PAGE #173 [Rx05]
(di Stefania Murazio)
Alexandria, Virginia
Residenza di Jose Santiago.
09.05.98 Ore 12:30 a.m.
L'appartamento lussuoso e arredato con gusto ricercato indicava
uno stile di vita che solo chi ha condotto un'esistenza dedita al
lavoro o un ricco ereditiere può permettersi. Sul grande
pianoforte nero che, nel soggiorno, faceva la parte del leone, vi
erano le fotografie di una vita. I sorrisi di un uomo ed una bambina,
probabilmente padre e figlia, erano quelli che ricorrevano di
più. Erano le foto di momenti spensierati che, durante la vita
di ognuno di noi, sembrano voler ricordare che la felicità
può esistere sul serio e ci si accorge di averla vissuta solo
quando la si è persa. Nella grande libreria, come in una
vetrina, stavano esposti testi importanti di letteratura classica
accanto a libri più tecnici riguardanti il mare o il mestiere
del navigatore. Trattati che, nella casa di un comandante di Marina,
non possono mancare. La bella ed elegante scrivania in noce quasi era
nascosta da pile di fogli scritti a macchina ai cui lati erano
annotati fittamente tanti appunti presi a penna.
José Santiago era appena tornato a casa, quella mattina.
Posata la sua inseparabile valigetta sulla scrivania, stava per
entrare in bagno quando, ad un tratto, fu colto da un fortissimo
dolore al petto che lo fece barcollare. Non era impreparato ad eventi
del genere. A quasi sessant'anni, il cuore gli aveva dato non pochi
problemi. Ma quello non era solo un tipico malessere dell'età.
Ogni fibra del suo corpo aveva iniziato a cedere tre anni prima
quando la sua unica figlia -Linda-, morta in circostanze non certo
naturali, lasciò un vuoto incolmabile nella sua vita e nel suo
cuore. Per calmare quel muscolo impazzito, dopo essersi seduto sulla
poltroncina accanto alla porta del suo studio, prese due pasticche
dal contenitore che portava ormai sempre con sé, e le mise
sotto la lingua. Un'operazione usuale dopo la quale Santiago si
sentiva meglio. Sapeva, però, che lenire il dolore fisico non
l'avrebbe portato alla guarigione. Da quello che i dottori gli
avevano detto, il suo cuore era in uno stato tale che, a parte
diminuire il dolore ed allentare il ritmo delle pulsazioni, non v'era
da fare altro se non attendere per un trapianto. Erano stati molto
chiari riguardo al fatto che trovare un cuore è difficile, e
lui non era certo il primo della lista. Questo, a Santiago, non dava
dispiacere quanto il fatto che morire avrebbe significato non
riuscire a trovare in tempo il motivo di una dipartita improvvisa
che, da tre anni, non riusciva a giustificare. Quante porte in faccia
aveva dovuto subire per arrivare ancora a niente. Il tempo gli aveva
dato una speranza. E la sua speranza si chiamava Dana Scully. L'aveva
conosciuta tramite le parole di un suo caro compagno di lavoro negli
anni passati: William Scully. Pensava che lei fosse la persona giusta
perché aveva vissuto la stessa esperienza che aveva ucciso sua
figlia. Quante volte aveva pensato di contattarla! E quante altre
aveva pensato che lei l'avrebbe scambiato per un esaltato. Non poteva
rischiare di perdere un valido aiuto, così aveva fatto in modo
tale che una persona vicina a Dana ricevesse i documenti attestanti
tutto ciò che aveva scoperto in tre anni di indagini. Walter
Skinner, vicedirettore dell'Fbi e superiore di Scully, l'avrebbe
sicuramente informata di documenti che la riguardavano da vicino.
Da un paio di giorni stava pedinando la donna per capire se avesse
ricevuto quei files per lui tanto importanti da essere inviati,
anonimamente, all'abitazione privata di un impiegato federale. Quella
mattina, aveva visto Scully rientrare in anticipo dal lavoro. Se
tutto era andato secondo i suoi piani, in quel momento, stava
leggendo quei fogli. Il passo successivo era incontrarla di persona
per parlarle della sua tragedia di padre derubato del suo affetto
più grande. Se Scully gli avesse creduto, forse avrebbe potuto
finalmente mettere la parola fine alla sua agonìa e attendere
la morte con l'animo in pace.
Federal Headquarters, Washington D.C.
09.05.98 tre ore prima
Il vicedirettore dell'Fbi Walter Skinner, con passo lento ma
deciso, si avviò nell'ufficio che due dei suoi sottoposti, Fox
Mulder e Dana Scully, avevano eletto a domicilio degli X-Files:
ovvero, i casi che nessuno mai vorrebbe essere costretto a risolvere
in tutta la sua carriera di agente. Seminterrato buio, in disordine
ma non certo freddo. Si respirava un'aria decisamente vissuta grazie
a fotografie, fogli, testimonianze comprovanti l'esistenza di
qualcosa che andava al di là della semplice investigazione.
C'era la passione per il lavoro lì dentro. E si sentiva.
Bussò alla porta che era comunque aperta e Fox Mulder,
chino a raccogliere una matita cadutagli a terra, di scatto, si
alzò
"Signore, come mai da queste parti? Prego, si accomodi!"
"Grazie. Dov'è l'agente Scully? Ho qualcosa da dirle".
Mulder cercò una scusa per giustificare il ritardo della
collega che, quella mattina, sembrava essersi dimenticata di andare
al lavoro.
"Arriverà a momenti, è rimasta incastrata nel
traffico del mattino. Ma
qualcosa non va?"
"Ahm, no
mi faccia un favore, Mulder. Non le dica che sono
venuto qui. Ripasserò io"
"Certo". Mulder osservò Skinner uscire dal suo ufficio con
una cartellina che niente aveva a che vedere con quelle che l'Fbi
utilizza per i suoi archivi. Quella strana visita non lo convinse ed
il suo superiore era troppo teso per sostenere che tutto fosse in
ordine. Comunque, si sedette, prese un fascicolo tra i tanti che
affollavano la sua scrivania e iniziò a leggere. Un caso che
rientrava tra i soliti inusuali cliché delle sue
investigazioni e che qualcun altro, al suo posto, non avrebbe esitato
a cestinare. Ma era pur sempre un caso. Un gruppo di bambini delle
elementari che, durante una gita in montagna, sosteneva di aver visto
l'Uomo delle nevi.
"Uuf Mulder, scusa il ritardo, ma tra il traffico e l'allagamento
del mio appartamento, stamattina avrei preferito non mettere piede
giù dal letto. Che mi racconti?" Dana, in tutta fretta, aveva
varcato la soglia dell'ufficio sperando che il suo collega non
iniziasse a fare strane battute del tipo 'Dì la verità.
Fatto tardi ieri sera con qualcuno che conosco?' o cretinate del
genere. Fortunatamente, non fu così.
"
nessuna nuova, collega. Rilassati. A parte il fatto che
quindici ragazzini abbiano avvistato, tra le montagne della
Pennsylvania, lo Yeti". Con un'aria un po' incredula, Dana
ribatté
"Nessuna nuova?! Mulder, inizio a preoccuparmi. Qualche mese fa mi
avresti porto un biglietto aereo e avresti detto 'questa cosa esiste,
Scully!'. Che ti prende?".
"Sono stanco. Forse dovrei cambiare aria per un po'"
"Posso entrare?" Skinner era ritornato come promesso, troncando a
metà la conversazione tra i due agenti. Alla faccia asettica
di Mulder, Dana rispose con un'espressione interrogatoria e decise di
prendere lei la parola visto che il suo collega non sembrava
intenzionato a farlo. Si alzò dalla sedia ed andò
incontro a Skinner
"Signore, che sorpresa! A cosa dobbiamo la sua visita?"
"Agente Scully
vorrei parlarle in privato e, se possibile,
in quest'ufficio. Nel mio potrebbero esserci delle interferenze
sgradite"
"Signore, qualcosa non va?" chiese Scully con un po'
d'apprensione, considerato il fatto che il suo superiore si
permetteva di andarli a trovare soltanto per questioni di una certa
urgenza. Che fosse qualcosa di importante Scully lo capì anche
dal bizzarro atteggiamento adottato dal collega per uscire
dall'ufficio e lasciarli soli.
"Torno subito" Mulder aveva capito il senso delle parole di
Skinner. Voleva parlare con Scully e senza testimoni.
Appena Mulder se ne fu andato, Walter Skinner si addentrò
nell'ufficio con passo esitante come a voler studiare, ancora una
volta, le parole con le quali avrebbe descritto la situazione a chi
si era più volte fidato di lui. "Agente Scully, io vorrei non
dover portare a termine una mansione così ingrata, in questo
momento. Anche se ha subìto dei traumi di notevole
entità negli ultimi anni, so che lei è una persona
forte abbastanza per non cedere di fronte a situazioni difficili. E
le assicuro che vorrei evitargliene un'altra. Ma ho ragione di
credere che, prima o poi, anche lei sarebbe venuta a conoscenza di
ciò che sto per dirle. Preferisco, quindi, descriverle la
situazione in modo meno brusco di come farebbe qualcun altro". Scully
era in piedi alle spalle del suo superiore che, nel frattempo, si era
avvicinato al muro dove erano appuntate le foto raccolte da lei e
Mulder in anni di indagini sul paranormale. Sul viso di Dana
l'espressione era diventata seria come a prepararsi per un colpo che
sarebbe stato duro.
"Signore, quello che ha da dire implica me, personalmente?"
"Si, ma riguarda anche un caso che tempo fa risolvemmo insieme
all'agente Mulder". Skinner si voltò verso Dana
"Si accomodi, Scully". Dana si sedette incrociando le gambe. Le
dita delle mani erano intrecciate sul grembo come a raccogliere tutta
la sua sicurezza di donna forte mentre, con lo sguardo,
incoraggiò il suo superiore a parlare. Preso posto nella sedia
di fronte a Scully, Skinner, con uno sguardo profondo e paterno e con
voce bassa, quasi a rassicurarsi che nessun altro, a parte Scully,
ascoltasse ciò che stava per dire, iniziò un lungo
monologo.
"Il fascicolo che ho tra le mie mani, come avrà già
capito dal suo aspetto, non è di quelli siglati dall'Fbi. Sono
documenti provenienti dai Servizi Segreti della Marina. Informazioni
TOP SECRET che solo ai massimi livelli possono trovare la loro
esplicazione. Ragion per cui non avrebbero mai dovuto trovarsi tra le
mie mani. Infatti, li ho ricevuti al mio indirizzo privato da un
mittente sconosciuto. Il perché io sia stato informato di
questa faccenda, non lo conosco. Ma so che in questi documenti
c'è il suo nome, agente Scully. Se sia per screditare lei e la
sua famiglia, io non lo so, ma
"
"
la mia famiglia? Signore, che c'entra la mia famiglia con
il lavoro che svolgo per il Bureau?" Per Skinner non era affatto
semplice presentare la situazione col tatto dovuto e decise di
evitare a Scully un momento di imbarazzo pensando ad un compromesso
"Io non posso consegnarle questi documenti, ma voglio metterla
nella condizione di scoprire da sola, deciderà lei se
coinvolgere o meno l'agente Mulder, quello che vi è contenuto"
"Non capisco. Se lei ha delle informazioni complete perché
non consegnarmele?"
