Guido Giraudo, quarantanove anni,
giornalista professionista nato e cresciuto professionalmente nella redazione
del “Candido” di Guareschi e Giorgio Pisanò di cui è stato anche
vice-direttore. Militante da ormai oltre trent’anni con significative esperienze
come dirigente nazionale del FUAN, componente del gruppo musicale “Amici del
Vento”, fondatore dell’archivio storico della musica alternativa (http://www.lorien.it), coautore del
diffusissimo libro su Sergio Ramelli e animatore di innumerevoli iniziative
editoriali, musicali e comunitarie.
Che cosa vuole dire il tuo essere
di “destra” negli anni 2000?
Avere e –
possibilmente – vivere una dimensione etica della vita che, come diceva bene Marzio
Tremaglia, si riassume “nel senso dell’onore, nel rispetto fondamentale verso
sé stessi, nel rifiuto del compromesso sistematico e nella certezza che
esistono beni superiori alla vita e alla libertà per i quali, a volte, è giusto
sacrificare la vita e la libertà”. Aggiungo che – per me, ormai – si tratta di
passare dalla fase della militanza a quella della testimonianza. Ma credo che
anche di questo ci sia grande bisogno, e non parlo solo di “memorie” ma,
soprattutto, di esempi.
Cosa ti ha spinto ad essere di
“destra”?
A quindici
anni può essere solo la “reazione”. Vengo da una famiglia liberale,
“perbenista”, con un padre monarchico e non fascista, ma al liceo (era il
“fatidico” 1969) reagii contro i primi soprusi in assemblea da parte dei
“katanga” del Movimento studentesco. Per questo fui minacciato e, come reazione
appunto, entrai nella storica sede della Giovane Italia di Milano dove iniziai
a conoscere quei ragazzi “un po’ ribelli un po’ guerrieri” che a me sembravano
anche un po’ pazzi… Poi la prima timida militanza nel Comitato Tricolore,
quindi le tante botte prese e, via via, l’approfondimento storico e ideologico,
l’impegno costante, le responsabilità.
Qual è il peggiore nemico della
“destra”?
Se si
parla di nemico interno è il personalismo, la frammentazione, l’egocentrismo
esasperato per cui, singolarmente, si fanno migliaia di piccole cose splendide,
ma non si riesce mai a farne una sola grande insieme. Il nemico esterno è stato
per anni, giustamente, il comunismo, la sua perversa ideologia di odio e di
menzogna, un germe velenoso che ha avvelenato il mondo. Oggi quel germe è
ancora in circolazione ma si è clonato, riproducendosi in tutte quelle
iniziative, movimenti, idee che hanno come scopo la soppressione dei valori
naturali, dell’identità, del radicamento in nome dell’egualitarismo,
dell’appiattimento, del pensiero unico, della mediocrità che si oppone al
merito, della mescolanza (razziale, sociale, intellettuale, religiosa) che si
oppone alla specificità, unicità e sacralità dell’essere umano.
Qual è il migliore alleato della
“destra”?
Dal punto
di vista politico o sociale la Destra non ha alleati. A parte la difficoltà nel
definire “destra” (estrema, moderata, radicale, tradizionale, liberale,
rivoluzionaria, conservatrice, cattolica, pagana… e chi più ne ha ne metta) chi
oggi si identifica nei valori naturali, si oppone al conformismo e
all’appiattimento culturale, ha un senso sacro ed etico della vita… è,
comunque, un isolato, in qualsiasi partito o movimento militi.
Dal punto
di vista generale, invece, il nostro miglior alleato è… la storia. Non solo gli
insegnamenti che ci derivano dal suo studio, ma anche il conforto della
certezza che, primo o poi, ciò in cui noi crediamo è destinato a ritornare a
vincere. La storia ha un respiro di millenni però, di fronte a cui vent’anni di
Fascismo o settant’anni di comunismo sono ben poca cosa.
Qual è la via più efficace e i
metodi di “lotta” per raggiungere il successo dell’ideale?
Sarei
tentato di dire che ogni mezzo è lecito, partendo però dal presupposto che, se
siamo coerenti (quindi guidati da un forte senso etico, morale e sociale),
“certi” mezzi non saremo mai in grado di usarli. Comunque penso che ogni metodo
di lotta vada sperimentato: dalla militanza allo studio, dalla costruzione
politica alla sfida amministrativa, dall’approfondimento culturale alla
dialettica. Non amo chi sceglie un solo campo: né l’intellettuale chiuso nella
sua torre d’avorio di meditazioni iniziatiche, né il politico navigato ormai
sordo alle esigenze dell’ideale; né il militante “duro e puro” chiuso nel suo
auto-ghetto di incomunicabilità.
Qual è stato il più grande errore
della “destra” italiana?
Ogni
“destra” italiana ha i suoi… La “destra storica” dei primi anni dell’unità era
chiusa nei suoi stereotipi liberal-massonici-illuministi e non seppe seguire le
vie della tradizione. Il Fascismo (che poi “destra” non era) commise il solo
“errore” di non far fuori la monarchia corrotta e il suo apparato di parassiti.
