OMEGA [Rx18]

Capitolo 4/4

di Monica M. Castiglioni e Stefania Murazio

con la partecipazione di Elena Romanello

 

[continua da Omega 3]

 

 

 

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§4.1 (Monica)

 

Appartamento di Mulder, Alexandria, Virginia

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 5:25 a.m.

 

Era domenica? Sì, doveva essere domenica. Altrimenti non se ne sarebbe stato tranquillo a letto a dormire. Avrebbe dovuto alzarsi e andare in ufficio. Allora era domenica. Che bello.

 

Si girò nel letto, cercando un altro corpo caldo a cui stringersi. Ma l'altra piazza era vuota. Socchiuse gli occhi per controllare. Vuota. Normale.

 

"Già..." sussurrò. "Alle..." lanciò un'occhiata all'orologio sul comodino. "...sette e zero sette..." L'orologio scattò avanti di un minuto. "...e zero otto della domenica cosa vuoi fare? Alzarti." Richiuse gli occhi, deciso a dormire ancora per almeno un'altra ora. Ma un tonfo sul letto attirò la sua attenzione.

 

Si girò. C'era un bimba, dai capelli biondo ramato e gli occhi azzurri, che saltellava sul materasso, con addosso una salopette rossa e una camicetta bianca.

 

"Che c'è?" chiese Mulder con tono insofferente.

 

"Mamma ha detto che usciamo presto."

 

Mulder gemette. "Senza di me, però."

 

La piccola si mise a saltellare sul letto. "Andiamo, papà! Senza di te non sarebbe la stessa cosa."

 

Mulder scosse la testa e si alzò sui gomiti. "Emily, non ti pare una situazione un po' assurda, questa? Nel senso... io so persino cosa dire!"

 

La bimba smise di saltellare sul materasso. "Che vuol dire?"

 

"Ah, lascia perdere." disse Mulder, ributtandosi indietro sul materasso.

 

La bambina, non contenta della risposta, si buttò accanto a lui. "Papà?"

 

Fox la prese tra le braccia, alzandola sopra di sé. "Papà ha tanta voglia di dormire." le disse.

 

"Papà sta facendo lo sfaticato." disse una voce seccata dalla porta.

 

Lui guardò Scully, sulla porta. Indossava un completo blu e un foulard rosa. E aveva un'espressione decisamente contrariata.

 

"Emily, va' a prendere il tuo zainetto." disse Dana, fissando Fox. "Se papà non vuol venire, andremo da sole io e te."

 

Fox guardò la bimba sgattaiolare fuori dalla stanza, quindi riportò la sua attenzione su Scully. "C'è qualcosa che non va?" chiese.

 

"Qualcosa che non va?!" esclamò lei, irritata. "Guardati!"

 

Mulder osservò lo stato in cui era. Aveva addosso una maglietta non esattamente pulita e jeans sgualciti, sentiva di avere la barba di qualche giorno, e probabilmente aveva anche bisogno di una doccia. "Ah... Scully... se mi aspettate cinque minuti mi faccio una doccia e sono da voi..." disse la prima cosa che gli venne in mente. D'altronde, da quando in qua Emily era viva? Da quando in qua chiamava lui e Scully 'papà' e 'mamma'? Da quando, soprattutto, erano sposati?

 

Scully alzò le braccia in un gesto tra l'adirato e il rassegnato. "Sì, sempre così, Mulder. Dobbiamo sempre attendere, vero?"

 

"Ma... che stai dicendo?"

 

"Ti stai comportando come se nulla contasse più nella tua vita."

 

Mulder guardò stranito la donna. In tanti anni di lavoro assieme, non aveva mai sentito Scully parlare da bisbetica in quel modo.

 

"Sei sempre immerso nei tuoi pensieri, non ti interessi più di nulla! E continui a bere!"

 

Mulder seguì lo sguardo di lei, trovando una bottiglia vuota di scotch sul comodino. "Ah... Scully... io..." Si alzò in piedi e si avvicinò lentamente a lei. "Mi dispiace... io cercherò di tornare come prima. E' una promessa."

 

Dana scosse la testa, i suoi occhi erano pieni di lacrime. "Quante volte mi hai fatto questa promessa, Mulder? Ti sei lasciato andare, non ti importa più di nulla... quella verità che hai tanto cercato... neppure quella conta più." Le lacrime le rigarono il volto, scivolarono giù, sciogliendo il trucco e bagnando il foulard.

 

"Scully... non piangere. Stai... hm... stai rovinando il foulard." Mulder infilò due dita sotto la stoffa e lo sciolse lentamente.

 

Quindi la vide.

 

La ferita d'arma da fuoco che le aveva distrutto la gola.

 

Fox lasciò cadere il foulard e fece un passo indietro. Quindi urlò.

 

E si svegliò.

 

Si mise a sedere di scatto sul divano, cercando a tastoni la luce. Quando l'ebbe trovata, si guardò in giro.

 

Si alzò a fatica, prese la bottiglia di scotch semivuota che aveva lasciato sul tavolino e andò in cucina a svuotarla nel lavandino. Quindi andò in bagno per farsi una lunga doccia.

 

 

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§4.2 (Steffy)

 

Alexandria, Virginia, appartamento di Mulder

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 9:00 a.m.

 

La temperatura dell'acqua era arrivata al punto giusto.

 

Il massaggio che le piccole gocce gli procuravano lungo la schiena era un dono a cui raramente si sottraeva.

 

Mulder alzò la testa verso la bocca della doccia e, ad occhi chiusi, sorrise al solletico che l'acqua gli faceva sul viso. Aprì gli occhi e le immagini di momenti dimenticati riaffiorarono alla mente.

 

La pioggia.

 

Sotto la pioggia aveva visto Scully sorridere, anzi ridere, per la prima volta.

 

"Era in Oregon." disse ad alta voce. "Te lo ricordi? Non credevi che fossi davvero matto da legare."

 

Sorrise.

 

"E quella volta che abbiamo litigato in Alaska perché tu volevi ammazzare quel verme solitario preistorico e io volevo studiarlo. E' stata dura allora. E quando abbiamo scoperto tutte quelle cartelle in quella montagna. Abbiamo avuto paura, ricordi? E' stato l'inizio di tutto. E poi..." Non riuscì a finire la frase.

 

Tanti, troppi erano i ricordi con Scully. Belli, brutti, stupidi, seri...

 

Si appoggiò al muro, osservò l'acqua scorrere. Si lasciò cadere per terra, lo sguardo fisso nel vuoto, il cuore che si era quasi fermato.

 

"Sto parlando di te al passato... sei morta sul serio, Scully?... Non è possibile... Scully?... Scully!... Scully!!!!! Dimmi che non è vero, Dio. Dimmi che è frutto della mia mente malata. Dimmi che sto sognando e che la mia disperazione non è reale. Fa' che quel telefono squilli e la voce calma e sicura di Dana riempa il mio cuore. Tu sei quel Dio in cui lei credeva, in cui lei confidava. Sei quel Dio che l'ha salvata dalla morte sicura della malattia. L'ho sentita pronunciare il tuo nome tante di quelle volte che ormai ti conosco anch'io. Permettimi, allora, Dio... permettimi di chiederti di portarla indietro, per guardarla ancora negli occhi e sentire la sua voce e toccarla e vederla per l'ultima volta. Una sola. Facciamo uno scambio: la mia stupida vita per la sua. Lei merita di vivere, io no. Ho messo in pericolo lei e me tante di quelle volte... Dio... ridammela... ridammela, Dio. Lei è mia... è mia... mia..."

 

Le lacrime di Mulder si confusero con le gocce d'acqua che scorrevano dalla doccia. Quali fossero le più numerose, solo Dio poteva saperlo.

 

Dopo eterni minuti, si alzò dal freddo marmo, si asciugò, si vestì in fretta e uscì di casa.

 

In qualche punto recondito del suo cuore, sperava che Dio l'avesse ascoltato.

 

Non poteva rimanere a casa a rimuginare su una morte ingiusta, inspiegata...

 

La sua auto era un macchia sfocata ai suoi occhi offuscati dalle lacrime. La raggiunse e vi salì appoggiando la fronte sul volante.

 

Dopo alcuni minuti trascorsi in quella posizione assurda, si chiese il motivo per cui era entrato in macchina. Non seppe rispondersi e decise di mettere in moto comunque.

 

Da lontano, un taxi suonava al suo indirizzo ma Mulder non sentì che qualcuno lo chiamava. Era intento a osservare gli 'altri'.

 

Quelli che vivevano a dispetto suo.

 

--Dove vado? Continuano a vivere, loro. Guardali, corrono avanti e indietro per non fare tardi, per arrivare... e tu non ci sei. Perché non si ferma? Perché il mondo maledetto non smette di girare e parlare e muoversi e respirare?! Non ha più senso. Non c'è più ragione che mi trattenga qui. Non c'è più niente che mi costringa a respirare ancora... a vivere ancora. Solo il cuore che batte per ragioni sconosciute. Sono già morto, Scully. E non mi servirà a niente scoprire una verità che mi farà male comunque. Sì, arriverò in un posto, uno qualunque dove non ci sia nessuno, dove il mondo sembrerà solo mio e poi... poi mi lascerò andare. La collina, quella dove te ne sei andata tu, sì, lì andrà bene. Ma prima... prima ho bisogno di sentirti ancora. Per una volta, l'ultima.--

 

Andò a casa di Dana.

 

Bussò.

 

Ma non gli rispose Maggie Scully, stavolta.

 

 

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§4.3 (Steffy)

 

Alexandria, Virginia

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 ore, 10:00 a.m

 

"Accidenti, lo stiamo perdendo. Vada più veloce."

 

"Se corro solo un po' di più si fonde il motore."

 

"Le pago corsa doppia."

 

"Proviamoci." Il tassista provò a sforzare l'auto ancora un po'. Ma Mulder correva troppo più veloce di lui, incurante di essere in pieno centro cittadino.

 

--Sta impazzendo. E' l'unica ragione per comportarsi così. Non l'ho mai visto in questo stato... solo una volta forse... alle Skyland Mountains-- pensò Alex. --Ma dove correrà mai. Perditempo...--

 

Krycek si rese conto solo quando furono arrivati ad Annapolis che Mulder stava andando a casa della collega.

 

--Poveraccio, è proprio sicuro che sia morta. Sarà dura convincerlo del contrario.--

 

"Fermi qui e spenga il motore." disse Alex al tassista.

 

Si erano fermati a una certa distanza dall'auto di Fox.

 

Krycek voleva studiare lo stato d'animo dell'uomo prima di agire.

 

Passarono alcuni minuti prima che Mulder scendesse dalla macchina e quando lo fece Alex si trovò di fronte un uomo finito. Le spalle curve, la barba di giorni, i vestiti sgualciti e chissà da quanto tempo non mangiava.

 

--Certo che il capo sa dove colpire e fare male. Mi fa pena.-- Ma allo stato d'animo che si scombussolò a vedere Mulder in quelle condizioni, non fece caso più di tanto.

 

Pagò la corsa al tassista e scese dalla macchina appena si rese conto che Fox era entrato nello stabile.

 

Lo seguì, osservandolo da lontano. Lo vide bussare alla porta, al che pensò: --E' proprio partito.--

 

Aspettò alcuni minuti prima di entrare nell'appartamento con le chiavi di Scully.

 

Non voleva ritrovarsi davanti un uomo debole, sopraffatto dal dolore, magari in lacrime.

 

 

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§4.4 (Monica)

 

Appartamento di Dana Scully, Annapolis, Maryland

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 10:56 p.m.

 

Mulder camminò lentamente verso la porta. L'ultima volta che era stato lì, aveva incontrato Margaret Scully. Si chiedeva se la donna fosse tornata nell'appartamento. La risposta gli arrivò appena entrò. La casa era pulita e profumata. Sospirando, Fox fece scivolare il mazzo di chiavi in tasca e appese il soprabito all'attaccapanni. Quello avrebbe potuto diventare il suo appartamento, ricordò. Ma lo voleva davvero? Gli sembrava quasi di violare un santuario, entrando lì. Si tolse le scarpe, quasi in un gesto automatico, e avanzò lentamente. Il profumo di Scully aleggiava ancora nell'aria come un fantasma in cerca della propria vita perduta. Mulder camminò fino alla porta della camera da letto. Non l'aveva mai vista bene, quella stanza. Non c'era entrato spesso... quasi mai, in fin dei conti.

 

"Che ci faccio qui?" sussurrò. Stava forse ancora cercando prove che Scully non si era suicidata? Stava cercando qualche minuscola cellula che i suoi aggressori si erano lasciati dietro? L'appartamento era già stato setacciato, con cautela, precisione e rispetto, ma non era saltato fuori nulla. Mulder sospirò. In realtà era un gesto egoistico che l'aveva spinto lì. Aveva bisogno di "sentire" Scully. Di sapere che, da qualche parte, c'era ancora un luogo dove poteva sentire il suo odore, in qualche mondo percepire la sua presenza.

 

Si sedette sul bordo del letto e chiuse gli occhi: Scully era stata strappata da questo appartamento, da questo luogo così intimo, pensò. Fece passare il palmo della mano sulle coperte e le lenzuola. Erano morbide, Mulder sorrise al ricordo dei capelli e della pelle di lei. Quante volte l'aveva accarezzata? Quante volte le aveva dato un bacio? Quante l'aveva stretta a sé? Quante l'aveva ringraziata per essergli stata accanto? Troppo poche. E ora se ne pentiva. Avrebbe voluto stringerla a sé, dirle che le voleva bene, che per lui era così importante che qualsiasi cosa quei bastardi le avessero fatto, lei non doveva morire. Poteva contare su di lui. Non l'avrebbe mai lasciata sola.

 

Chiuse gli occhi. Poteva quasi vederla, camminare lentamente nel corridoio, bussare alla sua porta. Lui apriva, e la vedeva, in piedi, davanti a lui, coi vestiti strappati, i lividi su tutto il corpo, i suoi occhi azzurri persi nel nulla. La pistola nella mano destra, che pendeva lungo il fianco. Ma viva.

 

Cosa avrebbe fatto lui, a quel punto? Ora non lo sapeva. Ma di sicuro qualcosa sarebbe riuscito a fare... portarla in ospedale, almeno, o abbracciarla e tenerla stretta finché Krycek non fosse arrivato sotto tiro. A quel punto le avrebbe dato la pistola e l'avrebbe aiutata a prendere la mira, per piantargli tutti i proiettili del caricatore nel corpo, ma senza ammazzarlo del tutto, per lasciarlo soffrire.

 

Fox ritornò alla realtà. Lentamente prese un cuscino, quello che forse Scully usava di più e lo strinse a sé. Vi appoggiò il viso e per qualche attimo ebbe la sensazione di avere tra le braccia la collega. Ma quell'istante di beatitudine scivolò via in fretta. Fox si sdraiò, tenendo il cuscino contro al petto. Le lacrime e il sonno si seguirono in fretta e prima ancora di accorgersene, Mulder scivolò di nuovo in un sogno.

 

Girandosi sul fianco destro, scoprì che Scully stava scrivendo il proprio diario, seduta sopra le coperte. Ad un tratto, alzò lo sguardo, l'aspetto triste che aveva divenne di colpo preoccupato.

 

"Scully, che c'è?" chiese Mulder, mettendosi a sedere.

 

Lei sembrò non averlo sentito. Appoggiò il diario sul comodino, quindi aprì il cassetto, tirando fuori la Smith & Wesson di ordinanza.

 

Mulder osservò la pistola. Sembrava la sua. "Scully...?" sussurrò, ma ancora una volta lei non si voltò. Fox deglutì. Era solo uno spettatore, dunque? Dana camminò lentamente fino alla porta, puntando la pistola davanti a sé. Mulder si alzò dal letto e velocemente si mise alle spalle della collega, senza fare rumore. Scully accese la luce nella sala. Tutto regolare. Camminò fino alla cucina, ma anche lì non c'era nessuno. Sospirando, Dana abbassò l'arma. "Mulder, un giorno di questi ti sparo. Mi stai facendo diventare paranoica." sussurrò.

 

Fox sorrise. "Allora mi vedi?" Ma quando Scully tornò indietro, quasi gli andò addosso.

 

La donna appoggiò l'arma sul comodino, sopra al diario. Sospirò e andò in bagno. Non chiuse la porta completamente, Mulder si sentì in obbligo di girarsi. "Scully?" la chiamò. Nessuna risposta. "Scully, sai che questa situazione mi sembra un po' strana? Intendo... io e te nel tuo letto e..." Un'ombra nella stanza accanto attirò l'attenzione di Mulder. Prese la propria pistola dalla fondina, quindi uscì in sala lentamente, la situazione sembrava tranquilla. Andò fino alla porta della cucina, ma a quel punto l'ombra riapparve dietro di sé. Mulder si girò di scatto, quindi corse verso la porta della camera da letto. C'era un uomo davanti alla porta del bagno. E Mulder lo riconobbe. "Krycek, mani in alto!"

 

Ma anche Alex sembrava non sentirlo.

 

Mulder scosse la testa. "Bastardo!" urlò, sparando quattro colpi verso l'uomo. Nessun risultato. Sparò di nuovo fino a svuotare il caricatore. Cercò di buttarsi addosso a Krycek, ma scoprì solo in quel momento di non potersi muovere. "Maledizione! Attenta Scully!" urlò. "Scullyyyyyy!"

 

Krycek aprì la porta ed ora con lui c'era un altro uomo, ma Fox non riusciva a vedere il suo volto. Scully si girò di scatto, la spazzola con cui si stava pettinando cadde a terra. "E' ora di andare, Scully." disse Alex. Quindi la prese per le braccia e la trascinò fuori dal bagno.

