.

 

"Krycek!!!!"

 

"Che c'è, di nuovo?!"

 

"La mia catenina... dov'è?" L'uomo si allontanò sbuffando

 

"E' sul comodino. L'hai dimenticato? Te la sei tolta all'inizio perché ti dava fastidio."

 

"No, non quella. La mia... la mia..."

 

"Non so niente di nessuna dannata catenina. Scully, torna a dormire e non scocciarmi." Un nuovo conato la fece vomitare ancora.

 

Se solo avesse saputo contro cosa combattere l'avrebbe fatto.

 

Ma tutto quello che riusciva a fare era dormire, vomitare, stare male. Tornò a letto per permettere a Krycek di ammanettarla, di nuovo.

 

Aveva preso un'altra confezione di H28 e stava per iniettarla a Dana

 

"Cosa stai facendo?"

 

"Non preoccuparti. Ti farà stare meglio."

 

"Io non voglio nessuna cura da te. Va' via!"

 

"Scully, non fare storie. Questa viene dalla Base, serve a non farti stare tanto male. Lo sai che sei importante per la riuscita dei miei piani. Sta' ferma." le disse. Lei lo guardava con odio, con amarezza. Sembrava volergli chiedere perché, con quegli occhi. Sembrava cercare un motivo al comportamento di lui, per giustificarlo.

 

Quando l'iniezione fu fatta, non gli chiese nemmeno che sostanza fosse, a cosa servisse.

 

Per lui fu meglio così, aspettò che si addormentasse, che la finisse di guardarlo con tanto disprezzo.

 

Sapeva a quale catenina si riferisse Scully ma doveva consegnarla a Mulder per provargli che lei era viva.

 

 

*******

 

§3.30 (Monica)

 

Black Luna's Motel

 

Martedì, 10 giugno 1998, notte

 

Avevano camminato a lungo attraverso la nebbia. Ora la cortina grigia si era dissipata, lasciando spazio all'insistente pioggia che batteva sopra la visiera dei loro berretti.

 

Scully si riparò gli occhi con la mano e si guardò intorno. Stavano camminando in mezzo alle rovine di una città bombardata. Distratta, finì in mezzo ad una pozzanghera. Fortunatamente sembrava che gli stivali che portava fossero impermeabili.

 

"Fermiamoci, Scully." disse Mulder.

 

Lei alzò lo sguardo, vide che lui stava indicando una villetta sul bordo della strada. Pareva disabitata, come ogni altro resto di casa che avevano incontrato sul loro cammino.

 

"Va bene." disse lei, abbandonando la via principale assieme a Fox.

 

Mulder abbassò la maniglia e la porta si aprì. Entrarono, guardandosi intorno. L'acqua colò dai vestiti ai loro piedi, formando delle piccole pozze. C'era una stanza, non molto grande, arredata solo con un divano davanti a un caminetto. Una porta si apriva nel muro di fronte a loro, Scully pensò dovesse essere il bagno.

 

Fox si tolse il berretto e lo lasciò cadere a terra. Quindi si tolse anche la giacca. Scully lo imitò, si tolse gli stivali, quindi raggiunse Mulder, che stava guardando il caminetto con aria assorta.

 

"Possiamo accendere il fuoco." Disse lui. "C'è della legna e della carta già pronta." Prese il pacchetto di fiammiferi che era appoggiato accanto al focolaio e ne accese uno. Lo mise sotto la carta e si sedette sul divano a contemplare il fuoco che lentamente cresceva.

 

"Vieni qui, Scully." disse. Lei si girò. Il divano era abbastanza vicino al camino da esserne scaldato, ma lontano per non incendiarsi. Si sedette accanto al collega e lui le cinse i fianchi con un braccio, tirandola vicino a sé.

 

Scully chiuse gli occhi per un istante, assaporando la sensazione, sapendo che in breve quella situazione sarebbe cambiata. Si girò verso di lui, per dirgli qualcosa, ma Mulder la tirò ancora più vicino a sé, facendole appoggiare il capo alla sua spalla.

 

Scully sorrise. "Mulder..."

