SAN ZENO 2006
Non
c’è niente di meglio di una bella “scampagnata” fra Camerati per ritemprarsi
dalle fatiche accumulate.
L’ultima
“gita” è stata fatta a Verona. L’occasione era un corteo organizzato dai gruppi
veneti, per manifestare contro il governo Prodi e
varie sedi del nord erano state invitate a partecipare, fra queste, quella di
Milano… Il pullman ci attendeva in piazza Loreto e il congenito ritardo dei soliti tardava la
partenza, i ragazzi ingannavano il tempo giocando a palla e “schiva il taxi”, un
gioco molto in uso fra i pedoni milanesi quando vogliono attraversare le vie
principali.
L’appuntamento
per il corteo era in Piazza San Zeno, dedicata al santo africano, patrono della
città (ingresso nella basilica a lui dedicata 2 Euro). Come sempre avviene, fra
noi militanti, una volta in viaggio ci si divide in gruppetti. Fra le prime file
s’intrattengono discorsi culinari e stradali con l’autista, nella seconda i
discorsi intellettuali politici, terza fila chiacchiere da novella 3000 sulla
destra, quarta fila, teorie e ipotesi di complotti massonico
giudaici mondialisti e via così, fino al fondo,
che assomigliava più ad una taverna della Tortuga piena di pirati che ad un
torpedone. All’altezza di Brescia arriva, telefonicamente una “buona” notizia: la
questura veronese ha proibito i saluti romani, bandiere strane e slogan non
conformi. Ovviamente, dopo la novità, sapevamo come sarebbe finita la trasferta,
proibirci certe cose sarebbe come chiedere ad un prete di dire messa senza
benedire e all’uscita del casello autostradale, pattugliato da un’auto della
polizia sono istintivamente scattate a molla le braccia tese
all’orizzonte…così, tanto per sancire. Veniamo intercettati da un’altra
pattuglia che ci ha scortato fino a San Zeno, affidati poi ad un agente in
borghese che ci ha elencato le cose buone da quelle cattive, il bene dal male,
la via per la rettitudine e la salvezza eterna…un santone insomma! La piazza
era gremita di Camerati ma fra gli organizzatori non
c’era la solita tranquillità a causa dei divieti, presente anche il nostro
segretario nazionale, Roberto Fiore. Pochi minuti d’attesa sotto uno splendido
sole e Caratossidis, responsabile regionale e
dirigente nazionale, ha ordinato il formarsi del corteo, presenti, alcuni
striscioni da Lodi, Piacenza, Brescia, capeggiati da quello veronese, molti
tricolori e bandiere di FN e tante…tante croci celtiche. Potrebbe un corteo di
compagni non portare quella faccia da tossico del Che? No, sicuramente no! Non
possiamo staccarci dai nostri simboli, quindi, ecco qui la prima “trasgressione” al
divieto trappola, questo vale anche per i nostri slogan, se si doveva
rinunciare a tutto quello che ci contraddistingue ci si poteva tesserare tutti
in AN.
Dopo
qualche braccio teso, un paio di “Duceduceduce” e tre
o quattro fumogeni,
siamo giunti a Castellvecchio e ci siamo fermati. La
strada era bloccata da: due furgoni della polizia, circa 30 Celerini in tenuta anti sommossa, sul lato dell’ingresso al castello una
decina di Carabinieri…al corteo è impedito il proseguimento. La motivazione è
stata la trasgressione dei divieti imposti alla partenza ma
un piccolo particolare non è sfuggito ai più tattici…le forze dell’ordine era
in numero esiguo per bloccare 400 persone, in caso di forzatura del blocco
sarebbero state travolte sicuramente. Si notava anche un grande nervosismo fra
la truppa, evidentemente sapevano di essere il primo blocco che avrebbe dovuto
subire una incontenibile carica con le relative
contusioni. Il nostro corteo non si è disperso nello slargo, mantenendo
l’assetto nell’attesa d’ordini. Qualche negozio ha chiuso le serrande e da lì a
poco anche il vicinissimo circolo ufficiali con la sua nutrita raccolta d’armi
bianche ha chiuso i battenti, le leggere e maneggevoli transenne del vicino
ponte non sono nemmeno state spostate e così si diede il via alla trattativa,
per proseguire. Il rifiuto era categorico, il corteo non doveva proseguire. Chiaramente
era una trappola, un invito allo scontro che essendo in un primo momento
vittorioso avrebbe dato frutti disastrosi in seguito, i caselli autostradali,
come avevamo già notato, erano pattugliati, circa una cinquantina di
Carabinieri erano pronti, poco distante alle nostre spalle e il “grosso” della
truppa era verosimilmente
impegnato al piantonamento di una contromanifestazione di un
esiguo numero di zecchette dei centri sociali.
Con
il cambio di potere i risultati seguenti sarebbero stati. Messa al bando di FN,
perquisizioni in case e sedi (la lista è già pronta), arresti e detenzioni. Da
notare che l’intransigenza delle forze dell’ordine per simili atti è ormai
chiara, normalmente i cari compagni escono di galera dopo una nottata mentre alcuni che manifestarono contro Fiamma
tricolore a Milano soggiornano tuttora nel carcere di San Vittore, non oso
pensare cosa accadrebbe a noi. L’ultima decisione spettava, naturalmente, al
nostro segretario e fu (saggiamente) quella di fermarci e compiere in quel
luogo il previsto comizio finale. Yari Chiavenato, segretario provinciale è stato il primo,
brandendo un megafono a parlare, dicendo in sostanza che il nostro spirito
libero è di quanto più difficile sia da fermare, Paolo Caratossidis
ha affermato come sia stata esente da violenze la nostra manifestazione e di
come sarà dura questa “battaglia” politica ai signori con l’elmetto, in ultimo
Fiore…”se avessi deciso di farlo, oggi avremo sfondato”, queste sono state le
sue chiare parole. Come sempre, Roberto è una guida, buona ed esperta, le sue
parole rinfrancano gli animi di noi militanti. Continuavano, le sue parole, sul
motivo della nostra presenza a Verona… portare un attacco al sistema social-comunista che vorrebbe
distruggere la nostra identità nazionale, le nostre tradizioni e cultura,
trasformando la nostra patria e l’Europa, in una terra di libera immigrazione.
Il susseguente dietro front del corteo non era una resa ma
una precisa scelta tattica, non abbiamo parlamentari che ci proteggono, massoni
che insabbiano, ricchi papà che pagano, siamo operai, figli del popolo,
lavoratori e sopra a tutto patrioti, paghiamo di nostro e “dare le spalle” non
è stata una resa ma la chiara intenzione di potere proseguire la nostra
battaglia, politicamente, se saremo
attaccati noi saremo pronti ad ogni risposta.
Pochi
minuti dopo, il pullman ci
riportava velocemente a Milano, l’autista era già dei “nostri” e
ci trovavamo d’accordo anche sui gusti culinari. Passando per viale Padova
sognavamo (autista compreso) il libero porto di un lanciafiamme…in Piazza
Loreto, solo breve attimo per un “aperitivo stella rossa” bevuto velocemente e
violentemente da un gagliardo giovane e la giornata si è conclusa, con un misto
di rabbia e felicità nel cuore.
Luca Pilli