"No, agente. Ciò che è contenuto in questi files
potrebbe essere solo uno scherzo di dubbio gusto ed io l'avrei messa
in apprensione per nulla. Le darò delle linee di base per dare
inizio alla sua indagine, semmai ne vorrà iniziare una. Ma
sarà lei a dover confermare i sospetti che questo fascicolo
vorrebbe instillare. Potrebbe essere tutta una montatura"
"Confermare? Vuole dire che dovrò presentarle dei rapporti
sugli sviluppi di questo caso?". Skinner si alzò dalla
scrivania di Mulder avviandosi alla porta quando, nel posare dei
fogli sul grembo di Scully, disse:
"Non essendo un caso ufficiale, lei non è costretta a
presentare rapporto. Ma se lo riterrà necessario, ricordi che
io non le ho mai consegnato questo file. Dovrà trovare il modo
di aver ricevuto queste mie informazioni da altri canali". Il
vicedirettore uscì dall'ufficio lasciando Dana nello sconforto
più totale. Come al solito, Skinner offrì un aiuto che
sembrò futile ma che, col tempo, si sarebbe rivelato
essenziale. Scully aveva quasi paura di toccarli quei documenti come
se, fra le loro parole, contenessero il segreto per trovare il Santo
Graal, la profezia che avrebbe svelato il mistero della vita o la
fine del mondo. Prese quegli incartamenti con dita tremanti, con
tatto. Quasi a proteggersi da una scottatura che non avrebbe tardato
ad arrivare.
Quando Mulder tornò in ufficio, Scully era seduta al suo
solito posto. Lui poteva vederla solo di spalle ma non le
sembrò agitata. Decise allora di azzardare un dialogo che non
fosse troppo serio sperando che, dalla risposta di lei, potesse
comprendere il suo stato d'animo.
"Hey, Scully. Il capo voleva dirti che ha accettato la tua domanda
di trasferimento ad un altro ufficio? Mi lasci di già?". Dana
era seria, si alzò dalla sedia e andò incontro a Mulder
che aveva appena messo piede nell'ufficio.
"Mulder, mi prendo il resto della giornata libero. Ho molte cose
da fare" "Scully, ma sei appena arrivata! Ha che fare con qualcosa
che ti ha detto Skinner? Sei nei guai?"
Con il suo solito tono di voce rassicurante, gli rispose:
"Figurati! Non preoccuparti. Ci vediamo in ufficio, domani." Dopo
aver riposto i fogli che stava leggendo nella sua cartellina ed aver
preso il cappotto, Scully uscì lasciando un Mulder piuttosto
agitato. Non era nel carattere della sua collega piantare il lavoro
così. La guardò uscire pensando che nel pomeriggio
sarebbe andato a casa di lei a cercare una spiegazione ad un
atteggiamento tanto bizzarro e che, sicuramente, derivava dalla
visita di Skinner.
Scully, durante il tragitto verso casa, non riuscì a
pensare ad altro se non alle parole del suo superiore. Perché
documenti della Marina sarebbero stati indirizzati a lui? Quanto
poteva essere implicata la sua famiglia? E perché Skinner
aveva usato il termine screditare? Qualcosa di molto serio era
contenuto nei documenti che lui ancora tratteneva. Qualcosa di
così importante e forse sconvolgente, da dover essere scoperto
lentamente. In un turbine di domande senza risposta, Dana
arrivò a casa. Parcheggiò la macchina, scese portando
con sé quei brandelli di informazione che non dovevano
condurre a Skinner e si avviò verso il portone del suo
palazzo. Non si accorse che qualcuno la osservava. Da molto
vicino.
Nel suo ufficio, Mulder non riusciva a combinare molto. Il caso
dello Yeti, stranamente, non riuscì ad incuriosirlo tanto i
suoi pensieri erano concentrati su Skinner. Doveva chiedergli
assolutamente se era il caso di preoccuparsi per Dana. Decise allora
di salire ai piani superiori per indagare. Ma neanche Skinner era
tranquillo. Forse non avrebbe dovuto comportarsi così con
l'agente Scully. Probabilmente, a quest'ora era lì a tentare
di capire da che parte iniziare. Sapeva che avrebbe condotto delle
indagini coscienziose e avrebbe trovato tutti i tasselli del puzzle.
Ma sapeva anche che, senza l'aiuto del suo collega, probabilmente,
alcuni di quei tasselli avrebbero finito col non collimare. Pensava a
questo quando, d'un tratto, squillò l'interfono e la sua
segretaria annunciò la visita dell'agente Mulder
"Lo faccia entrare". Fox bussò alla porta
"Signore
" Skinner si accomodò sulla sedia, come a
presagire quello con Mulder, come un momento scomodo e difficile.
"Agente, cosa posso fare per lei?" Mulder, entrò con passo
esitante e, con altrettanta insicurezza, si rivolse al suo superiore
"Signore, non dovrei chiederglielo e so che quella fra lei e
l'agente Scully, stamattina, è stata una conversazione
privata. Ma il bizzarro comportamento della mia collega mi ha
preoccupato. La notizia che le ha portato era grave?". Skinner
guardò Mulder di sfuggita da sopra gli occhiali e senza
nemmeno scomporsi, dopodichè tentò di rispondergli in
modo freddo e conciso, come si addice ad un uomo nella sua posizione.
"Agente Mulder, capisco che lei sia legato a Scully ma i rapporti
che instauro con i miei sottoposti devono riguardare solo me e loro.
Io non posso riferirle il mio dialogo con lei. L'Fbi non è un
posto dove fare salotto, Mulder. Se la sua collega vorrà
riferirle della nostra conversazione sono sicuro che lo farà
in privato. Ora, se non ha altre questioni da pormi, può
tornare al suo lavoro". Mulder guardò il suo superiore con
l'aria di chi non riuscirà mai a comprendere il comportamento
del genere umano. Si erano coperti a vicenda, negli ultimi anni, ma
c'erano ancora momenti di forte incomprensione e di sotterfugi. Come
questo. Mulder si alzò dalla sedia ma, prima di andarsene, non
poté fare a meno di rivolgergli quella domanda
"Se Scully fosse in pericolo me lo direbbe. Vero, signore?"
Skinner, senza alzare lo sguardo dai fogli che erano sulla sua
scrivania, rispose con una frase che Mulder, per un certo verso, si
aspettava
"Agente Mulder, se nell'Fbi ci fossero persone non in grado di
fronteggiare il pericolo o che il pericolo vogliono sfuggirlo, non
lavoreremmo per un'organizzazione investigativa ma per un asilo
infantile". Mulder, dopo un attimo di esitazione, uscì
dall'ufficio di Skinner e tornò al suo. Erano appena le 12:15
del mattino. Avrebbe dovuto lavorare fino al primo pomeriggio ma la
sedia scottava. Dopo aver praticamente segnato una trincea a forza di
andare avanti e indietro per l'ufficio perché preoccupato,
prese la giacca, chiuse dietro di sé la porta quando
uscì e, dopo cinque minuti, era in macchina. Rotta:
l'appartamento di Dana Scully.
Annapolis, Maryland,
Residenza di Dana Scully.
Ore 10:15 a.m.
Quando aprì la porta di casa, Scully si tolse il cappotto,
lo gettò con insolita noncuranza sul divano del soggiorno e,
sempre insolitamente, non attivò la segreteria telefonica per
sapere se vi erano nuovi messaggi. Andò direttamente in cucina
ed aprì la cartellina che portava con sé e in cui era
contenuto il plico che, poco prima, aveva iniziato a leggere nel suo
ufficio. Quello che Skinner le aveva riferito era vero. Erano
documenti segretissimi, firmati da alti esponenti della Marina. Il
primo foglio che l'agente Scully si trovò davanti era un
elenco di nomi di persone o forse di luoghi con accanto delle date.
Non era chiaro. Alcuni erano stati censurati, altri codificati. Solo
una cosa assunse un significato inequivocabile perché, come il
suo superiore le aveva detto, quello era un caso che la sezione
X-Files aveva già risolto in passato. Quando iniziò a
comprendere qualcosa, Dana fu sottratta al suo lavoro dal suono del
campanello. Era Mulder.
"Mulder?! Dovresti essere al lavoro! Che ci fai qui? E' successo
qualcosa?" "Bèh
no. Ma stamattina ti sei comportata in
modo talmente strano che ho pensato di venire a chiederti se avessi
dei problemi"
"E cosa te lo fa pensare?"
"E me lo chiedi? Ti sei presentata al lavoro con il solito umore e
dopo la visita di Skinner, sei andata via di corsa e quasi agitata.
Dimmi, Scully. Devo sapere qualcosa?". Erano entrambi sull'uscio di
casa. Scully non aveva alcuna intenzione di far entrare Mulder. Aveva
troppa fretta di continuare nella lettura in cui era impegnata.
Tentò di liquidare il suo collega "Mulder non preoccuparti. E'
solo che tempo fa richiesi a Skinner dei documenti personali e me li
ha consegnati stamattina"
"Con quell'espressione tanto seria?! Scully, non è questo.
Ti conosco da troppo tempo per non capire quando sei preoccupata"
"Mulder, non sono preoccupata e anche se fosse avrei il diritto di
tenerlo per me. Non credi?"
"Certo ma, dopo che Skinner è venuto nel nostro ufficio,
sei corsa via come se casa tua fosse avvolta dalle fiamme. Ho pensato
fosse qualcosa di grave. Tutto qui"
"No Mulder. E' tutto a posto. Ma
ora ho da fare. E anche tu,
credo, debba tornare al lavoro. O sbaglio?"
"Mi stai cacciando via?"
"Ti ho già detto che ho delle commissioni da fare ma, se
rimarrai qui, mi impedirai di andare avanti"
"E va bene vado via. Ma promettimi che, se ti dovesse servire
aiuto, mi chiamerai immediatamente". Sorridendo, Scully rispose a
Mulder
"Tu vedi fantasmi ovunque. Ci vediamo". Detto questo, chiuse la
porta alle spalle di Fox, il quale era più preoccupato di
prima. Solo che ora era sicuro che qualcosa non andava. In cucina,
sul tavolo, aveva intravisto i documenti che erano sicuramente quelli
che la sua collega aveva ricevuto da Skinner.
Quello che Dana notò prima che Mulder la interrompesse, era
il linguaggio Navajo che già una volta si erano trovati di
fronte lei ed il suo collega in altri documenti e che aveva fatto
tradurre da un esperto. Non molto era contenuto nel dossier. Appena
una decina di fogli certo non le sarebbe bastata a scoprire, senza
approfondire l'argomento con delle ricerche, quello cui Skinner si
riferiva. Ma se il suo superiore li aveva considerati una linea guida
sufficiente per iniziare un'indagine, doveva essere così.
Decise che era il momento di iniziare sul serio a chiarire quella
situazione. Sapeva qual'era il punto di partenza: decodificare il
dossier per capire quello per cui Skinner si era tanto agitato,
quella mattina. Conosceva anche la persona giusta da cui ottenere un
valido aiuto: un vecchio amico che viveva nel New Mexico. Doveva
partire. Si alzò dalla sedia e mise al sicuro i documenti.