 

"Fa ancora freddo, vero?"

 

"Mhm." disse lei.

 

"OK." Mulder si sciolse da lei, quindi la tirò in piedi con sé.

 

"Che stai facendo, Mulder?"

 

"Dobbiamo scaldarci." disse lui, sdraiandosi sul divanetto. Tese le mani verso di lei, che sorrise appena, distendendosi accanto a lui. "Non conosco un modo migliore." disse lui, facendole passare un braccio attorno ai fianchi.

 

"Nemmeno io." sussurrò lei. Poi scoppiò a ridere.

 

"Che c'è?"

 

"Oh... niente." Dana chiuse gli occhi e lasciò che il calore di Mulder la scaldasse.

 

Cullati dal leggero scoppiettio del fuoco e dal monotono battere della pioggia sul tetto, i due agenti caddero in un rilassante dormiveglia.

 

Ma il loro riposo fu interrotto all'improvviso da un forte rumore, proveniente dalla porta.

 

Si alzarono di scatto per vedere uno squadrone di uomini in tute anticontaminazione entrare con fucili automatici in mano e puntarli verso di loro.

 

"Siamo agenti federali." disse Scully.

 

Uno di loro si fece avanti e la prese per un braccio, tirandola verso di sé, un altro immobilizzò Mulder.

 

"Cosa volete?!" urlò Dana.

 

"Scully! Lasciatela andare!" urlò Mulder.

 

"Agente Scully, lei è portatrice di una malattia infettiva con cui è venuta in contatto nel suo recente viaggio in Canada."

 

"Scully!"

 

"Quale viaggio in Canada?!" esclamò lei, cercando di divincolarsi.

 

"Non opponga resistenza e non le sarà fatto alcun male."

 

"Scullyyyyyy!" Sentiva Mulder chiamarla. Urlare agli uomini di lasciarla andare.

 

Venne spinta a terra, ammanettata e condotta fuori. La fecero salire sul retro di un furgoncino. La sua unica consolazione fu che, assieme ai quattro uomini armati di guardia, c'era con lei anche Mulder.

 

"Non ti preoccupare, Scully." le stava dicendo. "Non succederà niente, hanno sbagliato persona, di sicuro. Stai tranquilla. Appena usciremo da questo malinteso torneremo a Washington."

 

Ma lei aveva paura. Tanta paura che tentò un'impossibile fuga. Si alzò in piedi e corse verso Mulder. Ma qualcuno la colpì alle spalle e il mondo diventò nero.

 

E poi di colpo bianco.

 

La luce le faceva male agli occhi, ma doveva vedere dove si trovava. Era una stanza bianca, piena di luce.

 

"Mulder." sussurrò, cercando di alzarsi. "Mulder...?" Era legata. "No..." gemette. Era stata legata a un lettino d'ospedale. "Mulder!" urlò. "Mulder, ti prego, aiutami!"

 

Stava arrivando qualcuno. Ne sentiva i passi, la presenza.

 

"Mulder... Mulder... Mulder... ho paura, Mulder... aiutami... Mulder..."

 

Nel suo campo visivo apparve finalmente una donna. Aveva i capelli scuri, raccolti in uno chignon. Non stava sorridendo e aveva in mano una siringa.

 

"Dana, tu sarai il primo Omega perfetto." disse.

 

"No!" Scully cercò di districarsi dai lacci. "No, non farlo Lynn, ti prego non farlo! Mulder!"

 

"Svegliati! E' un sogno!"

 

Scully aprì gli occhi, trovandosi davanti Alex Krycek, che l'aveva presa per le spalle e la stava scuotendo per destarla. Respirò per qualche volta, come per mettere a fuoco le immagini del sogno.

 

Si mise a sedere e prese il bicchiere d'acqua che Krycek le stava porgendo. Bevve qualche sorso, quindi sussurrò: "Cosa mi hanno fatto?"

 

Krycek scosse la testa. "Non lo so."