 

"Cosa vuoi da me, Krycek?! Lasciami andare!"

 

"Shhh, non vorrai svegliare i tuoi vicini?"

 

Scully si dibatteva nella presa di Krycek, mentre lui la portava in sala. L'unica cosa che Mulder riuscì a fare fu seguirli. Scully cercò di nuovo inutilmente di liberarsi, quando vide il secondo uomo avvicinarsi con una siringa in mano. "Lasciatemi!" urlò.

 

Krycek, tenendola ancora stretta, le coprì la bocca con una mano. Il suo grido fu soffocato e lentamente lei si lasciò andare.

 

"Che cosa le avete dato?!" urlò Mulder. "Bastardi! Cosa le volete fare?!" Li seguì fino alla soglia, quindi si vide chiudere la porta in faccia.

 

Il sogno finì e Mulder riprese a dormire più tranquillamente.

 

Non sentì la porta che veniva aperta.

 

 

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§4.5 (Steffy)

 

Annapolis, Maryland

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 ore, 11:25 a.m

 

Si svegliò di soprassalto, quando sentì che qualcuno gli toccava una spalla.

 

Nel sonno, pensò --Scully? Non ci credo... se è vero...--

 

Aprì gli occhi e, sgranandoli, fissò Krycek per lunghi secondi. Si alzò dal letto di Scully e seguì l'uomo che si recava in cucina.

 

"Ehi, bastardo! Che ci fai qui?!" Alex non rispose, era intento ad aprire il frigorifero per prendere l'unica cosa da bere che c'era: succo d'arancia.

 

Mulder si avvicinò a lui a passi veloci fino a che gli fu di fianco, gli tolse con forza il contenitore di plastica da cui stava bevendo direttamente e gli rifece la domanda.

 

"Mulder, sembra che tu non stia a sentire la gente quando questa ti parla. Forse, se sta zitta, ascolti meglio. Comunque, sei stato fortunato ad aver ottenuto la libertà provvisoria, amico. Perché mi guardi così, compagno?"

 

"Io non sono un compagno e comunque non un tuo amico. Perché sei qui?"

 

"Sbagli a non considerarmi un amico, Mulder. Io ho qualcosa che tu vuoi e che posso ridarti nel momento in cui tu lo desideri.

 

"Krycek, tu non hai niente per me. Non ricominciare con la storia che Scully è viva perché non ci credo nemmeno se me la trovassi qui di fronte. Ho visto il suo corpo... e le fotografie... Alex va' via di qui prima che mi faccia rimettere dentro per lesioni aggravate."

 

"Mulder, dopo tutto ciò che hai visto in questi anni, ti fai fregare da una copia della tua collega?! Mi deludi."

 

Mulder lo guardò senza provare nemmeno a comprendere ciò che Alex diceva.

 

Posò il contenitore nel frigorifero e, a passi lenti, si diresse in soggiorno sedendosi sul divano. Krycek lo seguì e si sedette accanto a lui.

 

"Sono così stanco, bastardo, che non mi va nemmeno di prenderti a pugni fino a che smetti di respirare. Vattene via." Gli disse Mulder.

 

Alex lo guardò per alcuni istanti dopodiché portò una mano al taschino interno del suo giubbotto in pelle nera. Ne estrasse qualcosa che tenne chiuso in un pugno.

 

"Senti, Mulder. Non mi va di girarci attorno. Te lo dirò una volta sola, dopodiché è meglio che tu decida negli interessi tuoi e di Scully." Mulder abbassò lo sguardo provando un forte impulso a picchiare l'uomo. "Ho bisogno del tuo aiuto. Ormai, sappiamo di essere dalla stessa parte della barricata ma di combattere per due scopi diversi. Ma, stavolta, ti conviene starmi a sentire. Quello di cui non ti ho parlato finora è il Progetto Omega. Un progetto che ci permetterà di difenderci in un'eventuale e molto prossima guerra contro una razza aliena che sta per impossessarsi del nostro Pianeta..."

 

"Ma non hai nemmeno un pò di dignità?! Non me ne importa niente delle tue storie da romanzo di fantascienza, in questo momento."

 

"Mulder, se mi prometti che combatterai con me questa guerra, ti restituirò Scully." Fox non ci vide più per la collera. Si alzò dal divano e, preso Krycek per il bavero, lo trascinò quasi fino alla porta per cacciarlo fuori.

 

"Accidenti, Mulder! Vuoi starmi a sentire?! Scully sta malissimo e ha bisogno di cure immediate. Ma non sono così buono. Solo se mi dài la tua parola che lotterai al mio fianco, te la restituirò."

 

"Vuoi dire, brutto bastardo, che l'hai rapita tu? Hai messo in scena tu questo casino?!"

 

"Calmati, Mulder. Tecnicamente l'ho rapita io, ma quello che le hanno fatto non è stata colpa mia."

 

"Perché, che le hanno fatto?! Parla!!! Che le avete fatto prima di ucciderla?!" Mulder stava scuotendo Krycek violentemente.

 

"Oh! Così mi fai male! E poi, ti ho già detto che non è morta. Ma come te lo devo dire?!"

 

"Non ti credo, figlio di..." Alex aveva aperto il pugno della mano destra, facendo scivolare tra le sue dita la catenina col crocefisso di Scully.

 

Mulder si zittì. Spinse da parte Krycek e sfiorò delicatamente la catenina. "Non per questa, io posso crederti, Krycek."

 

"Ho un'altra cosa ma forse non dovrei dartela." Guardò Mulder negli occhi.

 

"Cosa?" Alex abbassò lo sguardo sul tappeto come a pensarci, dopodiché, da un'altra tasca interna, tirò fuori due foglietti. Li porse con esitazione a Mulder. Lui li prese guardando Krycek con lo sguardo basso. Aprì il primo foglio che era di giornale. C'era la sua foto sgualcita a incorniciare l'articolo riguardante la morte di Scully.

 

"Cosa significa?"

 

"Quella, Scully la teneva sul comodino come una reliquia. Che io sappia, era l'unica cosa, lì dentro, che la teneva legata a te." Mulder scosse la testa. Non credeva a una parola detta da quell'uomo.

 

"Quell'altra... è una lettera. Scritta da lei... o meglio, sono i frammenti di due lettere." Dopo un attimo di pausa, Krycek riprese a parlare. "Mulder, Scully sta veramente male e se non vuoi essere la causa della sua morte vera, ti consiglio di allearti con me. Immediatamente."

 

"Se è viva, voglio che mi porti da lei, ora. Subito!"

 

"No, Mulder. Voglio che tu prometta e mi dia una prova che manterrai la tua parola." Mulder ritornò al divano. Si sedette. Guardò il ritaglio di giornale, strinse in mano le lettere.

 

"Devo pensarci." Poi, voltandosi verso Krycek "Quale sarebbe questa prova?"

 

"Devi aiutarmi a entrare in quel posto e rubare tutto ciò che hanno creato con i loro esperimenti."

 

"E' questo che vuoi, vero? Il potere!"

 

"Mulder, tu non hai ancora capito che siamo dalla stessa parte. Questa volta non puoi scegliere se fidarti o no. Devi farlo e basta. La posta in gioco è la vita di Scully." Mulder abbassò lo sguardo.

 

"Scully era su un lettino dell'obitorio, morta e un proiettile le aveva bucato la gola fino al cervello. Hanno detto che è stato un suicidio, ma so che sei stato tu, bastardo. L'avete... violentata in due e poi... poi l'avete fatta sparire... Non posso e non voglio crederti, Krycek!"

 

"Mulder," Alex parlò con un tono molto pacato "quella che tu hai visto e riconosciuto come Scully si è suicidata davvero. So che hanno trovato il mio DNA in macchina ma non è successo assolutamente niente. Io non ero lì, nessuno era con quella donna. Loro sanno come creare certe cose, Mulder." L'uomo smise di parlare, poi si avvicinò alla porta d'entrata "Quando avrai deciso, ammesso che la tua collega non peggiori, me lo farai sapere. Ti chiamo 'stasera e spero per te che avrai la risposta giusta da darmi." Krycek uscì dalla porta quasi di corsa. Mulder non si scompose nemmeno.

 

"Come faccio a fidarmi di quel doppiogiochista?" Si chiese sottovoce mentre stringeva la catenina di Scully tra le mani.

 

In quel momento, quasi gli parve di ascoltare la voce della sua collega.

 

"E' solo questione di fede, Mulder." Si guardò attorno come per assicurarsi che qualcuno non gli stesse parlando sul serio.

 

Osservò i fogli che gli aveva dato Krycek, per lungo, lunghissimo tempo.

 

 

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§4.6 (Steffy)

 

Appartamento di Dana Scully, Annapolis, Maryland

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 1:40 p.m.

 

Dopo essere uscito dall'appartamento di Scully, Krycek si diresse immediatamente all'aeroporto per ritornare in Canada.

 

Aveva fatto il possibile per aiutare Mulder. Gli aveva dato più di una prova che la sua collega era viva. Ora toccava a lui la mossa più importante della partita: credergli e andare a riprendersi Scully.

 

Era all'aeroporto da un'ora, quando decise di telefonare a Mulder. Cercò un telefono e compose il numero.

 

"Mulder" Rispose Fox, con fare assente.

 

"Hai deciso?" Chiese Alex.

 

"Perché non mi lasci in pace? Io non posso crederti Krycek. Non dopo quello che hai fatto e che continui a fare."

 

"Ti sto aiutando, stavolta. Se non lo capisci, perderai l'unica persona che conti veramente per te. E stavolta la perderai sul serio. Sei libero di fare quello che credi, Mulder. Io ho fatto la mia parte. Avevo dei progetti da portare avanti assieme a te. Le cose, purtroppo, non sono andate a mio favore. La morte di Scully non mi interessa di per sé. Ma se la perderai, io perderò una possibilità di convincerti a fare parte della mia squadra."

 

Dall'altro capo del telefono, Mulder non fiatava.

 

"Vieni a riprendertela, Mulder. Sta per morire. Voglio dirti solo una cosa: non sono stato io a ridurla così. Ho anche tentato di curarla, per quanto possibile, ma non c'è più niente da fare." Dopo un attimo di silenzio, Alex riprese a parlare. "So che non puoi espatriare; su di te c'è ancora un'indagine in corso. All'aeroporto, troverai un'auto noleggiata a nome Lynch. Se corri, puoi almeno dirle addio. Credimi, per una volta." Krycek non aspettò una risposta da Fox. Riattaccò appena sentì l'annuncio della partenza del volo per Montreal.

 

Mulder rimase col l'orecchio attaccato alla cornetta per alcuni secondi dopo che Krycek ebbe riattaccato.

 

Non poteva crederci. Lui aveva visto Scully sul lettino dell'obitorio con quella ferita orrenda alla gola. Non poteva essere viva. Anche se il corpo era scomparso.

 

Era seduto a gambe incrociate sul divano di Scully, accanto a sé c'erano i fogli che Alex gli aveva lasciato. Li prese in mano, li guardò. Erano anneriti dal fuoco al quale erano stati sottratti. Li aprì con cautela per non renderli ancora più illeggibili.

 

Da un rapido sguardo, capì che erano frasi spezzate scritte in momenti di confusione o di folle lucidità. Pochi pensieri che Scully, forse, aveva scritto a lui.

 

Iniziò a leggere la calligrafia della collega sul primo foglio.

 

'... lei inizia a diventare come gli altri. Ha già imparato a scendere a compromessi, a non fare domande e a...

 

... Stamattina... Mulder, se fossi qui mi guarderesti dritto negli occhi come a dirmi 'visto, avevo ragione io. Uno a zero per me, Scully', ma ho visto tutto il mio mondo e le mie certezze alzarsi in piedi e accartocciarsi su se stesse nel medesimo istante.

 

... ti metteresti a saltare come un bambino che ha scoperto babbo natale sotto l'albero e che invece a me ha rubato tutti i regali.

 

... la sequenza di lettere che è custodita in una stanza non lontana dalla mia. ... tutto sta nascendo qui, in questo momento. Mi sento parte importante del loro lavoro e, in una parte della mia mente, si è presentata l'idea che sarebbe un bene, per me, rimanere qui. Senza pensare a una via di fuga.

 

... non riceverai mai queste lettere. Forse, tra un po', farò come mi ha consigliato Nicole: le distruggerò dopo averle scritte con l'unico scopo di rimanerti accanto.'

 

Mulder non riuscì a staccare gli occhi da quelle poche frasi sconnesse. Gli si era gelato il sangue, a scoprire che Dana avrebbe potuto ricevere la rivelazione di chissà quale verità. Quei fogli, perché distruggerli? Era stata lei o qualcun altro? Mulder non era ancora totalmente certo dell'autenticità di quegli scritti. Ma... se Scully era viva... il secondo foglio. Mise da parte il primo e spiegò il secondo, per leggerlo. Poche frasi. Ancora.

 

'... vorrei riuscire a trovare in te la forza per andare avanti. Vorrei trasformarmi, per una volta, in Ismaele che riesce a salvarsi e a raccontare tutta la storia di Moby Dick. Vorrei poter trovare una ragione in tutto ciò che mi è successo. Capire il motivo recondito per cui sono stata privata dei privilegi di una donna normale... inizio a vaneggiare, papà...'

 

"Scully...!" Qualcosa, in quella seconda lettera, l'aveva convinto che Dana era viva. La citazione al libro di Melville, le domande che Scully si poneva sempre riguardo suo padre...

 

Era viva quando le aveva scritte. Piegò anche il secondo foglio e si precipitò fuori dall'appartamento della donna.

 

All'aeroporto, l'auto era ferma ad aspettare che lui decidesse di partire per il Canada.

 

 

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§4.7 (Steffy)

 

Aeroporto di Washington

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 5:10 p.m.

 

Durante il volo che lo portava in Canada, Krycek pensò a Mulder.

 

Nella vita, spesso, si conoscono persone verso le quali non si sa come relazionarsi, perché il rapporto è ambiguo.

 

Per Alex quell'uomo folle, che si metteva contro chi era più forte di lui e che, per predestinazione o semplice fortuna, riusciva a vincere sempre, era un nemico da combattere. Ma, spesso, troppo spesso, lo considerava una leggenda. E aveva sempre sperato di diventare anche lui un mito, un cavaliere solitario che alla fine di ogni battaglia vince sempre. Ma, anche questa volta, la singolar tenzone sarebbe stata persa da Alex. Se la fortuna avesse deciso di dargli una mano, Mulder avrebbe ritrovato Scully ancora in vita, altrimenti...

 

Il viaggio in aereo era durato appena un paio d'ore e appena sceso all'aeroporto noleggiò un'auto per arrivare al Black Luna's motel.

 

Quando arrivò, tutto era avvolto nel silenzio. Strano come, invece, nella stanza 142 stava per compiersi una ipotetica tragedia con la possibile morte di Dana. La prima cosa che Alex notò, parcheggiando la macchina, fu l'assenza della jeep di Kyle.

 

Nella mente di Alex si fecero avanti tante ipotesi; prima fra tutte, che Scully fosse morta e lui l'avesse abbandonata per non essere accusato. Scese cautamente dall'auto e bussò alla porta. Nessuno gli rispose. Provò ad aprire e si accorse che non era chiusa dall'interno. Entrò. Scully era a letto, abbandonata a se stessa da chissà quanto tempo. Si avvicinò per controllare che fosse ancora viva.

 

Respirava, debolmente ma respirava.

 

Sul comodino, accanto alla catenina che Nicole aveva regalato a Dana, c'era un foglio scritto a penna: 'Il mio lavoro con te è finito. Non ho più bisogno del tuo 'aiuto'. La prossima iniezione è alle 11 p.m. di mercoledì 11. A non rivederci mai più. Kyle'

 

"Piccolo bastardo..." esclamò Krycek a voce alta. "Che accidenti vuol dire 'non ho più bisogno del tuo aiuto'? Che ha combinato quel disgraziato?" Si avvicinò a Scully per controllare che stesse realmente dormendo e non fosse svenuta.

 

"Scully... Scully, svegliati." La donna non rispondeva agli incitamenti di Alex così lui dovette scuoterla. "Scully, forza!" La donna, impercettibilmente si mosse. Stava dormendo.

 

Si sedette sulla poltrona accanto al letto e pensò a cosa poteva essere successo di così importante da aver costretto Kyle ad andare via. Avrebbe voluto tornare alla Base per controllare che non fosse successo nulla, ma non poteva lasciare Scully in quelle condizioni.

 

Decise di aspettare, di dare più tempo a Mulder di decidere e magari di presentarsi lì a riprendersi Scully.

 

 

*******

 

§4.8 (Steffy)

 

Washington, aeroporto.

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 7:00 p.m.

 

Il tragitto tra l'appartamento di Scully all'aeroporto di Washington era stato caratterizzato da pensieri contraddittori. Mulder non poteva fidarsi di un uomo che troppe volte lo aveva messo in difficoltà, che aveva ucciso suo padre e aveva contribuito alla morte della sorella di Scully...

 

Pensò che fosse arrivata la fine di tutto.

 

Scully era stata uccisa e lui, da solo, avrebbe condotto la sua battaglia più determinato a trovare la verità, la luce in tutto il buio che lo circondava. Se 'loro' avevano pensato questo, lo consideravano un individuo scomodo e pericoloso che andava eliminato.

 

"Se credo a Krycek e vado in Canada, mi ammazzano lì e insceneranno un suicidio facendomi passare per un debole. Se non parto, e Scully è viva, la condanno a morte. Quale delle due alternative è la peggiore?" Si chiese ad alta voce.