Andò in camera da letto e in fretta, poiché non avrebbe
avuto molto tempo per capire cosa si celasse in quel mistero,
preparò un piccolo bagaglio che le sarebbe servito per
rimanere fuori casa un paio di giorni. Avrebbe dovuto avvertire la
persona che stava andando a trovare ma Mulder, più di una
volta, le aveva dimostrato che i loro contatti andavano tutelati,
perché loro potevano essere sotto controllo. In qualsiasi
momento.
Erano le tre del pomeriggio quando uscì di casa e si
avviò all'aeroporto. Con tutte le cautele del caso,
comprò un biglietto per il primo volo verso la destinazione
dove avrebbe potuto contattare Albert Hosteen. Arrivata nel New
Mexico in serata, noleggiò un'auto e si recò a casa
dell'uomo. Scesa dall'auto, dopo essersi guardata intorno con
prudenza per assicurarsi che nessuno l'avesse seguita, Dana
bussò alla porta. Le aprì un ragazzino dal colore della
pelle olivastra sui diciassette o diciotto anni. Si presentò a
lui e chiese del signor Hosteen.
"Prego, si accomodi. Glielo chiamo subito". Dana si sedette ad una
comoda poltroncina nel soggiorno e attese pochi secondi,
dopodichè Hosteen entrò nella stanza.
"Agente Scully, benvenuta. Come mai da queste parti? E il suo
collega?". Dana si alzò e, mentre andava incontro all'uomo,
pensò a ciò che gli avrebbe detto.
Alexandria, Virginia.
Appartamento di Fox Mulder.
09.05.98
Mentre lei era in New Mexico, Mulder, nel frattempo tornato a casa
dal lavoro, non riusciva a darsi pace. Tentò di uscire, di
fare dello sport, di tenere la testa occupata. Ma il fatto che Dana
gli tenesse nascosto qualcosa non gli lasciò la mente libera
dal pensare. Poteva essere nei guai, poteva essere qualcosa di
importante. A volte, credeva di avere degli sprazzi di
lucidità, quando si convinceva che la sua collega l'aveva
tranquillizzato sul fatto che i documenti che aveva visto
riguardassero un suo file personale. Così, si sentì uno
stupido
"Forse Scully ha ragione. Vedo fantasmi ovunque. Meglio non
pensarci. E poi, Skinner avrebbe avvertito entrambi se si fosse
trattato di un nuovo caso. Perché informare solo Scully? Ma
sì, mi sto preoccupando troppo". Andò a dormire
pensando che la sua fosse solo un'eccessiva paranoia.
New Mexico,
Residenza di Albert Hosteen.
Ore 7:00 p.m.
"No, signor Hosteen, il mio collega non mi ha accompagnato
stavolta. Io sono qui in veste non ufficiale e, a dire il vero, lui
non sa di questa mia visita"
"Se ha preferito venire adesso e da sola, deve sicuramente avere
un valido motivo. Io in cosa posso esserle utile?"
"L'ultima volta che ci siamo visti, lei ci ha aiutati a
decodificare il linguaggio Navajo da documenti segretissimi. Io sono
qui per chiederle quello stesso favore. So che a causa della nostra
superficialità, Mulder ed io siamo riusciti a metterla nei
guai, quella volta. Quindi, la comprenderei se decidesse di non
aiutarmi ma sento di doverle dire che lei è l'unica persona
cui posso rivolgermi per questo caso. Le chiedo troppo?". Con un
gesto della testa, l'uomo le fece capire che l'avrebbe aiutata
ancora. Dana gli consegnò il dossier, senza esitazione. Aperta
la cartellina in pelle marrone, Hosteen iniziò a tradurre i
documenti, mentre Scully scriveva ciò che l'uomo dettava. Il
lavoro di traduzione era iniziato immediatamente, ma la notte, ormani
inoltrata, li aveva colti ancora al lavoro. Per arrivare alla fine,
avrebbero dovuto lavorare di più. Si diedero appuntamento per
il mattino del giorno dopo.
Ormai erano le due del mattino e, nel suo letto al motel, Dana non
riuscì a chiudere occhio. Hosteen aveva tradotto alcune delle
pagine che lei gli aveva consegnato e, quello che vi era contenuto,
non era entusiasmante. Come faceva Skinner a dire che quelle fossero
una buona base di partenza, non sapeva spiegarselo. Aveva studiato
tutta la sera fino a notte avanzata ma non era riuscita a trovare un
punto preciso su cui focalizzare le sue indagini. Forse, con Mulder,
a quest'ora sarebbe arrivata più avanti di così. Da
quel poco che era riuscita a comprendere, c'era un traffico di
qualcosa che nei documenti non era specificato. Vi erano annotati i
nomi di luoghi a cui erano associate date, orari, nomi di persone.
Bolle di accompagnamento merci in regola in cui, l'unico punto buio,
era la caratteristica della merce stessa. Punti di partenza erano
ovunque nel mondo. Il luogo d'arrivo, uno solo: lo scalo di Burgess,
Virginia. Probabilmente, Dana pensò, proprio dalla Virginia
avrebbe dovuto iniziare le sue indagini. E proprio qui, riconduceva
un nome che Scully credeva d'aver già sentito una volta prima
di leggerlo nei documenti. Un capitano, Josè Santiago, che suo
padre aveva nominato qualche volta quando lei ancora studiava a
Quantico. Ma non ricordava in quale circostanza il signor Santiago
compariva nei discorsi del padre. Di sicuro, aveva a che fare con il
trasporto delle merci non specificate. Ma se così fosse,
perché Skinner aveva tirato in ballo la famiglia di Dana? La
stanchezza aveva talmente attanagliato i suoi pensieri che questi, in
subbuglio, non la lasciavano dormire. Fu solo a notte fonda che la
mente riuscì a liberarsi e a riposare.
New Mexico,
Rosa's Motel.
10.05.98
Il mattino seguente, di buon ora, Scully si svegliò e, dopo
una doccia che le mise a posto i pensieri sempre un po' confusi del
mattino, decise di passare dal signor Hosteen per finire di tradurre
il resto dei documenti. Ci volle un giorno intero di lavoro
massacrante solo per capire come erano stati codificati alcuni punti
che sembravano non seguire la stessa logica utilizzata fino a quel
momento, come per sviare il lettore appositamente. Quando ogni
singola frase acquistò un suo significato logico, Hosteen
rivolse una domanda a Dana
"Lei è proprio sicura che il suo collega non verrà a
cercarla?"
"Perché dovrebbe? Lui non sa dell'esistenza di questo caso,
ma devo chiederle un favore. Se dovesse inaspettatamente venire a
trovarla, la prego di non riferirgli che sono stata qui. Lui non
capirebbe il motivo per cui ho deciso di lavorare da sola, stavolta"
"Io spero che tu non perda un'altra persona a cui tieni molto,
come è successo l'ultima volta che ci siamo incontrati"
"Perdere un'altra persona
?"
"A volte si finisce con l'allontanare qualcuno anche solo
affettivamente. E quando si perde qualcosa o qualcuno, si crede che
la vita non sia valsa a niente. Ma basta guardare altrove e
continuare a guardare alla vita per non cercare la morte". Dana non
rispose alla strana profezia del vecchio indiano, forse perché
non l'aveva capita. Così come non era mai riuscita a capire la
facilità con cui l'uomo passava dal "lei" al "tu", in un
attimo. Lo salutò, lo ringraziò del prezioso aiuto
datole e si avviò alla macchina parcheggiata fuori dalla casa
di lui. Durante il percorso verso il motel dove alloggiava,
pensò a Mulder. Si chiese se quello che stava facendo fosse
giusto. Lui si era ricreduto su suo padre e l'aveva conosciuto sul
serio solo dopo la sua morte. E a questo, Mulder aveva reagito bene,
tutto sommato. Ma il discorso di Skinner, allarmandola, l'aveva
costretta a riflettere. Ovviamente, Dana sperava con tutta la forza
del cuore, che il suo superiore sbagliasse. Ma se davvero qualcuno
delle persone che più amava al mondo fosse stato implicato in
un caso che poteva richiedere l'intervento dell'Fbi, lei avrebbe
preferito che Mulder non lo sapesse. Non era forte abbastanza. E,
probabilmente, avrebbe perso la forza necessaria per continuare il
suo lavoro nel federal beaureau come, invece, aveva fatto lui.
Alexandria, Virginia.
10.05.98
Skinner, quella notte, dormì un sonno agitato. Sognò
Mulder. Erano a casa dell'agente che, in pessime condizioni
psichiche, stava invocando contro il suo superiore per aver permesso
a Scully di partire per l'Inghilterra, senza neanche dirgli addio e
dopo aver abbandonato l'FBI definitivamente. Si svegliò di
soprassalto quando il telefono squillò. Non fece in tempo a
rispondere perché gli squilli furono solo due. Pensò
fosse l'agente Scully che voleva dei chiarimenti, o magari Mulder.
L'unica cosa certa era che appena sveglio definitivamente, avrebbe
telefonato a Dana per chiederle aggiornamenti sulle indagini. Skinner
era preoccupato. Sapeva che la sua sottoposta era preparata come
pochi altri all'FBI nel risolvere casi disperati. Ma questo, era
qualcosa di diverso. Lei era implicata direttamente attraverso la sua
famiglia e il non aver riferito nulla al suo collega di sempre stava
ad indicare quanto doveva starle a cuore la scoperta di una
verità vera che non implicasse un coinvolgimento di Mulder.
Quando compose il numero di Scully, pensò al fatto che in
passato mai l'aveva contattata in privato e già solo questo lo
mise in agitazione. Appena il numero fu composto, rispose la
segreteria telefonica alla quale non lasciò nessun messaggio.
Avrebbe provato sul cellulare. Digitò il numero, ma
risultò irraggiungibile. A questo punto iniziò a
preoccuparsi anche se, pensò, era eccessivo. Magari Scully
preferiva non essere rintracciata fuori l'orario di lavoro. Ma si
sentì in qualche modo responsabile perché, dopo gli
ultimi eventi, dopo la sua malattia la sentiva fragile. Si
vestì e si recò a casa di lei. Quando arrivò non
la trovò, così decise di andare dall'agente Mulder nel
caso lui fosse a conoscenza della sua posizione. Quando bussò
alla porta, sentì i passi felpati di Fox che si accingeva ad
aprire.
"Signore, lei qui? Prego, entri". Quando Skinner entrò, si
diressero entrambi nel salottino di Fox. Si sedettero l'uno di fronte
all'altro. "Mulder, io credo di aver fatto un grosso sbaglio e sono
venuto qui per rimediare"
"E' per Scully,vero? Che le è successo?"
"Spero nulla, ma non riesco a contattarla. A casa è
inserita la segreteria e il suo cellulare è irraggiungibile"
"Proverò ad andare a casa sua, magari non vuole essere
disturbata e
"
"Non ci perda tempo, ci sono appena stato e lei non c'è e a
preoccuparmi sono stati gli squilli al mio telefono privato,
stamattina alle sette" Mulder guardò dritto negli occhi il suo
superiore
"Signore, forse è meglio che mi racconti tutto quello che
è successo con Scully, a partire da ieri".
