13 November 2000
Additional notes 2 Sep. 2001

E' qui raffigurato uno dei primi  esemplari raccolti vivi (forse il primo in assoluto) di

Palmadusta androyensis Blocher & Lorenz, 1999.
Come si può vedere dall'immagine della base, l'animale è stato fatto seccare all'interno della conchiglia. Ma la migliore testimonianza del fatto che effettivamente si tratta di un esemplare raccolto vivo è data, a mio avviso, dalla colorazione traslucida della base stessa, anch'essa facilmente riconoscibile nella riproduzione fotografica.

L'esemplare misura 19,5 mm e sembra che sia stato rinvenuto, nella zona di Fort Dauphine - Madagascar, a seguito di una fortissima mareggiata che lo ha strappato dal suo nascondiglio che continuerebbe, pertanto, a rimanere sconosciuto.
Sarà vero? Ho buoni elementi per credere che più di un esemplare raccolto vivo sia nel frattempo arrivato sul mercato.

Pictured below is one of the first live collected specimens (possibly the first in absolute) of 

Palmadusta androyensis Blocher & Lorenz, 1999.
 As shown in the image of the base, the animal is preserved dried inside the shell. But, in my opinion, the best proof that the specimen was collected alive is represented by the translucent color of the base, also easily recognizable in the photographic reproduction.

The specimen is 19.5 mm long and was collected near Fort Dauphine - Madagascar, after a very strong storm which must have forced it out of its concealment.
Its natural abode is as yet undisclosed. Can this be true?
 I have good reasons to suggest that a few live collected specimens have already come to the market, in the meanwhile.

Picture 1: Palmadusta androyensis
                    Fort Dauphine area - South Madagascar

Ringrazio l'amico Bruno Briano, al momento fortunato possessore di questa rarità, per l'opportunità fornitami di testimoniare in anteprima, su queste pagine, un così rilevante ritrovamento.

Potete ovviamente contattarmi tramite e-mail per ricevere ulteriori informazioni sull'esemplare illustrato e per ricevere e/o fornire ulteriori notizie su questa nuova specie.

Many thanks to Bruno Briano, at the moment the very lucky owner of this rarity, for the opportunity he has given me to present this important finding in my site.

Please, e-mail me if you are interested in further information on this specimen or on this species in general (of course, I'm also interested in receiving additional information from anyone who has something interesting to add).



Additional notes - 2 sept. 2001
A quasi un anno dalla pubblicazione delle precedenti note, ricevo dall'amico Bruno Briano nuove notizie e nuovo materiale, frutto del suo ultimo viaggio in Madagascar. Molti gli esemplari di grande interesse collezionistico che ho avuto l'opportunità di visionare e fotografare. Tra tutti spiccava, a mio parere, per qualità e freschezza, un esemplare eccezionale di Cribrarula pelliserpentis a cui non ho saputo resistere e che si trova ora ad infoltire la mia collezione ....dopo aver impoverito le mie tasche!
E' mia intenzione dedicargli alcune note di presentazione quanto prima.
Tornando all'oggetto specifico di queste note aggiuntive, non solo ho avuto l'opportunità di visionare e fotografare un nuovo esemplare molto bello di Palmadusta androyensis, ma, ancora una volta, mi è stato concesso l'onore di presentare in queste pagine uno dei primissimi esemplari raccolti vivi della ben più rara ed elusiva cugina (o forse sarebbe meglio dire sorella)
P. consanguinea Blocher & Lorenz, 1999.
Gli esemplari, raffigurati in Picture 2, presentano le seguenti caratteristiche:
A: xx mm
B: 