 

Combatté con tutte le sue forze, ma scoppiò a piangere. Alex sospirò. "Non fare così. Passerà tutto." L'abbracciò, lasciandola piangere. "Tranquilla." Ma Scully non smetteva. Anzi, il pianto si faceva più disperato col passare dei minuti. E Krycek cominciava a sentire l'umidità sulla spalla e un crampo al braccio. E un bel po' di impazienza. "Basta, Scully." disse, non proprio dolcemente.

 

Dana sembrò calmarsi e, quasi scoprendosi solo ora abbracciata a Krycek, si allontanò di colpo da lui.

 

Alex richiuse le manette intorno al polso di lei. "Sono sicuro che Mulder sta per arrivare."

 

Lasciandola con quell'affermazione, si alzò e andò in bagno. Scully chiuse gli occhi e sperò solo che lui non la stesse prendendo in giro.

 

 

*******

 

§3.31 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Martedì, 10 giugno 1998 9:03 p.m.

 

Quante ore erano trascorse dall'ultima iniezione? Più di undici. Alex doveva ritornare al motel per una nuova dose.

 

Alla Base tutto sembrava essere tornato alla normalità dopo quattro giorni dalla scomparsa di Scully; ma negli occhi di Nicole c'era la paura per ciò che avrebbe potuto succedere alla sua amica. Aveva provato tante volte l'impulso di chiedere ad Alex come stava Dana ma non l'aveva mai fatto. La immaginava viva, visto che lui non ne parlava mai. Ogni volta che incontrava lo sguardo di lui, tentava di carpire dal suo stato d'animo la situazione fuori dalla Base. Ma, spesso, non erano sensazioni gradevoli.

 

Quella mattina, si era avvicinata agli archivi per fare un inventario del necessario ed ebbe una sorpresa.

 

Una delle confezioni in alto a destra, di quelle che erano considerate cure top secret dalla dottoressa Rainbow, non c'era. Quando era scomparsa? La domanda non necessitò di alcuna risposta. Krycek aveva ancora libero accesso alla Base e di Scully non parlava mai. Aveva certamente lui quella cura, la H28. Meglio così.

 

Pensava a questo quando si scontrò con Alex che, a passo veloce, si recava all'uscita.

 

"Come va?"

 

"Uhm... bene." rispose l'uomo con fare indifferente.

 

"Io..."

 

"Nicole, ho fretta. Devi parlarmi proprio ora? Devo andare." disse Alex senza guardarla in faccia e camminando verso l'uscita. Nicole lo seguiva, a passo veloce. Poi, gli prese un gomito e con forza lo fece fermare.

 

"Io... volevo solo... salutarti. Ehm... abbiamo lavorato bene insieme." Krycek la guardò corrugando la fronte, ma non aveva tempo. Erano le otto di sera e le dodici ore per la nuova puntura stavano per scadere.

 

"Nicole, non capisco quello che dici. Guarda, torno domani sera. Parliamo un po', se vuoi. Ma adesso devo andare. Ciao." Percorse l'ultimo tratto di corridoio senza sentire le parole sussurrate di Nicole

 

--Corri Alex. Va' via da qui e non voltarti. Non voltarti o cambierò idea. Non voltarti. Non guardarmi di nuovo con quegli occhi che mi accendono il cuore e la voglia di vivere. Non voltarti o non sarò capace di dirti addio per sempre.-- E Alex non si girò a guardarla per l'ultima volta. Imboccò le scale, aprì la grande botola sul soffitto e scomparve alla vista di Nicole, la sua Nicky.

 

--Addio, Alex. Addio per sempre.--

 

 

*******

 

§3.32 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Martedì, 10 giugno 1998 11:03 p.m.

 

"Scully... Scully!" Alex era accanto al letto della donna.

 

L'iniezione era stata fatta in tempo.

 

"Te l'ho detto, non si sveglia. Da quando sei andato alla Base ha aperto gli occhi forse un paio di volte. Non si lamenta nemmeno più, solo ogni tanto piagnucola, ma nient'altro. Ripete solo quel nome stramaledetto, a intervalli lunghissimi. Ho provato a svegliarla in ogni modo."