Quando Skinner ebbe descritto a Mulder la conversazione avuta con
Scully nel loro ufficio il giorno precedente, gli mostrò i
documenti che aveva consegnato alla sua collega. Gli parlò
della tensione che l'incarico dato a Scully gli aveva procurato e gli
disse che avrebbe messo a disposizione il suo aiuto, nel caso
avessero bisogno di lui.
"Non posso espormi ulteriormente, agente. Dopo la morte del
caposezione Blevins, le nuove teste del dipartimento stanno svolgendo
indagini a tutto campo e se dovessi fare dei passi falsi
Inutile dirle che ci rimetterei non solo io ma anche gli X-Files. Io
posso solo offrirvi il mio aiuto da dietro le quinte. Cerchi di
capirmi, Mulder". Era chiaro che Fox era sempre stato grato a Skinner
per il suo aiuto ma l'atteggiamento da topino impaurito l'aveva
sempre disgustato. Aveva fatto la guerra in Corea e avrebbe dovuto
affrontare il pericolo in maniera diversa. Ma ogni uomo è solo
nel combattere le proprie battaglie e non sempre un fucile è
sufficiente a difendersi dai colpi sinistri. Solo a volte riusciva a
comprenderlo quest'uomo che la guerra vorrebbe vincerla ma che
desidera andare in Paradiso anche dopo aver ucciso un uomo.
"Non si preoccupi, signore. Comprendo la sua situazione ma,
adesso, è meglio che mi occupi del caso di Scully. Sperando
che non si sia cacciata in qualche brutto guaio". Quando si
salutarono, Mulder tentò di comprendere il file che il suo
superiore gli aveva consegnato, ma non era a conoscenza del fatto che
i documenti in suo possesso, erano gli stessi che aveva Scully. Erano
i documenti incompleti che Skinner aveva dato anche a lei. Questo
significava che i due agenti federali, probabilmente, avrebbero
percorso la stessa logica di pensiero nello svolgere la loro
indagine. A differenza della sua collega, però, Fox era in
vantaggio. Skinner era stato abbastanza comprensivo nel consegnargli
i documenti già decodificati. Sapeva che Dana avrebbe dovuto
farli tradurre e sapeva anche che probabilmente sarebbe andata da una
persona che entrambi conoscevano. Per questo lui e Skinner non
riuscivano a rintracciarla, lei era in New Mexico. Fox aveva capito
che quel caso per Scully era importante a tal punto da
nasconderglielo, ma non poteva permetterle di lavorarci su da sola.
Solo che a lui niente sembrava avere senso in tante parole ma sapeva
da dove iniziare: dallo scalo di Burgess.
Dai Lone Gunmen,
nel pomeriggio.
Quel pomeriggio, Mulder si mise in contatto con i suoi amici di
sempre, i Lone Gunmen. Non li andava a trovare da un sacco di tempo
ma i tre ragazzacci non sembrarono sorpresi dalla sua visita. Lui si
era sempre presentato da loro per lavoro, mai per un saluto
incondizionato. Anche stavolta necessitava di informazioni che non
avrebbe potuto trovare altrove. "Mulder, possibile che non arrivi mai
qui per portarci delle belle ragazze con cui andare a fare un po' di
baldoria?! Sempre al lavoro!" disse Frohike "Via, ragazzi, se non mi
aiutate voi!"
"Si ma tu cerca la maniera giusta di ringraziarci"
"Prima o poi convincerò Scully ad uscire con te una sera,
così siamo pari, va bene Frohike?"
"Se riuscissi a fare questo, ti sarei debitore per tutta la vita.
Comunque, cos'è che vuoi sapere?"
"Burgess"
"Lo scalo di Burgess in Virginia?" chiese Langly
"Quello"
"Non mi sembra ci sia qualcosa di strano a proposito. Non oggi. In
passato, però, pare che ci fosse un traffico di droga
destinata al Brasile. T'interessi al traffico illecito adesso,
Mulder. Cos'è sei a corto di lavoro elettrizzante?" chiese
Frohike in tono scherzoso.
"Eh, potreste passarmi voi qualche caso interessante quando
sarò disoccupato. Comunque, io non credo che arrivasse droga a
Burgess, o non solo quella"
"Cosa dobbiamo cercare di preciso?" chiese Langly
"Qualcosa che abbia a che vedere con la Marina e con il traffico
di clandestini o cose del genere"
"Wow, la Marina! I Servizi segreti, eh? Ci mettiamo al lavoro da
subito. Ci vorrà un po' di tempo ma per domani avremo
sicuramente quello che ti interessa. So a chi chiederlo"
"Vi ringrazio ragazzi. Domattina sarò qui alle otto in
punto". Lasciàti i Lone Gunmen, Mulder tornò a casa a
ristudiare tutte le informazioni di cui era in possesso. Ma, in
ciò che lesse, non riuscì a trovare un punto di
partenza che fosse logico a parte il traffico verso Burgess. Era come
se tra quelle parole qualcosa gli sfuggisse. Un particolare che per
Scully era tanto importante da doverlo nascondere.
New Mexico,
Rosa's Motel.
10.05.98, nel pomeriggio.
Nella sua piccola ma confortevole stanza al Rosa's motel, Scully
si accingeva a studiare in modo approfondito e definitivo il dossier
appena tradotto, quando il suo pensiero andò a Mulder. Le sue
indagini avrebbero potuto richiedere tempi più lunghi che un
paio di giorni. Avrebbe dovuto avvisare Skinner che si sarebbe
assentata dal lavoro per un po'. Ma la parte difficile sarebbe
arrivata quando avrebbe dovuto rendere credibile una scusa al
collega, per restare lontana dal lavoro senza che lui si
insospettisse. Avrebbe pensato al momento a ciò che gli
avrebbe detto. Non poteva permettergli di seguirla. Non stavolta.
Appena inforcati i suoi occhiali da vista, si sedette al tavolo di
fronte al letto e riprese a studiare il file dall'inizio, quasi a
cercare qualcosa che fosse più di un nome e che fino ad allora
le era sfuggito. Non trovando nulla, con il laptop decise di fare
qualche indagine su quel nome che le era sembrato tanto familiare
già dal giorno precedente. Digitò sulla tastiera il
nome José Santiago e lo inserì nel motore di ricerca
della Marina. Ottenne l'accesso ad un file che, sulla schermata,
apparve così:
NOME: JOSE' SANTIAGO
DATA E LUOGO DI NASCITA: 11\06\40- WASHINGTON
INDIRIZZO PRIVATO: VIRGINIA, NESSUN ULTERIORE ACCESSO A QUESTA
INFORMAZIONE
PROFESSIONE: IN MARINA DAL 1968. CAPITANO DAL 1980
MISSIONI COMPIUTE: NESSUN ACCESSO A QUESTA INFORMAZIONE
FILE PERSONALE: MOGLIE DECEDUTA DURANTE IL PARTO DELLA FIGLIA
LINDA, NEL 1976. LINDA SANTIAGO, FIGLIA UNICA. DECEDUTA PER CAUSE
NATURALI IL 12 OTTOBRE 1994.
ATTUALE OCCUPAZIONE: DIMESSO DAL SUO INCARICO PER MOTIVI
PERSONALI.
Rileggendo i dati scarni riguardanti l'uomo, il suo sguardo cadde
su un particolare: la residenza in Virginia. Sempre la Virginia come
punto di partenza. Erano ormai le sei di sera. Dana si preparò
a prendere l'aereo che sarebbe partito dopo un'ora, per tornare a
casa. Se Santiago risiedeva ancora lì, lei l'avrebbe
trovato.
Annapolis, Maryland.
Residenza di Dana Scully.
11.05.98
Scully arrivò a casa alle due di mattina. Andò a
dormire sperando che un po di riposo le avrebbe dato la
possibilità di trovare una soluzione ad un caso che non
sembrava nemmeno avere i connotati di una vera indagine. Dopo qualche
ora di sonno, verso le nove di mattina, senza recarsi al quartier
generale, telefonò a Skinner per informarlo del fatto che
avrebbe chiesto il permesso di assentarsi dal lavoro per qualche
giorno. Skinner parve sollevato nel sentirla
"Agente Scully, non sono riuscito a rintracciarla durante tutto il
week-end, ero preoccupato per lei"
"Come mai signore? Lei era a conoscenza di questa indagine. Non
c'è niente per cui preoccuparsi. O forse dovrei essere a
conoscenza di qualcosa di cui lei non mi ha informato?"
"No, Scully. Buon lavoro". L'uomo riagganciò
immediatamente, non voleva farsi sfuggire il fatto che Mulder fosse a
conoscenza di quella storia e, soprattutto, non voleva farle sapere
che il suo collega non si era ancora presentato al lavoro quella
mattina in quanto impegnato nel suo stesso caso.
Dopo aver telefonato al suo superiore, Dana chiamò
l'ufficio, per avvisare Mulder. Il telefono squillò a vuoto:
nessuno rispose. Non le sembrò strano, probabilmente era in
giro per il Bureau o forse per strada. Lo chiamò sul
cellulare.
"Mulder"
"Mulder sono io, dove sei?" Fox era con i Lone Gunmen e coprire le
voci dei tre compagni che, come al solito, vociferavano in
sottofondo, non era facile.
"Sono nel traffico, Scully. Ricordi il caso di cui ti avevo
parlato venerdì? Sembra che sia stata tutta una storia
inventata da ragazzini troppo su di giri. Vado a parlare con la loro
insegnante. Tu dove sei, in ufficio?"
"Hm
no. Sono a casa. Non vengo al lavoro oggi, Mulder e
nemmeno domani. Ho degli impegni di famiglia. Ti ho chiamato per
avvisarti di questo"
"Va bene Scully, ci vediamo allora. Stammi bene"
"Ok".
Dai Lone Gunmen
11.05.98 Ore 08:00 a.m.
I Lone Gunmen trovarono, come promesso a Fox, le informazioni di
cui lui aveva bisogno. Alle loro parole lui non riuscì a
ribattere perché capì, senza alcuno sforzo, tutto
ciò che i documenti di cui era in possesso stavano a
significare.
Fu Frohike a prendere la parola.
"Mulder, da quello che la nostra fonte ci ha riferito sembra che
le informazioni che hai sul traffico che si concludeva a Burgess
siano giuste. Negli anni cinquanta, da tutto il mondo, partivano
delle merci raccolte al porto in Virginia. Ora, non può essere
provato ma si sa senza ombra di dubbio che tale merce fosse
umana" Mulder rispose con un'espressione perplessa e quando
capì di cosa si trattasse, chiese conferma
"Merce umana, intendi dire persone?!"
"Si, ma non solo. Su questi soggetti erano stati eseguiti
complessi esperimenti d'ingegneria genetica. Alcuni di loro sono
ritornati a casa nella loro destinazione d'origine, inspiegabilmente.