Picture 2: Palmadusta "consanguinea" and P. androyensis
                    Fort Dauphine area - South Madagascar
La qualità e la freschezza delle due conchiglie risulta subito evidente, anche se l'esemplare B forse dovrebbe essere graduato come "very fresh dead" a causa di una lievissima ma generale opacità (vedi ad esempio l'immagine della base in Picture 2). Ciò malgrado, l'occasione è ghiotta per tentare un confronto fra materiale in ottimo stato di conservazione, al fine di giungere ad una conclusione possibilmente definitiva sul legame tra i due taxa P. consanguinea e P. androyensis.
L'occasione è resa ancor più stimolante dal recente articolo apparso sul # 95 (luglio 2001) della rivista Xenofora, pagg. 16-17, a nome di Christian Hunon. Dopo aver criticato polemicamente la prassi di attribuire nomi nuovi alle specie sulla base di soli esemplari spiaggiati e corrosi (tesi peraltro apprezzabile nelle sue motivazioni), l'Autore si è forse fatto prendere un po' la mano cercando, tra l'altro, di dimostrare che P. androyensis altrò non sarebbe che una forma di colore di P. ziczac!
Già Blocher & Lorenz, nella loro descrizione originale, avevano messo in luce le evidenti e nette differenze tra P. androyensis, P. diluculum e P. ziczac. Se tuttavia qualche dubbio poteva ancora essere giustificato dalla indisponibilità di esemplari ben conservati, oggi nessun dubbio è ancora sostenibile, dopo gli ottimi esemplari qui raffigurati e gli altri che saltuariamente (anche se in numero sempre molto limitato) sono apparsi sul mercato.
Ben diverso è il discorso che riguarda il legame tra P. androyensis e P. consanguinea. Già Lorenz, nella seconda edizione della sua guida, aveva riconosciuto l'innegabile somiglianza tra i due taxa, riducendo P. consanguinea a mera varietà di P. androyensis.
In particolare, i due esemplari qui raffigurati evidenziano come anche le due bande dorsali, ritenute originariamente una il negativo dell'altra, siano in realtà assolutamente identiche, ossia bianche con maculazioni scure in entrambe le forme. L'idea che in P. consanguinea la banda dorsale fosse scura con maculazioni bianche era sicuramente stata indotta dal materiale corroso disponibile in otìrigine.
Ora, il mio schedario risulta aggiornato nel seguente modo:
P. androyensis (m) androyensis Blocher & Lorenz, 1999
e
P. androyensis (m) consanguinea (Blocher & Lorenz, 1999)
dove il simbolo (m) sta ad indicare il concetto di morpho, secondo la simbologia proposta da Schilder.

Vorrei concludere queste note con una rassegna di immagini che possano aiutare nella valutazione della qualità degli esemplari di P. androyensis presenti sul mercato. In relazione alla piccola esperienza che ho potuto farmi con questa specie, ritengo infatti che, nella stragrande maggioranza degli esemplari, il presunto residuo di lucentezza spesso dichiarato nei listini e a volte visibile anche nelle foto fornite, sia in realtà ottenuto artificialmente con vari procedimenti di "pulizia e maquillage".
Come mettono il luce gli stessi Blocher & Lorenz nella loro descrizione originale, questa specie evidentemente vive in ambienti molto prossimi alla costa e, aggiungo io, soggetti a intensa attività ondosa e a burrasche che decorticano molto rapidamente gli esemplari spiaggiati. E questi costituiscono il 99,5% degli esemplari disponibili. Tuttavia, una delle peculiarità straordinarie di questa specie, è che vengono ad essere conservati una buona parte del colore e del disegno originali anche negli esemplari a cui mancano alcuni decimi di millimetro di spessore per effetto del rotolamento! Il loro recupero "estetico" è quindi agevole e relativamente efficace.
 Questa prassi è certamente accettabile (ma in ogni caso solo su esemplari morti e decorticati) in quanto migliora il lato più strettamente estetico delle nostre collezioni. Diventa tuttavia criticabile se viene utilizzata per migliorare artificialmente il grading delle conchiglie, è assolutamente deprecabile se viene usata per tarsformare "sassi" in presunti esemplari "live collected", F++ o magari Gem. L'importante è che una conchiglia morta e corrosa resti tale, ossia di qualità "good" o al massimo F/F+ anche dopo il trattamento di bellezza. Il che non esclude ovviamente l'esistenza di esemplari realmente "fresh dead" che conservano intatti gran parte della loro lucentezza originale e non presentano segni di corrosione. Ma, a tutt'oggi, sono pochi, anzi pochissimi!



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