 

"Sta malissimo. Devo partire, Kyle. Ormai, è finita. Volevo tenerla qui fino a quando alla Base le cose si fossero calmate ma ancora un giorno e muore. Devo ridarla a Mulder. Non è da me sprecare tanto tempo e fallire così clamorosamente, ma devo provare almeno a tenerla in vita. Rimani con lei. Ogni dodici ore le dai una fialetta dal contenitore. Mi raccomando, niente sbagli o le pene dell'inferno saranno niente di fronte all'ira di Mulder se lei muore. Capito?" Kyle annuì.

 

"Vai in Virginia?" Krycek non rispose alla domanda.

 

"Devi solo stare attento a lei. Domani sera al massimo, sarò qui di nuovo."

 

Uscì dalla porta per andare a convincere, finalmente, Mulder.

 

 

*******

 

§3.33 (Monica)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Mercoledì, 11 giugno 1998, 2:13 a.m.

 

Nicole si sedette sul pavimento del bagno e stese il foglio a terra. L'aveva nascosto nella tasca del camice quel giorno, decisa a scrivere una lettera che forse aveva qualche possibilità di rimanere. Ma non aveva preso un foglio a caso. Aveva scelto la stampa della sequenza principale di creazione di un Omega. Prese la penna e iniziò a scrivere.

 

'Dulcissime Rerum...

 

Era così che mi chiamavi, quando volevi dirmi che mi volevi bene, ti ricordi? Mi manchi, mamma. In questi quindici anni ho ripensato ad ogni secondo della nostra vita. Non avrei scelto un'altra madre. Non cambierei nulla del tempo che abbiamo passato assieme. Nemmeno le nostre litigate. E quante ne abbiamo fatte... Tu sempre fuori casa, tra lavori orrendi e uomini sbagliati che speravi potessero farmi da padre. Ma cosa mi sarebbe servito un padre, quando avevo te, mamma?

 

Ho tirato avanti questi anni ringraziando il cielo di essere riuscita ad entrare nel giro del tutoring. Non avrei mai avuto figli, non avrei mai avuto una vita normale, non avrei mai seguito le tue orme. Ma ho avuto la possibilità di trasferire il bene che tu mi volevi su qualcun altro. Su Bianca, su Dana, su tante altre persone passate di qui in dieci anni. Ora spero tanto che Dana sia tra le braccia del suo Mulder. Il saperli felici assieme mi ripaga di tutto quello che ho subito in questi anni e capisco ancora più in profondità le tue parole, quando mi dicevi che vedermi felice ti dava molta più gioia che essere felice tu stessa.

 

L'unica cosa di cui mi rammarico e che tutti i tuoi sforzi per farmi studiare da medico siano stati stroncati e sfruttati da uomini crudeli.

 

Ma tutto questo deve finire. Lo so che io sono solo una su cinque miliardi, ma 'la muraglia cinese è stata costruita ponendo il primo mattone', non è così che mi dicevi sempre?

 

Ricordi quella volta del formicaio, mamma? Avevo scovato un nido di formiche sotto la finestra della cucina. I muri del palazzo dove avevamo il nostro piccolo appartamento ne erano pieni.

 

Avevo iniziato a lasciare piccole briciole di pane per dare da mangiare alle formiche, in quel periodo in cui tu lavoravi al fast-food ed eri sempre via a pranzo e a cena. Poi un giorno, sei arrivata a casa e ti sei messa a fare le pulizie. Hai scoperto il nido e hai ucciso tutte le formiche con l'insetticida.

 

Io mi ero arrabbiata. Ti avevo detto che ti odiavo e mi ero chiusa in camera, non volevo più rivederti. Stavo piangendo e tu eri davanti alla porta. Mi dicevi che avremmo trovato un altro formicaio a cui dare pezzetti di pane... E io ti avevo risposto che tu eri un'assassina e che non avresti dovuto uccidere quelle formiche.

 

Rimasi chiusa in camera per una settimana intera, uscendo per mangiare solo quando tu eri al lavoro, saltando la scuola e osservando quel buco nel muro per ore sperando che le formiche ricominciassero ad uscire. Poi un giorno mi hai trovato lì.

