*Esprite*
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Il canale
La casa era un po' discosta, ma non tanto, con degli alberi
polverosi e scompagnati, di un verde stinto, come l'erba che
cresceva irregolare lungo i limiti del cortile sterrato. Esisteva
una recinzione ma il cancello era sempre aperto, verso il ponte
sul canale, anch'esso non asfaltato e con degli impercettibili
solchi di ruote a indicare la direzione. Mi ero trovato subito
bene in questa casa sonora e fresca, senza pretese ma di gusto
pacato, fatta per vite tranquille e senza scosse; le ore smosse
dal rumore delle galline vaganti e dall'ansimare di robusti cani
alla catena. Ora animali non ce n'erano e le reti a protezione di
immaginari orti vibravano arruginite ma era piacevole pensare
alle verdure racchiuse e delimitate, sullo sfondo i campi dritti
fino all'orizzonte piatto. Comunque non m'importava poi molto,
uscivo con passi decisi verso le chiuse, a ore disparate, secondo
apposite tabelle, ad alzare girando la grossa vite le grosse
paratie colorate di arancione, per deviare in un senso o
nell'altro il corso dell'acqua. C'era un canale più grande da
cui si dipartivano altri minori, e quello principale proseguiva
poi dritto ma un po' diminuito, per sottrazione, nelle sue
dimensioni. L'uomo del consorzio mi aveva spiegato tutte le varie
mosse con voce uguale e senza apparenti movimenti nella faccia
rugosa, chiudendo con un "capito" senza punto
interrogativo e senza desiderio di risposta e si era poi
allontanato sul suo motorino, con una sorta di lunga forca in
spalla. In effetti serviva per rimuovere le lunghe erbe che
vagavano in superficie e che si accumulavano in prossimità delle
chiuse, accumulate poi in alti mucchi ai bordi, a seccare al
sole; avvicinandosi non avevano un odore gradevole ma l'abitudine
unita ad altre cose rendevano la cosa sopportabile. L'avrei poi
rivisto passare a diverse ore, sempre piuttosto imperturbabile,
con l'aria di chiedere se andava tutto bene ma sempre dando la
sensazione che fosse evitabile lo sforzo di rispondere. Il canale
era affiancato da una strada bianca, con una incerta vegetazione
al centro, una fuga rettilinea a sfumare in entrambe le
direzioni. Una strada come ce ne sono ovunque simili in tutto il
mondo ma qui con una sorta di accrescimento di quella
indifferenza al passaggio di alcunchè che le segna e le rende
riconoscibili. Appena arrivato avevo cercato di allungare lo
sguardo alla ricerca di segni di riconoscimento nel paesaggio e
una certa angoscia, lo confesso, mi aveva formicolato dentro al
vedere la stessa uniformità in tutte le direzioni. Ma era solo
un guasto da novizio, poi avrei imparato a vedere e sgranare qui
una fila di bassi gelsi, là dei cespugli irregolari ai bordi di
un appezzamento e a riconoscere i vari tipi di foschia in cui
tutto si perdeva in lontananza. Il canale era stato costruito
negli anni trenta, insieme a tanti altri credo, con buon uso di
manodopera e di carriole; la buona riuscita era stata immortalata
sul marmo sopra la chiusa con quella capacità di dare valore a
cose e imprese che tanto fa rimpiangere ad alcuni quei lontanti
anni. Certo poi il gusto è mutato e le vicende hanno portato
qualcun'altro, di opposto avviso, a passare di qui e ha
scalpellare con poca efficacia la scritta "Anno XII
E.F." che risulta ancora piuttosto leggibile sul suo rozzo
piedistallo. Un lato della sponda in cemento è stata poi
rifatta, certo più prosaicamente, con ruspe e autocarri, forse
per delle perdite e risalta ancora per un tono di grigio più
chiaro rispetto all'altra. Qualche volta, più i primi tempi per
la verità, facevo qualche giro nei dintorni, che in pratica
significava prendere una delle direzioni che si intersecavano