Altri non hanno resistito ai tests e sono morti con la conseguenza
che ancora oggi risultano scomparsi. Ma c'è di più. Gli
esperimenti erano eseguiti su vagoni merci se si trattava di
cittadini americani o sulle stesse navi da trasporto dai medici della
Marina e scienziati europei, se i soggetti erano di
nazionalità diversa. Tutte le informazioni derivanti dagli
esperimenti erano annotate dalla stessa Marina che si occupava anche
del trasporto di cartelle cliniche in West Virginia. All'indirizzo in
Virginia risultava, fino a qualche anno fa, una fittizia compagnia
mineraria. Ma tu questo già lo sai". Mulder rimase a sentire
quel lungo ed accurato rapporto dalle labbra di Frohike senza battere
ciglio. Tutto quel discorso gli parve un flashback di ciò che
lui e Scully avevano già vissuto qualche tempo prima quando,
in New Mexico, trovarono un vagone carico di corpi in decomposizione
e poi alla fine, in una montagna in West Virginia, quasi per caso,
portarono alla luce migliaia di cartelle cliniche classificate da
uomini fra cui suo padre: William Mulder. Ricordò che, in
quella occasione, si chiese chi avesse trasportato fisicamente tante
cartelle per permetterne un'accurata classificazione. Ma quanti altri
punti erano ancora all'oscuro e per cui Mulder ancora non riusciva a
formulare una domanda?
Quando chiuse la conversazione con Fox, Dana era già
pronta. Uscì di casa per salire in macchina, quando un uomo le
si avvicinò. Le appoggiò una mano sulla spalla sinistra
mentre lei, con ancora le chiavi in mano, aveva appena aperto lo
sportello dell'auto. Dana si voltò e poté vedergli le
pupille degli occhi tanto lui era vicino.
"Cosa vuole?" chiese con voce concitata
"Signorina Scully, devo parlarle di una cosa d'estrema importanza"
"Non ora, devo recarmi al lavoro
e poi come fa a
conoscermi?"
"Possiamo parlarne in macchina, se vuole. Posso?"
"Lei chi è?". Senza un attimo d'esitazione l'uomo si
presentò e al suo nome Scully provò una sensazione di
disagio inspiegabile
"Il mio nome è José Santiago".
Da questo momento in poi le indagini condotte da Dana avrebbero
preso una strada più breve da percorrere.
Ma anche più insidiosa.
Residenza di Dana Scully
Ore 10.00 a.m.
Appena Santiago si fu presentato, Scully decise di farlo entrare
in casa. Probabilmente avrebbe saputo molto più da lui che
andando ad indagare direttamente allo scalo portuale. L'uomo la
informò del fatto che i documenti in possesso di Skinner li
aveva inviati lui anonimamente. "Signorina Scully, mi dispiace l'aver
usato un simile stratagemma per avvicinarla, ma se mi fossi
presentato direttamente a lei avrei rischiato di sembrare un mitomane
ed è esattamente ciò che non sono"
"Signor Santiago, posso comprendere il suo stato d'animo ma ora
che è qui pretendo di conoscere il significato d'ogni singola
espressione contenuta nei documenti che lei ha consegnato a Walter
Skinner". Santiago si rivolse a Scully con un'espressione accigliata
"Non capisco, la traduzione del testo era allegata ai fogli che io
ho consegnato al suo superiore. Non l'ha ricevuta?" Scully
scrollò le spalle "Credo che non mi sia stato consegnato molto
più di questo. Ma è un'altra storia. Mi aspetti qui".
Dana andò in camera da letto a prendere da un cassetto
dell'armadio un po' più nascosto degli altri, il dossier che
stava studiando da qualche giorno. Tornata dal suo ospite, gli
mostrò i fogli tradotti da Hosteen
"Si, sono questi e la traduzione è perfetta. Come ha
fatto?"
"Dure ricerche. Ma lei come fa a conoscere questo linguaggio?"
"La Marina l'ha utilizzato in svariate occasioni per comunicare
informazioni a distanza che fossero difficilmente captate da nemici,
specie in tempo di guerra". Scully, che intanto aveva abbassato lo
sguardo sui fogli che aveva appoggiato sulle gambe, ritornò
con lo sguardo all'uomo e, d'un tratto, disse: "Capitano Santiago.
Sa, mio padre mi parlava spesso di lei quando era ancora vivo" Dana
sorrise mentre lui riprese la parola.
"Anch'io ho molto sentito parlare di lei, dottoressa Scully. Suo
padre era molto orgoglioso che fosse un medico e continuava a
parlarmi di lei con la luce negli occhi, anche dopo essere entrata
nell'FBI". Dana aveva bisogno di sentirsi dire simili parole da tempo
immemorabile. Ringraziò quell'uomo che le aveva regalato un
attimo rubato al tempo ormai trascorso.
"Parlavamo spesso delle nostre famiglie, soprattutto quando ci
ncontravamo dopo qualche tempo. E mi dispiacque quando, quattro anni
fa, venni a conoscenza del suo rapimento. Lei sa cosa le è
successo?"
"Preferirei non parlare di questa storia se non le dispiace".
Santiago sembrò frastornato
"Mi scusi, ma lei su che basi sta conducendo quest'indagine?"
Scully non capì cosa avesse a che vedere il cumulo di
documenti in loro possesso, con il rapimento di lei. Lasciò
cadere nel vuoto la domanda costringendo Santiago a continuare nel
suo racconto. L'uomo si alzò dal divano su cui era seduta
anche Scully. Si avvicinò alla finestra alle loro spalle e
guardò fuori dove c'era una donna che attraversava la strada.
"Ho lavorato nella Marina per trent'anni della mia vita. Ho avuto
soddisfazioni che non avrei mai scambiato con niente altro fino a
quando nacque mia figlia Linda. Sua madre morì durante il
parto ed io sono arrivato a fare l'impossibile per consolarla
dell'affetto che solo una madre è in grado di dare. Il giorno
del suo diciannovesimo compleanno, tornai a casa in anticipo da un
viaggio di lavoro per festeggiarlo con lei. Stavo per entrare
nell'appartamento che condividevamo ed ero felice di sorprenderla con
la mia presenza inaspettata, quel giorno. Ad un tratto, scorsi la
porta d'ingresso aperta e davanti sostava un agente federale. Sentii
che era successo qualcosa di grave e, infatti, mi dissero che Linda
era stata rapita nella notte da due sconosciuti. Aspettai che le
indagini facessero il loro corso per tre mesi. Mi restituirono il
corpo di mia figlia senza vita. Non mi diedero nessuna spiegazione
all'FBI riguardo la sua morte o la sua scomparsa. Chiesi un'autopsia
e il risultato fu morte naturale dopo mesi di vagabondaggio. Ma
sapevo che non era vero. Iniziai delle indagini con l'aiuto di un
agente privato il quale non seppe dirmi altro che quello che vedevo
erano solo ombre. Diceva che non volevo accettare la morte di mia
figlia. Quello che in realtà non accettavo era la risposta
spicciola dell'FBI. All'inizio mi buttai a capofitto nel lavoro. Per
dimenticare, per concedere ad una ragione che sembrava inspiegabile
il beneficio del dubbio. Ma dopo due mesi aver seppellito mia figlia,
seppi della sua scomparsa, Scully. Quasi di pari passo e per puro
caso, mi ritrovai tra le mani dei documenti che erano stati
codificati con il linguaggio Navajo. Li lessi con disinvoltura
all'inizio. Poi trovai il suo nome associato a quello di Duane Barry
e a degli esperimenti di cui era la cavia inconsapevole. Io sono
sicuro che mia figlia sia stata sottoposta allo stesso trattamento in
seguito al quale è morta. Dopo la lettura di quei documenti,
mi dimisi dalla Marina per dedicarmi alla scoperta di una
verità che sono sicuro sia stata nascosta nel nome di qualcosa
che, alla fine, ci coinvolgerà tutti. In questi tre anni
d'indagini ho scoperto che la Marina, l'FBI e i Servizi Segreti di
tutto il mondo hanno orchestrato un gioco dal quale dipende la vita
di sei miliardi di persone". Dana ascoltò senza mai
interrompere. La voce dell'uomo era talmente ferma e sicura che a lei
non ci volle molto più che intuito a capire che era tutto
vero. Si confidò con lui.
"Signor Santiago, ho bisogno di porle una domanda. Sia il
più sincero possibile e non si preoccupi di come potrei
prenderla io. Il mio diretto superiore mi ha consegnato le cartelle
che lei ha lì davanti a sè dandomi l'opportunità
di svolgere delle indagini senza troppo rumore. Senza volerlo mi ha
accennato alla possibilità che la mia famiglia possa essere
implicata in tutto questo. Sa certamente che non solo mio padre, ma
anche uno dei miei fratelli è nella Marina
"
guardò l'uomo negli occhi "
devo sapere qualcosa, signor
Santiago?" L'uomo proseguì e il suo racconto fu la copia di
ciò che Frohike stava, nel frattempo, raccontando a Mulder. Ma
Santiago disse qualcosa di più.
"Dopo aver prelevato ignari soggetti in tutto il mondo per
condurre su di loro esperimenti d'avanzata ingegneria genetica,
questi erano portati in America. Dopo lo scalo a Burgess quelle
persone erano dirottate verso apparati dove erano posti sotto
controllo medico. Alla fine di quei controlli, alcuni di loro erano
rispediti a casa convinti di essere vittime di rapimenti alieni.
Altri non riuscivano a sopportare gli effetti devastanti procuratigli
dagli esperimenti e morivano. La Marina trasportava nei luoghi
convenuti per gli esperimenti tutte queste persone e nascondeva,
accuratamente, le cartelle cliniche su cui era annotata ogni singola
operazione medica. Suo padre sapeva tutto ciò. Ha taciuto
perché non era stato implicato direttamente in questi
trasporti e, comunque, non ne era a conoscenza diretta. Sapeva
dell'implicazione dei massimi organi governativi, ma nulla
più. Quando lei, agente Scully, decise di entrare nell'FBI suo
padre pregò Dio affinchè cambiasse idea, perché
aveva capito fino a che punto l'uomo può arrivare a sporcarsi
le mani. Sperava che lei rimanesse al pulito. Che svolgesse, insomma,
la professione di medico. Ma riguardo la sua famiglia, non ho
elementi a sufficienza per sostenere che sia implicata in tutto
ciò. Forse le sembrerà un atteggiamento egoista ma io
sono molto malato. Vorrei chiudere quest'indagine durata tre lunghi
anni. Sono a un passo dalla fine, nessuno può aiutarmi se non
un dottore. Non so cosa sia successo a mia figlia. Ho sentito delle
voci da cui risulta che abbiano sbagliato l'autopsia"
"Sbagliare un'autopsia?! Mi sembra eccessivo. Chi le ha detto
questo?" "Qualcuno che ho incontrato per caso nei corridoi dell'FBI.
Non ricordo chi fosse ma mi sembrava piuttosto sicuro di ciò
che diceva. Vorrei un'esumazione del corpo ed una seconda autopsia.
So che è anche un medico legale mi sono rivolto a lei per
questo. Vorrei morire sapendo di aver scoperto tutta la verità
su Linda. Mi aiuti, la prego". Scully sentì che non le aveva
detto tutta la verità, ma volle aiutare quell'uomo
"Ordinerò un'esumazione per domani ed eseguirò io
stessa l'autopsia su sua figlia. Se c'è una verità da
scoprire, lo sapremo presto." Quando Santiago se ne fu andato era
ormai l'ora di pranzo ma Dana sembrò aver perso la cognizione
del tempo. Si mise comodamente seduta sul divano e rilesse tutti i
documenti che Skinner non volle darle e che ebbe, invece, dal
capitano. Erano almeno duecento pagine di nuove informazioni.