 

Mi hai detto una cosa che mi aveva fatto capire la vita: 'A volte, perché gli uomini sopravvivano dignitosamente, qualcuno deve sacrificarsi.'

 

E mi avevi regalato la Madonnina, dicendomi che non era d'oro perché stavi preparando un conto che mi permettesse di studiare medicina senza dover lavorare. Dio, quanto ho pianto quel giorno, tra le tue braccia. Poi ti avevo regalato quella scatoletta di cartone colorata coi pennarelli che avevo fatto per te in quella settimana, pensando che in fondo mi ero arrabbiata per una ragione sbagliata, ma troppo orgogliosa per ammetterlo. Mi avevi detto che era il regalo più bello che avevi ricevuto.

 

Oggi mi sento come una di quelle formiche, mamma. Qui alla Base, siamo tante piccole insignificanti formiche, richiuse sottoterra, che lavorano per una regina sconosciuta che ci ignora, per creare un essere non umano.

 

Da giorni ho preso la mia decisione: perché la Terra continui a sopravvivere dignitosamente, dobbiamo morire. Così, anche noi piccole formiche, potremo continuare a vivere dignitosamente... anche se solo nei ricordi dei nostri cari.

 

Spero solo che tutti i miei amici e nemici qui dentro, mi possano perdonare.

 

Ci rivedremo tra poco, mamma.

 

Sto arrivando.

 

--Nicole'

 

Piegò il foglio in otto parti e lo infilò nella tasca del camice. Quindi uscì dal bagno e si diresse verso i laboratori.

 

Aprì il cassetto della propria scrivania e tolse diverse carte e altro materiale che vi aveva accumulato dentro, quindi estrasse le provette di vetro che aveva nascosto sul fondo. Trascinò la sedia fin davanti agli scaffali, vi salì sopra per raggiungere i ripiani più alti, aprì gli armadietti e tirò fuori altre provette. Prese anche quelle che aveva nascosto sopra i tavoli da laboratorio e se le infilò tutte nelle tasche del camice.

 

Poi prese una mascherina e tre bottiglie di alcool e iniziò a tornare verso la sua camera, lasciando una traccia rosa dietro di sé.

 

Camminò a testa alta e con il sorriso stampato sulle labbra, arrivando alla porticina che dava sulle scale. Nessuno la usava perché erano più comodi gli ascensori, ma erano perfette per Nicole, che non voleva farsi notare.

 

La prima bottiglia d'alcool finì e la ragazza riprese a lasciare tracce con la seconda. Invece di proseguire verso le caldaie, girò verso la stanza delle ventilazioni. Aprì la porta, svicolò all'interno e finalmente si ritrovò davanti all'apertura da cui partiva tutta l'aria che circolava nella Base.

 

Nicole si infilò la mascherina e sorrise. I loro carcerieri avevano tolto i coltelli, qualunque tipo di lama, era impossibile impiccarsi, Lynn aveva fatto togliere gli specchi. Ma avevano dimenticato un particolare importante: con tutti quei dati e quel materiale a loro disposizione, non sarebbe stato troppo difficile creare un virus letale che potesse infettare un corpo umano attraverso la respirazione. Un virus che lei stessa aveva creato per farla finita se tutto fosse diventato troppo pesante.

 

Nicole aprì la grata, quindi prese una delle provette e la osservò per qualche istante.

 

Chiuse gli occhi. Rivide Dana, in preda ai crampi mentre rimetteva l'anima. Bianca, stesa per terra in un lago di sangue. Lynn, mentre combatteva le piccole guerre quotidiane per sopravvivere. E poi Lucy, Alexej, Joy, Sabina, Franz, Laurence, Edith, Chrissy, Julia, Helena, Stephany, Monique, e tutti gli altri che avevano, come lei, girato attorno al progetto Omega.

 

"Mi dispiace, ragazzi..." sussurrò, asciugandosi le lacrime. "Purtroppo questo è l'unico modo che conosco per salvarvi."

 

Versò il contenuto della provetta attraverso la grata. Così fece per le altre dodici.