 

Arrivò al noleggio auto dell'aeroporto e chiese di un'auto intestata a nome Lynch. La trovò e dall'esterno si accorse di un biglietto sul volante. A caratteri cubitali era scritto il suo nome: MULDER.

 

L'uomo entrò nell'auto e prese in mano il biglietto 'Arriva a Montreal, da lì prendi la strada per Mont Tremblant. C'è una prenotazione per te al Motel Vega. Indicazioni sul posto. K.'

 

"Breve e chiaro, Krycek." disse ad alta voce Mulder. "Chissà che una bomba non esploda appena metto in moto. Ma, d'altronde, Scully non c'è più, che m'importa di vivere?"

 

Mise in moto e partì.

 

Un viaggio lungo, quello che intraprese Fox, durante il quale ebbe molte occasioni per porre fine al proprio dolore.

 

Quanti burroni, quanti laghi superò con una tentazione fortissima di raggiungere Scully. Sarebbe stato così semplice, Dio. Non girare il volante ad una delle tante curve e cadere giù e morire così, guardando in faccia la fine di tutto e avere nella mente un'immagine meravigliosa: il sorriso di Dana. Ma, ogni volta, era proprio il volto della sua collega a farlo desistere dal suo intento 'E se fosse viva?' In anni di lavoro, avevano imparato entrambi a non pronunciare la parola mai. Dana si limitava a considerarlo pazzo e a classificare le sue folli idee come 'impossibili'.

 

Ma non si erano mai fermati nella loro ricerca.

 

'Impossibile' era un termine di convenienza, significava sempre 'E' impossibile per le convinzioni usuali', ma per loro niente lo era davvero. Lui stesso aveva detto a Scully 'se non esiste una risposta perché ciò che conosciamo non ci permette di formularla, allora perché non considerare plausibile ciò che ci sembra impossibile?'. E a lui, la morte di Scully non sembrava vera. Dunque, tanto valeva continuare. Non ci avrebbe rimesso niente. Non avrebbe perso più nessuno.

 

Ci vollero ore prima di arrivare al confine con il Canada francese, ben sette ore di guida sostenuta sull'autostrada e il panorama che si trovò di fronte fu la cosa più bella che lui avesse mai visto. A parte l'omaggio che la natura aveva fatto agli uomini con i colori meravigliosi della primavera e che lui, da sopravvissuto, non sentiva di meritare, rimase incantato nel superare un posto fatato, come scavato nel cuore della strada.

 

D'un tratto, gli alberi, che costeggiavano la strada principale nei pressi di Keeseville, si riunirono. L'uno di fronte all'altro, si abbracciavano fino a formare una galleria naturale. Sorrise, Mulder, al pensiero che formulò. Pensò che l'impossibile non esiste. Cosa aveva portato quegli alberi ad innamorarsi così l'uno dell'altro e a cercarsi così intensamente da finire con il congiungersi per l'eternità? L'amore? La necessità di non rimanere da soli?

 

Meravigliosa natura.

 

Vita meravigliosa.

 

Lo considerò un segno positivo.

 

Un segno che Scully era viva.

 

 

*******

 

§4.9 (Steffy)

 

Canada

 

Mercoledì, 11 giugno 1998 9:00 p.m.

 

Al confine tra Stati Uniti e Canada Occidentale, vi era un blocco di controllo d'entrata. La fila non era molto lunga.

 

--Evidentemente i canadesi sanno come fare il loro lavoro. Speriamo non troppo o sarò costretto a tornare indietro-- pensò Mulder.

 

Dopo alcuni minuti d'attesa, l'auto di Fox si avvicinò al posto di blocco e un uomo in uniforme gli chiese i documenti.

 

"Come mai in Canada?" chiese l'uomo.

 

"Indagini oltre confine."

 

"Riguardo?"

 

"Rapimento di un'agente dell'FBI."

 

"Mhm...può andare." Restituì a Mulder il suo tesserino di agente. Ma qualcosa, al poliziotto canadese, non quadrava. Perché un agente federale statunitense fa un viaggio da Washington a Montreal per un'indagine e non prende un aereo?

 

L'uomo cercò una risposta da solo e si disse che probabilmente, quell'uomo aveva paura di volare. Ma non è tipico di un federale.

 

Entrò nella postazione di controllo e, via computer, fece delle ricerche più approfondite. Inserì nome e cognome nel database della polizia e i suoi sospetti furono chiariti. Scoprì che su Mulder c'erano indagini in corso per l'omicidio e l'occultamento di cadavere di un'agente federale: la sua collega. Diramò un comunicato in cui descrisse Mulder e la macchina da lui guidata.

 

In pochi minuti, quel comunicato si trasformò in una telefonata all'ufficio di Skinner e inoltrata al suo cellulare.

 

"Skinner."

 

"Vicedirettore Walter Skinner?" Chiese una voce con un inconfondibile accento francese.

 

"Sì, chi parla?"

 

"Polizia di confine canadese. Abbiamo una brutta notizia per lei, Monsier."

 

"Che è successo?"

 

"Un suo agente è espatriato. Sappiamo della sua condizione di indagato. Non è illegale espatriare, ma abbiamo preferito avvertirla."

 

"E' l'agente Fox Mulder." Quella di Skinner fu un'affermazione più che una domanda

 

"Sì. Mi sento in dovere di dirle che, in quanto cittadino straniero e sotto processo, è considerato da noi un individuo da tenere sotto controllo. La sua posizione è già stata individuata ed è sorvegliato a vista fino a quando non abbandonerà il territorio canadese."

 

"La ringrazio per avermi avvertito. Ma conosco bene l'agente in questione e non è un soggetto pericoloso." Stava rischiando molto Skinner per raccontare una simile bugia ai colleghi oltre confine. "Comunque, vi chiedo di tenermi informato di qualunque novità."

 

"Oui, Monsieur. Au revoir." L'uomo riagganciò il telefono. Skinner sembrò contrariato. Dal suo appartamento di Alexandria, tentò di rintracciare Mulder.

 

'Il cliente da lei chiamato non è raggiungibile. Riprovi più tardi, grazie.'

 

Riattaccò il telefono. --Perché il Canada, Mulder? Perché si ostina a combattere una realtà incontrovertibile, perché?--

 

Guardò il telefono e pensò di chiamare il Bureau per dare quella notizia e iniziare una caccia all'uomo. Poi ci ripensò. Avrebbe dato a Mulder una notte di vantaggio rischiando a sue spese. Il giorno dopo avrebbe mandato una squadra di ricerca. Al momento, preferiva lasciare quel briciolo di libertà di cui ha bisogno un eroe. Ad alta voce, citò Nietzsche: "Che cosa rende eroici? Muovere incontro al proprio supremo dolore e insieme alla propria suprema speranza."

 

Il tragitto verso Montreal fu tranquillo per Mulder. Arrivato al centro della città, comprò una cartina per capire come arrivare a Mont Tremblant.

 

Era notte fonda quando finalmente, dopo decine di curve ripidissime in salita, scorse il Motel Vega. Posto tranquillo, senza pretese ma con un ampio parcheggio. Scese dalla macchina con il desiderio di una stanza e di una doccia. Undici ore di viaggio quasi senza sosta sarebbero pesate a chiunque.

 

Alla reception, chiese una camera e, come Alex gli aveva detto, ce n'era una prenotata a nome suo. Ritirò la chiave, cercò la stanza e finalmente, dopo una doccia rigenetratrice, era pronto per andare a dormire.

 

Nella stanza faceva troppo caldo, tentò di cercare il dispositivo per disattivare il sistema di riscaldamento ma quando la trovò fu un buco nell'acqua. La manopola non si muoveva di un millimetro. Andò a dormire con indosso solo una T-shirt e un paio di calzoncini.

 

Dormì il primo sonno tranquillo dopo settimane di incubi.

 

Scully, se ancora in vita, era vicina.

 

 

*******

 

§4.10 (Monica)

 

Motel Vega, Canada

 

Mercoledì, 11 giugno 1998, 7:07 p.m.

 

Mulder scalciò via le coperte. Faceva troppo caldo. Accese l'abat-jour e andò di nuovo a cercare di girare la manopola del termosifone per abbassarlo. Niente da fare, era sempre bloccata.

 

Si sedette sul letto e sospirò. "Ma che diavolo ci faccio qui?" sussurrò, prendendosi la testa fra le mani. Krycek gli dava una briciola d'indizio falso e lui la seguiva come un cagnolino? Si chiese se avesse ancora tutte le facoltà mentali intatte. Probabilmente no. Scully se ne era portate via almeno la metà con un colpo di pistola sotto il mento.

 

Quando sentì due colpi provenire dalla porta trasalì. Chi poteva essere, se non Krycek stesso? Mulder prese la pistola, lentamente e senza fare rumore si avvicinò alla porta. L'aprì di scatto e puntò la pistola davanti a sé.

 

Ma non c'era nessuno. Solo un foglio, per terra, piegato in otto parti. Mulder lo raccolse e rientrò in camera. Appoggiò la pistola e aprì il foglio. Una chiave cadde a terra, ma Mulder la ignorò. Sul foglio c'erano scritte poche parole.

 

'Motel Black Luna 142'

 

Mulder accartocciò il foglio e lo scagliò attraverso la stanza con rabbia.

 

"Ma chi credi di imbrogliare, brutto figlio di puttana?!" esclamò. Raccolse la chiave da terra, si infilò velocemente i vestiti e il soprabito, prese la pistola ed uscì dalla stanza.

 

Fortunatamente il custode del motel era ancora sveglio.

 

"Mi scusi, dov'è il Black Luna?"

 

"Perché, qui non le piace?" fece l'uomo.

 

"Devo incontrare una persona."

 

"A una decina di chilometri da qui, verso nord, sotto la scarpata. Lo riconosce dalla bandiera."

 

Mulder si allontanò da lui velocemente, salì in macchina e partì. Quando finalmente vide il motel da lontano, parcheggiò sul retro ed andò a cercare la stanza 142. Non era un gran bel posto, su questo non c'era dubbio. Estrasse la pistola e aprì lentamente la porta.

 

Respirò lentamente, tutti i sensi all'erta per sparare in caso di necessità. Fece un passo in avanti, due... tre... e la pistola gli scivolò tra le mani.

 

Rimase immobile, a bocca aperta per quello che gli sembrò un eternità. Tutto pareva muoversi al rallentatore, il mondo pareva essersi fermato a contemplare la donna distesa tra le coperte in un insignificante motel nascosto tra le rughe del nord.

 

"Scully..." sussurrò Mulder. Non aveva il coraggio di avvicinarsi. Né di distogliere lo sguardo, per paura che la visione svanisse in un sogno. Chiuse la porta dietro di sé, senza girarsi. Quindi avanzò. Lentamente. Si inginocchiò accanto a letto e scostò un ciuffo di capelli dal volto di lei.

 

"Scully..."

 

Il suo corpo era caldo e Fox poteva sentirne il leggero respiro.

 

Era viva.

 

"Non riesco a crederci..." sussurrò. "Dio grazie... grazie... grazie..."

 

Si chinò su di lei e la baciò sulla fronte e sulla tempia. "Era tanto che lo volevo fare." sussurrò. "Bentornata."

 

Velocemente andò a chiudere a chiave la porta e per precauzione vi pose una sedia contro, di traverso sotto la maniglia. Recuperò la pistola e controllò che il bagno e l'armadio non nascondessero spiacevoli individui.

 

Si sedette sul bordo del letto, accanto a Scully. La osservò a lungo, senza riuscire a togliersi il sorriso più felice della sua vita dalle labbra. Frugò nelle tasche delicatamente per evitare movimenti bruschi che avrebbero potuto svegliarla ed estrasse la chiave delle manette, per liberarla.

 

"Guarda che bastardo..." sussurrò, mentre notava i lividi e i tagli che le manette le avevano procurato al polso. Ne approfittò per sentire il battito cardiaco. Sorrise. Era il suono più dolce che avesse mai sentito. Tenne tra le mani il polso di lei, accarezzandolo delicatamente, continuando ad osservare la collega. Le accarezzò il volto, dolcemente, desiderando che si svegliasse ma non volendo destarla lui stesso. Voleva parlarle. Voleva chiederle scusa, fare pace con lei. E, in fondo, voleva togliersi la paura che quella non fosse la vera Scully. Il dubbio c'era. Lui stesso aveva identificato il corpo, che però era sparito. D'istinto, Mulder guardò la gola di Scully. Non c'era nessuna cicatrice. Fece passare le punta delle dita sotto il suo mento. Ma Scully si girò di scatto e sussurrò un lamento.

 

"Scully?" sussurrò lui.

 

Dana si girò sul fianco, dandogli le spalle, poi, con una mano, raggiunse le coperte e se le strinse attorno. Poi fu di nuovo tranquilla.

 

Mulder sorrise. "Scully, sei viva..."

 

Dana si mosse nel letto di nuovo e sussurrò qualcosa.

 

"Scully?"

 

"Alex..." sussurrò Dana.

 

Una parola, pronunciata dalle labbra di Scully, che fece venire a Mulder dolori allo stomaco.

 

"Alex... aiutami..."

 

Mulder chiuse gli occhi. --Oh no...--

 

"Krycek aiutami..." disse Scully, nel sonno. Poi ripeté sconnessamente quel nome alcune volte di fila. "Krycek... Krycek..."

 

"Non hai più bisogno di Krycek." le sussurrò. Cercò di accarezzarle il volto, ma Scully si ritrasse. Passarono alcuni istanti di angosciante delirio.

 

Fox cercò di tranquillizzarla, ma ebbe ben poco successo. Dana respingeva tutte le volte che lui cercava di toccarla, come se fosse in preda al panico nel sonno.

 

"Scully, svegliati." disse. "Scully..."

 

Poi Dana si calmò.

 

Mulder guardò verso la finestra. Era ancora buio, ma avrebbe voluto uscire dalla foresta in fretta e prendere l'autostrada per portarla via di lì.

 

Scully aveva ripreso a dormire. Mulder si sedette sul bordo del letto. Voleva starle più vicino possibile. Le accarezzò delicatamente una mano e Dana si ritrasse. Poi ricominciò a delirare: "Mi fai male... mi fai male..."

 

"Scully, svegliati. E' tutto finito. Stai tranquilla." Dolcemente le girò il volto verso di sé, accarezzandole la guancia.

 

"Mi fai male..." Scully emise un gemito. Quindi aprì gli occhi.

 

E li richiuse subito.

 

"Scully..." sussurrò Mulder. Lei non rispose. "Scully?"

 

La donna, senza aprire gli occhi, deglutì un paio di volte e gli disse: "Vattene."

 

Mulder restò paralizzato. 'Vattene'? Riuscì ad alzarsi e a cadere sulla sedia. Scully era adirata con lui. Avrebbe dovuto dare retta a Krycek da subito. Forse era per questo: l'aveva lasciata nelle mani di quel pazzo assassino per più giorni di quanto avrebbe dovuto. O forse, ovunque fosse stata prima, si aspettava che lui sarebbe andato a prenderla. Oppure... oppure lui l'aveva uccisa. L'aveva portata su quella collina, le aveva sparato e se n'era andato. Qualcuno aveva trovato il corpo e l'aveva 'resuscitata'. Ora Scully lo odiava per aver fatto quello che aveva fatto.

 

"Scully..." sussurrò.

 

"Non hai un minimo di pietà..." disse lei, la voce roca a causa della gola secca. "Smettila..." Le sue palpebre erano pesanti e stava evidentemente facendo fatica a restare sveglia.

 

"Scully, cosa... di cosa stai parlando?" La voce di Mulder aveva un tono dolcissimo.

 

"Vai via... vai via... per favore vattene... io non lo rivedrò più, perché... mi stai facendo questo?" Scully era molto agitata e stava piangendo. "Io non voglio questo ripiego... Non voglio un'apparizione di Mulder!"

 

A quelle parole, Fox saltò in piedi e corse verso di lei. Si sedette sul letto e le disse: "Scully, io sono vero. Sono Mulder."

 

"Non è vero... vai via..."

 

Mulder la sollevò tra le braccia e le parlò lentamente: "Apri gli occhi, Sono qui. Sono io."

 

Scully socchiuse gli occhi, quindi spinse con le poche forze che aveva contro di lui. "Vattene..." Cercò di allontanarlo a pugni, ma qualsiasi gesto era così stanco e inutile che alla fine si lasciò andare. "Non toccarmi... bastardo... non toccarmi!"

 

"Scully... ti prego, ascoltami. Sono qui. Sono qui davvero. Non sono un sogno, non sono Krycek."

 

"Vai via..."

 

Mulder la strinse a sé. Respirò per qualche istante l'odore così familiare di Dana, quindi sussurrò: "Scully, sono venuto a prenderti. Ti riporto a casa."

 

Lei sorrise. "Sì... ora però vai via... voglio solo quel sonnifero che mi dava Nicole... quello che non mi fa sognare... così tu puoi andare via..."

 

Fox la distese sul letto, pensando a un modo per convincerla. "Guarda: non sei più dov'eri prima. Non sei più... in..." Mulder fece una breve pausa. "Non sei più in quel posto pieno di luce."

 

Scully sbatté le palpebre qualche volta ed altre lacrime le bagnarono le guance. "Mulder...?" Fece per allungare la mano verso di lui, ma il suo braccio cadde senza forze.

 

Immediatamente, Mulder le prese la mano, stringendola delicatamente.

 

"Oh Dio..." sussurrò Scully. "Mulder..." Cercò di abbracciarlo ma non aveva forze. "Sei... sei veramente tu?"

 

Mulder annuì. "Sono io."

 

Scully alzò lo sguardo. "Mulder..."

 

"Stai tranquilla. E' tutto finito."

 

Dana chiuse gli occhi e girò il volto. "Pensavo che non ti avrei più rivisto..."