All'inizio, non trovando ancora nulla riguardo la sua famiglia, non
capì perché il suo superiore le avesse detto una bugia.
Dopo pagine e pagine di accurate descrizioni dei trasferimenti e
degli esperimenti compiuti da uomini che, incontrati per strada
potrebbero sembrare persone normali, d'un tratto il suo sguardo cadde
su un nome. Capì. E fu a quel punto che si coprì il
volto con le mani e iniziò a piangere.
Dai Lone Gunmen
Ore 01:35 p.m.
Intanto, anche Mulder, accompagnato passo dopo passo dai Lone
Gunmen, era iniziato ad una verità che se non lo sconvolse lo
rese vulnerabile come mai si era sentito in vita sua. Byers, dopo
aver ascoltato il racconto del suo collega d'avventure impossibili,
prese una valigetta che teneva nascosta dietro una grande pila di
libri d'informatica, dopodiché iniziò a parlare
"I documenti in tuo possesso, non sono completi, Mulder. Quello
che c'è in questa valigetta è ciò che Scully non
vorrebbe sapere e sicuramente Skinner non li ha consegnati neanche a
lei"
"Che vuoi dire?" Byers aprì la valigetta e da una
cartellina piena di fogli estrasse quello contrassegnato a penna con
il numero 173 e lo consegnò a Mulder. Questi lo prese
guardando l'amico in modo interrogativo. Si rese conto che se Scully
aveva già letto ciò che lui stava scoprendo solo ora
doveva essere, a dir poco, disperata. Provò a chiamarla a casa
ma nessuno rispose. Compose il numero del cellulare.
"Scully".
"Sono Mulder".
"Mulder, in questo momento non posso parlarti, ci sentiamo
più tardi" e tolse la comunicazione.
Le lacrime di Dana non durarono molto. Poche volte, in vita sua,
aveva ceduto ai sentimentalismi e, meno che mai, si era allarmata per
qualcosa che era scritto solo sulla carta. Si asciugò il
volto, prese il cappotto, le chiavi della macchina, ma soprattutto
quel foglio che l'aveva catapultata nell'oblio. Uscì di casa
decisa che ormai era una questione di giustizia. Al diavolo i
sentimenti e il suo lavoro. Appena messasi in viaggio, il telefono
squillò. Era Mulder, ma lo liquidò in modo brusco. Non
doveva permettere alle parole di nessuno di annebbiarle la mente che
ormai era proiettata verso il dialogo che avrebbe instaurato con suo
fratello Bill, appena arrivata a San Diego.
Burgess, Virginia
Ore 02.05 p.m
Mulder lasciò i Lone Gunmen dopo averli ringraziati per il
loro aiuto. Salì in macchina e si diresse al porto di Burgess.
Trovare le prove dei raggiri nei confronti dei cittadini di tutto il
mondo trasferiti in America contro la loro volontà, avrebbe
significato confermare o negare la validità delle affermazioni
contenute nei documenti di cui era in possesso. Arrivato allo scalo
Mulder tentò, presentandosi come agente federale incaricato di
controlli finanziari, di avvicinarsi ad un archivio che contenesse le
informazioni di cui necessitava. Il capitano di porto, John Gibson,
lo condusse in una stanza dove erano stipati centinaia di documenti
risalenti al massimo a due anni prima. Gibson, un uomo sulla
quarantina, lasciò Mulder indisturbato. Quest'atteggiamento
colpì Fox che capì che non avrebbe trovato niente di
significativo lì dentro. Uscì dopo qualche minuto e,
ritornato da Gibson tentò di risolvere un dilemma che pochi
minuti nell'archivio, gli erano bastati a formulare.
"Capitano Gibson le cartelle archiviate dovrebbero rimanere a
disposizione di indagini e comunque per legge, per almeno dieci anni,
ma la prima cartella in ordine di tempo risale al massimo a due anni
fa. Sa darmi una spiegazione?"
"Non c'è nessun mistero o occultamento di falsi illeciti.
Due anni fa, qui ci fu un grosso incendio e molti documenti andarono
distrutti. Ecco perché la cronologia non supera i due anni.
Però è strano che proprio voi dell'FBI non ne sappiate
nulla visto che, all'epoca, le indagini furono condotte da voi". Con
la solita diplomazia dei federali, Mulder se ne uscì con un
"Niente di strano signor Gibson, ordinaria amministrazione" e
andò via sicuro che se ci fosse stato un incendio in passato
era stato un incendio doloso e probabilmente legato al caso che
Scully stava conducendo.
San Diego, California
U.S. Naval Station
Residenza di Willian Junior Scully
12.05.98 Ore 06:00 p.m.
Arrivata alla base militare di San Diego dove risiedeva suo
fratello Bill, Dana si fece annunciare all'entrata da un militare che
stava piantonato lì a controllare gli intrusi non graditi.
Appena sua cognata Tara sentì che la macchina si era fermata
di fronte al vialetto, aprì la porta per salutare Scully con
un gran sorriso.
"Dana non ti aspettavamo. Come mai qui?"
"Ciao, vorrei parlare con Billy se è in casa"
"Intanto entra. Billy non c'è ma tornerà a momenti.
Dimmi, è successo qualcosa?" Scully entrò e
sentì nella gola un tale magone che, se il fratello non fosse
arrivato in quel momento, sarebbe forse esplosa in un pianto
isterico. Bill aprì la porta di casa con le chiavi ma sua
moglie gli andò incontro lo stesso.
"Bill, c'è una sorpresa per te. E' Dana! E' in salotto, vai
che t'aspetta". Entrato in casa ancora in divisa, si diresse
immediatamente a salutare sua sorella. Fece per abbracciarla ma
Scully si ritrasse immediatamente.
"Bill devo parlarti. E' una questione urgente. Dove possiamo
discuterne in privato?"
"Dana sei a casa mia. Quale posto è più privato?"
"Voglio parlarti da sola".
L'uomo si accorse dell'impazienza di sua sorella e la portò
fuori casa, sul portico. Dana si appoggiò alla ringhiera
bianca e, guardando di fronte a sé per non incontrare lo
sguardo del fratello che l'avrebbe indotta a desistere, iniziò
a parlare con tutto l'autocontrollo di cui era capace. "Quattro anni
fa, quando ritornai da quella strana assenza che fu definita un
rapimento e di cui ancora oggi pago le conseguenze, mi ritrovai in
coma in un letto d'ospedale. Mi dissero che era stato un miracolo a
salvarmi tanto ero in condizioni disperate. E convinta di questo,
quando mi rimisi, puntai tutte le mie energie e i miei pensieri alla
ricerca di chi mi aveva fatto tanto male. Ma io e Mulder non pensammo
alla cosa più ovvia, cercare chi, in quell'ospedale, mi
condusse perchè qualcuno si prendesse cura di me" "Dana. . ."
"No, non interrompermi Bill. Io sono qui per chiederti solo una
cosa. Voglio che tu sia sincero anche se fino a che punto tu possa
esserlo io non lo so. Certo è che solo ora capisco la tua
avversione per Muder. Avevi paura che lui trovasse la verità e
quindi arrivasse a te. Fosti tu a portarmi in ospedale
affinchè mi curassero".
Bill Scully abbassò lo sguardo quando Dana si voltò
verso di lui per guardarlo negli occhi ma non rispose.
"Quanto c'entri tu in questa storia? Io lo devo sapere Bill. Per
il mio lavoro, per Mulder, ma soprattutto per me stessa. Lo scoprirei
comunque, quindi è meglio che tu mi dica la verità".
"Quale verità vuoi che ti racconti, Dana? Quella che
propinarono a me o quella che scoprii da solo? Quando ancora era
vivo, papà mi raccontava di strane cose che accadevano in
Marina e non solo lì. In tutti gli apparati governativi
succede qualcosa che alla fine viene insabbiato. Pensavo che certe
cose accadessero ad altri, ma quando mamma mi chiamò per
avvertirmi della tua scomparsa, mi ci volle meno di un minuto a
capire ciò che era successo. Mi bastò collegare il
fatto che il tuo collega, all'epoca, era intento a risolvere un caso.
Quello di Duane Barry. Avevo già sentito quel nome.
Così, mi recai immediatamente da una persona che poteva
aiutarmi e che conobbi a New York durante una missione. Potevi non
ritornare a casa viva, Dana. Così barattai la tua vita con
quella di un'altra donna. Consideralo inumano e vigliacco, ma era
l'unica cosa che potessi fare. Sei mia sorella e aiutarti rientra
nell'affetto che nutro per te
"
"Bill ma che dici?! Hai scambiato la mia vita con quella di
un'altra persona? Chi?!"
"Non so esattamente chi, Dana. So che era una ragazza. Figlia di
qualcuno della Marina. Fu rapita il giorno prima che tu comparissi in
ospedale. Ma lei morì poco tempo dopo perché gli
esperimenti fecero male al bambino che aspettava".
Dana non riuscì a reggere il colpo. Rimase lì come
un automa senza dire nulla, senza reagire alle parole del fratello.
Quando Bill si accorse dello stato di shock che l'aveva colta
tentò di riparare in qualche modo ma ringraziò Dio di
essersi liberato dall'incubo con cui aveva vissuto per tanto tempo.
"So che non avrei dovuto dirtelo ma prima o poi l'avresti scoperto
da qualcun altro e allora mi avresti odiato molto più di ora".
Scully lo fissò a lungo prima di rispondergli.
"Non è colpa tua, Bill. Forse anch'io avrei pensato a un
simile comportamento. Quello che mi fa male ora, però,
è pensare che una donna e il suo bambino siano morti per me. E
io non lo merito. Non più di lei. Bill, devo sapere altro?".
"Niente, a parte il fatto che la persona che mi aiutò a
fare lo scambio è una persona che ora è morta e faceva
parte dell'FBI. Non chiedermi altro Dana, non potrei dirti niente".
Scully salutò il fratello, senza ringraziarlo, senza
riproverarlo. Non aveva idea da quali sentimenti il suo cuore fosse
pervaso.
Annapolis, Maryland
Residenza di Dana Scully
13.05.98 Ore 03:00 a.m.
L'aereo la riportò a casa che erano ormai le tre del
mattino. Appena messo piede nel suo appartamento, si stese al centro
del letto senza neanche cambiarsi. Non riuscì a pensare ad
altro se non a quello che il fratello le aveva raccontato e alla
donna che, in quel momento, faceva compagnia alle tenebre al posto
suo. La testa era un guazzabuglio di pensieri, di situazioni che
sembravano solo sognate. Si alzò dal letto e si guardò
intorno. Il pensiero che le era rimasto fisso nella mente era quello
di non aver diritto a rimanere in vita. Che, in fondo, non era stata
lei a volerlo. Ogni nuovo giorno, da quando si era svegliata dal
coma, era stato un dono. In preda all'ira per quell'ingiustizia,
iniziò a prendersela con quello che le capitava sotto tiro.