 

Quindi versò l'alcool fino alle caldaie, aprì lo sportello e appoggiò l'ultima bottiglia appena all'interno della fornace, dove il fuoco ancora non arrivava né si vedeva, ma il caldo era già insopportabile. La bottiglia di plastica si sarebbe fusa in breve, lasciando colare l'alcool. A quel punto, tutta la striscia che Nicole aveva lasciato si sarebbe incendiata, portandosi via i laboratori e tutta la Base. Velocemente, Nicole serrò alcune valvole che avrebbero chiuso lo sfogo della caldaia.

 

Ritornò in camera in fretta, sorridendo leggermente. Si chiuse la porta dietro di sé e si sedette sul letto. Guardò la grata di ventilazione che portava aria e un virus che lei stessa aveva creato. Chiuse gli occhi e ispirò profondamente. Sorrise. Dana era libera, sarebbe tornata con il suo Mulder. Bianca era libera, se n'era andata per sempre. Tra poco sarebbe stata libera anche lei.

 

--Siamo i topi del NIMH. Abbiamo imparato a leggere, ad aprire le gabbie. Abbiamo tentato la fuga. Molti sono stati risucchiati dai condotti di areazione. Forse, qualcuno di noi si salverà e sopravviverà. Ma se ignoriamo le parole e rimaniamo nelle gabbie, moriremo tutti... lentamente...--

 

I campanelli d'allarme iniziarono a squillare.

 

Nicole sorrise.

 

Sistema contaminato.

 

Temperatura al di sopra della norma.

 

Le bocchette del sistema antincendio iniziarono ad annaffiare ogni stanza e corridoio, tutti i laboratori e le infermerie.

 

Nicole scoppiò a ridere, si alzò in piedi e si mise direttamente sotto lo spruzzo: "Sì!" urlò. Erano dieci anni che non vedeva la pioggia. Quel surrogato era troppo piacevole per lei.

 

Sentì la gente correre, appena fuori dalla sua stanza, quindi un forte botto e una sorta di terremoto, quanto la caldaia scoppiò per aver raggiunto una pressione troppo alta.

 

"Vi voglio bene!" urlò. "Andate in pace!" Nicole giocò ancora per qualche istante sotto la pioggia. Quindi scoppiò a tossire. Cadde a terra, in preda a quelli che sapeva erano i sintomi di quel virus. Ma stava ancora sorridendo.

 

Era felice, la fine delle sofferenze si stava avvicinando. Infilò la mano nella tasca e strinse la lettera.

 

Perse i sensi sentendo le sirene che avvertivano l'inizio dell'autodistruzione della Base 30.

 

--Siamo i topi del NIMH che hanno imparato a leggere i geni e ora li usano per fuggire. La fuga è pericolosa, forse nessuno sopravviverà. Ma se non tentiamo, non lo potremo mai sapere... e moriremo qui, come topi da laboratorio...--

 

 

*******

 

§3.34 (Steffy)

 

Black Luna's motel.

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 11:20 a.m.

 

"Mulder..." Kyle l'aveva guardata dormire per tutto il tempo che era rimasto accanto a lei.

 

Si era spaventato quando Dana aveva iniziato a gridare per la febbre, a girarsi nel letto per i dolori. Temeva che qualcuno arrivasse e gli chiedesse cosa ci faceva una donna ammalata in un motel. Aveva tentato, allora, di svegliarla e lei l'aveva chiamato con quel nome: Mulder. Aveva guardato Kyle negli occhi e tutto ciò che riusciva a dire era solo il nome di quell'uomo.

 

Non gridava più, ora che era sveglia, ma continuava con quella cantilena sussurrata 'Mulder... Mulder... Mulder...', all'infinito.

 

Appena le ebbe praticata l'iniezione, Kyle si allontanò da Scully, non riusciva a vedere quella donna, che nemmeno conosceva, stare così male.