seguendo in qualche modo i punti cardinali e proseguire. Il
viottolo che toccava il canale perpendicolarmente e che si
configurava come un proseguimento della strada che usciva dalla
casa aveva un aspetto più dimesso; pensate a quelle vie che
sembrano sempre sul punto di confondersi con i campi e sparire e
che anche nell'aspetto più bruno e terroso denunciano uno stadio
più primitivo nel loro emanciparsi. Quasi dimenticavo di dire
che era costeggiato da un canale minore, sempre alimentato dalle
paratie, il quale dimostrava un lavoro meno curato rispetto al
maggiore e tradiva la sua trasandatezza di muschio e cemento
sgretolato anche in un certo sbandamento nel suo percorso. Quando
lo percorsi trovai dopo qualche chilometro una sorta di cippo, ma
povero di fattura e comunque illeggibile, nei pressi di un ponte
che scavalcava il corso d'acqua e sul parapetto del quale era
scritto con un aspetto di affresco scrostato la frase "è
proibito il bagno". Venni poi a sapere una triste storia che
per qualche giorno mi fece pensare a letto, nel buio della notte,
e immaginare un rombo in lontananza. Alla fine della guerra un
aereo statunitense era precipitato, probabilmente per avaria, nei
pressi del ponte e si era subito incendiato bruciando il pilota e
sembra un passeggero, qualcuno dice una donna; il caso volle che
in quel punto ci fosse una giovanissima dei paraggi che con un
bastone portava in giro le oche, investita dalle fiamme riportò
estese ustioni ma si salvò, visse fino alla vecchiaia, sola, e
portandosi dietro in aggiunta la diceria di essere un po' tocca.
Sono tornato più volte a quel cippo, con un certo rammarico per
una storia così marginale solo degna di essere inghiottita dal
tempo. Erano rari gli incontri e per questo riuscì simile a un
sasso nell'acqua l'incontro con Olga, questo il nome fittizio che
ho usato entro di me per identificarla, non avendo altri dati; un
giorno vidi una bicicletta appoggiata al parapetto del canale e
uscendo di casa una donna giovane appoggiata alle paratie, lo
sguardo verso il proseguimento del canale. Mi sembrava più
interessata del necessario al monotono spettacolo delle acque,
per quanto nel loro scorrere non sono certo il primo ad aver
trovato spunti per le più varie riflessioni. Vestiva bene ma
sportivo, una certa mollezza nelle carni però tenute insieme con
fermezza e decisione. Mi avvicinai e mi guardò. "Che fai un
giro ?" dissi "Sì, più per passare il tempo...";
"Di dove sei ?" chiesi e lei mi indicò una direzione
ma in un modo che mi parve quasi causale, una direzione come
un'altra; che poi pensandoci da queste parti non è che faccia
questa grande differenza. La rividi qualche tempo dopo, passare
sulla strada, sempre in bicicletta; un'ora piuttosto calda, la
strada bianca faceva stringere gli occhi nel buio riquadro della
porta. Un leggero strato di polvere mi si posò sulle scarpe
quando uscii a guardare dietro di lei, ma pedalando di buona lena
la sua figura era ormai lontana. Qualche volta avevo il sonno
leggero d'estate, complice il caldo; ricordo una notte che
distinsi un preciso rumore metallico, un rimbombo dalle paratie,
mi avvicinai, guardai giù e alla luce della luna ebbi la netta
impressione di aver visto la fugace immagine di una ruota, subito
scomparsa. Feci dei sondaggi ai piedi della paratia con un
bastone ma senza esiti apprezzabili. Ecco, si sarebbe dovuto
aspettare la chiusura annuale del canale, lassù in alto, dove si
decideva portata e comportamento dell'acqua. Quell'estate uscii
più volte la notte, come per dare un'occhiata, immaginando forse
che fosse più proficuo fare questi controlli con il buio. Poi
rimanevo lì, le stelle se c'erano in alto, la vita silenziosa
intorno e occhi e orecchi con negligenza sull'acqua.
2000