Vasi di fiori, quadri, anche il laptop si ritrovarono per terra in
seguito al momento di raptus di Dana. Quando si calmò, si
sedette sul letto e dalla borsa che aveva accanto a sè
tirò fuori una di quelle pagine che aveva portato al fratello
e che alla fine neanche ci fu bisogno di mostrargli. Volle andare a
rileggere quella pagina segnata con il numero 173 che l'aveva portata
a San Diego. Ricordò che, durante il tragitto, aveva pregato
che avesse sbagliato ad interpretare quella frase che l'aveva
sconvolta. Ma quando la ritrovò, si rese conto che nulla di
più semplice ed immediato da comprendere c'era nel dossier, se
non quell'unica frase. La lesse ad alta voce come ad imprimerla
meglio nella mente e nel cuore. Come a dare più forza al
racconto di Bill.
"
si decise per il bene della donna, ma soprattutto del
progetto, di lasciarla libera prima del termine convenuto. Non
avrebbe dovuto suscitare sospetti il suo ritorno a casa e per questo
fu concordato da [censura] e da [censura] che fosse
ricoverata in ospedale. William Junior Scully, fratello di Dana
Katherine Scully, la registrò come paziente
"
Scully la ripeté decine di volte. Si chiese di quale
progetto si trattasse ma non le importò. Era di certo una di
quelle cose strane che lei e Mulder avevano cercato per tanto tempo.
Alieni, esperimenti
che le importava più ormai? Si mise
in posizione fetale al centro del letto e si addormentò con in
mano una fotografia che stringeva forte, quasi a cercare qualcosa a
cui aggrapparsi per non sprofondare nel nulla della disperazione.
Ormai il sole era sorto da molte ore quando Mulder si recò
a casa della collega per scoprire cosa diavolo le fosse successo,
visto che non si faceva sentire e al telefono non rispondeva. Lui era
preoccupato dal giorno prima, quando aveva letto il nome del fratello
di Dana nel dossier. Voleva sapere delle sue condizioni di salute ma,
suonato alla porta, lei non aprì. Sapeva che era in casa
perché la sua macchina era parcheggiata fuori. Prese il
doppione delle chiavi dell'appartamento di Scully che aveva da sempre
ma che non aveva mai usato, ed aprì la porta. Si guardò
attorno ma tutto sembrava in ordine.
"Scully
Scully sei in casa?".
Continuò a cercare in giro nel caso le fosse successo
qualcosa. Quando arrivò in camera da letto, la vide lì
sdraiata, tutta vestita. Attorno sembrava essere passato un uragano.
I libri erano tutti per terra, un quadro pendeva storto dalla parete.
Anche il computer portatile sembrava aver fatto una brutta fine visti
i vari pezzetti in cui si era disintegrato cadendo per terra. Mulder
si spaventò. Pensò che qualcuno l'avesse aggredita ma,
quando le si avvicinò, gli occhi di lei erano aperti e stavano
guardando la foto di lei e Melissa accanto alla madre quando erano
piccole, quando ancora poteva sognare una vita normale e i sensi di
colpa si limitavano alla testa rotta di una bambola. Si accorse che
il suo collega era entrato in camera, ma non disse nulla.
"Scully
stai bene?"
Dana non rispose. Mulder si sedette sul letto accanto a lei, le
spostò un ciuffo di capelli dalla fronte e la osservò
meglio. Non stava piangendo. "Dana mi stai spaventando, dimmi che
hai".
Scully non si mosse dalla sua posizione e gli parlò con
voce roca ma ferma "Mulder va' via. Lasciami sola. Ti prego,
vattene".
"Non ti lascio così. Hai bisogno di aiuto. Io sono qui"
"Mulder, io non ho bisogno di nessuno. Non sono degna di essere
aiutata. Non valgo tanto da meritare l'aiuto e la compassione di
qualcuno. Va' via". Mulder rimase lì, inutile dirlo, ad
aspettare che la collega uscisse dallo stato di depressione in cui si
trovava. Passata una manciata di secondi durante la quale,
dall'angolo del letto dov'era seduto, si rese conto che Dana non
muoveva un muscolo, si alzò e decise di fare una cosa che mai
si sarebbe sognato di fare. Ma era necessario per scuoterla da quel
torpore. Si avvicinò a lei ancora di più e, con
dolcezza ma con decisione, le diede uno schiaffo per costringerla
almeno a reagire. Ma lei non disse nulla. Non fece niente neppure per
difendersi da quella violenza. A Mulder faceva male stare lì
senza poterla aiutare. Così, le passò le braccia
attorno al torace e la fece sedere sul letto, le prese il viso tra le
mani e guardandola negli occhi le disse qualcosa che Scully non
s'aspettava
"So tutto Dana. Con me puoi sfogarti".
Sentito questo, Scully si sentì punta e gli rispose
"Tu non sai niente Mulder. Non sai niente di ciò che mi
è successo. Non conosci ciò che io ho scoperto. E non
lo puoi immaginare come mi sento. Non puoi aiutarmi, tu. Quindi
vattene e lasciami in pace!".
Detto questo si alzò dal letto e, scavalcando i cocci di
una vita che lei credeva di non meritare, tentò di uscire
dalla camera. Mulder, le andò dietro e la fermò
afferrandole il braccio destro costringendola a voltarsi. "So molto
più di quanto tu possa credere, Scully. Skinner era
preoccupato per te e da quello che vedo
"
si guardò attorno come se guardare quella stanza in
disordine rafforzasse la sua convinzione
"
aveva ragione. Mi ha chiesto di aiutarti nell'indagine che
stai svolgendo. Per questo so a cosa ti riferisci".
Dana lo guardò quasi disgustata pensando al suo superiore.
Si chiese perché ne avesse parlato con lui.
"Così ora non posso nascondermi nemmeno a me stessa. Lo sai
tu, lo sa Skinner. Da quanti occhi ancora dovrò nascondermi
per non ricordare?"
"Non devi nasconderti a nessuno, Dana. Semmai devi continuare a
cercare la verità. Con me. Chi più del sottoscritto
può aiutarti e comprenderti?". Disse questo sorridendo. Poi
aggiunse con altrettanta dolcezza:
"Forza, rimettiamo a posto questa stanza e poi raccontami tutto
quello che hai scoperto che, aggiunto al mio, potrebbe portarci a
qualcosa". Quando ebbero finito di raccogliere i fogli che erano
tutti in giro, Scully si soffermò sui resti esanimi del suo
computer portatile e guardò Mulder
"Ho ucciso anche il mio computer". Quando si recarono in cucina,
si scambiarono le informazioni di cui erano entrati in possesso,
grazie alle indagini parallele che avevano svolto. Non c'era molto
ancora da scoprire. A Burgess, Mulder aveva saputo che le prove che
cercavano riguardo il traffico di esseri umani in cui la Marina era
implicata, non avrebbero potuto essere recuperate. Le uniche in loro
possesso erano quelle trovate da Josè Santiago un anno prima
del rogo dell'archivio della capitaneria di porto. L'incendio forse
era stato appiccato proprio perché altri come Santiago non ci
potessero mettere il naso. Ma, nonostante questo, anche se non
avrebbero trovato molto di più riguardo quel traffico, Scully
volle cercare almeno un'altra verità. Quella per cui Santiago
l'aveva contattata e che le aveva permesso di scoprire una parte
della sua vita che le era stata taciuta. Decisero di andare ad
Alexandria dove, in quelle ore, stavano riesumando il corpo di Linda
Santiago.
Alexandria, Virginia.
St. Joseph Hospital
13.05.98 Ore 04:30 p.m.
Durante il percorso che condusse Mulder e Scully ad Alexandria,
Dana ricevette la telefonata dall'obitorio del St. Joseph Hospital,
dove Linda Santiago era stata trasportata per l'autopsia, che
l'avvertiva che tutto era pronto per l'esame. Arrivata in ospedale
Scully, dopo aver sbrigato un po' di burocrazia, lasciò Mulder
fuori dall'obitorio ed entrò in una di quelle fredde e spoglie
stanze dove, quasi di nascosto, vengono svolte le mansioni ingrate.
Era abituata a sezionare corpi con freddezza. Non provava più
nemmeno dispiacere a sfigurare, come se la morte non bastasse, quelle
che un tempo erano state persone come lei. Infilò i guanti in
lattice e, appena ebbe aperta la cerniera lampo dell'involucro nero
contenente il corpo di Linda, le uscì dalla gola un rantolo di
disgusto.
<L'odore della decomposizione mi riesce ancora tanto
insopportabile> pensò. Afferrò, dal vassoio
d'acciaio alla sua destra, il bisturi per iniziare l'autopsia, quando
un particolare le sembrò stranissimo. Santiago le aveva detto
che su Linda era stata già eseguita un'autopsia ma quel corpo
non mostrava nessun segno a provarlo. Nessun taglio, nessuna
cucitura. Nessun esame autoptico era stato svolto. Come aveva potuto
l'FBI sostenere che quella donna fosse morta per cause naturali e
perché? L'unica risposta plausibile: una menzogna. Considerata
l'inutilità di esaminare la superficie cutanea praticamente
inesistente, passò all'apertura della calotta cranica. Niente
segni particolari. Iniziò ad esaminare il tronco. Con la
solita freddezza eseguì un'incisione a Y per eseguire gli
esami dei pochi resti del cuore, del fegato, dei polmoni. Niente
segni che indicassero una malattia o un omicidio. A tarda sera,
quando ormai erano passate tre ore dall'inizio del suo lavoro, Dana
non arrivò ad una conclusione sensata. Era quasi arrivata a
credere che quella donna fosse deceduta per cause che solo un test
del sangue e tossicologico avrebbero potuto chiarire quando, l'esame
dell'apparato riproduttivo le donò la scoperta di qualcosa che
non avrebbe mai voluto sapere. Linda era incinta di almeno tre mesi
quando morì. Non voleva credere che lei e quella donna fossero
legate in modo così inumano. Quando uscì dalla stanza
autopsie cercò Mulder che l'aspettava in macchina. Il suo
compagno volle sapere cosa avesse concluso l'esame autoptico e Dana,
senza emozione nella voce, gli rispose
"Linda è stata presa in cambio della mia sopravvivenza. Ed
era incinta. Mi ha salvato la vita, Mulder" Lo guardò quasi a
chiedergli cosa dovesse raccontare al signor Santiago ma Fox non
rispose. Tornarono a Washington che era notte. Il laboratorio della
scientifica era aperto. Dana chiese di poter svolgere un esame che,
disse, non avrebbe richiesto molto tempo. In realtà, rimase a
studiare il sangue di Linda fino al mattino successivo per arrivare
ad una conclusione che, in condizioni normali di indagine, avrebbe
richiesto almeno due mesi. Mulder era andato a casa a dormire un po'.
Era inutile rimanere svegli in due per un lavoro che solo uno di loro
avrebbe potuto svolgere.
Federal Headquarters, Washington D.C.
13.05.98 Ore 07:00 a.m.
Di buon ora, Mulder si recò in ufficio. Quando
arrivò, si accorse che la porta era aperta. Qualcuno era
entrato prima di lui. Era Scully che a casa non era tornata quella
notte, seduta alla scrivania di Mulder e con in mano un fascicolo.
Quando lui fu entrato, si sedette dove di solito è Scully a
prender posto.
"Scully, sei rimasta qui tutta la notte?". Domanda stupida, quella
di Fox. Sapeva che era così.
