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chiedendo la pace
se mai le piene del cuore fossero
ribollir di fiume in scaglie,
fluire che non fissa in ombre
le forme.
Se i rombi si scoprissero sussurri
di lievi onde.
Se il meriggio d'aprile s'unisse
al mezzodì d'estate nei folti di verdure
ad ascoltare subaqueità.
e il semplice
potessi svestirmi di te novecento
celare le appendici inumane
aggrapparmi a un albero roccioso
e pendere da rami fin su lamine
d'acqua.
E rivedere a riva gli sterpi
e i tronchi e l'edere.
Comunicare brezze e cigolii
d'uccelli.
Lasciarmi alle voci basse
dello schiumeggiare immemore
e incontrarsi in questo vaneggiamento.
vestire dei fiumi è nostalgia
m'accora un fiume ormai
che di grigi in verdi s'orde
e di vortici selvaggi
che s'abbattono in parole nuove.
Quivi è il fuoco riarso
disordine di rami.
Qui i picchi d'acaci
e lo scompiglio di suoni.
M'accora questo domino di verdi
e ricorda sciami di cieli pallidi
e acque di fiume nordici.
troppo composta
da te mi divide l'accettar la festa
ch'è boccheggiar di flauti
tra fischi di merli e rivoli di fiume.
E' vanità immota di pioppi tremuli.
Irrompono in solarità barocche
capriole d'onde e schiume di luce
giocano con Nettuno che impietra al sole.
Te pare il fiume che odori d'alghe posa
e infrange in anelli fanciullini
che si rincorrono in avanti e indietro
e lì si fermano in io-io di cuore.
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