 

"Anch'io." Fox le rimboccò le coperte, accarezzandole i capelli per qualche istante.

 

Scully sorrise e cercò la mano di lui. Mulder colse il gesto al volo e la prese. "Mi sei mancato così tanto..."

 

Mulder le accarezzò il dorso della mano: "Anche tu. Ti riporto a casa, OK?"

 

Lei sorrise, poi chiuse gli occhi. "Posso dormire ancora un po', prima?"

 

"Puoi fare tutto quello che vuoi."

 

"Puoi restare qui... con me?..."

 

"Ma certo. Dove altro dovrei andare?"

 

"Puoi lasciare la... luce... accesa?"

 

"Sì, d'accordo."

 

"Puoi dire alla... mamma se mi fa... la camomilla?"

 

"Come?" chiese Fox, pensando di non aver capito.

 

"A Charlie... chiedi a Charlie se può portarmi... il mio peluche Fluffy?... Lui sa... sa dov'è..."

 

Mulder sorrise, mentre Scully si era ormai riaddormentata. --E così avevi un peluche di nome Fluffy, eh? Devo ricordarmelo.--

 

 

*******

 

§4.11 (Monica & Steffy)

 

Motel Black Luna - Canada

 

Mercoledì, 11 giugno 1998, 8:07 p.m.

 

Mulder era sulle spine. Voleva partire al più presto, anche per paura che qualcuno arrivasse al motel, ma tutte le volte che faceva per prendere Scully in braccio e portarla di fuori, lei si lamentava e si agitava a tal punto che lui preferiva attendere ancora.

 

Aveva lasciato accesa la luce del bagno e aveva socchiuso la porta, così da poter guardare Scully. Ancora faticava a crederci. Era cambiata: era magra, aveva il volto stanco e i capelli erano sfibrati e in disordine. Non era truccata e le sue labbra erano pallide come le guance.

 

Lentamente si alzò dalla sedia e si sedette sul bordo del letto. Le prese una mano, si accorse che era fredda. Un momento di panico lo assalì, ma passò non appena si accorse che Dana stava tremando.

 

Si alzò in piedi di corsa e andò ad aprire l'armadio. Era praticamente vuoto, Mulder ci trovò solo una felpa verde acqua come quella che aveva visto addosso a Scully. Guardò nello scaffale superiore e riuscì a scovare una vecchia coperta rattoppata. La stese delicatamente sopra il corpo di lei, sperando che bastasse a scaldarla.

 

Scully si mosse nel sonno e la sua mano destra scivolò di nuovo fuori dalle coperte. Mulder sorrise. La prese tra le sue, scaldandola. Baciò dolcemente il dorso delle sue dita.

 

Appena si fu addormentata, Mulder si sedette sulla poltrona accanto al letto.

 

I gomiti sulle ginocchia e le dita delle mani intrecciate quasi in una silenziosa preghiera, la osservava. Ripensò a ciò che aveva vissuto fino a quel momento: il riconoscimento all'obitorio, la prigionia, la paura di essere colpevole, la scoperta di essere innocente...

 

Come quando ci si sveglia di soprassalto per un brutto sogno e ci si sente sollevati per essere riusciti ad aprire gli occhi, così Mulder respirò profondamente dopo aver realizzato che i suoi incubi avevano, finalmente, ceduto il posto alla realtà.

 

Ma, a volte, il risveglio può non essere così felice...

 

Mulder distolse lo sguardo da Dana; si guardò attorno e, il suo lato investigativo, che in quei giorni si era assopito per il dolore, si destò. Il disordine, gli asciugamani che non venivano cambiati in camera, la polvere posata sul poco mobilio di quella stanza di motel, gli fecero odiare Krycek ancora di più...

 

Poi, il suo sguardo cadde su un particolare. Sul comodino accanto al letto c'era una scatola, bianca, contrassegnata dalla scritta -H28-. Guardò la confezione a lungo, sorprendendosi della sua presenza, non avendola notata prima. Senza alzarsi dalla poltrona, allungò un braccio e l'afferrò. Aprendola, scoprì che vi erano tre contenitori alti circa due dita. Si chiese per chi fossero e a cosa servissero, quando si accorse di un foglietto che si intravedeva sotto il letto. Probabilmente era caduto per un colpo di vento o era stato lui stesso, senza accorgersene, ad averlo spostato. Una scrittura agitata recitava: 'Un'intramuscolare ogni 12 ore, alle 11. AK.'

 

Nella testa di Fox iniziarono a presentarsi pensieri confusi, domande, supposizioni. Lasciò il foglietto e prese in mano uno dei piccoli contenitori. La mano iniziò a tremare, spostò lo sguardo dalla fialetta a Dana, da Dana alla fialetta... Conosceva la risposta alla domanda che si stava ponendo, ma sperò che non fosse vera. Si inginocchiò al letto di Scully: "Scully... Scully devi svegliarti, ti prego..." La donna non accennava movimenti. Mulder decise di scuoterla dolcemente fino a quando lei non aprì gli occhi.

 

"Mhm..."

 

"Scully, devo sapere cosa sono queste. E' importante."

 

Dana corrugò la fronte. Guardò il contenitore, poi guardò Mulder. "Io... non so, me le fa Krycek."

 

"Te le fa Krycek... Dio, Scully, e io che devo fare? Che devo fare..." L'uomo era combattuto tra il credere che quella fosse una cura per Scully e il pensare che fosse quella la ragione per cui stava male. Guardò l'orologio: le 10:56 p.m. Se quella roba fosse stata vitale per Dana, era arrivato il momento di somministrargliela. Si guardò attorno cercando qualcosa che potesse aiutarlo a capire. Ma niente, a parte una confezione di siringhe monouso, poté dirgli qualcosa. Si rivolse a Scully di nuovo. "Scully, puoi dirmelo solo tu. Queste servono a farti stare meglio? Rispondimi... Scully..."

 

La donna non aprì gli occhi e nemmeno gli rispose. In un gesto automatico, gli porse il braccio come ad incoraggiarlo a farle l'iniezione.

 

"Scully, e se questa ti uccidesse invece di aiutarti?"

 

La donna negò con la testa. Mulder andò a prendere l'occorrente per l'operazione, dopodiché si avvicinò a Dana. Le prese il braccio delicatamente, aspirò il liquido dalla fialetta e, disinfettato il braccio di Scully, appoggiò l'ago sulla pelle delicata di lei. Stava per fare l'iniezione, l'ago era già nel braccio, quando disse ad alta voce: "Non morirai per mano mia, Scully. Non posso farlo... non posso farlo." Allontanò la siringa dal braccio della donna e la gettò nel cestino.

 

 

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§4.12 (Monica)

 

Motel Black Luna, Canada

 

Mercoledì, 11 giugno 1998, 11:29 p.m.

 

Mulder era stato assalito dal panico. Scully continuava ad aver freddo a delirare nel sonno e lui non aveva la minima idea di come farla star meglio.

 

"Mulder... aiuto, Mulder..."

 

"Scully, stai tranquilla, è tutto finito. Starai bene in breve." O, almeno, così sperava.

 

Scully si mosse facendo cadere il soprabito di Mulder, che lui le aveva appoggiato sopra per cercare di tenerla al caldo. Lui lo raccolse e lo stese di nuovo sopra di lei.

 

Le si sedette accanto, quindi le scostò i capelli dal volto. "Scully..."

 

Dana gli prese di scatto il polso nella mano come se lui stesso fosse uno di quelli che, nel sogno, le stava facendo male. Mulder soppresse un urlo, quando le unghie di lei gli penetrarono nella pelle. "Scully... allenta la presa, per favore..." disse, accarezzandole la mano.

 

La donna aprì gli occhi. Quindi lasciò andare il suo polso. "Mulder..."

 

"Scully... come ti se..."

 

"Mi viene da vomitare..."

 

Fox scattò in piedi a prendere il cestino della spazzatura. Lo appoggiò vicino al letto per permettere a Scully di rimettere. Lei si sporse dal letto con le poche forze che aveva e Mulder la prese subito tra le braccia, cercando di sostenerla.

 

Scully ebbe un conato a vuoto. "No... non ce la faccio più..."

 

"Hai ancora..." Mulder non fece in tempo a finire la domanda, che un conato più forte fece rimette a Dana bile e saliva.

 

"Oh Mulder... basta... fallo smettere..."

 

Le massaggiò la schiena lentamente. "Va meglio?..."

 

Scully si aggrappò al suo braccio e vomitò ancora. Poi si lasciò andare, sfinita.

 

"OK, è finito." disse Mulder, per tranquillizzare quasi più se stesso che lei. Tenendola tra le braccia, l'allontanò dal bordo. Dana stava ancora tremando. "Da quant'è che non mangi?" le chiese.

 

Scully gemette. "Ho la nausea..."

 

"Scusa."

 

Dana appoggiò il volto al suo petto. "Posso... restare qui... un po'? Puoi... tenermi qui? Solo... qualche minuto..."

 

Mulder appoggiò la guancia al capo di lei. "Certamente. Voglio uscire fuori di qui, Scully. Per riportarti a casa."

 

Dana chiuse gli occhi e fece scivolare un braccio attorno a quello di lui. "Solo qualche minuto ancora... ti prego..." sussurrò.

 

"Partiamo appena te la senti."

 

Gli occhi di Scully erano pesanti e ormai stava per riaddormentarsi. "Mamma..." sussurrò. "Voglio rivedere mia mamma..."

 

"Anche lei vuole rivederti." Mulder le massaggiò leggermente la schiena. "E anche io ho voglia di incontrarla." Fortunatamente, Maggie Scully aveva anche altri due figli. Aveva altre due ragioni di vita. Abbassò lo sguardo e pensò che ora la propria unica ragione di vita l'aveva tra le braccia.

 

"M... Mul... Muld... der..." La voce assonnata di Scully lo distolse dalla sua contemplazione. "Ho... f-fred... do..."

 

Fox raccolse la trapunta che c'era sopra il letto e vi avvolse la donna. "Grazie di essere viva, Scully." sussurrò.

 

Dana disse qualcosa nel sonno, che a Mulder parve un 'prego'. Le sorrise, quindi restò ad ascoltare il suo respiro ritmico.

 

 

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§4.13 (Monica)

 

Motel Black Luna, Canada

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 6:07 a.m.

 

Mulder sentì qualcosa muoversi contro di lui. Aprì gli occhi e vive una massa di capelli rossi sotto il suo volto.

 

--Dannazione.-- Si era addormentato. Non doveva essere passato molto tempo e il suo sonno non era stato pesante, perché un piccolo movimento di Scully, ancora addormentata accanto a lui, l'aveva svegliato.

 

Guardò l'orologio. Erano passati solo venti minuti.

 

Si alzò su un gomito e contemplò per qualche momento la collega, come per rassicurarsi che non era un sogno. Quindi andò in bagno.

 

Quando uscì, pochi minuti dopo, Scully era ancora addormentata.

 

Si inginocchiò accanto al letto e la baciò delicatamente sulla fronte.

 

Scully si mosse e aprì gli occhi.

 

"Dobbiamo andare, Scully. Te la senti di viaggiare un po'?"

 

Lei sussurrò un sì.

 

Mulder l'aiutò a mettersi a sedere. "Come va?"

 

"Mi gira la testa..."

 

"Stai tranquilla, ci sono qui io."

 

"Mhm... Devo cambiarmi..."

 

"Scully..." Effettivamente la felpa che aveva addosso era macchiata di vomito e sangue. Se qualcuno li avesse fermati avrebbe di certo indagato sulla provenienza del sangue, rallentando il loro viaggio. Mulder si chiese se Scully avesse qualche ferita che andava curata... tra le altre cose. "Scully, sei ferita?"

 

Lei scosse la testa. "Devo... in bagno..."

 

Fox l'aiutò ad alzarsi in piedi. Bene, un passo era fatto. Adesso però doveva riuscire anche a camminare. Scully restò aggrappata talmente forte a lui, che quando raggiunsero il lavabo, Mulder sentiva formicolii nelle braccia.

 

"Ci siamo. Ehm... Ti lascio qui?"

 

Scully annuì, aveva gli occhi socchiusi e i capelli le ricadevano sul volto.

 

"Se hai bisogno chiamami."

 

"OK..."

 

Mulder lasciò la porta accostata e uscì. Si guardò in giro per vedere se c'era qualcosa da prendere. Oltre alla pistola, c'erano la felpa e il soprabito, che avrebbe fatto indossare a Scully. Avrebbe preso una coperta, lasciando una buona mancia per ripagarla. Qualcosa di luccicante attirò la sua attenzione: sul comodino c'era una catenina d'argento, da cui pendeva una Madonnina. La osservò per qualche istante. Doveva essere di Scully.

 

Sentì un tonfo provenire dal bagno. Si infilò la catenina in tasca ed entrò di corsa. Dana era seduta per terra, appoggiata alla vasca. "Scully? Scully, stai bene?"

 

"Alfa beta gamma..."

 

"Scully, che c'è?..."

 

"...Delta epsilon zeta... tutti tutti tutti... li stanno facendo tutti..."

 

Mulder la sollevò da terra. Aveva il volto bagnato, probabilmente aveva tentato di lavarsi e poi era crollata.

 

"...Eta theta iota..."

 

Mulder prese la salvietta, che non si poteva dire pulita, e le asciugò delicatamente il volto. "OK, adesso andiamo di là, così poi partiamo, va bene?"

 

"...Kappa lambda... tutti... tutti tutti... mu ni xi... Xi-Files, Mulder... Xi-Files..."

 

La fece sedere sul letto, ma lei cadde indietro sul materasso. "...Omicron pi rho... altri ancora altri ancora... sigma tau... già, sì, normale..."

 

Fox si chiese se quel delirio all'alfabeto greco avesse un senso. Prese la felpa pulita e si sedette accanto a lei. "OK, Scully, adesso devi collaborare."

 

"No... non collaboro con voi... Upsilon... già sì, prima... Ma adesso no... non collaboro più... andate all'inferno..."

 

Mulder la tirò a sedere di peso e lei cercò di respingerlo. "Scully, apri gli occhi. Sono Mulder."

 

Lei lo guardò, quindi si lasciò andare. Mulder, tenendola contro di sé, riuscì a sfilarle la felpa e a metterle quella pulita. I pantaloni della tuta, dello stesso tipo della felpa, non erano molto conciati e comunque Mulder non aveva un cambio adeguato. Aveva visto, poco prima, un paio di scarpe da ginnastica senza lacci, chiuse da velcro. Si alzò per prenderle e Scully ricadde indietro sul letto.

 

"Fi... oh... Fi... Mulder... Fi... Emily... dov'è, Emily?"

 

Mulder si inginocchiò davanti a lei, infilandole le scarpe. "Scully, stai calma, ti prego." Le infilò il cappotto e la avvolse nella coperta, quindi lasciò una banconota da venti dollari sotto il posacenere che c'era sul comodino, pensando che sarebbe bastata a ripagare sia la coperta, sia il cestino della spazzatura, quindi prese Scully in braccio e uscì.

 

"...Chi psi... oh, fatto fatto..." Dana sembrò calmarsi.

 

Era ancora buio, Mulder di questo era grato. Poteva far tutto senza mettersi troppo in mostra. Mise Scully sul sedile passeggero, le allacciò la cintura, quindi e salì in auto. Appena mise in moto Scully si girò verso di lui e disse: "Io sono l'Omega."

 

Mulder la guardò. Dana girò la testa e restò in silenzio. Aveva gli occhi chiusi, il capo pendeva a destra, la bocca era socchiusa. Stava per addormentarsi.

 

"Ti riporto a casa, Scully." sussurrò. Quindi partì.

 

 

*******

 

§4.14 (Steffy)

 

Canada,

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 9:15 a.m.

 

La strada era un nastro grigio d'asfalto che si srotolava in curve strettissime di montagna. Mulder guidava ad una velocità al limite del Grand Prix. Non gli importava trasgredire a tutte le leggi del codice stradale canadese. Accanto a lui c'era Scully e l'unica regola da seguire era scritta nella sua mente e nel suo cuore: salvarla. Nient'altro contava. Aveva preferito abbassare lo schienale del sedile passeggero e tenerla accanto a sé piuttosto che metterla sdraiata in quello di dietro. In questo modo, avrebbe potuto controllare che dormisse. Assicurarsi, sfiorandole appena il polso, che fosse ancora viva...

 

D'un tratto, iniziò a piovere.

 

Dapprima gocce sottili e leggere si posarono sul parabrezza. Poi, gocce sempre più grandi e più rumorose si scagliavano sul tettuccio dell'auto. Fox fu costretto a rallentare la sua andatura: "Non preoccuparti, arriveremo in tempo comunque. Te lo prometto." Parlò a Scully senza guardarla. Preferì stare attento alla guida per evitare di uscire fuori strada. Semplicemente, le cercò la mano per rassicurarla.

 

Dana, che fino a un attimo prima dormiva sogni agitati, rispose alla stretta di Mulder. Lui girò lo sguardo solo un attimo per accorgersi che lei aveva gli occhi semiaperti e lo guardava. Sorrideva.

 

"Andrà tutto bene, Dana. Se non ce la fai tu, non ce la faccio neanch'io."

 

"Ma... se continui a correre come un pazzo... io... credo che nessuno dei due possa lontanamente sperarlo..."

 

Mulder non si aspettava che lei gli rispondesse. Da quando l'aveva ritrovata, gli aveva parlato solo una volta. Troppo spesso, aveva perso conoscenza o si era addormentata o gli sorrideva e basta, senza parlare. Ora, invece, gli aveva risposto.

 

"Scully!" La mano della donna stringeva con forza quella di lui. "Come ti senti?"