"Mulder, siediti". Dana prese un foglio dagli incartamenti che
aveva di fronte a sé e lo appoggiò, aperto, sulla
scrivania di fronte a Mulder il quale, anche leggendo, non ci
capì niente di reperti medici e quindi chiese "Allora che hai
scoperto?"
"Quello che già avevo intuito. Mi ci è voluta la
notte intera, ma sono arrivata alla conclusione che il suo DNA sia
stato modificato. Proprio come il mio. Anche se ero debole sono
riuscita a sopravvivere, ma a Linda la possibilità di salvarsi
era stata preclusa già solo perché era indebolita dalla
gravidanza. La mia vita è stata barattata con la sua che
valeva almeno il doppio perché aspettava un bambino" Dana
abbassò lo sguardo per non incontrare gli occhi del suo
collega.
"Dimmi, Mulder. Cosa c'è di tanto speciale in me da
lasciarmi vivere per sacrificare la vita di una ragazza di nemmeno
diciannove anni?"
"Scully, se non fossi stata tu, avrebbero preso qualcun altro per
i loro sporchi esperimenti. Non devi sentirti in colpa"
"No, non mi sento in colpa, non più di quanto non lo siano
tutti quelli implicati in questa storia. Ma quale giustificazione
devo trovare per dire a Josè Santiago che la vita di sua
figlia è stata sacrificata per la mia?" "Non dirgli niente.
Parlagli del DNA modificato che hai trovato, conferma ciò che
lui ha scoperto negli anni. Nient'altro".
Scully non rispose al collega. Si pose una domanda, però.
Se fosse morta lei, avrebbe voluto che la sua famiglia sapesse la
verità vera o una verità di comodo? Se lo chiese
perché nella sua testa aveva preso piede l'idea di evitare un
dispiacere a Santiago nei riguardi della figlia. Se avesse deciso di
metterlo al corrente di ogni cosa, avrebbe dovuto parlargli anche
della gravidanza e questo l'avrebbe ucciso. Se avesse deciso di
nascondergli qualcosa, avrebbe avuto un pensiero su cui avere dei
rimorsi per tutta la vita. D'un tratto, ricordò l'augurio che
Hosteen le fece in New Mexico 'spero che tu non perda un'altra
persona
si può perdere anche solo un affetto. Quando si
perde qualcuno o qualcosa, si finisce col credere che la vita non sia
valsa a niente. Ma basta guardare altrove e continuare a guardare
alla vita per non cercare la morte'. Senza rendersi conto di parlare
ad alta voce, disse "Dio, quanto sa essere saggio quell'uomo!" Mulder
credette che Scully stesse parlando a lui
"Chi?".
"Come, scusa?".
"Hai detto che qualcuno è saggio. A chi ti riferivi?".
"Pensavo a voce alta. Mi sono ricordata di un indiano, un saggio
indiano che mi ha dato la risposta a una domanda che io non gli avevo
mai posto. Scusa, Mulder. Devo andare a parlare con Santiago".
"Hai deciso ciò che gli dirai, vero?".
Dana rispose con un cenno del capo. Uscì dall'ufficio e
dopo poco più di mezz'ora, era davanti l'appartamento di
Santiago ad Alexandria.
Alexandria, Va.
Residenza di Josè Santiago
Scully bussò alla porta. L'uomo le aprì
immediatamente.
"Signor Santiago, spero di non averla disturbata, ma ho svolto
degli esami sul corpo di sua figlia ed ho pensato di venire a
consegnarle i risultati". L'uomo aveva fatto accomodare Scully nel
salone.
"Mi dica, agente Scully. Non abbia remore. In questi anni ne ho
sentite tante e tali che niente può ferirmi più di
tanto".
"Ho eseguito l'autopsia. Prima di tutto vorrei dirle che sua
figlia non ne aveva subita una. Mi dispiace ammetterlo ma l'FBI le
mentì a riguardo. In secondo luogo, lei aveva ragione riguardo
gli esperimenti che hanno compiuto su di lei e su altre persone
ignare di tutto. Me compresa. Il suo DNA è risultato
manipolato a tal punto, da non poter essere neanche più
considerato quello di un essere umano. In terzo luogo
questo
è più difficile da sopportare signor Santiago,
dall'autopsia è emerso che sua figlia era incinta di tre mesi
quando morì".
L'uomo non parve sorpreso e le rispose
"Si, lo so. E' stato uno sbaglio commesso al college, per questo
era ritornata a casa per il suo compleanno. Non si preoccupi. Non
gliel'ho detto perché era una questione irrilevante". A questo
punto Dana si sentì a disagio ma aveva deciso di dirgli ogni
cosa.
"Ma questo non è tutto. Ho il dovere morale di informarla
di una cosa che, con tutto il cuore, non vorrei dirle. Ho scoperto
tramite approfondite ricerche che sua figlia fu prelevata per
rilasciare me, signor Santiago
". L'uomo guardò Scully
con l'aria di chi si chiede se le sue orecchie abbiano sentito bene.
Poi, d'un tratto, si alzò dalla poltrona su cui era seduto.
"Mi scusi un momento".
"Certo".
Dana lo osservò allontanarsi verso lo studio. Si chiese se
non avesse fatto male ad essere così sincera. Lui soffriva di
cuore e quella notizia avrebbe potuto essergli fatale. Ma l'uomo
tornò quasi subito. Non sembrava stesse male. D'un tratto si
fermò di fronte a Scully che era ancora seduta e tirò
fuori dalla tasca interna della giacca una pistola e gliela
puntò alla testa.
"Come vivi ora sapendo che la tua esistenza dovrebbe appartenere a
qualcun altro?".
Dana lo guardò con gli occhi sgranati e senza alzarsi gli
rispose con voce concitata.
"Non faccia sciocchezze, signor Santiago. Lo so che questo per lei
è un brutto colpo ma come pensa che abbia reagito io quando
l'ho saputo? E' una cosa atroce tutto quello che abbiamo scoperto
insieme, ma io non ne ho colpa. Mi creda".
"Nemmeno la creatura che non nascerà mai ne aveva. E
neppure mia figlia. Io ho svolto le mie indagini con l'idea che
qualcuno avrebbe dovuto pagare. Mi dispiace che sia lei ma devo
farlo. Per vendicare di mia figlia".
Tolse la sicura all'arma, la caricò e fece il gesto di
sparare alla tempia sinistra di Scully quando, d'un tratto, bussarono
alla porta. Santiago ammanettò Scully al bracciolo della
poltrona per non farla scappare.
"Tanto fra un attimo salderemo il nostro conto in sospeso, stella
del mattino. Era così che ti chiamava tuo padre, no? Anche io
chiamavo Linda così. Le hai voluto rubare proprio tutto".
Le chiuse la bocca con un nastro adesivo nonostante la
ritrosità di Scully e andò ad aprire la porta. Dana
tentò, nel frattempo, di divincolarsi ma non vi riuscì.
Sentì delle voci provenire dall'ingresso
<Josè Santiago?>
<Si, lei chi è?>
<Non avresti dovuto mettere il naso in cose che non dovevi
sapere. Ti sei spinto troppo in là. Ora sanno che al porto
c'erano le prove di strani movimenti. Ti sei mosso male chiamando
l'FBI. Ora ti togliamo dai piedi per sempre. Addio>. Si
sentì un colpo e Scully trasalì. Sperò che non
si accorgessero della sua presenza. E, fortunatamente, fu
così. La porta d'ingresso rimase aperta e lei tentò di
fare abbastanza rumore per attirare l'attenzione. Qualcuno, sentiti i
colpi d'arma da fuoco, aveva chiamato la polizia che, appena
arrivata, si assicurò dell' identità di Scully e la
liberò dalle manette. Quando fu libera di andare,
nell'ingresso vide il corpo ormai senza vita di Santiago steso in un
lago di sangue per la ferita alla testa.
Federal Headquarters.
Washington D.C.
Ore 12:30 a.m.
Dopo aver ascoltato il racconto della sua collega, Mulder si
rammaricò per essere stato tanto stupido da mandare Scully da
sola.
"Mulder, io non credo che sarei comunque morta".
"E questo cosa te lo fa pensare?".
"La voce dell'uomo che ha ucciso Santiago, mi sembra d'averla
riconosciuta. Mi sono sporta un po' e ho intravisto una persona che
conosciamo entrambi" Mulder sembrò sorpreso.
"Chi?".
Un attimo di esitazione e poi Scully rispose.
"Il nostro amico Alex Krycek".
Detto questo, non ci fu altro da aggiungere per Scully. Come
sempre, le prove non esistevano. La morte di Santiago sarebbe stata
imputata a un malintenzionato. Anche se lei avesse detto alla polizia
che era stato Krycek, nessuno le avrebbe mai creduto perché
lui risultava morto. A parte duecento fogli che non sarebbero valsi
nemmeno un punto in un processo contro gli Stati Uniti, ancora una
volta le loro mani erano vuote. Nessun rapporto andava presentato per
quel caso che comunque, ufficialmente, non esisteva. Skinner non
avrebbe chiesto spiegazioni. Aveva detto a Scully che avrebbe deciso
lei se aprire o no quell'indagine.
Archiviati i documenti alla voce "mancanza di indizi per aprire
un'indagine", Dana pensò ad una frase che qualcuno le aveva
detto quasi distrattamente, buttandola lì come un seme al
vento. E si rese conto che il saggio indiano, ancora una volta aveva
dimostrato di avere avuto ragione 'Quando si perde qualcuno o
qualcosa, si crede che la vita non sia valsa a niente. Ma basta
guardare altrove e continuare a guardare alla vita per non cercarte
la morte'. Santiago aveva perso sua figlia e con lei la ragione di
una vita. La fiducia di una giustizia terrena l'aveva portato alla
vendetta perché non era riuscito a dimenticare, a perdonare.
"Ehi, Mulder. Oggi. il pranzo lo offro io".
Si alzò dalla sedia, indossò il suo cappotto, prese
l'impermeabile di Mulder invitandolo così a seguirla.
"Benissimo! Cos'ho fatto per meritarmi questo stato di grazia?".
"Tu assolutamente niente. E' che non mi sento una perdente e poi
oggi mi sento viva. Allora, pesce va bene?".
Dana era già fuori dall'ufficio, ma quando si girò
per dire a Mulder di sbrigarsi, lo vide scuotere la testa mentre
sorrideva. A quel punto pensò 'sono viva, non sono una
perdente e mi sento amata perché mio fratello ha avuto il
coraggio di un'azione più grande di lui e Mulder si farebbe
ammazzare per me. Ho fiducia nella giustizia nei confronti di ogni
singolo uomo sulla faccia della terra. Per questo, continueremo a
cercare e quando troveremo tutta la verità, forse la butteremo
via come i pescatori della domenica che, alla fine di una giornata di
pesca, ritornano a casa a mani vuote. Perché siccome la loro
soddisfazione sta tutta nel pescare, quando il pesce ha abboccato, lo
lasciano libero di nuovo.
Probabilmente, noi faremo lo stesso. Lasceremo che la
verità, accettabile o scomoda che sia, rimanga sepolta nel
mare dell'oblio. Ma oggi, poiché ho ancora il dono della vita,
voglio continuare a cercare'. Mulder la raggiunse e, alle sue spalle,
uscendo dal loro ufficio, chiuse la porta che custodiva ogni giorno
della loro vita a venire
F I N E
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