Mussolini, invece, credette troppo nelle possibilità degli italiani. La destra
politica del dopoguerra, a sua volta, ha stentato a trovare una sintesi tra il
post-fascismo e la pluralità di indirizzi ideologici che la contraddistinguono
(e che sono la sua ricchezza). Politicamente però l’errore più grande è stato
quello di prestarsi (in nome della lotta al comunismo) a certi giochetti
realizzati dagli americani e dalla DC per tramite dei servizi. La destra
attuale, infine, commette spesso l’errore di percorrere troppo velocemente e
acriticamente le vie del potere, abbandonando le istanze di approfondimento e
non lavorando per costruire un retroterra culturale, storico, sociale, ma anche
economico, che le permetta di radicarsi nella società. Il che crea anche uno
scollamento con chi vorrebbe impegnarsi in qualche cosa di più “puro” che non
sia la politica amministrativa, ma stenta a trovare sbocchi, con il rischio
anche di fare “bambinate” e di rimanere, così, ancora più isolato.
Qual è stato il più grande successo
della “destra” italiana?
Se ci
limitiamo a quella del dopoguerra credo sinceramente sia stato l’aver superato
“vittoriosamente” gli anni Settanta. Può darsi che sia una valutazione da
reduce ma, a posteriori, sono sempre più convinto che la strategia che portò
agli anni di spranga e poi a quelli di piombo sia stata attuata dai comunisti e
protetta dai democristiani con un preciso scopo. Distruggendo, anche
fisicamente, la Destra si apriva la strada alla coabitazione ufficiale
(compromesso storico, governi di solidarietà nazionale) tra DC e PCI. Cinque
anni di governo Prodi con Berlinguer ministro dell’istruzione, Diliberto alla
giustizia e Napolitano agli interni ci danno una pallida, ma sufficientemente
agghiacciante idea (vent’anni dopo, a comunismo ormai morto…) di cosa avrebbe
significato questo per l’Italia. L’aver resistito, pagando un viatico di oltre
venti morti, ma senza lasciarci sopraffare, né cancellare, credo abbia
veramente salvato la nostra Patria né più né meno di quanto fecero i nostri
fanti sul Piave. Può darsi che esageri… ma sono certo che tra venti o cent’anni
la storia ci darà ragione e ci renderà questo merito.
Un giudizio sull’Italia attuale… Un
giudizio sul mondo attuale…
Unisco le
due domande perché troppo legate tra loro. Credo che siamo entrati in un ciclo
di grandi cambiamenti, di stravolgimenti epocali. Secondo me sta finendo l’era
del materialismo illuminista e, nei prossimi secoli, si apriranno nuovi scenari
di riscoperta del sacro e del trascendente. Questo però può portare di tutto,
compreso guerre di religione (che sono già di attualità) o una implosione della
civiltà del benessere in cui noi viviamo (tutto sommato in maniera molto
comoda…). Stando in una scala storica molto più ristretta io sono sinceramente
ottimista… perché davero credo che oggi, in Italia, nonostante tutto, ci siano
molte più possibilità di fare e di affermare la nostra identità di quante ce ne
fossero due anni fa, dieci anni fa, trent’anni fa… e gli esempi non mancano.
Certo ci vuole anche un po’ di intelligenza, di capacità progettuale e di “duttilità”
politica, ma anche la consapevolezza che queste sono le sfide a cui oggi siamo
chiamati.
Quale è o è stato il più grande
personaggio nella storia italiana e perché?
Quale è o è stato il più grande
personaggio mondiale e perché?
Se ci
limitiamo alla valutazione di una genialità non ripiegata esclusivamente al
materiale ribadisco Leonardo ma ogni eroe, ogni santo, ogni poeta, ogni persona
che ha lasciato una traccia nella memoria e nella identità del suo popolo o
della sua comunità merita rispetto. Spesso poi gli eventi mondiali sono stati
“cambiati” da personaggi meno noti di quelli che appaiono nelle cronache
ufficiali della storia… Magari scandalizzerò qualcuno ma non mi stupirei se,
tra due o tre secoli, si considererà papa Woitjla come uno di questi personaggi
che hanno cambiato la storia.
Un messaggio o un giudizio che
vorresti lasciare a chi leggerà questa intervista…
Io dico
spesso che, avendo difficoltà a fare i conti con la mia di coscienza, non mi
azzardo a farli con quella degli altri, intendendo con ciò dire che ognuno di
noi deve agire e lavorare senza aspettarsi che siano solo gli altri a fare e
senza recriminare se gli altri non fanno. Tutto ciò ricordando sempre che chi
si considera un “militante” (quindi un soldato politico) è, al tempo stesso,
testimone ed emblema delle sue idee, per cui deve sentirsi responsabile – anche
nei confronti di chi la pensa come lui – per qualsiasi azione, comportamento,
atteggiamento che terrà… e questo vale anche (se non di più) nel privato.