 

"Mulder, quando arriviamo a Washington?"

 

"Presto. Riposati. Ci penso io."

 

"Billy Miles sarà già arrivato a destinazione. Cosa gli chiederai?" Mulder corrugò la fronte. Pensò --Billy Miles? Che c'entra Billy Miles?! Sta delirando. Oh, Scully...--

 

"Dormi, ci penseremo più tardi."

 

"Svegliami, però."

 

"Certo." rispose Mulder. Dana, si addormentò.

 

 

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§4.15 (Monica)

 

Canada

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 10:13 a.m.

 

Era passata circa un'ora da quando Scully gli aveva parlato per l'ultima volta. Ora sembrava dormire tranquillamente.

 

Troppo tranquillamente.

 

Mulder allungò la mano, tremando. Le toccò la gola per sentire il battito, ma lei si mosse, mettendo fine ai suoi dubbi.

 

"Gesù, Scully, mi hai fatto prendere un collasso." disse.

 

"Nicole?" sussurrò Scully.

 

Mulder si girò per un attimo verso di lei. "Scusa. Non volevo svegliarti."

 

"Nicole... dov'è?"

 

"Chi?" le chiese.

 

"Nicole è... è... dov'è?"

 

"Non lo so, Scully... l'hai conosciuta in questo mese?"

 

"Mese? Cosa... Mulder... Io... dove..."

 

Fox le prese una mano, continuando a guidare. "Stai calma, Scully. E' tutto finito. Ti sto riportando a casa." In realtà la stava portando in ospedale, ma in quel momento gli pareva più appropriata la parola 'casa'.

 

Dana socchiuse gli occhi. "Nicole... Dov'è?" Andò a cercare la sua crocetta attorno al collo. A quel punto ricordò qualcosa: "Me l'hanno rubata." disse.

 

"Cosa?" fece Mulder.

 

"Là... mi... Là mi hanno..." chiuse gli occhi.

 

"Scully? Scully... che succede? Là dove?"

 

"Là... hanno preso la mia croce."

 

Mulder sorrise. "No. Ce l'ho io."

 

Scully lo guardò. "Davvero?"

 

Mulder annuì e tirò fuori dal colletto della T-shirt la catenina. "Aspetta, te la rendo."

 

Dana alzò la mano leggermente. "No... tienila finché non saremo a casa... OK?"

 

Mulder annuì. "D'accordo." Frugò nella tasca e ne tirò fuori la catenina che aveva trovato sul comodino. "Scully, questa è tua?"

 

"Nicole." sussurrò.

 

"E' di Nicole?"

 

Scully la prese tra le dita. "Nicole... mi..." Scully scosse la testa. "Non ricordo dove... Me... la... al collo..."

 

"Vuoi che te la metta?"

 

"No..." Scully inclinò la testa a destra, tenendo nella mano la catenina. "C'è bisogno... di..."

 

"Cosa, Scully?"

 

Dana scosse leggermente la testa.

 

Fox spostò brevemente lo sguardo su di lei, per riportarlo subito sulla strada. Quindi si decise a chiederle: "Chi è Nicole?"

 

"E' mia amica... Mi aiuta... quando sto male... Mi porta i panini alla marmellata... Non farle male... Non a lei..." Le parole di Scully divennero confuse, quindi svanirono in un lento respiro ritmico.

 

"Abbiamo tempo." sussurrò Fox. Lanciò un'occhiata alla Madonnina che Scully stringeva in mano. "Chiunque tu sia, Nicole, grazie."

 

 

*******

 

§4.16 (Monica)

 

Canada

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 2:13 p.m.

 

"No..."

 

Mulder si girò verso di Scully. "Che c'è?" le chiese dolcemente.

 

"No... ti prego, no..."

 

"Dana, stai tranquilla. E' un sogno."

 

"Oh... noooo... fa male..."

 

"Scully, stai tranquilla, siamo quasi arrivati."

 

"Ohh... no... Aiuto... Mulder..."

 

Fox allungò una mano per sfiorarle il volto. Scottava. Mulder soppresse un'imprecazione. Si guardò intorno alla ricerca di un ospedale, un qualsiasi studio medico, un veterinario... un posto dove fermarsi per farla star meglio. C'era un bar poco più avanti. "Scully, ci fermiamo un attimo, solo due minuti per prendere un po' d'acqua e chiedere informazioni. D'accordo?"

 

La donna non rispose. Mulder parcheggiò davanti al bar deserto e scese dalla macchina, assicurandosi di chiuderla e di avere con sé la pistola. Entrò di corsa nel locale, tenendo d'occhio l'automobile. "Dov'è l'ospedale più vicino?"

 

La ragazza, dietro al bancone, alzò le spalle. "Credo negli Stati Uniti, a questo punto. Altrimenti deve farsi un paio ore verso Montreal."

 

"No, è troppo lontano. Mi dà una bottiglia di acqua?" Fece per prendere il portafoglio e il gesto scoprì la pistola.

 

La ragazza fece un balzo indietro, spaventata. "Gliela prendo subito." disse lei, correndo verso il frigorifero. Tirò fuori una bottiglia e gliela porse assieme ad un paio di bicchieri di carta.

 

Mulder le diede una banconota da dieci dollari. "Non ho tempo per mostrarle il distintivo, ma sono un agente dell'FBI." disse, raccogliendo l'acqua e una manciata di tovagliolini.

 

La ragazza raccolse la banconota e disse: "Il resto..."

 

Fox uscì di corsa urlandole: "Mancia!"

 

La ragazza tirò un sospiro di sollievo.

 

Mulder aprì la macchina e bagnò un tovagliolo con l'acqua fresca. Lo appoggiò sulla fronte di Scully, che stava ancora delirando. "Siamo quasi arrivati."

 

"No... mi fai male..."

 

Fox le tamponò delicatamente il volto. "Chi era, Scully?"

 

Dana aveva il respiro affannato, scottava e stava avendo un altro incubo.

 

"Chi era che ti faceva male, Scully?" Le accarezzò il volto e questo sembrò calmarla. "Dimmi chi ti faceva male, Scully, che voglio farlo a pezzi."

 

Dana sbatté le palpebre per qualche istante, poi aprì gli occhi. "Ogni volta che mi sveglio... temo che tu non sia qui." sussurrò. La sua voce era più ferma, ora.

 

"Come ti senti?"

 

"Non so... ma... solo... dolore... alla testa, alle braccia." Le tese davanti a sé. Era piena di lividi da iniezioni, sia nell'incavo dei gomiti, in corrispondenza delle vene, sia all'altezza della spalla.

 

Mulder le prese il braccio destro e passò il palmo della mano delicatamente. Quindi le lasciò andare il braccio, prendendole la mano. "Sono ore che non bevi niente." disse, prendendo la bottiglia. Versò un po' d'acqua nel bicchiere e glielo porse. "Forza, bevi un po'."

 

Le mise una mano dietro alla testa, per aiutarla a bere, e solo in quel momento si ricordò del microchip.

 

"Scully?"

 

Dana si distese, cercando di tirarsi il soprabito di Mulder fin sotto al naso.

 

"Ti hanno fatto qualcosa... a..." Mulder rimase in silenzio.

 

Gli occhi le si stavano chiudendo ancora.

 

"Non combattere il sonno, Scully." le disse Mulder. Dormire non le avrebbe comunque fatto male.

 

"Sarai ancora qui... quando mi... risveglierò?"

 

"Ma certo. Dove altro dovrei essere?"

 

"Fa male..."

 

"Cosa?"

 

"Le braccia... le gambe... la schiena... la testa..."

 

Mulder annuì e le bagnò ancora il volto. "Scully?" Lei non rispose, si era riaddormentata. Delicatamente le sollevò il capo. La cicatrice che c'era in corrispondenza del microchip non sembrava recente e una minuscola macchiolina nera si intravedeva ancora sotto la pelle. Mulder tirò un sospiro di sollievo. Le rimboccò la coperta, quindi partì.

 

 

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§4.17 (Steffy)

 

Canada

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 12.00 p.m

 

Il cielo si era rasserenato di nuovo. Erano in viaggio da quasi sei ore, quando Scully iniziò a lamentarsi: "Mulder..."

 

"Scully, che c'è?" chiese l'uomo preoccupato.

 

"Ho la nausea."

 

Fox fermò la macchina, scese e si avviò al lato passeggero per aprire la portiera di lei. Si inginocchiò sull'asfalto per aiutare Scully a sedersi prona. "Devi vomitare?" Le chiese con tono apprensivo.

 

Lei negò con un gesto della testa. "Voglio scendere."

 

"Scully non puoi, stai male. Fa anche freddo fuori."

 

"Uhm... voglio scendere, ti prego Mulder..."

 

Lui la guardò corrugando la fronte.

 

"Voglio... vedere... fuori."

 

Fox si chiese il motivo di quella richiesta, dopodiché rispose: "Chissà dove ti hanno tenuta chiusa... Va bene, ma solo per poco."

 

"Solo un po'..."

 

Mulder aiutò Scully a scendere dalla macchina. Lei si tenne a lui come se fosse il suo solo punto di forza. Alzò gli occhi al cielo e prese un respiro profondo: "Mulder..."

 

"Dimmi." disse lui reggendola per la vita pensando che stesse per cedere.

 

"Come... come siamo arrivati fin qui...?"

 

"Non te lo ricordi?" le chiese lui. Dana si voltò a guardarlo e, quando lo fissò negli occhi, Mulder provò una fitta al cuore. Gli occhi di Scully, il suo sguardo... Scully, in quel momento, era presente. Non sapeva dire il motivo per cui lui pensò questo.

 

"Scully, siamo in Canada, questo te lo ricordi?"

 

"Sì... me l'ha detto... io... me l'ha detto qualcuno."

 

"Krycek? Te l'avrà detto lui."

 

"No... era una donna... forse. Oh, Mulder. Sono così confusa."

 

"Lo so. Dana, torniamo in macchina, dobbiamo arrivare a Washington al più presto."

 

"Pensavo... tu eri in prigione..." Scully distolse lo sguardo da Mulder, abbassandolo. Portò la mano sinistra a coprire l'orecchio, come se sentisse dolore. "C'era... il fumatore era lì..."

 

"Scully, quell'uomo è morto. Devi averlo sognato..."

 

"E..." lo interruppe "...c'era mia sorella..." Portò l'altra mano sulla tempia destra. Mulder, che nel frattempo aveva spostato la mano dai fianchi di lei alle spalle per cingerle, non poté reggerla e Dana cadde in ginocchio sul terreno soffice a lato dell'autostrada "Mhm... è così confuso... c'era il mare e tu e Alex e... " Dana si coprì gli occhi con entrambe le mani e iniziò a piangere "Che succede, Mulder? Mi manca una parte della mia vita. No.. non riesco a mettere insieme i pezzi, non riesco... mi manca... mi manca l'aria..." Tornò a guardare Mulder.

 

"Scully! Che c'è?!"

 

"Io..." Dana ricadde in avanti, svenuta, tra le braccia di Mulder.

 

"Scully! Scullyyyy!!!" La adagiò dolcemente per terra e iniziò a farle il massaggio cardiaco, la respirazione artificiale. "Forza, Scully. Non puoi abbandonarmi. Forza." Dopo il terzo massaggio al cuore, Scully aprì gli occhi.

 

"Nicole... voglio dormire, adesso. La catenina... la cerchi tu, Nicole?"

 

"Scully... Scully..." Mulder aveva l'affanno. Credeva d'averla persa, stavolta. Prese un profondo respiro appena lei ebbe riaperto gli occhi. L'aveva presa in braccio e adagiata sul sedile in macchina. Era salito anche lui e aveva messo in moto per riprendere il viaggio.

 

--Perché, Scully? Perché hai questi ricordi che non sono, non possono essere ricordi?-- Pensò al breve momento di lucidità che lei gli aveva donato. Al vero e profondo sguardo di Dana. 'Quando mi parlavi eri davvero lì con me... te ne sei andata di nuovo. Farò di tutto perché ritorni. Di tutto'. Nel pensare questo, lo sguardo gli cadde sullo specchietto retrovisore; un'auto della polizia lo seguiva a debita distanza. --Meglio andare cauti.-- pensò.

 

 

*******

 

§4.18 (Monica)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Pronto Soccorso

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 7:08 p.m.

 

Mulder rallentò. "Dio grazie." Appena superato il confine, aveva visto da lontano un grande edificio bianco che doveva essere un ospedale. I cartelli ne indicavano chiaramente la direzione. Infilò la macchina nel primo parcheggio che trovò vicino all'entrata dell'ospedale. Slacciò la propria cintura di sicurezza, quindi quella di Dana.

 

"Scully. Svegliati, siamo arrivati." Dana non rispose. "Scully?" La scosse leggermente per una spalla.

 

Nessuna risposta.

 

"Scully..." Mulder si avvicinò a lei, accarezzandole il volto. La donna non si mosse. "Dana?... Dana!!!"

 

Fox scese di corsa dalla macchina e corse ad aprire lo sportello dalla parte di lei. "Scully, ti prego svegliati... Scully!" Le mise una mano sulla gola. Non sentiva il battito. "No, Scully... non adesso, no!" Le prese il polso destro. "Non è possibile, Dana... dopo tutto quello che abbiamo passato... non adesso!"

 

La Madonnina scivolò nella mano di Mulder. La strinse.

 

"No... lasciamela..." sussurrò Scully.

 

"Oh mio Dio!" esclamò Mulder. La prese in braccio e chiuse la portiera con un piede. Mentre camminava speditamente verso l'ingresso del pronto soccorso, si stava maledicendo: --Complimenti! Lavori da cinque anni con un medico e non sai nemmeno sentire un battito cardiaco...--

 

Appena sorpassò le porte, urlò: "Ho bisogno d'aiuto! Un'agente federale sta male!"

 

Una dottoressa corse verso di lui, indicandogli una barella. "Cos'è successo?"

 

"Non lo so. L'ho ritrovata in queste condizioni." Mulder adagiò Scully sul lettino, prendendole la mano.

 

Due infermieri arrivarono per trasportarla in una stanzetta.

 

"Ha ingerito qualcosa di tossico?"

 

"Non nelle ultime dodici ore." replicò Mulder, seguendoli. "Ha vomitato spesso, bile e saliva."

 

"Ha ferite?"

 

"Non credo. Ha delle cicatrici sulle braccia, sembrano recenti."

 

Mulder fece per infilarsi nella stanza.

 

"Mi dispiace, deve rimanere fuori." disse un infermiere.

 

"No." replicò. "Io non la lascio sola."

 

La dottoressa alzò lo sguardo per un breve istante. "Fatelo passare."

 

"Non darò fastidio." disse Fox. "Si chiama Dana Scully, è un'agente dell'FBI. Io sono il suo collega."

 

Uno degli infermieri scrisse le informazioni.

 

"Si può capire cosa le hanno fatto? E' stata via un mese..."

 

La dottoressa lasciò andare il polso di Scully. "I battiti e il respiro sono regolari. Devo farle un esame del sangue. Se ha vomitato nelle ultime ore non è necessaria una lavanda gastrica, ma vedrò di scoprire al più presto se ci sono veleni nel suo organismo e prendere provvedimenti adeguati." Prese una siringa e una fiala e disinfettò il braccio di Dana.

 

In quel momento, Scully si risvegliò. Vide la donna dai capelli scuri sopra di sé e si mise ad urlare: "Lynn, non farlo! Noooo! Ti prego!"

 

La dottoressa appoggiò la siringa al tavolino e prese delicatamente la mano di Dana.

 

Mulder corse accanto a lei, posandole una mano sul volto. "E' solo un esame del sangue, Scully."

 

"No! Non voglio... dov'è Nicole?"

 

"Scully, sono io, sono..."

 

Dana spalancò gli occhi, guardando oltre la spalla di lui: "Mulder... No... Non lasciarglielo fare! Mulder!"

 

Era terrorizzata, Fox si girò per capirne la causa. Uno degli infermieri aveva in mano una siringa e una fiala di tranquillante.

 

"Vogliamo solo calmarla." disse.

 

L'agente si rivolse alla dottoressa che aveva davanti. Lesse il nome sul cartellino. "Dottoressa Luzzi. Non è necessario."

 

La donna annuì. "D'accordo. Ma ho bisogno di farle un esame del sangue."

 

Mulder sapeva che era giusto, ora di trattava di convincere Dana. "Scully..."

 

"Avevi detto che... mi avresti portato... a casa..." sussurrò.

 

Fox sospirò. "Mi dispiace. Ma se adesso ti lasci fare..."

 

"Dov'è Nicole?" lo interruppe. Si girò dall'altra parte, scorgendo la sua mano in quella di Luzzi. "Ah... Nicole... sei qui."

 

La dottoressa sorrise. "Sì. Sono qui. Mi lasci fare un prelievo di sangue? Solo poco."

 

Scully annuì, ora faceva fatica a tenere gli occhi aperti. Emise un leggero lamento quando l'ago le entrò in vena, ma poi sembrò cadere di nuovo in un sonno pesante.

 

La dottoressa sfilò la fiala dalla siringa e la diede all'infermiere che prima stava scrivendo, dicendogli di portarla in laboratorio e farla analizzare con la massima urgenza. Mulder la stava guardando, leggermente stupito.

 

"Ho studiato un po' di psicologia." gli rispose Luzzi, mentre guardava i segni delle iniezioni sulle braccia di Scully.

 

Mulder annuì. --Io sono psicologo...-- pensò.

 

"Questi sembrano segni recenti di intramuscolari, fatti da una mano poco esperta. Quello che mi preoccupa, però sono queste cicatrici. Sembra che abbia subito diverse iniezioni o flebo." disse la dottoressa.