 

Quando pensava al fatto che avrebbe potuto morire non riusciva a togliersi dalla testa quell'idea --Se morirà, Alex farà di me un capro espiatorio.--

 

Andò su e giù per la stanza e ripensò --No, non può essere così. Ha degli interessi in questa storia, non può volere mandare tutto all'aria.--

 

D'un tratto, sentì delle voci fuori dalla porta. Sperò che fosse Krycek, ma si accorse che era solo il gestore del motel e un inquilino che parlavano

 

<Sì, e nessuno se n'è accorto prima, pensi.>

 

<Dunque, c'era un intero edificio nel cuore della montagna, sotto terra. Ma si sa niente? Era abitato?>

 

<Sembra che qualsiasi cosa ci fosse, sia andata distrutta nell'incendio. E' stato trovato solo un pezzo di legno con su scritto 'distaccamento 30'.>

 

<E cosa riguardava?>

 

<Mah...>

 

Il pensiero di Kyle corse immediatamente alla Base e a Krycek. Non poteva essere stato lui. Incendiare quel posto, perché?

 

E sua madre...

 

In quel momento, non gli importò di Scully o della reazione di Krycek, uscì dalla stanza, prese la macchina e si recò alla Base. Sperò che i due uomini si riferissero a qualcosa di completamente diverso.

 

Ma, in cuor suo, sapeva che non era così.

 

 

*******

 

§3.35 (Steffy)

 

Laboratorio di ricerca 'La Base' (distaccamento 30, Canada)

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 11:28 a.m.

 

Era entrato in macchina di corsa e, di corsa, si era precipitato alla Base per constatare se le voci che aveva sentito al motel fossero vere.

 

Con il cuore in gola, Kyle scorse da lontano le transenne messe dalla polizia per evidenziare il luogo del disastro.

 

La piccola baracca che conosceva bene, ora non era che un mucchietto di legno per terra; come se qualcuno l'avesse messo lì per improvvisarci un piccolo falò.

 

Scese dalla jeep e tentò di avvicinarsi ma un poliziotto lo spinse indietro.

 

"Non c'è niente da vedere, qui. Chi è lei?" Il ragazzo si chiese se davvero la Base, che quella capanna aveva nascosto per anni, fosse stata rasa al suolo.

 

"Nessuno..."

 

"Beh, allora si allontani e non disturbi. Noi, qui, stiamo lavorando." In fondo alla strada, persone con tute protettive lavoravano indaffarate attorno all'entrata nascosta della Base.

 

Kyle si rimise in macchina.

 

Non sapeva cosa fosse successo in quel posto. Per quanto impossibile, avrebbe potuto combinarlo Krycek tutto quel casino.

 

Dopo alcuni metri di percorso in macchina, si fermò, scese dall'auto e iniziò ad addentrarsi a piedi nel bosco. Non sapeva cosa fosse a spingerlo a fare una cosa del genere e non trovò un motivo razionale fino a quando, da lontano, vide una figura sfocata appoggiata ad un albero. Si avvicinò per assicurarsi che fosse una persona vera.

 

Quando fu abbastanza vicino vide, per terra accovacciata ai piedi di un albero, una donna.

 

Il camice bianco sporco d'erba e fumo rendeva riconoscibile quella donna come impiegata della Base.

 

"Signora..." disse Kyle lentamente "signora, lei è una superstite dell'incendio, vero?" Non poté riconoscerla perché aveva il volto chino, nascosto dai capelli lunghi, neri, in disordine.

 

Solo quando alzò lo sguardo, Kyle riuscì a capire che era sua madre Lynn.

 

"Ma... mamma... oddio... mamma, sei viva!!!" Si chinò su di lei, le prese il volto tra le mani e le baciò la fronte sporca di fumo, bagnata di sudore e delle lacrime di lui, ora.

 

"Credevo... appena ho sentito... oh, mamma."

 

"Kyle?" Chiese la donna. Sapeva chi le era di fronte eppure non riusciva a crederci. Non riusciva a credere che fossero vivi entrambi.

 

"Andiamo. Andiamo, mamma. Torniamo a casa. A casa nostra."

 

"A casa nostra..." ripeté la fredda dottoressa Rainbow mentre una calda lacrima di gioia le rigava il viso.

 

****

 

 

 

[continua e termina in Omega 4]

 

 

 

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