 

"Ha idea di cosa le possano aver iniettato?"

 

"Lo scopriremo con gli esami. Vado a chiamare un paio di infermiere per far sistemare Dana. Le posso assicurare che non le faranno niente, senza il mio permesso."

 

"Grazie." disse lui.

 

"In che rapporti è con l'agente Scully?"

 

"Siamo colleghi stretti." Quindi aggiunse: "E amici. Non voglio andarmene di qui."

 

La dottoressa annuì.

 

Mulder fece per prendere il cellulare, ma, accorgendosi di averlo lasciato in macchina, si rivolse a Luzzi: "Avrei bisogno di chiamare la madre di Scully."

 

"Ci penso io." Prese l'agendina che Mulder gli stava porgendo e uscì dalla stanza. Si diresse verso il bancone. "Devo chiamare la madre dell'agente che hanno appena portato qui." disse all'infermiera.

 

"A proposito, c'è un problema. Sembra che non abbia l'assicurazione."

 

La dottoressa scosse la testa. "E' strano. Gli agenti federali sono assicurati direttamente tramite l'FBI."

 

"Provo a cercare sotto il cognome..." Digitò alcune indicazioni e poco dopo sullo schermo apparve la causa del disguido. "Scully, Dana. Deceduta il 9.5.1998". La donna alzò lo sguardo. "Deceduta?"

 

La dottoressa guardò verso la camera dove aveva appena lasciato i due agenti. "Fammi fare una telefonata." Compose il numero di Margaret Scully. "Signora Scully?... Mi dispiace disturbarla a quest'ora della notte. Sono la dottoressa Angela Luzzi, dell'Ospedale Madre Teresa di Whitestar, dello stato di New York... Conosce un uomo di nome Mulder?... Sì?... No, signora Scully, non gli è successo niente... No, non si preoccupi... Riguarda sua figlia... Sì, Dana..." Stette ad ascoltare per qualche istante. "Ho capito, signora, grazie." Appese il telefono. "La signora Scully arriverà tra poco, ha detto che sua figlia è morta. Ho preferito non darle vane speranze, ma se questa donna è davvero Dana Scully, chi meglio di lei può dirlo?"

 

"Dottoressa... ho appena trovato una cosa..." La ragazza indicò sul video il nome "Fox Mulder".

 

"'Ricercato per espatrio non consentito'. Ma è un cittadino americano, che espatrio ha fatto?" sussurrò Angela.

 

"Ne avevo sentito parlare tempo fa. Era stato accusato di aver ucciso la sua collega, per un delitto passionale. Poi è stato rilasciato."

 

Luzzi osservò lo schermo, poi dopo alcuni istanti di indecisione, disse: "Chiama l'FBI." Indicò il numero segnalato. "Alla Sicurezza ci penso io."

 

 

*******

 

§4.19 (Monica)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Stanza 212

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 8:09 p.m.

 

La dottoressa Luzzi entrò nella camera portando con sé la cartelletta degli esami. Mulder si girò, lanciandole uno sguardo più che eloquente.

 

"Non si è più risvegliata?" chiese lei.

 

Fox scosse la testa. "I risultati?"

 

"Strani." disse la donna. "Pare ci siano residui di DNA mutato, nel suo sangue. Stava operando come un veleno, ma sembra che una sostanza, non identificata, stia agendo da catalizzatore."

 

"Oh Dio..." sussurrò Mulder. "Di nuovo."

 

"Che intende dire?"

 

"Circa tre anni fa, Scully sparì per tre mesi."

 

"Ho letto l'anamnesi dell'agente Scully." disse la donna. "Compresa la notizia che, un mese fa, Dana Scully sarebbe morta per un colpo di arma da fuoco."

 

Fox si girò verso la collega, sorridendo leggermente: "Come vede è viva."

 

"Signor Mulder, ci sono due agenti della sicurezza, fuori dalla stanza."

 

"Non ne vedo..."

 

"C'è un mandato di fermo a suo carico."

 

"L'espatrio." realizzò Mulder. "Ah... senta, dottoressa, non ho intenzione di lasciare questa stanza, né di fare sciocchezze. Se chiama il mio superiore..."

 

"L'ho già fatto. Chi è questa donna?"

 

"E' Dana Scully." disse lui, con un tono stupito.

 

Angela sospirò. "Dana Scully è morta è il 9 maggio scorso."

 

"Così si pensava."

 

La donna annuì. "D'accordo. Lasciamola così."

 

"Come sta?"

 

Luzzi sorrise leggermente: "Starà meglio. Non ha ferite, né infezioni. Qualunque cosa le sia stata fatta, se ne sta andando."

 

Mulder tirò un sospiro di sollievo.

 

"Quello che ora mi preoccupa è lo stato di disidratazione e denutrizione."

 

"E' dimagrita." disse Mulder.

 

"La conosce bene, vero?"

 

Lui annuì.

 

"Ho intenzione di somministrarle alcune flebo, si tratta di soluzioni saline per reintegrare le sostanze perse. Dana... o chiunque questa donna sia, pare avere delle reazioni negative agli aghi." Mentre parlava, stava preparando una flebo e disinfettando il dorso della mano sinistra di Scully.

 

Mulder annuì.

 

"Potrebbe esserci bisogno di tranquillanti, per evitare gravi conseguenze a livello cardiaco e cerebrale." Fox aprì bocca per dire qualcosa ma Luzzi lo prevenne: "La lascio stare qui dentro solo perché mi sembra avere un effetto calmante su di lei. Mi va bene." Infilò l'ago delicatamente, Scully non si mosse. "Ci sono alcune condizioni. Non la agiti, quando si sveglia mi chiami, non faccia idiozie."

 

Fox annuì di nuovo. "Grazie." disse.

 

La dottoressa sorrise. "E' un piacere." Fece per andarsene, ma la mano di Scully si strinse leggermente attorno alla sua. "Nicole..." sussurrò Dana. Poi la presa diminuì fino a scomparire.

 

"Sa, avevo una allieva, una volta, che si chiamava Nicole. Era un'appassionata di Genetica, mi aveva chiesto se potevo farle da tutor per la tesi." La dottoressa raccolse la catenina che era scivolata fuori dalla presa di Scully. "Ricordo che... aveva una catenina come questa." Sospirò. "Scomparve e non sono mai riuscita a dirle che per me sarebbe stato un piacere aiutarla. Chissà dov'è finita." Diede la catenina a Mulder, quindi uscì.

 

Fox osservò la raffigurazione per qualche istante, poi la girò. Sul retro c'era un'incisione, una frase scritta a piccoli caratteri: "Chi salva una vita, ha salvato il mondo intero. -Talmud-"

 

 

*******

 

§4.20 (Monica)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Stanza 212

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 10:13 p.m.

 

Il continuo andare avanti e indietro delle guardie fuori dalla stanza l'avrebbero infastidito e innervosito, se non fosse stato accanto a Scully. In quei momenti, non importava più nulla, tutto il resto del mondo scompariva e rimaneva solo lei.

 

Ad un tratto sentì la voce di una delle guardie. "Mi spiace, signora, non può entrare. La dottoressa Luzzi deve dare il permesso."

 

Mulder si alzò e arrivò sulla porta. "Signora Scully." sorrise.

 

"Oh, Fox, come stai? Stai bene?"

 

"Sì, io... non le hanno detto niente?"

 

Margaret scosse la testa. Probabilmente avevano voluto evitare che avesse un infarto a casa sua. Meglio averlo in ospedale.

 

Luzzi arrivò in quel momento. "Signora Scully?" chiese.

 

"Sì, sono io. Lei è la dottoressa che mi ha chiamato?" chiese.

 

La donna annuì. "Sì, abbiamo bisogno di lei. Venga." Fece strada nella stanza, mentre Mulder rimase sulla soglia.

 

"Oh mio Dio!" esclamò Margaret.

 

Fox sorrise. Alla fine, l'aveva riportata indietro.

 

"E' sua figlia Dana, signora Scully?"

 

"Certo che è lei! Ma com'è possibile... io..."

 

"Me lo sto chiedendo anch'io, signora Scully."

 

Mulder si sedette su una delle sedie che si trovavano appena fuori dalla stanza. Sentiva le voci allegre delle due donne parlare delle condizioni di Dana e di miracoli di Dio. Da parte sua, Fox si stava chiedendo chi fosse la donna che aveva identificato come Scully quella maledetta mattina di un mese prima.

 

 

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§4.21 (Monica)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Stanza 212

 

Giovedì, 12 giugno 1998, 11:21 p.m.

 

I due agenti di sicurezza stavano ancora passeggiando avanti e indietro davanti a lui. Mulder aveva lasciato Margaret da sola con la figlia, la dottoressa Luzzi era entrata e uscita dalla stanza alcune volte per controllare le condizioni di Dana.

 

In realtà Mulder non vedeva l'ora di poter rientrare, parlare con Scully e finalmente poterle chiedere scusa. --Scusa per non aver creduto a quel ragazzino che Krycek mi ha mandato in prigione. Se gli avessi creduto, probabilmente tu saresti tornata da molto più tempo...--

 

Stava ancora pensando quando si sentì chiamare dal fondo del corridoio. Alzò lo sguardo e vide Skinner, con due uomini al seguito. Nonostante sentisse l'avvicinarsi del ciclone, Mulder non riusciva a togliersi dalla faccia un sorriso soddisfatto.

 

"Agente Mulder, si può sapere perché è andato in Canada?! Era ancora sotto inchiesta..."

 

Mulder lo interruppe: "Può mandare a casa Tom e Jerry e anche Stanlio e Ollio." Fece un cenno verso le due guardie dell'ospedale. "Non credo che ci sia più motivo di considerarmi un pazzo omicida." Con uno sguardo, indicò la porta della camera 212.

 

Skinner sorpassò Mulder e guardò all'interno. "Ma..."

 

"L'agente Scully."

 

Skinner guardò Mulder con aria interrogativa.

 

"L'ho ritrovata in un motel, ammanettata al letto, in stato avanzato di denutrizione e disidratazione."

 

"Come..."

 

"E' stato Krycek a darmi le indicazioni. L'aveva rapita lui."

 

"Ma noi l'abbiamo vista... era..."

 

"Lo so." Mulder sorrise. "Ma è viva."

 

Scully aprì gli occhi in quel momento. "Mamma..." sussurrò, sorridendo.

 

Il vicedirettore si rivolse di nuovo a Mulder: "Come sta?"

 

"Quando l'ho ritrovata stava dormendo. Aveva incubi e tutte le volte che s'è svegliata era in stato confusionale. Mi ha addirittura chiesto qualcosa sul nostro primo caso." Mulder sorrise. "Non è stata molto bene, ma la dottoressa Luzzi dice che presto starà meglio."

 

Non aveva nemmeno finito la frase che un urlo di Scully lo fece balzare in piedi e correre nella stanza. Subito le prese i polsi, allontanandole le mani. "Scully, no. Stai calma."

 

"Toglimela!" gridò lei. "Ti prego, Mulder! Toglimela!"

 

"E' solo una flebo! Non ti stanno dando niente di pericoloso!"

 

"No, Mulder... loro... io... no!"

 

La dottoressa entrò in quel momento. "Dana, calmati." le disse, prendendole la mano sinistra, per controllare che l'ago della flebo non fosse uscito.

 

"Mi stanno... io... non voglio..."

 

"E' solo una flebo per ridarti un po' di forze." le accarezzò la mano. "Stai tranquilla, fiorellino, qui sei al sicuro."

 

A quelle parole, Dana si tranquillizzò. Chiuse gli occhi e sussurrò: "Vorrei solo andare a casa..."

 

"La flebo ti permetterà di tornare a casa molto più presto." disse Luzzi. "Ora stai calma. Dormi." Appena Dana sembrò essersi riaddormentata, la dottoressa alzò lo sguardo: "Che è successo?"

 

Fu Margaret a rispondere: "Si è accorta di avere la flebo ed era terrorizzata."

 

Lei annuì. "Le prescriverò un leggero tranquillante che le permetterà di riposare." Poi si rivolse a Mulder. "Posso parlarle un minuto?"

 

Fox annuì e fece per seguire Angela, ma si accorse che Dana gli stava ancora stringendo la mano. Si fermò.

 

"Be', dopo." La dottoressa sorrise e uscì dalla stanza, trovando Skinner sulla soglia. "Credo di avervi chiamato per niente." disse. "Posso far ritirare la sorveglianza?"

 

Skinner annuì. "Lascerò io di guardia due uomini, l'agente Scully è stata già minacciata... anche qualcosa di più."

 

 

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§4.22 (Monica)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Stanza 212

 

Venerdì, 13 giugno 1998, 4:04 p.m.

 

Era arrivata la mattina. Margaret Scully si era addormentata, sorridente, sul divanetto. Mulder non era riuscito a dormire, né aveva voluto. Si sentiva più in forze ogni minuto che passava a contemplare Scully.

 

Luzzi guardò all'interno della stanza e sussurrò: "Agente Mulder?"

 

Lui si alzò in piedi e uscì dalla stanza.

 

"Ho appena finito il mio turno. Volevo parlarle. Immagino che rimarrà qui."

 

Mulder annuì.

 

"Ho lasciato disposizioni perché venga solo cambiata la flebo. Mi spiace per averla fatta sorvegliare, ma sa, è la procedura."

 

"Ha fatto benissimo." disse Mulder. "Se fossi stato davvero un pazzo omicida, avrebbe avuto più che ragione."

 

La dottoressa sorrise. "Posso chiederle un piacere?"

 

"Certo, dica."

 

"Può controllare se da qualche parte, in qualche archivio o non so... insomma, riesce a trovare una ragazza di nome Nicole Lea Carter? Glielo chiedo perché aveva una catenina identica a quella della sua collega." Estrasse una foto dalla tasca. "Era più che una allieva per me. Eravamo molto amiche e anche lei mi ha insegnato molto. Era bravissima nel rapporto umano coi pazienti."

 

Mulder annuì. "D'accordo. Le farò sapere qualcosa."

 

La dottoressa Luzzi sorrise. "Grazie." Quindi si avviò verso l'uscita. "Ci vediamo domani."

 

Mulder guardò la foto che aveva in mano. La ragazza in questione non si vedeva molto bene, perché era un foto di gruppo di una festa di Natale al Pronto Soccorso. Ma forse qualcosa si sarebbe potuto fare. In fondo era solo una su circa due miliardi di donne.

 

 

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§4.23 (Monica)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Stanza 212

 

Venerdì, 13 giugno 1998, 8:27 p.m.

 

La giornata era trascorsa in modo tranquillo, senza novità. Scully aveva dormito tutto il giorno e aveva aperto gli occhi solo un paio volte. Mulder sapeva che doveva essere l'effetto del tranquillante, ma avrebbe voluto poter parlare con lei. Sua madre era andata in albergo, rassicurata da Mulder che sarebbe rimasto per tutta la notte.

 

Si ritrovava di nuovo da solo con lei. Le luci che provenivano dal corridoio disegnavano il suo profilo in una luce azzurrognola, privandolo dei colori.

 

C'era silenzio alle due di notte. Mulder poteva sentire il leggero respiro ritmico di Scully. Non aveva sonno e voleva stare sveglio per attendere il momento in cui Scully si sarebbe risvegliata e avrebbe voluto parlargli.

 

Chissà dov'era stata per tutto quel tempo. Mulder aveva pensato che Krycek l'avesse tenuta relegata al Black Luna's motel per tutto quel mese, ma gli sembrava strano. Scully aveva spesso chiamato due nomi, Nicole e Lynn. A Nicole sembravano legati ricordi piacevoli e quella Madonnina che ora lei aveva al collo. Lynn pareva invece qualcuno che le aveva fatto male.

 

Mulder cambiò posizione sulla sedia. --Forse quel bastardo di Krycek ti ha tenuta relegata per un mese e faceva venire qualche donna ad accudirti.-- pensò. --Eppure...-- Il DNA mutato. I segni di iniezioni sulle braccia. I deliri. C'era qualcosa di più. Dana era stata di nuovo in quel posto bianco e pieno di luce.

 

Scully emise un lamento e aprì gli occhi. "Alex..." sussurrò. "Aiuto..."

 

Mulder sospirò. "Scully..."

 

"Slegami... ti prego... Krycek..."

 

"Dana, sono io. Sono Mulder."

 

"Aiutami... Mulder..."

 

Fox si avvicinò a lei. "Che succede, Scully? Cosa ti senti?"

 

"Slegami..."

 

"Sei slegata, Scully." Le accarezzò il volto. "Sei al sicuro adesso."

 

"M-Mul... Mulder... mi dispiace..."

 

"Ma di cosa, Scully? Stai tranquilla..."

 

"Stavi affogando... non ho... fatto niente..."

 

Mulder scosse la testa. "No, tu mi hai salvato, Scully. Mi hai salvato milioni di volte."

 

Scully chiuse gli occhi: "Dov'è Nicole?"

 

"Non lo so... mi dispiace."

 

"E' morta?"

 

"No, non credo." Sì, stava mentendo, non aveva la minima idea su come stesse Nicole, né su chi fosse, ma tanto valeva tranquillizzarla.

 

"Mi... aiuti a girarmi?... Ho... mal di schiena..."

 

"Certamente." Mulder l'aiutò a mettersi sul fianco, facendo passare il tubicino della flebo in modo che non le desse fastidio. Si sedette alle sue spalle e le massaggiò per qualche istante la schiena attraverso le coperte.

 

"Mulder?"

 

"Dimmi."

 

"Hai chiuso... la porta... del frigorifero?"

 

"Frigorifero?"

 

"Mi canti... qualcosa?"

 

"Io?" protestò lui. Scully non rispose e Mulder pensò che gli era andata bene. Continuò ad accarezzarle la schiena, quindi sussurrando, iniziò a cantare: "Joy to the world... All the boys and girls..." Si alzò. "Joy to the fishes in the deep blue sea..." Girò intorno al letto, per sedersi di fronte a lei. "Joy to you and me."

 

Scully socchiuse gli occhi e mosse leggermente la mano verso di lui. Mulder la prese tra le sue, accarezzandola.

 

"Mulder..."

 

"Sì?" sussurrò.

 

"Vai avanti..."

 

Fox restò qualche secondo in silenzio, quindi riprese: " If I were the king of the world, I tell you what I'd do..." Si fermò, Dana si era riaddormentata e lui poteva sentire il leggero respiro. " I'd throw away the cars and bars and wars, and make sweet love to you..."

 

 

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§4.24 (Monica)

 

Ospedale Madre Teresa, Washington D.C.

 

Stanza 212

 

Sabato, 14 giugno 1998, 8:07 a.m.

 

Mulder sentì qualcuno entrare nella stanza, ma non si svegliò, come se sapesse che non c'era pericolo. Sentì anche che quel qualcuno gli appoggiava sulle spalle una coperta e a quel punto si obbligò ad aprire gli occhi. Si era addormentato, appoggiando la testa sul letto, vicino a Scully, tenendole la mano. Si alzò sentendo i muscoli protestare.

 

Margaret gli sorrise. "Come stai?"

 

"Bene, grazie." Si girò verso Dana. "Questa notte si è svegliata, pensando di essere legata." rispose alla domanda silenziosa della donna. "Poi si è tranquillizzata. Ha detto di avere mal di schiena."

 

La donna annuì: "E' stata stesa per molto tempo, è normale."

 

"Riferirò alla dottoressa Luzzi. Però ha dormito a lungo senza lamentarsi."

 

"Sta migliorando." Margaret sorrise. "Perché non vai in albergo a riposare un po'? Starò qui io con Dana."

 

Mulder stava già per protestare, poi pensò a tutto il tempo che era stato in giro senza nemmeno cambiarsi. Annuì e uscì in silenzio. Avrebbe fatto in fretta. Scully era tornata e Mulder sentiva il bisogno di recuperare il tempo perduto.

 

 

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§4.25 (Steffy)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Stanza 212

 

Sabato, 14 giugno 1998, 11:58 a.m.

 

La dottoressa Luzzi stava attraversando l'ampio corridoio dell'ospedale, quando Mulder la fermò per parlarle.

 

"Mi dica." gli disse lei, gentilmente.

 

"Ho dimenticato di dirle un particolare, dottoressa. Questa" estrasse, dalla tasca della giacca in pelle nera, il flaconcino che si era costretto a non iniettare a Dana. "l'ho trovata accanto all'agente Scully. Credo che fosse una cura alle sue condizioni."

 

"Analizzerò personalmente questo composto mentre attendo i risultati del secondo esame del sangue..." disse la donna osservando il flaconcino.

 

"Del secondo?"

 

"Sì, abbiamo riscontrato delle anomalie che sono sicuramente dovute a uno sbaglio di laboratorio, ma ora devo andare. Le farò sapere." Mulder annuì osservando la donna allontanarsi.

 

Aveva camminato a passo sostenuto per arrivare in laboratorio ed ora Angela era china sul microscopio ad analizzare il contenuto della fialetta che Fox le aveva porto. In un primo momento, aveva pensato ad una instabilità del composto fino a quando non ricordò un particolare sconcertante.

 

Era il 1993 quando, con una battuta fra colleghe, iniziò ad avere paura della sua professione di medico. Il dialogo era incentrato su casi di amnesia post-traumatica, quando una delle sue colleghe che erano con lei aveva iniziato quel discorso su cui, all'epoca, Angela aveva ironizzato.

 

<Alcuni soggetti riescono, inconsciamente, a inibire una parte della memoria in seguito a un grosso trauma che può essere di natura psichica o fisica. Pensa come potrebbe migliorare la vita di una persona che ha subito un tale trauma se potesse, volontariamente, dimenticare l'accaduto.>

 

<Sappiamo che non è possibile. Sono casi inspiegabili quelli che stai citando. Nessuno può rendere possibile un'amnesia volontaria.>

 

<Perché non cercare di farlo?>

 

<Perché la mente è ancora un luogo sconosciuto.>

 

A quel ricordo, Luzzi esclamò:

 

"Non è possibile..." Impallidì e un analista che era in laboratorio con lei le si avvicinò: "Dottoressa, sta bene?"

 

Lei lo guardò quasi di sfuggita, dopodiché annuì.

 

"Stavo solo pensando ad alta voce." Avvicinò di nuovo gli occhi al microscopio. Eccola lì, la scoperta del secolo e lei l'aveva tra le sue mani. Non le ci volle molto a costruire il puzzle che le si era presentato dinanzi e i cui pezzi andavano solo sistemati al loro posto. Troppe volte aveva sentito Nicole e Lynn parlare di esperimenti e progetti. Non le prendeva sul serio perchè le loro sembravano battute fatte per passare il tempo in modo diverso, sdrammatizzare sugli argomenti seri della medicina. Ma...

 

<Una di noi due potrebbe ritrovarsi a salvare il mondo, scoprendo una nuova cura contro il cancro>

 

<Sì, proprio noi due! Chissà se mai finiremo il tironicio>

 

Poi, Nicole era scomparsa e lei era rimasta da sola fino a quando non tentò di sostituire l'amicizia di Nicole.

 

<Non scomparirò di certo! Se dovesse accadere sarà perchè possiedo l'elisir di lunga vita o una formula segreta. A proposito, sai l'esperimento del professor Leo? Beh, abbiamo iniettato nelle scimmie la soluzione H12. Penso che ci siamo. Reagiscono al composto dimostrando apatia verso il mondo che le circonda. Per ora, sembra funzionare solo questo tipo di parassita, ma in futuro...>

 

<Non ci credo, state davvero provando a 'manipolare' il cervello umano... povere scimmiette!>

 

<Angela, ma quali scimmie. Qui si parla dell'uomo...>

 

--Qui si parla dell'uomo... Lynn, non può...-- Da quanto tempo non la sentiva? Almeno sei anni. --C'è riuscita. Sì, è stata lei a infettare Dana e a rubarle la memoria. Ha trovato la sua formula segreta, Lynn...--

 

Una donna le si avvicinò.

 

"Dottoressa, ecco il nuovo risultato delle analisi di Dana Scully. Mi dispiace, non è cambiato nulla."

 

"Grazie, Judy." La donna iniziò a leggere le analisi che la donna le aveva porto e, fissando il muro di fronte a sé, iniziò a capire.

 

La mutazione del DNA cui l'agente Scully era stata sottoposta aveva portato alla semi-incoscienza della donna e agli altri sintomi di malessere fisico. Ma c'era qualcosa che non riusciva a vedere e che nel corpo di Dana, invece, faceva la differenza. Ed eccolo lì, il risultato delle analisi: bacillus salectoperum silicae.

 

<... ma quali scimmie, qui si parla dell'uomo...>

 

"Perché?" Si chiese ad alta voce. "E perché 'loro'... stanno ritornando? Perché?"

 

L'agente Mulder sbagliava, quella non era una cura per guarire Scully. Era una sostanza così pericolosa da dar vita, ed alimentare, un processo infiammatorio che avrebbe influito pesantemente sulla memoria di Scully, distruggendola seppur selettivamente.

 

Arrivata a questa conclusione, uscì dalla stanza per andare a parlare con Mulder. Sapeva che l'avrebbe trovato ancora lì, al capezzale della collega. Quando lo scorse che le accarezzava la mano, quasi le si strinse il cuore per doverlo allontanare da lei.

 

"Agente Mulder, posso parlarle un minuto?" L'uomo alzò lo sguardo verso la dottoressa ed uscì dalla stanza.

 

"E' successo qualcosa?" La donna lo guardò.

 

"Non lo so ancora. Ha trovato altre fialette oltre a quella che mi ha dato?"

 

Fox ci pensò per alcuni secondi, poi le rispose: "Era un contenitore da dodici e ne erano rimaste tre. Ma una è andata persa e l'altra distrutta. Perché me lo chiede?"

 

"Ehm... curiosità. Agente Mulder..." la donna si fermò prima di continuare a parlare "Lei è sicuro di non conoscere la provenienza di quel composto?" Mulder negò con un cenno della testa.

 

"Ma perché? Era una cura?"

 

"A suo modo, lo era."

 

"E averla interrotta pregiudica..."

 

"Non si preoccupi. Andrà tutto bene." Detto questo, si allontanò da lui per aggiornare la cartella clinica di Scully.

 

'Cura antibiotica per contrastare il pesante processo infiammatorio in atto' scrisse alla voce 'diagnosi e cura'.

 

 

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§4.26 (Steffy)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Stanza 212

 

Sabato, 14 giugno 1998, 4:30 p.m.

 

Solo lei riusciva ad avvicinarsi a Dana per controllarle la flebo e per qualsiasi altro intervento medico. Aveva capito che la sua fobia alle iniezioni era una paura causata da avvenimenti che stavano per scomparire per sempre. Mentre le iniettava l'antibiotico che lei stessa le aveva prescritto, Scully si mosse nel sonno. Mulder era sulla porta a osservare la dottoressa al lavoro.

 

"Servirà a farla stare meglio?" chiese lui.

 

"Sta già meglio. Dorme più serenamente, non si lamenta quasi più e, cosa più importante, la memoria tornerà ad essere quella di prima."

 

"E ricorderà anche..."

 

"No." rispose la donna prima che Mulder formulasse la domanda riguardante il periodo di sparizione di Scully. "Quella è andata persa per sempre. Ma il quadro clinico era già molto compromesso e lei ha fatto bene a non iniettarle più quella sostanza, la H28". La dottoressa stava per uscire dalla stanza di Dana dopo averle praticato l'iniezione ma Mulder la fermò: "Ha scoperto di cosa si trattava?"

 

Lei lo guardò come a chiedersi se poteva fidarsi di lui: "E' una sorta di virus, ma è meglio definirlo agente infiammatorio, che va ad influire sulla memoria recente..."

 

"Non la seguo, dottoressa."

 

"Credo che se quella sostanza fosse stata iniettata regolarmente, anche per una settimana soltanto, l'agente Scully avrebbe subito alterazioni imponenti in tutta la struttura cerebrale. Non avrebbe retto lo stress e probabilmente..." La donna si fermò. Pensava che Scully si sarebbe suicidata o comunque si sarebbe lasciata morire come era successo alle scimmiette del dottor Leo. Ma non glielo disse "L'ha salvata appena in tempo, agente. Le deve la vita."

 

"E avrebbero fatto tutto questo perché lei non ricordasse nulla del mese che è mancata..."

 

La donna annuì. "Devono essere persone molto pericolose e devono possedere delle conoscenze che nessuno di noi può lontanamente immaginare. Dana dev'essere stata vicina a una scoperta eccezionale perché qualcuno sentisse il bisogno di distruggerla a quel modo, di cancellarle solo una parte della memoria. Certo," continuò la donna. "avrebbero potuto ucciderla molto più facilmente e senza dolore. Non capisco perché abbiano preferito usare una tecnica così... futuristica."

 

"Inconsciamente, speravano che vivesse. Probabilmente, sono stati costretti a cancellarle una parte della memoria, ma non volevano ucciderla."

 

Calò un attimo di silenzio pesantissimo tra i due.

 

L'uno si chiedeva il motivo di tante contraddizioni, l'altra sperava che lui non le ponesse domande. Poi, lei riprese a parlare. "Sono della convinzione, però, che le condizioni di Dana miglioreranno visibilmente e, anche se non ritroverà la memoria di quel periodo, sicuramente ricorderà stralci di conversazione, volti di persone... Lo ha già dimostrato chiamando quei nomi, provando un senso di fobia alle iniezioni." Poi, sorrise: "Sa, agente Mulder. Questa storia mi ha riportato alla memoria un'amica, una collega che un tempo aveva un grande sogno: quello di poter aiutare le persone vittime di situazioni tragiche, inibendo solo il momento negativo che avevano vissuto. Sarebbe una bella storia se qualcuno ci fosse riuscito davvero."

 

Mulder la guardò negli occhi, poi si girò verso Scully stesa nel letto alle sue spalle. Si chiese se un giorno o l'altro avrebbe ricordato il suo mese di vita perduto. Chissà, forse avrebbe ricordato volti, nomi...

 

La donna continuò a parlare: "Era una collega, una cara amica... Lynn Rainbow... lei aveva grandi sogni." Disse con un filo di voce. Dopodiché gli voltò le spalle e andò via.

 

 

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§4.27 (Monica)

 

Ospedale Madre Teresa

 

Stanza 212

 

Giorno - 8:07 a.m.

 

Mulder entrò nella stanza silenziosamente. Fece qualche passo verso il letto.

 

Scully si girò verso di lui e gli sorrise.

 

"Ehi. Ciao. Ti ho svegliata?"

 

Lei scosse la testa. "Ero già sveglia."

 

Mulder si sedette sul letto accanto a lei. "Ti senti meglio? Mi sembri più lucida."

 

"Ho passato tanti momenti in stato confusionale, vero?"

 

Mulder annuì. "Parlavi di Nicole. La ricordi?"

 

Scully prese tra le dita la Madonnina. "Ricordo qualcosa di lei... era un ragazza giovane, mi aiutava quando..." Chiuse gli occhi, portandosi la mano sulla fronte. "Quando stavo male... Io... Mulder io dovevo dirti qualcosa su... ma non ricordo..."

 

Fox le prese l'altra mano. "Stai tranquilla, non ha importanza ora, devi solo cercare di riposare e guarire."

 

"Ti hanno accusato di avermi uccisa, vero?"

 

Lui abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate. "Sì. Ma... non ha importanza ora che tu sei tornata." Le sorrise. "Non so cosa avrei fatto senza di te."

 

"Ma tu lo sapevi di non essere stato tu, vero?"

 

"Sì." mentì. "Certo, io..." La sua voce scomparve.

 

"Hai mai creduto... che mi fossi suicidata?"

 

Mulder scosse la testa. "Non riuscivo a crederci. Non poteva essere vero. Ero sicuro che... qualcuno ti avesse fatto qualcosa..."

 

"Ricordo Krycek e... e un ragazzo. E poi... io..."

 

"Scully, non farlo. Non ora. Avrai tempo per pensarci, adesso devi solo riposarti."

 

Lei annuì. "E' tutto così confuso." disse. "Come fosse immerso nella nebbia..."

 

"Arriverà anche il sole." disse lui.

 

Scully chiuse gli occhi. "E' tanto tempo che non andiamo al mare."

 

"Al mare?"

 

"Sulla spiaggia..." Scully sbadigliò e aprì gli occhi. "Al tramonto... no, all'alba... è bello..."

 

Mulder annuì. "Non combattere il sonno, Scully. Dormi."

 

La osservò addormentarsi. In quegli stralci di lettera, Scully gli stava parlando di una scoperta, di qualcosa che aveva trovato in quel mese e che doveva essere importante per lui. Ma in quel momento, nulla poteva valere di più di riavere Scully con sé. Si alzò lentamente dal letto e si chinò su di lei per baciarla in fronte.

 

Dana aprì gli occhi leggermente e gli sorrise, quindi ricadde nel sonno. Fox restò a guardarla per qualche minuto ancora, quindi uscì.

 

 

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§4.28 (Steffy)

 

Ospedale Madre Teresa, Whitestar, New York

 

Stanza 212

 

Domenica, 15 giugno 1998, 10:07 a.m.

 

Fuori dalla finestra, il sole incorniciava lo spettacolo multicolore della natura. Mulder aveva entrambi i gomiti appoggiati sul davanzale e le dita delle mani intrecciate. L'aria era calda, l'estate era vicina.

 

"E' interessante lo spettacolo lì fuori?" Scully si era svegliata. Mulder si girò verso di lei. "Buongiorno, come ti senti?"

 

Lei sorrise: "Bene... siamo in ospedale?"

 

L'uomo annuì, guardandola sorpreso. Possibile che si fosse ripresa così in fretta? Evidentemente, ciò che gli aveva confidato la dottoressa Luzzi era vero. Il composto che qualcuno le stava iniettando la stava uccidendo poco alla volta. Sospendere quella cura bizzarra le stava permettendo di rimettersi in piedi. "Mi aiuti a sedere?" gli chiese.

 

"Sei sicura, Scully? Potresti essere ancora debole."

 

"Sto bene, Mulder. Vorrei solo scendere da questo letto." Mulder le si avvicinò e l'aiutò a scostare le coperte. Le porse una mano per aiutarla a scendere.

 

"Voglio andare alla finestra."

 

Fox la osservò perplesso.

 

"Perché?" Scully lo guardò sorpresa. "Voglio guardare fuori, Mulder. Che c'è di tanto strano? Allora, mi aiuti o no?"

 

"Certo che sì." le rispose. La cinse per la vita e l'accompagnò alla finestra. Lei si appoggiò pesantemente sul davanzale e guardando fuori prese un respiro profondo. "Che bella giornata!" esclamò.

 

Mulder si meravigliò della reazione della collega. Qualcuno doveva averla privata della vita all'aperto, dei colori, degli odori della natura e lei reagiva a quel modo, risvegliandosi.

 

"Vuoi sederti, Scully?"

 

"No. Rimaniamo qui, vuoi?"

 

Lui annuì.

 

"Ti senti davvero bene?"

 

"Aaah. Mai stata meglio. Non si vede?" chiese lei, sorridendo. Si vedeva, sì. E lui si sentiva l'uomo più felice del mondo a saperla così. Abbassò lo sguardo e, cambiando tono, fece una domanda seria a Dana:

 

"Scully, te lo ricordi come siamo arrivati qui?"

 

Anche Dana diventò seria, voltandosi verso Mulder. "Ricordo che eri accanto a me, che mi controllavi la temperatura, che mi parlavi."

 

"E il Canada? Ricordi di essere stata lì?"

 

La donna continuò a guardarlo. "Mulder, perché non mi fai la domanda giusta? Vuoi sapere se mi ricordo cosa è successo, vero?"

 

Fox annuì.

 

Scully prese un profondo respiro, poi si girò verso il letto e vi si sedette. Dopo alcuni attimi, che per Fox sembrarono ore, riprese a parlare: "Ho le idee confuse, Mulder. Credo di ricordare delle cose, alcune giuste altre senza senso. Ricordo il mare... tu che affogavi e io che mi rifiutavo di aiutarti. Ricordo i panini alla marmellata, il sorriso di qualcuno. Ricordo un riflesso opaco della mia immagine. Ricordo mia sorella e mio fratello Billy da piccoli. Ricordo la risata cattiva di Krycek. Ricordo un pavimento verde, le luci al neon. Ricordo l'uomo che fuma..."

 

"Lui è morto, Scully, lo sai."

 

"Ma anche tu non eri lì. E nemmeno Melissa... eppure c'eravate. Non ho una verità da raccontarti, Mulder."

 

Lui la guardò, le prese le mani nelle sue e sorrise.

 

"Una mezza verità ce l'ho io, Scully. E, non ci crederai, ma me l'hai data tu." Lasciò le mani di Dana per prendere qualcosa dalla tasca della giacca che era appoggiata su una sedia. Ritornò da Scully e le si sedette di nuovo accanto. "C'è stato un momento in cui avevo deciso di morire. Ero uscito di casa in preda al delirio e sono andato al tuo appartamento. Volevo dirti addio. Irrazionalmente, pensavo che tu fossi sempre stata lì, anche se non fisicamente. Non me ne importava niente di trovare un motivo per vivere, la verità che mi aveva spinto a cercare il colpevole della tua morte. Poi... poi è successo qualcosa. A casa tua c'era Krycek..."

 

"Krycek?!"

 

Mulder annuì. "Da giorni, cercava di convincermi che tu eri viva e avevi bisogno di cure. Non gli credevo. Non gli ho mai creduto, perché avrei dovuto farlo in quel momento? E... mi ha dato alcune prove che avrebbero dovuto sostenere la sua tesi." In quel momento, aprì il palmo della mano mostrando a Scully la sua catenina, si avvicinò a lei e gliela mise al collo, dopodiché rimase in silenzio.

 

"Te l'ha data lui?" Chiese Dana, mentre stringeva la crocetta tra le dita.

 

"Sì, ma non è stata quella a convincermi che tu eri viva." Scully lo guardò.

 

"Cosa, allora?" Mulder aprì una busta bianca e ne estrasse alcuni fogli bruciacchiati dal fuoco. Non li diede subito a Dana. "Quando mi ha dato quella catenina, Krycek mi ha consegnato anche qualcos'altro. Alcuni fogli che tu hai scritto nel posto dove sei stata... Era difficile credere che tu potessi essere ancora in vita. Io ti avevo vista... in un obitorio, con un colpo secco alla gola, con il cuore che non ti batteva più. Come potevo credere alle parole di un uomo che ci ha dato tanti problemi, che ha ucciso mio padre e tua sorella, che non si fa scrupoli a ricattare la gente?" Mulder si fermò un attimo per ordinare le idee. Poi, allontanandosi da Scully per avvicinarsi alla finestra, riprese a parlare voltandole le spalle.

 

"Ricordo un momento, a casa tua. Krycek se n'era andato da tempo e io avevo appena finito di leggere questi fogli e cercai un motivo per credere a tutta la storia che mi aveva raccontato..." Mulder si fermò di nuovo nel racconto, si voltò verso Dana e riprese a parlare: "e in quel momento, ho sentito la tua voce che mi diceva di avere fede. Sono partito immediatamente. Ho sempre creduto nell'impossibile, perché fare un'eccezione?" L'uomo abbassò lo sguardo.

 

"E..." iniziò Dana "eri seduto sul mio divano, a gambe incrociate e stringevi tra le mani la mia catenina..."

 

Mulder alzò lo sguardo verso la donna che aveva gli occhi abbassati. "Credo di sì... anzi, sono sicuro di sì, me lo ricordo. Come fai a saperlo?"

 

Dana alzò lo sguardo, sorridendo. "Ero lì, Mulder."

 

"Cosa?!" chiese lui, incredulo "Scully..."

 

"Non chiedermelo. Se non era un sogno, ero lì con te. Non so spiegarmi altro." I due si guardarono senza cercare altre risposte. Poi, Mulder, consegnò i fogli a Dana. "Non so cosa significhino tutte le sigle e i numeri che sono contenuti in quei fogli. L'unica cosa che so è che li ho fatti analizzare dopo il nostro ritorno negli Stati Uniti e nessuno si sa spiegare cosa vogliano dire. Gli scritti a penna sono fatti con la tua grafia e le poche impronte che ci sono ti appartengono. Ricordi di averli scritti?" Dana era intenta a leggere i fogli che Fox le aveva porto, dopodiché negò alla domanda del collega guardandolo negli occhi : "Mi dispiace."

 

"Non importa, Scully. Ho un'altra cosa, però. E sono convinto che di questa ti ricorderai."

 

"Cos'è?" Chiese Dana

 

"Me l'ha data tua madre." Scully comprese.

 

"Oh, Mulder..."

 

"Eravamo convinti... Scully..." La donna aveva abbassato lo sguardo e gli occhi le si erano bagnati di lacrime. Comprese che sua madre aveva fatto la sua volontà, consegnando a Mulder la lettera che aveva preparato nel caso le fosse successo qualcosa.

 

"Non preoccuparti, Mulder. Pensavo solo..."

 

"A cosa?"

 

"Quanto avete sofferto... tu, mia madre... Mi dispiace."

 

"Scully, non devi. Sono immensamente più felice che tu sia viva e aver letto quella lettera inutilmente, piuttosto che tenerla con me invece di avere accanto te. Scully..."

 

Mulder si avvicinò a lei, le mise una mano sulla spalla. La donna lo guardò negli occhi.

 

"Che c'è?" gli chiese.

 

"Uhm... sai, dopo la tua scomparsa, ho fatto qualcosa... qualcosa che non rientra nel protocollo dell'FBI..."

 

"Che hai fatto?" Chiese lei alzando gli occhi al cielo come al suo solito.

 

"Ho portato via il tuo diario dal tuo appartamento. Volevo scoprirlo io, il motivo per cui ti eri... suicidata... prima... prima che mi accusassero di... omicidio..." Entrambi rimasero in silenzio, poi fu Scully a riprendere a parlare.

 

"E... l'hai letto?" gli chiese con un filo di voce.

 

"No... cioè, mi sono limitato alle ultime settimane prima... Pensavo che avrei trovato una ragione a ciò che era successo... una spiegazione del.. tuo gesto."

 

"E poi?"

 

"E poi... ero impazzito, Scully. Tu eri morta e io... io non sapevo cosa fare. Ero spaventato, deluso, mi sentivo colpevole... Mi sentivo responsabile della tua morte. Ti ho costretta troppe volte a venirmi dietro...." Mulder si interruppe.

 

"Dov'è il mio diario?" chiese la donna, guardando il collega negli occhi. Lei era seduta sul bordo del letto, lui dava le spalle alla finestra. Il diario era sul davanzale, coperto agli occhi di Scully da Mulder. Lo prese, mentre Scully si avvicinava a lui.

 

"Era interrotto, sembrava che volessi... era come se qualcuno ti avesse costretta a fermarti a scrivere."

 

"Ricordo bene quella sera, Mulder. Ricordo Krycek e un'altra persona nel mio appartamento. Sono stata portata via con la forza..."

 

"Che idiota..."

 

"Mi sarei comportata come te, se fossi stata nella tua situazione."

 

"Io... io ho scritto qualcosa nell'ultima pagina... forse dovresti..."

 

"Non importa." Lei prese il diario, lo sfogliò cercando la prima pagina bianca: "Hai una penna?" Lui la guardò con fare interrogativo poi gliela porse ma lei non la afferrò. Dana si appoggiò sul davanzale della finestra e portò il diario davanti a Mulder. "Scriviamo la fine di quella pagina interrotta, vuoi?"

 

"Scully..."

 

"Scrivi tu per me." La donna iniziò a parlare, più che a dettare il contenuto della pagina di diario. "Caro diario, oggi ti racconto il pensiero più stupido di Mulder. Sai, dopo anni di lavoro insieme, dopo aver combattuto contro mostri indescrivibili e aver lottato contro il male che ci viene fatto da chi ostacola le nostre indagini, lui ha pensato che io potessi lasciarlo da solo. Ha creduto che potessi togliermi la vita. Possibile che sia così stupido da non capire che rimanergli accanto è una mia scelta? Ti sembra probabile che io lo abbandoni così, volontariamente, a continuare la nostra ricerca di una risposta plausibile alle tante domande che ci siamo posti in anni di indagini? Glielo dici tu, caro diario, che sono abbastanza grande da prendere le mie scelte e pagare per i miei errori?... Stai scrivendo, Mulder?"

 

L'uomo sorrise, non era riuscito a scrivere una sola parola dopo le due iniziali. Scully stava parlando a lui, non al diario e lo sapeva bene. "Scully... mi perdoni?"

 

"Per cosa, Mulder? Per aver pensato che potessi abbandonarti? Per avermi creduta così fragile? Non hai nulla da farti perdonare. Io sarò viva fino a quando lo sarai anche tu." Scully si fermò di botto. Quella frase le ricordava qualcuno... Nicole. Sì, ricordava Nicole, nella mente le si era presentata l'immagine di quell'angelo che l'aveva aiutata e le aveva detto quella frase, un giorno: 'io sarò viva fino a quando lo sarai anche tu'. Sorrise a quel ricordo e Mulder la osservò e le sorrise anche lui.

 

Scully guardò fuori dalla finestra alla vita che continuava grazie a Nicole e a Mulder. Lui le cinse le spalle, richiudendo il diario della collega.

 

 

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§4.29 (Steffy)

 

Canada,

 

Domenica, 15 giugno 1998, 11:00 a.m.

 

La neve stava per sciogliersi, l'estate sarebbe arrivata presto. La cenere della sigaretta stava sporcando il davanzale della finestra della piccola baita in legno tra gli alberi.

 

Il fumatore stava ripensando a tutto ciò che era successo negli ultimi giorni. Il rapimento di Scully, le loro nuove scoperte sugli Omega, la fuga della donna, la distruzione della Base...

 

"... e l'ennesimo tradimento di Alex." disse l'uomo ad alta voce. Si allontanò dalla finestra, spegnendo la sigaretta e gettandola sulla neve. Si sedette davanti alla macchina da scrivere. Prese un foglio bianco e lo fece passare nel rullo. Iniziò a scrivere.

 

'Stan sentì di non potersi più fidare di suo figlio, il suo prediletto. Lo aveva aiutato a farsi strada nel mondo della finanza, ma lui l'aveva deluso di nuovo. Per cercare di più lo aveva rinnegato, tradito, aveva dilapidato i soldi di suo padre e venduto i segreti di famiglia per l'illusione dell'amore. Di chi si può fidare un uomo, in chi può riporre i suoi desideri e sogni se gli uomini che gli stanno attorno non fanno altro che tradirlo? In nessun altro se non se stesso.'

 

Smise di scrivere, accese un'altra sigaretta, ne aspirò una lunga boccata e la ripose nel posacenere accanto alla macchina da scrivere. Guardò il foglio appena scritto: "Potrei fidarmi solo di due persone al mondo. E sono le uniche due che mi combattono: Mulder e Scully. Se tutti quelli che mi stanno attorno valessero solo la metà di loro due, riuscirei a realizzare i miei progetti. Soltanto un briciolo del coraggio di Mulder e solo un pizzico della tenacia di Scully sarebbero più che sufficienti..." Disse ad alta voce. Si fermò, appoggiando le dita sui tasti della macchina da scrivere, quando dalla finestra entrò un'ape. Il fumatore osservò il volo lento e attento dell'insetto che si avvicinava a lui. Dopo alcuni istanti, si avvicinò al tavolino appoggiandovisi; l'uomo, con fare flemmatico, prese un grosso libro abbandonato sulla scrivania e uccise con un colpo secco la piccola ape. Era rimasta lì, ferma sul tavolino, priva di vita. Lui la guardò e con un gesto veloce della mano, la buttò a terra. Riportò lo sguardo al foglio bianco davanti a sé. Senza scrivere pensò 'Le api. Esseri metodici e perfezionisti che sanno lavorare diligentemente e che per amore della regina metterebbero a repentaglio la loro vita. Le api...' Si alzò dal tavolino e alzò la cornetta del telefono. Non tutto era perduto, ancora.

 

"Pronto, New York?"

 

 

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§4.30 (Monica)

 

Canada

 

Lunedì, 16 giugno 1998, 5:25 a.m.

 

Alex Krycek camminò lentamente sopra le macerie annerite.

 

Niente poteva sopravvivere all'autodistruzione della Base.

 

Spostò un calcinaccio con un piede, trovandovi sotto qualcosa che doveva essere un volto umano, prima che venisse carbonizzato.

 

I suoi superiori gli avevano detto di setacciare la zona per possibili superstiti e per capire cosa avesse portato all'autodistruzione. Decine di esperimenti andati in fumo.

 

I dati erano stati passati già ad altre Basi, ma Krycek si chiedeva quanti di essi fossero in fase di trasmissione al momento del botto.

 

Aveva un'idea di cosa avesse potuto portare alla distruzione della Base 30, ma di certo non sarebbe andato a dirlo in giro. Nicole era una brava genetista. L'aveva vista lavorare su campioni non standard. Perché diavolo nessuno se n'era accorto? Evidentemente la ragazza aveva creato qualcosa di spaventoso. Un virus, un batterio, una qualsiasi sostanza tossica in grado di contaminare la Base, passando attraverso l'aria, qualcosa che i sistemi di depurazione della Base non avevano saputo distruggere, ma che avevano riconosciuto come agente infestante.

 

Sospirò.

 

Non c'era molta possibilità che qualcuno si fosse salvato. Gli dispiaceva un po' per Kyle, che aveva perso sua madre lì dentro. Gli dispiaceva anche per Lynn, che l'aveva aiutato. "Al diavolo." disse, tirando un calcio a un sasso. In realtà gli dispiaceva solo per Nicole.

 

Un movimento in prossimità di dov'era finito il sasso attirò la sua attenzione. Si avvicinò. Un pezzo di carta ripiegato era mosso dal vento. Lo raccolse. Era un po' bruciacchiato, ma si leggeva ancora perfettamente.

 

"...Mi hai detto una cosa che mi aveva fatto capire la vita: 'A volte, perché gli uomini sopravvivano dignitosamente, qualcuno deve sacrificarsi.'"

 

Krycek chiuse gli occhi. Era la grafia di Nicole. Si infilò in tasca il foglio quindi si incamminò verso la propria automobile. Si sedette e partì.

 

Mancava poco all'alba, il sole sarebbe sorto in breve, ma il cielo era coperto di nuvole.

 

Mentre si allontanava dai resti della Base, Alex accese l'autoradio e cercò una stazione che si sentisse bene. Si fermò quando sentì i Platters.

 

"Questa può andare." sussurrò.

 

"Together at last at twilight time..."

 

 

 

F I N E

 

 

 

 

 

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DEDICHE

 

'Dedico la mia parte di Omega a Monica che mi ha aiutata a scriverla, ad Emanuele (che non capirà mai il motivo di questa citazione) e a tutti quelli che mi hanno aiutata a migliorarla. A tutti voi, che siete arrivati alla fine della storia, voglio regalare il motivo per cui ho iniziato ad amare la scrittura. Le parole non possono che essere quelle di chi mi ci ha condotta per mano:

 

"I sat at the typewriter for the first time and fell in love with the words that emerged like drops, one by one, and remained on the white sheet of paper ... every drop became something that if spoken would have flown away, but on the sheets as words, became solidified, whether they were good or bad." Oriana Fallaci

 

E vi regalo anche un bel consiglio. Di Oriana Fallaci, vi auguro di riuscire a leggere due grandi libri che cambieranno la vostra percezione degli esseri umani: 'Un uomo' e 'Niente e così sia'.

 

Steffy'

 

 

 

 

'Dedico la mia parte di "Omega" a Steffy, una grande amica e un'ottima collaboratrice: senza di lei e senza il suo preziosissimo aiuto, "Omega" non sarebbe esistito. Citare qui tutti coloro che hanno contribuito, in un modo o nell'altro, a questo lavoro sarebbe impossibile, ma voglio comunque ringraziare mia Madre, che mi ha sempre aiutato e mi ha sempre permesso di coltivare le mie passioni.

 

Un ringraziamento dal profondo del cuore va anche alle persone che lavorano per X-Files, senza di loro non avrei nemmeno conosciuto i miei migliori amici, e ai ragazzi della X-Files Italian Virtual Season che hanno appoggiato il "Progetto Omega". Infine, un bacio a Joy, Luciana e Sabina, che, assieme a Steffy, sono quattro amiche come se ne incontrano di raro.

 

Nre'fa-o, cu'nre, nre'fa-o az iri-le!

 

("Buona danza, amici, buona danza a tutti!" da Tad Williams, "il Canto di Acchiappacoda", il più bel libro che io abbia avuto l'onore di leggere)

 

Monica'

 

 

 

 

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